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Anziano Iosif l’Esicasta: dalla lettera 23

“La grazia precede sempre la tentazione per informare e dire: “Sta pronto e chiudi le tue porte”. Quando scorgi consolazione nel tuo cuore, illuminazione nella tua mente e contemplazione, sta subito pronto. Non dire: “Mi è stato dato riposo, che possa goderne!”, ma caricando le tue armi – lacrime, digiuno, veglia e preghiera – poni come sentinelle i sensi onde custodire la mente. In che modo avverrà dunque la lotta? Coi demoni? Con gli uomini? O con la natura del tuo stesso io? Non ti assopire fino a quando non suona la tromba della battaglia e, iniziato il combattimento, ti si rivelerà la tua lotta e la vittoria. Devi sicuramente temere quando la grazia opera: in te. Al contrario, quando vedi che ti soffocano da ogni parte le tentazioni e le tribolazioni, allora rallegrati”




Anziano Iosif l’Esicasta: Lettere 18

Lettera 18.

E ANCORA MI RIALZAI E ATTACCAI BATTAGLIA CONTRO TUTTI GLI SPIRITI

Ciò che ti è capitato, figlio mio, mostra che hai molta vanagloria, che hai una grande opinione di te stesso. Per questo non hai uno spirito di condiscendenza e di umiltà. Ma credi di non cadere più, di non fare disobbedienza, di non subire cambiamento, ma di vivere una vita inalterabile, ciò che non è della natura degli uomini.

Ti è stato già detto che soffri di una grande mancanza di conoscenza, la quale genera l’arroganza. Fa’ attenzione dunque, figlio mio, e fuggi l’ignoranza, la madre di ogni male. L’ignoranza del bene è tenebra dell’anima. Se l’uomo non combatte col Cristo, che è la luce, non può essere riscattato dal principe della tenebra, il diavolo.

Ecco, mi è testimonio il Signore che fa perire i mentitori con le (loro) menzogne, sono venticinque anni e più che, in questo mondo, versando sangue lotto furiosamente contro i demoni. Sono disceso nel profondo del mare, spoglio di piacere a me stesso e della mia volontà, per poter trovare la preziosissima perla (Mt 13,46). Ho soggiogato lo stesso satana con tutto il suo esercito, scienza ed arte. E avendolo incatenato per mezzo dell’umiltà gli chiedo: “Perché hai tanto furore contro di noi e ci combatti con tanta ira?”. E mi dice: “Per poter avere molti compagni nell’inferno e per vantarmi di fronte al Nazareno che io non sono l’unico trasgressore, ma ecco molti altri sono assieme a me!”.

Di nuovo poi sono asceso ai cieli tramite la grazia e la contemplazione spirituale e ho visto le bellezze ineffabili del Paradiso, quelle cose che Dio ha preparato per coloro che lo amano (1 Cor 2,9) .

Dopo tutto ciò la grazia mi fu tolta un po’ e i miei piedi per un poco vacillarono (Sal 72,2). Caddi in una leggera negligenza, il sonno mi fece suo prigioniero e mi privò di molti beni. Ma di nuovo dopo un po’ mi rialzai, attaccai guerra e sanguinosa battaglia e, dopo aver ancora vinto, precipitai nella sonnolenza.

La madre di ogni male, la negligenza, mi mangiava ancora le ossa. Ma mi rialzai un’altra volta e attaccai battaglia contro tutti gli spiriti.

Per otto anni, all’inizio, lottai contro le passioni carnali. Non ho mai dormito (steso) sul fianco ma in piedi o seduto. Mi bastonavo due o tre volte al giorno, gemendo e piangendo, affinché Dio avesse pietà di me, togliendomi la guerra. Fino a quando Colui che è tutto misericordioso ebbe compassione di me e tolse di mezzo il furore di satana. Ed ora ti dipingo in breve i miei innumerevoli patimenti, ne do a te una goccia dal mare.

Durante tutte le notti battaglioni di demoni, con legni, scuri e qualunque altra cosa ci può essere di nocivo, mi tormentarono furiosamente per otto anni interi. Chi (tirava) la mia barbetta allora piccola, chi i capelli, i piedi, le mani, e ogni specie di mali e di tormenti. Tutti gridavano: “Soffocatelo! Omicidio!”. Solamente col nome di Cristo e della nostra Tuttasanta scomparivano e la loro potenza veniva dissolta. Infine il Signore mi usò misericordia e mi estrasse dalle profondità e del pozzo di pena. Ed ora, figlio mio, divengo stolto (2 Cor 12,11) nell’annunciarti queste cose, ma te le ho dette, e continuo a dirti le seguenti, credendo di procurarti utilità.

Adesso dunque, da giovane (qual ero), nel fiore dell’età, mi sono invecchiato cosi da sembrare centenario a causa delle sofferenze per i molti cambiamenti. Prima di tutto tramite il lavoro delle mie mani, come hai visto da ciò che ti ho mandato, guadagno il mio pane con sudore (Gen 3,19; 1 Cor 4,12; 1 Ts 2,9; 2Ts 3,8). Vengono da diversi monasteri o skiti dell'(Aghion) Oros e, per grazia divina, diciamo quelle cose elargite dal Signore. per l’utilità (di tutti).

Lavoro mentalmente[1] e adempio con esattezza i miei doveri monastici. Nel corso delle notti, per diverso tempo, quando la mente si è affaticata nella preghiera, scrivo non poche lettere, con le quali i cristiani in molti modi mi chiedono un beneficio. E dopo tutte queste cose che hai sentito, cado (vittima) dell’abbattimento perché non faccio la volontà del mio Signore. Dico piangendo: Chi conosce se quello che faccio è gradito al mio Signore o se mi inganno, (se) predicando agli altri, io rimango riprovato (1 Cor 9,27)? Non è manifesta a me infatti la divina volontà del mio Signore. Chi ha conosciuto la mente del Signore (Rm 11,14), o chi starà davanti a Lui, se osserva i peccati (Sal 129,3)?

Tu dunque, figlio mio, per una disobbedienza hai gettato via tutte le armi? Per la parola di un demonio abdichi alla lotta? Dove (mai) hai visto tu l’inverno? Dove tempeste di neve? Dove schiere e reggimenti di demoni che ti minacciano? Ti spaventi per la minaccia di un solo demonio? Ma non credere mai a quelle cose che dice! Poiché è mentitore dall’inizio (Gv 8,44) e non ha nessuna forza contro di noi, se non solo quando siamo trovati nella superbia e nell’ignoranza. Costoro (i demoni) minacciano solamente e ci atterriscono, ma non che abbiano potere. Infatti, se non avevano il potere di andare nei porci (Mt 8,31), come ci tenteranno senza il permessso del Signore?

Impara dunque ad avere un pensiero umile e non temere per nulla le parole di un uomo indemoniato. Abbiamo una chiara testimonianza del nostro Signore quando, avendo parlato una volta il demonio e avendo dichiarato “sappiamo, chi sei” (Mc 1,24), sebbene avesse detto la verità, il Signore lo ridusse al silenzio mostrando a noi, con questo esempio, che non dobbiamo ascoltare parole di indemoniati, per quanto possa sembrare dicano la verità. Poiché per mezzo della bocca dell’uomo parla il demonio. E, ora dirà la verità, ma più tardi mentirà, perché è mentitore dall’inizio e non rimane nella verità (Gv 8,44). Se una persona si lascia andare a credere a queste cose, in breve tempo si imbatterà nelle derisioni e nello scherno dei demoni. Ritorna dunque in te stesso e scaccia le loro parole dalla tua mente. L’umile, anche se cade miriadi di volte, di nuovo si rialza e (la sua caduta) gli viene computata a vittoria (Pr 24,16). Il superbo invece, subito dopo essere caduto nel peccato, cade anche nello scoraggiamento; e indurendosi non vuole più rialzarsi. Lo scoraggiamento è peccato mortale; in esso il diavolo si rallegra più di tutto. Ma viene dissolto subito con la confessione.

Allora, figlio mio, fatti violenza per ogni opera buona. Se non possiamo fare il bene e cadiamo, non restiamo tuttavia nella caduta, ma rialziamoci e chiediamo perdono al nostro Salvatore! E Lui, dal momento che ha detto al suo discepolo di perdonare il colpevole settanta volte sette al giorno (Mt 18,22),

(Lui che è) lo stesso legislatore, come non ci perdonerà? Per cui non temere. Ma per quante volte cadi, rialzati, e chiedi il perdono che si conviene. E Lui, buono com’ è, non mantiene il risentimento, non conserva l’ira: “Quanto dista l’oriente dall’occidente, ha allontanato da noi le nostre colpe” (Sal 102,12).


[1] È il lavoro della preghiera del cuore fatta mentalmente.




Anziano Iosif l’Esicasta: Lettera 10

Lettera 10.

LA GRAZIA PRECEDE SEMPRE LE TENTAZIONI COME PREAVVISO PER TENERSI PRONTI

Si può dire prassi non quando uno prova e poi si ritira. “Prassi” invece si chiama quando uno entra e si batte sul terreno di lotta; quando vince, quando è vinto, guadagna e perde; cade e si rialza; quando solleva tutto e accetta la lotta e la battaglia fino all’ultimo respiro. E che mai dia licenza al suo io finché non abbia esalato l’anima. Ma, quando sale in cielo, deve aspettarsi, il giorno seguente, di scendere nell’Ade. Senza dire che anche nello stesso momento può avvenire la discesa. Per questo non deve meravigliarsi dei cambiamenti, ma avere davanti agli occhi ambedue le situazioni come proprie (al suo stato). Sappi che la grazia precede sempre le tentazioni come preavviso per tenersi pronti. Subito, quando vedi la grazia, cingiti (i fianchi) e di’: “E’ giunto l’annuncio di guerra! Fa’ attenzione, o argilla, da dove il maligno attaccherà battaglia”. Spesso giunge alla svelta e spesso dopo due o tre giorni. Ad ogni modo, verrà, e che le barricate siano solide: confessione ogni sera; obbedienza allo ieronda; umiltà e amore verso tutti. Così facendo alleggerisci la tribolazione.

Ora, in quanto alla questione se la grazia giunge prima della purificazione e altre cose simili, chiedo attenzione e mente pura. La grazia si distingue in tre ordini: purificante, illuminante, perfezionante. Così anche la vita: secondo natura, al di sopra della natura, contro natura. In questi tre ordini sale e scende. Tre sono anche i grandi carismi che riceve: contemplazione, amore, impassibilità. Dunque: nella “prassi” coopera la grazia purificante, la quale aiuta alla purificazione. Per chiunque si è convertito, la grazia è ciò che lo ha spinto a conversione. Qualunque cosa faccia è opera della grazia, anche se colui che la possiede non lo sa; tuttavia, è essa che lo nutre e lo guida. Analogamente al profitto che riceve, sale o scende o rimane nello stesso stato. Se ha zelo e rinnegamento di sé stesso, sale alla contemplazione, che fa posto alla illuminazione nella divina conoscenza e ad una parziale impassibilità. Se lo zelo e lo slancio si raffreddano, si ritira pure l’energia della grazia.

Riguardo a colui che prega con intelligenza, come mi dici, è colui che sa che cosa prega e che cosa chiede a Dio. Colui che prega con intelligenza non parla a vanvera, non chiede cose superflue, ma conosce il luogo, il tempo e il modo, e chiede ciò che è adatto e utile alla sua anima. Comunica spiritualmente col Cristo, lo precede e lo tiene stretto. “Non ti lascerò – dice – in eterno”. Così, colui che prega chiede la remissione dei Peccati, chiede la misericordia del Signore. Se chiede cose grandi prima del tempo, il Signore non gliele dà. Perché Dio le dà con ordine. Se tu lo importuni col chiedere, dà via libera allo spirito dell’inganno, dissimula la grazia e ti inganna mostrandoti cose invece di altre. Perciò non è conveniente chiedere cose al di là della misura. Ma se anche si è ascoltati prima della purificazione, quando (il dono concesso) non è nel giusto ordine, (allora) insorgono serpenti e causano danno. Tu sii puro nel convertirti, pratica l’obbedienza e la grazia verrà da sola senza che la chieda.

L’uomo come un infante balbuziente chiede a Dio che si compia la sua volontà santa. Dio, Padre buono, gli concede la grazia, ma gli concede pure tentazioni. Se sopporta le tentazioni senza mormorare, ottiene un aumento di grazia. Quanta più grazia riceve, tanto aumento anche di tentazione. I demoni, quando si avvicinano per attaccare battaglia, non si dirigono là dove tu li vincerai senza mormorare, ma provano dove hai una debolezza.

Dove tu assolutamente non te l’aspetti, là installano la roccaforte. E, quando trovano un’anima fragile e una zona debole, lo vincono sempre e lo rendono colpevole.

Chiedi grazia a Dio? Invece della grazia ti dà la tentazione. Non resisti alla guerra e cadi? Non ti concede aumento di grazia. Di nuovo chiedi? Di nuovo la tentazione. Ancora sconfitta? Ancora privazione. Fino alla fine della vita. Devi dunque uscirne vincitore. Resisti alla tentazione fino alla morte! Cadi (pure) nella battaglia, ridotto a cadavere, gridando paralizzato a terra: “Non ti lascio, o dolcissimo Gesù! Non ti abbandono! Rimarrò inseparabile da te per sempre, e per amore tuo renderò l’ultimo respiro nello stadio”. E all’ improvviso si presenta nello stadio e fa sentire la sua voce in mezzo alla tempesta: “Sono qui! Cingi come un prode il tuo fianco e seguimi!”. E tu, tutto luce e gi0ia: “Oh, me misero! Ahimé malvagio e inutile! Prima avevo sentito dire di te ma ora i miei occhi ti vedono; mi disprezzo e mi ritengo terra e cenere” (Gb 42,5-6). Allora vieni riempito di amore divino. La tua anima brucia di amore come quella di Cleopa (Lc 24,18). Nel momento della tentazione non abbandoni più il lenzuolo e scappi nudo (Mc 14,52), ma sopporti le tribolazioni dicendo: “Come è passata l’una e l’altra tentazione, così passerà anche questa”.

Quando tuttavia ti scoraggi e mormori e non sopporti le tentazioni, allora, invece di vincere, devi di continuo pentirti: per gli errori del giorno, per l’impazienza della notte. Invece di ricevere un aumento di grazia, rendi più grandi le tue tribolazioni.

Per questo non essere timoroso. Non aver paura delle tentazioni. Anche se cadi a più riprese, alzati. Non perdere il tuo sangue freddo. Non scoraggiarti. Sono nubi e passeranno. Quando poi con la cooperazione della grazia, la quale ti purifica da tutte le passioni, oltrepassi tutte queste cose che sono la “prassi”, allora la mente gusta l’illuminazione ed è spinta alla contemplazione.

La prima contemplazione è quella degli esseri: perché Dio ha fatto tutte le cose per l’uomo, e per di più anche gli stessi angeli al suo servizio. Quale dignità, quale magnificenza, che grande predestinazione ha l’uomo; tale è il soffio di Dio!

Non per vivere qui i pochi giorni del suo esilio, ma per vivere in eterno col suo Creatore. Per vedere i divini angeli. Per ascoltare la loro ineffabile melodia. Che gioia! Che splendore! Appena ha termine questa nostra vita, e si chiudono questi occhi, si aprono gli altri e inizia la nuova vita, la vera gioia che non ha più fine. Pensando a queste cose la mente viene immersa in una pace e tranquillità suprema che si estendono a tutto il corpo, dimenticando del tutto che conduce un’esistenza in questa vita.

Queste contemplazioni si succedono l’una all’altra. Non che fai fantasie nella tua mente, ma lo stato (reale) è questo: operazione della grazia che fa venire pensieri e la mente si delizia nella contemplazione. Non li crea l’uomo; vengono da soli e rapiscono la mente alla contemplazione. Allora la mente si dilata e diventa un’altra, da diversa (che era). È illuminata. Tutto si dischiude ad essa. E’ riempita di sapienza e come un figlio possiede le cose di suo Padre (Mt 11,27; Lc 15,31; Gv 16,15; 17,10). Sa che è un nulla, argilla, ma anche figlio del Re. Non ha nulla, ma possiede tutto. È riempita di teologia. Grida insaziabilmente, con piena coscienza, confessando che il suo essere è nulla. La sua origine è l’argilla; ma la sua forza vitale? Il soffio di Dio, la sua anima.

Subito l’anima vola in cielo! “Sono il soffio, l’alito di Dio! Tutto si è dissolto, è rimasto sulla terra, da cui ero stato preso! Sono figlio di un Re eterno! Sono dio per grazia! Sono immortale ed eterno! Sono, dopo un attimo, vicino al mio Padre celeste!”

Questa è in verità la predestinazione dell’uomo. Per questo è stato plasmato e deve giungere dove è uscito. Queste sono le contemplazioni di cui si delizia l’uomo spirituale. E attende il momento, quando lascerà la polvere e volerà verso le (regioni) celesti. Coraggio dunque, figlio mio, e con questa speranza sopporta ogni sofferenza e tribolazione.

Dal momento che fra poco saremo fatti degni di questi doni. Per tutti noi sono le stesse cose. Tutti siamo figli di Dio. Lui invochiamo giorno e notte, (invochiamo) pure la nostra dolce Mammina, la Signora del mondo, che non abbandona mai chiunque la supplica.




Anziano Iosif l’Esicasta: Lettera 5

Lettera 5

NON RIVESTIRTI SOLO DI FOGLIE

Figlio mio amato nel Signore… creatura dello Spirito divino. Gioisco, quando tu gioisci. Gioiscono i Principati e le Potenze, i Cherubini e i Serafini, le schiere angeliche, i cori dei martiri, dei profeti, dei giusti e dei santi, la Tuttapura Madre nostra, Regina e Signora di tutti. Oggi hai rallegrato la mia anima con ciò che mi hai detto tramite inchiostro e carta. Molto gioisco e mi rallegro grandemente, se fino alla fine rimarrai fedele alle cose che ora scrivi. Perché la guerra del nemico comincia dopo tre-quattro anni. Allora la grazia si ritira per mettere alla prova. La lucerna si spegne. E le cose così belle che ora si manifestano – e sono veramente belle – allora appariranno brutte, nere e tenebrose. Perciò quanto ora ti capita non prenderlo come tentazione. Un altro infatti fa da sentinella per te. E dal momento che, figlio mio amato, chiedi a me misero un consiglio, ascolta: non rivestirti solo di foglie, ma affonda le radici profondamente per poter trovare la sorgente, come fanno i platani. Così da essere irrigato di continuo dall’acqua e di continuo possa germogliare. Quando viene la secca non patirai alcun cambiamento. In quanto hai trovato la sorgente stessa. E allorché si spegnerà la lucerna che ora tieni in mano, ne avrai accesa un’altra per mezzo delle tue opere. Non soffrirai per nulla la tenebra. Il modo per acquisire tali (opere) è questo: anzitutto un’obbedienza perfetta e a tutti, senza distinzione. Da essa viene generata l’umiltà. Il vero segno di riconoscimento dell’umiltà sono le lacrime[1] senza misura, che per tre-quattro anni scorrono a somiglianza di una fonte. Da essa viene generata la preghiera incessante[2], la cosiddetta preghiera del cuore. Per cui, appena dici: “Gesù mio dolcissimo!” scorrono le lacrime. Appena dici: “Vergine mia!” non puoi trattenerle. Allora da esse viene generata in tutto il corpo grande calma e perfetta pace.

Un fratello[3] una volta volle trattenersi poiché si erano messe in movimento le lacrime e qualcuno aveva bussato alla porta – ma non poté, fino a quando passarono. Tanta è la potenza che hanno. Se dunque le ottieni, non hai paura di soffrire nessun cambiamento. Perché diventi un uomo di altra natura. Non che la natura cambi, ma la grazia ne trasforma i caratteri per mezzo delle sante energie di Dio.

I cosiddetti “canoni” devono circondare la sostanza, come le foglie coprono i frutti. Il canto degli inni sia fatto con umiltà. La mente vada dietro al senso del tropario. Il pensiero riceva piacere da ciò che è compreso dalla mente e si elevi a ciò che essa contempla. Allo stesso modo la lettura venga fatta con molta attenzione. Allora, con tutte queste cose, l’anima cresce e si dilata. Si spegne, muore l’uomo vecchio e si rinnova il nuovo; e abbonda nell’amore di Cristo. Allora l’uomo non trova più appagamento in alcun modo nelle cose terrene, ma di continuo brama quelle celesti. Lo stesso riguardo al corpo: deve lottare con tutte le forze, deve essere sempre sotto il dominio dello spirito[4], cosi· che non lo contristi in alcun modo. Poi, sia che tu mangi sia che lavori, la preghiera del cuore non cessi mai.

Ma in tutte le altre preghiere, la mente deve seguire e comprendere che cosa preghi e che cosa dici. Perché, se tu non capisci quello che dici, come ci sarà un’intesa con Dio, si che ti possa donare ciò che chiedi?

Se custodirai queste cose, te ne verrà del bene. Ti salverai per sempre e mi renderai pieno di gioia; ma se per negligenza disobbedirai, diventerai causa di tribolazione per molti.


[1] Lo ieronda Iosìf aveva in grado eminente il dono delle lacrime: ce lo attesta questo epistolario con accenti pervasi di grazia divina e ce lo hanno testimoniato al Monte Athos i suoi discepoli, in particolare il padre Efrèm delle Katunakia. “Piangere è la via che ci hanno trasmesso la Scrittura e i Padri” (Detti, vol. II, p. 132). Isacco di Ninive così commenta: “Beati i puri di cuore (Mt 5,8), perché non v’è istante in cui non si dilettino della soavità delle lacrime: grazie ad esse vedono continuamente nostro Signore perché, quando hanno le lacrime agli occhi, sono degni della visione della sua rivelazione nell’altezza della preghiera, ne v’è per loro preghiera senza lacrime. Questo, infatti, significa il detto del Signore: Beati coloro che piangono, perché saranno consolati (Mt 5,4). Dal pianto, dunque, uno viene alla purezza dell’anima (Discorsi Ascetici, vol. I, p. 286). Piangere è proprio del battezzato che, memore incessantemente del suo essere “cenere e polvere” (cfr. Gen 3,19; 18,27; Gb 30,19) e che ha il tesoro della gloria divina che rifulse sul volto di Cristo in un vaso di creta, brama ritornare ogni giorno, quale figlio prodigo (Cfr. Lc 15,11-32), alla casa del Padre, confessando, con lacrime, il suo peccato e sperando dalla misericordia di Dio il suo abbraccio paterno. I Padri hanno visto nel lavacro purificatore delle lacrime il segno di una particolare attualizzazione del lavacro battesimale e spesso l’hanno chiamato un secondo battesimo. Isacco di Ninive attesta che la fatica delle veglie notturne rende gli occhi “una specie di fonte battesimale per le lacrime” (Discorsi Ascetici, p. 180). E Giovanni Climaco: “La sorgente delle lacrime che (scaturisce) dopo il battesimo, è superiore al battesimo stesso, anche se è un po’ audace quanto affermo. Il battesimo, infatti, ci purifica dai mali che l’hanno preceduto, mentre le lacrime cancellano quelli che l’hanno seguito. Il primo, avendolo ricevuto tutti da bambini, lo abbiamo contaminato; ma per mezzo delle lacrime lo riportiamo alla sua purezza primitiva” (Scala del Paradiso VII, 89; cfr. IV, 10). “I nostri peccati passati ci furono cancellati col battesimo. Ma noi ne abbiamo commessi, poi, degli altri e non possiamo più lavarli con l’acqua del battesimo. Per queste macchie che deturpano la nostra vita dopo il battesimo, battezziamo la coscienza con le lacrime” (S. Gregorio Magno, Quaranta omelie sui Vangèli, a cura di G. Barra, om. X, Torino 1947, p. 102).

[2] “La preghiera è la madre delle lacrime e anche la loro figlia” (Scala del Paradiso  XXVIII).

[3] In diverse lettere lo ieronda Iosìf nasconde le sue esperienze personali sotto questa forma (Lettere 8, 25, 43, 62, 64)

[4] “L’intelletto non è glorificato se il corpo non soffre con Gesù. (…) Gloria del corpo è la devota sottomissione a Dio; gloria dell‘intelletto la contemplazione della verità circa Dio. La retta sottomissione è doppia: nel lavoro e nel disprezzo, perché quando il corpo soffre, soffra con esso anche il cuore (Discorsi Ascetici, vol. I, XXXIV, P. 260).




P. John S. Romanides: La religione è una malattia neurobiologica. L’Ortodossia la cura!

Una chiave medica per la riunione della Chiesa.

 

“gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date”

 (Mt 10,8)

 

Revisione della traduzione condotta sul testo inglese con l’ausilio di traduttori automatici.

Fotocopie, riproduzioni, stampe, citazioni sono caldamente suggerite ma senza scopi commerciali. La tradizione ortodossa non è una merce!

([1])

 La differenza fondamentale tra i tre Vangeli di Matteo, Marco e Luca da un lato e quello del Vangelo di Giovanni dall’altro[2] è dovuto alle due fasi della cura della malattia dell’Antico e del Nuovo Testamento, al secondo centro della personalità umana nel cuore che fa circolare il sangue, l’altro centro è il cervello o l’intelletto che fa parte del sistema del midollo spinale che fa circolare liquido spinale. È il cuore che ha bisogno di essere curato con la sua purificazione e illuminazione per consumarsi nella glorificazione di tutta la persona. I Vangeli di Matteo, Marco e Luca, accompagnati dai testi dell’Antico Testamento, in particolare quelli dei Salmi, sono stati utilizzati come parte del processo di purificazione e illuminazione dei cuori dei catecumeni, che si è consumato con la celebrazione della passione e crocifissione del Signore della Gloria in cui venivano battezzati il Sabato Santo. Questi battesimi furono seguiti dalla celebrazione della risurrezione di Cristo, seguita dall’Eucaristia pasquale, momento in cui il Vangelo di Giovanni iniziò a essere letto e interpretato fino alla domenica di Pentecoste in questo periodo di cinquanta giorni.

Durante questo periodo di istruzione giovannea ci si aspettava che uno progredisse dal proprio stato di purificazione del proprio spirito nel cuore alla sua illuminazione mediante preghiere e salmi incessanti in contrasto con preghiere e salmi dell’intelletto in determinati momenti. A questo punto si sapeva che stava diventando un membro del Corpo di Cristo mentre la preghiera nel cuore prendeva piede e rimaneva sempre presente incessantemente. Che uno avesse questa preghiera e l’abbia persa e si fosse così soddisfatto di averla significa che correva il pericolo di una perdita permanente poiché “la Pentecoste è l’evento mediante il quale la Chiesa dell’Antico Testamento divenne il Corpo di Cristo che ora include anche tutti gli antenati che erano stati illuminati e glorificati prima dell’incarnazione di Yahweh. Come nell’Antico Testamento, coloro che perseveravano nell’illuminazione del loro cuore sarebbero passati alla loro glorificazione che era la loro ordinazione al profetismo. Questo è il motivo per cui Giovanni Battista, già glorificato e ordinato profeta, fu nuovamente glorificato e questa volta sperimentò la strana realtà che stava battezzando Yaweh Stesso Incarnato. Sei giorni dopo aver detto che…alcuni che stanno qui… non assaporeranno la morte finché non vedranno il regno di Dio venire in potenza”[3], Cristo si rivelò di nuovo come Yaweh Incarnato a Pietro, Giacomo e Giovanni”[4].

Tali realtà bibliche non sono aperte alla corretta interpretazione di coloro i quali sono stati contaminati dalla distorsione fatta da Agostino della rivelazione di Dio fatta ai profeti sia dell’Antico che del Nuovo Testamento. Essere profondamente intimiditi dall’argomento ariano secondo cui la prova che il Logos è stato creato è il fatto che era visibile a coloro ai quali si è rivelato. In netto contrasto con la tradizione dell’Antico e del Nuovo Testamento e della Chiesa, Agostino ha inventato l’insegnamento che Dio apparve e fu ascoltato dai profeti e dagli apostoli per mezzo di creature che Dio fa esistere per essere visto e udito e che ritorna alla non esistenza dopo essere stato visto e udito. In netto contrasto con queste apparizioni divine dal nulla, affinché Dio possa essere visto e udito e che scompaiono nel nulla, fu solo la natura umana del Logos che rimase permanentemente in esistenza dopo la Sua incarnazione[5]. Tali presunte creature come la colomba al Battesimo di Cristo, il governo di Dio (erroneamente tradotto con ‘regno’) alla Trasfigurazione e le lingue di fuoco alla Pentecoste sono tra quelle creature che Dio fa esistere per essere viste, udite per poi scomparire dall’esistenza quando la loro missione è compiuta.

Durante questo tempo giovanneo di istruzione, ci si aspettava che i neo-battezzati entrassero nella fase dell’illuminazione del cuore con la preghiera incessante e i salmi, come spiega san Paolo, specialmente in 1Cor 12-15. Questo sarà il punto cardine di questo studio poiché è qui che abbiamo un profilo esoterico della realtà interiore della Chiesa primitiva adorante, guidata da apostoli, profeti e insegnanti la cui autorità era la loro stessa glorificazione (ndr. in greco theosis, in italiano spesso tradotto con divinizzazione) reciprocamente accettata.

Tutte le fantasie, specialmente quella religiosa, sono causate da un cortocircuito al centro della personalità umana. È questo cortocircuito che viene curato dall’illuminazione del cuore da parte di una preghiera incessante, distinta dalla preghiera intellettuale fatta con il cervello in determinati momenti. L’approfondimento di questa cura in San Paolo costituirà il cuore di questo studio.

Ripetiamo che quando l’illuminazione diventa glorificazione, allora sia gli uomini che le donne sono stati ordinati profeti. Questo è ciò che sono i profeti sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento e questo è ciò che rende Padri della Chiesa. Ciò che i profeti hanno visto nelle loro glorificazioni è Yaweh Stesso sia prima che dopo la Sua incarnazione.

 Questo cortocircuito, che deve essere curato, esiste tra il cuore, che pompa il sangue e il midollo spinale, che provoca la circolazione del liquido spinale. Tutte le fantasie sono radicate in questo cortocircuito che non è altro che un cortocircuito elettrico. Questa malattia isola le sue vittime dalla realtà a vari livelli. A causa di questa malattia non sempre si distingue tra realtà e fantasie. Forse la più pericolosa di queste fantasie sono le religioni che affermano di avere scritti dettati da Dio che sono compresi da una casta di cosiddetti capi ispirati. È per mezzo delle fantasie umane che gli esseri umani rimangono prigionieri del potere demoniaco manifestato specialmente nelle religioni. Solo i ciechi non vedono il fatto che le religioni sono una delle principali fonti di disordini sociali.

Tuttavia, all’interno della tradizione dell’Antico e del Nuovo Testamento, tali cosiddetti capi ispirati costituiscono una distorsione di ciò che si accettava nella Chiesa primitiva durante il proprio percorso di catecumenato, mentre si attraversano le fasi della purificazione e dell’illuminazione del proprio cuore nel cammino verso glorificazione. La stessa illuminazione del proprio cuore mediante incessanti preghiere e salmi diventa la propria testimonianza di essere sulla retta via della glorificazione. Coloro che pretendono di aver raggiunto l’illuminazione e la glorificazione non possono ingannare i veri profeti. I due criteri fondamentali dei falsi profeti sono che “è impossibile esprimere Dio e ancor più impossibile concepirlo” e che “non c’è alcuna somiglianza tra il creato e l’increato”. I falsi profeti sono facilmente individuabili dalle loro trasgressioni di questi due criteri fondamentali che Agostino ripetutamente trasgredisce.

In netto contrasto con questi criteri, la maggior parte della dottrina e dell’interpretazione della Bibbia appartiene al regno della fantasia, semplicemente perché coloro che si occupano di questi argomenti sono stati educati a credere che le loro stesse fantasie appartengano al regno del dono della fede. I loro capi, che non hanno la minima conoscenza della vera esistenza dell’illuminazione del cuore e della glorificazione, qui e ora in questa vita, convincono i loro fedeli che la loro stessa fede è la prova che sono sulla via della salvezza. La natura stessa del Movimento Ecumenico per l’Unità dei Cristiani non ha ancora nemmeno intravisto la possibilità che la chiave dell’unità sia la cura della preghiera incessante nel cuore e della glorificazione.

È il cortocircuito in questione che minimizza il livello della propria comunione con la gloria increata di Dio che satura e governa la creazione. Tutti gli esseri creati partecipano alle increate creative e sostenenti energie (tr. attività) di Dio che sono chiamate collettivamente Sua gloria e governo dall’Antico e dal Nuovo Testamento. Questa è la realtà che sottolinea l’Antico e il Nuovo Testamento e l’ebraismo e il cristianesimo primitivi e i Nove Concili ecumenici convocati dall’imperatore romano che governò da Costantinopoli, Nuova Roma, fino alla conquista dei turchi ottomani nel 1453. Sebbene l’Impero Romano sia poi scomparso, la pratica della cura del cuore mediante la sua purificazione e illuminazione che porta alla glorificazione non è scomparsa, almeno ancora. Sapremo che l’ultimo essere glorificato è morto quando la società umana sarà morta.

Il cortocircuito che esiste tra il cuore che pompa il sangue e il midollo spinale che fa circolare il liquido spinale viene riparato dalla preghiera incessante nel cuore. È solo quando il proprio cortocircuito viene così riparato che si comincia a essere liberati dal regno delle fantasie in base al quale il diavolo governa la società umana.

La comunione umana con le energie increate di Dio, che saturano la creazione, è accresciuta dall’energia purificatrice, illuminante e glorificante di Dio. In netto contrasto con la glorificazione biblica, la tradizione platonica e aristotelica, secondo cui la felicità come destino supremo di una persona è in realtà l’inferno stesso, cioè la completa soddisfazione dei propri desideri egocentrici.

Il risultato più importante della glorificazione è la rivelazione che «non c’è alcuna somiglianza tra il creato e l’increato» e che «è impossibile esprimere Dio e ancor più concepirlo». In altre parole, la Bibbia stessa non è né un’espressione di Dio né è una concezione di Dio. Solo nelle mani dei glorificati può essere usata per guidare gli altri alla cura della purificazione e dell’illuminazione del cuore e della glorificazione. Nelle mani di medici ciarlatani conduce le loro vittime alla loro distruzione.

Per diventare membro del Corpo di Cristo si inizia con la fede dell’accoglienza durante la fase della purificazione del cuore. Questa fede deve diventare fede interiore, come testimonia la preghiera incessante. È la preghiera incessante nel cuore che testimonia il fatto che si è cominciato a diventare membra del Corpo di Cristo. Tuttavia, arrivare allo stato di illuminazione e quindi alla soglia della glorificazione significa che il Signore della Gloria ci sta accogliendo nella sua glorificazione per nostro bene ma, soprattutto, per il bene degli altri. Essendo stato glorificato si ritorna per illuminare “l’uomo”[6].

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Il Primo e il Secondo Concilio Ecumenico hanno condannato la posizione ariana ed eunomiana secondo cui l’Angelo Yahweh della Gloria e il Suo Spirito sono la prima creazione di Dio prima dei secoli. Questi Concili sostenevano invece la posizione che l’Angelo del Gran Consiglio e lo Spirito Santo sono consustanziali al Padre.

Il IX Concilio Ecumenico del 1341, secondo il diritto romano, condannò l’insegnamento agostiniano di Barlaam il Calabrese, senza rendersi conto della sua fonte, che Dio si rivela per mezzo delle creature che Egli fa esistere – GENOMENA in greco – per essere visto e ascoltato e che li richiama nella non esistenza – APOGENOMENA in greco – quando le loro missioni sono compiute. Ciò che questi Padri conciliari non sapevano nel 1341 era che questi insegnamenti erano quelli dello stesso Agostino più e più volte affermati chiaramente nei suoi libri II e III del suo De Trinitate, come abbiamo visto. Ciò significa che il Vaticano accetta da secoli i Concili Ecumenici Romani della Nuova Roma all’interno di categorie agostiniane. La domanda davanti a noi è se i membri luterani e ortodossi di questo dialogo seguano Agostino o i Padri di questi Concili romani[8].

Dobbiamo avere una visione chiara del contesto in cui Chiesa e Stato hanno visto il contributo dei Profeti alla cura della malattia della personalità umana e alla sua perfezione, per comprendere sia la missione dei Sinodi che il motivo per cui l’Impero Romano li ha inseriti nel proprio codice di diritto. Né la Chiesa né lo Stato hanno ridotto la missione della Chiesa alla salvezza mediante il perdono dei peccati per l’ingresso in cielo dopo la morte. Questo sarebbe identico ai medici che perdonano i loro pazienti per essere malati in modo che possano essere curati dopo la morte. Sia la Chiesa che lo Stato sapevano molto bene che il perdono dei peccati era solo l’inizio della cura della malattia dell’umanità che cerca la felicità. Questa cura è passata attraverso la purificazione e l’illuminazione del cuore ed è culminata nella perfezione della glorificazione.

a) Paradiso e Inferno.

 Tutti vedranno la gloria di Dio in Cristo e raggiungeranno quel grado di perfezione che uno ha scelto e per il quale ha lavorato. Seguendo san Paolo e il Vangelo di Giovanni, i Padri sostengono che coloro che non vedono il Cristo risorto in gloria in questa vita, o in maniera offuscata come in uno specchio per le incessanti preghiere e salmi nel cuore, o faccia a faccia nella glorificazione, vedranno la sua gloria come fuoco eterno e consumante e oscurità esteriore nell’altra vita. La gloria increata che Cristo ha per natura dal Padre è il paradiso per coloro il cui amore egoistico è stato curato e trasformato in amore disinteressato, e l’inferno per coloro che scelgono di rimanere non guariti nel loro egoismo.

Non solo la Bibbia e i Padri sono chiari su questo, ma lo sono anche le icone ortodosse dell’ultimo giudizio. La stessa luce dorata di gloria in cui sono avvolti Cristo e i suoi amici diventa rossa mentre scorre verso il basso per avvolgere i dannati. Questa è la gloria e l’amore di Cristo che purifica i peccati di tutti ma non glorifica tutti. Tutti gli esseri umani saranno guidati dallo Spirito Santo in tutta la Verità che è vedere Cristo nella gloria, ma non tutti saranno glorificati. “Quelli che ha giustificato li ha anche glorificati”, secondo san Paolo (Rm 8,30). È chiara la parabola di Lazzaro in seno ad Abramo e del ricco nel luogo del tormento. Il ricco vede ma non partecipa (Lc 16,19-31).

La Chiesa non manda nessuno in paradiso o all’inferno, ma prepara i fedeli alla visione di Cristo nella gloria, che tutti avranno. Dio ama i dannati tanto quanto ama i suoi santi. Vuole la cura di tutti ma non tutti accettano la Sua cura. Ciò significa che il perdono dei peccati non è una preparazione sufficiente per vedere Cristo nella gloria.

Inutile dire che la tradizione anselmiana per cui i salvati sono coloro i quali Cristo avrebbe riconciliato con Dio non è un’opzione all’interno della tradizione ortodossa. Commentando 2 Cor 5,19, per esempio, san Giovanni Crisostomo dice che bisogna “riconciliarsi con Dio. Paolo non ha detto: ‘Riconciliate Dio con voi stessi’, perché non è lui che odia, ma noi. Perché Dio non odia mai”.

È in questo contesto che lo Stato ha compreso la missione di cura della Chiesa nella società. Altrimenti le religioni che promettono felicità dopo la morte non sono molto diverse l’una dall’altra.

b) La finestra di Paolo sulla Chiesa[9].

 1 Cor 12-15 è una finestra unica attraverso la quale si può guardare alla realtà della Chiesa come Corpo di Cristo. L’appartenenza alla Chiesa ha i suoi gradi di cura e perfezione all’interno di due gruppi, gli illuminati e i glorificati. Le membra del Corpo di Cristo sono chiaramente elencate in 1 Cor 12,28. Si inizia diventando un credente comune, individuale (idiotes) che dice “amen” durante la partecipazione al culto collettivo. In questa fase si è impegnati nella purificazione del proprio cuore sotto la direzione di coloro che sono già templi dello Spirito Santo e membra del Corpo di Cristo.

I gradi di illuminazione iniziano con il carisma di fondazione dei “tipi di lingue” in basso all’ottavo posto e arrivano fino ai “maestri” al terzo posto. A capo della Chiesa locale ci sono al secondo posto i “Profeti”, che hanno ricevuto la stessa rivelazione degli “Apostoli” (Ef 3,5), e sono insieme a loro il fondamento della Chiesa (Ef 2,20). Apostoli e profeti sono il fondamento della Chiesa in un modo simile ai medici che sono il fondamento degli ospedali.

I “tipi di lingue” sono le fondamenta su cui sono costruiti tutti i carismi e sono temporaneamente sospesi solo durante la glorificazione (1 Cor 13,8). Come apostolo, san Paolo si pone a capo della lista dei membri che Dio ha posto nella Chiesa. Eppure ha ancora il carisma fondamentale dei “tipi di lingue”. Scrive: «Ringrazio Dio in lingue più di tutti voi» (1 Cor 14,18). Ciò significa che i “tipi di lingue” appartengono a tutti i livelli di carisma all’interno del Corpo di Cristo. La domanda di Paolo, “parlano tutti in lingue?” è un riferimento ai “privati” che non hanno ancora il dono delle lingue e quindi non sono ancora membra del Corpo di Cristo e templi dello Spirito Santo[10].

L’illuminazione e la glorificazione delle membra del Corpo di Cristo non sono gradi di autorità per nomina o elezione umana. Sono coloro che Dio prepara e pone all’interno della Chiesa per l’avanzamento a gradi più elevati di cura e perfezione. Che Paolo inviti tutti i gradi inferiori di appartenenza al Corpo di Cristo a cercare l’avanzamento a stadi spirituali superiori significa chiaramente che tutti dovrebbero diventare Profeti, cioè raggiungere la glorificazione. “Voglio davvero che tutti voi parliate in lingue, affinché possiate profetizzare” (1 Cor 14,5).

c) Clinica Psichiatrica.

Questa Chiesa Paolina è come una clinica psichiatrica. Ma la sua comprensione della malattia della personalità umana è molto più sofisticata di qualsiasi cosa ora sia conosciuta nella medicina moderna. Per vedere questa realtà dobbiamo guardare attraverso Paolo nella comprensione biblica della normalità e dell’anormalità umane. L’essere umano normale è colui che è stato condotto in tutta la Verità dallo Spirito di Verità, cioè nella visione di Cristo nella gloria di Suo Padre (Gv 17). È perché gli apostoli e i profeti sono glorificati in Cristo che le persone credono che Dio ha mandato suo Figlio e che anche loro possono essere curate dall’amore disinteressato (ibid.). Gli esseri umani che non vedono la gloria increata di Dio non sono normali. «Tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio» (Rm 3,23). In altre parole, l’unico essere umano nato normale è il Signore della Gloria. Il quale per scelta assunse le passioni irreprensibili (cioè la fame, la sete, la stanchezza, il sonno, la paura della morte, ecc.), sebbene fosse per natura la fonte della gloria, che li abolisce..  

L’altro lato di questa medaglia è che Dio non rivela a tutti la sua gloria perché non vuole fare del male a coloro che non sono preparati a tale visione. La sorpresa dei profeti dell’Antico Testamento di aver visto Dio e tuttavia continuare vivere e la richiesta del popolo che Mosè chieda a Dio di cessare di mostrare la sua gloria, che era diventata insopportabile, è evidente a questo riguardo.

La preoccupazione delle Chiese apostoliche non era quella di riflettere e speculare su Dio in sé, poiché rimane un mistero per l’intelletto anche quando rivela la sua gloria in Cristo a coloro che partecipano al mistero della croce di suo Figlio con la loro glorificazione. La loro unica preoccupazione era la guarigione di ciascuno in Cristo, che è operata dalla purificazione e dall’illuminazione del cuore e dalla glorificazione in questa vita (1 Cor 12,26) per il servizio alla società. “… Coloro che ha giustificato, li ha anche glorificati” (Rm 8,30) significa che l’illuminazione e la glorificazione sono interdipendenti in questa vita, ma non identiche.

La malattia della personalità umana consiste nell’indebolimento della comunione del cuore con la gloria di Dio (Rm 3,23), nel suo essere sommerso dai pensieri dell’ambiente (Rm 1,21-24 – 2,5).  In un tale stato si immagina che Dio sia a immagine del proprio io malato o addirittura degli animali (Rm 1,22). La persona interiore (eso anthropos) subisce la morte spirituale «a causa della quale (eph’ho)[11] tutti hanno peccato» (Rm 5,12) divenendo schiavi dell’istinto di autoconservazione che deforma l’amore con il suo vincolo alla ricerca egocentrica della sicurezza e della felicità.

La cura di questa malattia inizia con la purificazione del cuore da tutti i pensieri (Rm 2,29), buoni e cattivi, e la loro restrizione all’intelletto. Per fare questo lo spirito dissipato nel cervello deve trasformarsi con la preghiera in una sfera di luce e ritornare al cuore. Diventa come un dischetto riparato da cui i testi di preghiera dal cervello possono essere trasferiti per ritornare di nuovo al cervello. Si diventa così liberi dalla schiavitù di tutto ciò che c’è nell’ambiente, ad esempio dall’autoindulgenza, dalla ricchezza, dalla proprietà e persino dai propri genitori e parenti (Matteo 10,37; Luca 14,26). Lo scopo di questo non è raggiungere l’indifferenza stoica o la mancanza di amore, ma, per permettere al cuore di accettare le preghiere e i salmi che lo Spirito Santo vi trasferisce dall’intelletto ed energizza incessantemente mentre l’intelletto è occupato con le attività quotidiane e mentre dorme. È così che l’amore malato inizia la sua guarigione.

Questo è il contesto del riferimento di san Paolo allo Spirito Santo che prega nel cuore. Lo Spirito Santo in quanto tale è l’avvocato difensore di tutti gli esseri umani “con sospiri non pronunciati” (Rm 8,26). Ma Egli trasferisce le preghiere e i salmi dell’intelletto allo spirito umano nel cuore quando è purificato da tutti i pensieri, buoni e cattivi. A questo punto il proprio spirito potenziato dallo Spirito Santo non fa altro che pregare e recitare salmi incessantemente mentre l’intelletto si impegna nelle sue normali attività quotidiane liberato dall’egocentrismo alla ricerca della felicità. Così si prega incessantemente con lo spirito nel cuore e si prega con l’intelletto in determinati momenti. Questo è ciò che intende Paolo quando scrive: “Pregherò con lo spirito, ma pregherò anche con l’intelletto. Reciterò salmi con lo spirito, ma reciterò anche salmi con l’intelletto” (1 Cor 14,15)

Paolo ci ha appena detto che la preghiera per mezzo di lingue diverse dalla propria include i salmi dell’Antico Testamento. Non sta quindi parlando di preghiere udibili ma incomprensibili poiché i salmi erano familiari a tutti. Paolo parla delle preghiere del proprio spirito nel cuore che sono udibili solo da coloro che hanno questo stesso carisma dei “tipi di lingue”. Coloro che non avevano ancora questo dono non potevano ascoltare le preghiere e i salmi nel cuore di coloro che avevano questo dono.

I Corinzi nello stato di illuminazione avevano introdotto l’innovazione di condurre il culto collettivo nel cuore alla presenza degli “individui comuni” che non avevano ancora ricevuto questo dono dei “tipi di lingue”. Ciò rendeva impossibile per questi “individui comuni” essere edificati e dire il loro “amen” al momento opportuno semplicemente perché non potevano sentire.

Paolo afferma chiaramente che “nessuno ascolta”, (1 Cor 14,2). “se vengo da te parlando in lingue, a che ti gioverò se non ti parlo?” (ibid. 14,6-7). Perché se la tromba emette un suono non manifestato, chi preparerà la battaglia? Così anche tu, se non dai una parola ben formata per mezzo della lingua, come si conoscerà ciò che è detto?… Così tanti può capitare che siano i tipi di suoni del mondo e nessuno è senza suono. Perché se non conosco la forza del suono, sarò un estraneo per chi parla e chi parla un estraneo per me”. (1 Cor 14,8-11). Coloro che non hanno il dono dei “tipi di lingue” devono ascoltare la “forza del suono” delle preghiere e dei salmi per reagire con il loro “amen” (ibid. 14,11.16). Non si deve pregare e recitare salmi con “suono non manifesto” alla presenza di coloro che non hanno questo dono delle lingue (ibid. 14,10-11). «Poiché voi rendete bene grazie, ma l’altro non è edificato» (ibid. 14,17).

Quando Paolo dice: «Chi profetizza è più grande di chi parla in lingue, se non si interpreta perché la chiesa riceva l’edificazione» (1 Cor 14,5), intende dire che chi parla solo in lingue deve imparare a tradurre i salmi e le preghiere del suo cuore in salmi e preghiere del suo intelletto da recitare udibilmente. Quando impara così a pregare e a recitare i salmi contemporaneamente con il suo spirito e il suo intelletto, può quindi partecipare al ringraziamento collettivo a beneficio degli “individui comuni” che sapranno quando dire il loro Amen. “Così chi parla in lingue preghi di poter tradurre. Perché se prego in lingua, il mio spirito prega, ma il mio intelletto è senza frutto. Allora qual è (la situazione)? Pregherò con lo spirito, ma lo farò pregando anche con l’intelletto, reciterò i salmi con lo spirito, ma reciterò anche salmi con l’intelletto. Perché se benedici con lo spirito, come dirà l’Amen al tuo ringraziamento colui che occupa il posto del comune uditore? Perché non sa cosa dici. Ringrazi bene, ma l’altro non è edificato. Ringrazio Dio con la lingua più di tutti voi, ma in chiesa preferisco dire cinque parole con il mio intelletto, per istruire gli altri, piuttosto che diecimila parole con la lingua» (1 Cor 14,13-19).

Paolo non dice mai che uno interpreta in lingue ciò che un altro sta dicendo. Si interpreta in lingue ciò che egli stesso dice. In ogni caso in cui Paolo mette in relazione il “parlare in lingue” con la “traduzione”, è sempre colui che ha il dono delle lingue che traduce sé stesso per essere ascoltato udibilmente a beneficio dei “comuni individui”. È in questo contesto che Paolo comanda che “se uno parla in lingue, deve essere raggruppato in due o tre e che uno traduca. Se non c’è un traduttore, taccia in chiesa, parli con sé stesso e a Dio» (1 Cor 14,27-28). L’interprete è chiaramente colui che ha il dono di tradurre le proprie preghiere dal proprio spirito nel proprio cuore nel proprio intelletto affinché diventino udibili per l’edificazione degli altri. Altrimenti deve tacere e limitarsi a pregare in lingue come fanno anche gli altri, ma anche udibilmente. Paolo priva così coloro che hanno solo il dono dei tipi di lingue del loro potere maggioritario di imporre la loro innovazione di preghiere collettive solo con le lingue alla presenza dei “comuni individui”.

Paolo parla di salmi e preghiere non recitate con la propria lingua, ma ascoltate provenire dal cuore. Questa illuminazione del cuore neutralizza la schiavitù dell’istinto all’autoconservazione e inizia la trasformazione dell’amore possessivo in amore disinteressato. Questo è il dono della fede alla persona interiore che è la sua giustificazione, riconciliazione, adozione, pace, speranza e vivificazione.

Queste incessanti preghiere e salmi nel cuore (Ef 5,18-20), altrimenti detti “tipi di lingue” (1 Cor 12,28), trasformano il comune uditore in tempio dello Spirito Santo e membro del Corpo di Cristo. Sono l’inizio della propria liberazione dalla schiavitù dell’ambiente, non ritirandosi da esso, ma controllandolo, non sfruttandolo, ma con amore disinteressato. È così che «la legge dello Spirito che dà vita in Cristo Gesù ti ha liberato dalla legge del peccato e della morte…. Se uno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene. Se Cristo è in te, allora il corpo è morto al peccato, mentre lo Spirito è vita per la giustificazione…». (Rom. 8:2ss).

Poiché l’amore viene curato dalla perfezione, si ricevono i carismi superiori elencati da Paolo in 1 Cor 12,28 che si consumano nella glorificazione. Paolo afferma che «se uno è glorificato, tutte le membra si rallegrano» (1 Cor 12,26) per spiegare perché i profeti sono secondi agli apostoli e prima di tutte le altre membra del corpo di Cristo. Essere giustificati dalle preghiere e dai salmi dello Spirito Santo nel cuore è vedere Cristo in uno specchio offuscato (1 Cor 13,12). La glorificazione è la venuta del “Perfetto” (1 Cor 13,10) vedendo Cristo faccia a faccia (1 Cor 13,12). Nel dire: “Ora so in parte” (ibid.) Paolo si riferisce al suo attuale stato di illuminazione o giustificazione. Con la sua frase successiva, “ma allora sarò conosciuto come sono stato conosciuto” (ibid.), Paolo sta dicendo che sarà glorificato come era stato glorificato. Nello stato di illuminazione si è bambini. Una volta glorificato, si torna a illuminare l’uomo (1 Cor 13,11).

Durante la glorificazione, che è rivelazione, la preghiera nel cuore (lingue), la conoscenza e la profezia, insieme alla fede e alla speranza, sono abolite poiché sostituite da Cristo stesso. Solo l’amore non viene meno (1 Cor 13,8-11). Durante la rivelazione le parole e i concetti su e verso Dio (preghiere) vengono aboliti. Dopo la glorificazione si ritorna all’illuminazione. Conoscenza, profezia, lingue, fede e speranza tornano ad unirsi all’amore che non era finito. Quelle parole e concetti usati nella preghiera e nell’insegnamento da un glorificato per condurre altri alla glorificazione sono ispirati e devono essere aboliti nella glorificazione.

È questa visione del Cristo risorto in gloria che Paolo ebbe e che pone a capo (1 Cor 12,28) e fondamento (Ef 2,20) della Chiesa gli Apostoli e i Profeti. Questo fondamento include donne profeta (Atti 2,17, 21,9, 1 Cor. 11,5) ed è il contesto dell’affermazione di Paolo che in Cristo non c’è né maschio né femmina (Gal 3,28). La glorificazione non è un miracolo, ma la normale fase finale della trasformazione dell’amore egoistico in amore disinteressato. Sia Paolo che Giovanni considerano chiaramente la visione di Cristo in gloria in questa vita come necessaria per la perfezione dell’amore e del servizio alla società (Gv 14,21-24, 16,22, 17,24, 1 Cor 13,10-13, Ef 3,3-6). Le apparizioni del Cristo risorto in gloria non erano e non sono miracoli per sbalordire gli osservatori facendoli credenti nella Sua divinità. Il miracolo fu la crocifissione del Signore della Gloria, non la Sua risurrezione. Il Cristo risorto appare solo per la perfezione dell’amore, anche nel caso di Paolo che era giunto alla soglia della glorificazione (Gal 1,14ss), non conoscendo il Signore della Gloria che stava per vedere nato, crocifisso e risorto. In 1 Cor 15,1-11 ci sono le glorificazioni che completano il trattamento paolino dei doni spirituali iniziato in 1 Cor 12,1.

 Tutti i glorificati nella storia sono uguali agli Apostoli nella loro partecipazione alla Pentecoste perché anch’essi sono stati guidati in tutta la Verità (At 10,47-11,18). Tutta la Verità è il Cristo risorto ed asceso che ritornò nelle lingue di fuoco increate della Pentecoste per dimorare con Suo Padre nei fedeli che sono diventati templi del Suo Spirito custodendolo nei loro cuori. Ha così fatto della Chiesa il suo corpo contro il quale non possono più prevalere le porte della morte.

La glorificazione è la partecipazione sia dell’anima che del corpo all’immortalità e all’incorruttibilità per la perfezione dell’amore. Questo può essere di breve o lunga durata. Dopo un iniziale smarrimento dell’orientamento si procede nel proprio lavoro quotidiano vedendo tutto saturato dalla gloria di Dio che non è né luce né tenebre, né simile a nulla di creato. Le passioni, che erano state neutralizzate e rese irreprensibili dall’illuminazione, sono abolite. Durante la glorificazione non si mangia, non si beve, non si dorme o si fatica e non si è colpiti dal caldo o dal freddo. Questi fenomeni nella vita dei santi (profeti) sia prima che dopo l’incarnazione del Signore della Gloria non sono miracoli ma il ripristino degli esseri umani alla normalità. È in questo contesto che si collocano tali detti di Cristo ai vivi, ma malati, che «i gerontologi hanno concluso che il processo di invecchiamento è una malattia e stanno esaminando se anche la morte stessa sia una malattia. A questo riguardo sia i glorificati che le loro reliquie dovrebbero risultare interessanti poiché molte centinaia di loro rimangono con il corpo intatto per secoli in uno stato intermedio tra corruzione e incorruttibilità. Uno degli esempi più antichi è San Spiridione sull’isola di Corfù che fu padre del Primo Concilio Ecumenico nel 325. Ce ne sono 120 solo a Kiev.

Questo è il contesto dell’affermazione di Paolo che «anche questa creazione sarà liberata dalla schiavitù della corruzione, la libertà della gloria dei figli di Dio» (Rm 8,21). È chiaro dal contesto che “la libertà della gloria” è qui libertà dalla mortalità e dalla corruzione. Ma anche coloro la cui persona interiore è stata adottata dall’illuminazione e che hanno assaporato l’immortalità fisica e l’incorruttibilità durante e limitatamente al periodo della loro glorificazione attendono «l’adozione, la liberazione del nostro corpo» (Rm 8,23). “I morti risorgeranno incorruttibili e noi saremo cambiati… questo corruttibile vestirà l’incorruttibilità e questo mortale vestirà l’immortalità…”. (1 Cor 15,53-54). Lo si sa non dalla speculazione sui testi biblici, ma dall’esperienza della glorificazione, cioè dalla «libertà della gloria dei figli di Dio». L’esperienza della glorificazione e non solo i testi biblici è alla base della fede della Chiesa nella risurrezione fisica della parte biologica della persona.

d) Non del mondo ma nel mondo.

La distinzione tra vita attiva e vita contemplativa non esiste all’interno del Corpo di Cristo. Il dono dello Spirito Santo di incessanti preghiere e salmi nel cuore rende impossibile una tale distinzione. Può esistere solo al di fuori del Corpo di Cristo.

Nessuno può dire Signore Gesù nel cuore se non mediante lo Spirito e nessuno può dire “Gesù è anatema” nello Spirito (1 Cor 12,3). Questa è la spiritualità biblica e patristica e il potere con cui era impossibile torturare un tempio dello Spirito Santo facendogli rinunciare a Cristo. Tale rinuncia provava semplicemente che non si era stati membri della Chiesa. La missione primaria dei templi dello Spirito Santo era di lavorare in qualunque professione fossero impegnati e di cercare di trasmettere la propria cura agli altri. Hanno letteralmente lavorato nelle loro società in una capacità simile a quella degli psichiatri. Diversamente da loro, tuttavia, non cercavano l’equilibrio mentale mediante la conformità agli standard sociali della normalità. Il loro standard di normalità era la glorificazione. Il loro potere curativo non era e non è di questo mondo.

e) Teologia e dogma.

Tutti coloro che sono giunti alla glorificazione testimoniano che «è impossibile esprimere Dio e ancor più impossibile concepirlo» perché sanno per esperienza che non c’è alcuna somiglianza tra il creato e l’increato. Dio è “motore immobile” che “muove” e “né uno, né unicità né unità, né divinità… né filiazione, né paternità, ecc.”, nell’esperienza della glorificazione. La Bibbia e i dogmi sono ‘guide per’ e sono aboliti durante la glorificazione. Non sono fini a se stessi e non hanno nulla a che vedere con la metafisica, né con l’analogia entis né con l’analogia fidei. Ciò significa che le parole e i concetti che non contraddicono l’esperienza della glorificazione e che portano alla purificazione e all’illuminazione del cuore e alla glorificazione sono ortodossi. Parole e concetti che contraddicono la glorificazione e allontanano dalla cura e dalla perfezione in Cristo sono eretici.

Questa è la chiave delle decisioni di tutti i Sette Concili Ecumenici Romani così come quella dell’Ottavo dell’879 e soprattutto del Nono del 1341.

La maggior parte degli storici del dogma non lo vede perché credono che i Padri, come Agostino, cercassero attraverso la meditazione e la contemplazione di comprendere il mistero di Dio dietro le parole e i concetti su di Lui. Introducono anche padri come Gregorio il Teologo nell’esercito della teologia latina, traducendolo per dire che a filosofare su Dio è permesso solo ai “maestri di meditazione del passato”, invece che “a coloro che sono passati alla theoria”, che è visione di Cristo “in uno specchio offuscato”, per “tipi di lingue” e “faccia a faccia” in “glorificazione”.

I Padri non hanno mai inteso la formulazione del dogma come parte di uno sforzo per comprendere intellettualmente il mistero di Dio e l’incarnazione. San Gregorio Teologo mette in ridicolo tali eretici: «Dimmi, dice, qual è l’ingenerazione del Padre, e io ti spiegherò la fisiologia della generazione del Figlio e della processione dello Spirito, e lo faremo entrambi impazziti per aver curiosato nel mistero di Dio».

Né i Padri hanno mai accolto l’idea agostiniana che la Chiesa comprenda meglio la fede con il passare del tempo. Ogni glorificazione è partecipazione a tutta la Verità della Pentecoste, che non può essere né aggiunta né meglio compresa.

Ciò significa anche che la dottrina ortodossa è puramente pastorale poiché non esiste al di fuori del contesto della cura dei mali e della perfezione individuale e sociale.

Essere un teologo è prima di tutto essere uno specialista delle vie del Diavolo. L’illuminazione e soprattutto la glorificazione trasmettono il carisma del discernimento degli spiriti per aver ingannato il Diavolo, specialmente quando ricorre all’insegnamento della teologia e della spiritualità a coloro che sfuggono alla sua presa.

f) I misteri.

Il risultato più importante della franco-latinizzazione dell’educazione teologica ortodossa del XVIII e XIX secolo è stata la scomparsa del contesto dell’esistenza stessa della Chiesa nella purificazione, illuminazione e glorificazione dai Manuali dogmatici, e specialmente i capitoli sui Misteri. Questi manuali non erano a conoscenza del fatto biblico e patristico che il carisma del presbiterato presupponeva lo stato di profezia. “…non trascurare il carisma che è in te che ti è stato dato per mezzo della profezia con l’imposizione delle mani del presbiterato (1 Tm 4,14)”.

g) Profeti e intellettuali.

La creazione dipende completamente da Dio sebbene non vi sia alcuna somiglianza tra di loro. Ciò significa che non c’è alcuna differenza tra il colto e il non educato quando entrambi stanno passando attraverso la cura dell’illuminazione nel loro cammino per diventare profeti mediante la glorificazione. Una conoscenza superiore sulla realtà creata non dà alcuna pretesa speciale sulla conoscenza dell’increato. Né l’ignoranza sulla realtà creata è uno svantaggio per raggiungere la più alta conoscenza della realtà increata.

h) Profeti e Papi.

Dei cinque Patriarcati romani, i Franchi conquistarono quello di Roma e sostituirono i Papi romani con Papi teutonici con la forza militare durante una lotta iniziata nel 983 e terminata nel 1046. Estesero così il loro controllo della successione apostolica al Papato come parte dei loro piani per il dominio del mondo. Trasformarono i Padri romani in greci e latini e si attaccarono a questi ultimi, inventando così l’idea di due cristianità. Per l’Islam il papato è ancora latino e franco, e i patriarchi di Nuova Roma, Alessandria, Antiochia e Gerusalemme sono ancora romani. L’ignoranza su chi e cosa sono i glorificati e perché sono secondi e successori degli Apostoli ha creato il vuoto che è stato riempito dall’infallibilità del Papa latino.

i) Profeti e Padri.

Gregorio di Nissa informa i suoi lettori che le eresie compaiono in quelle chiese che non hanno profeti. La ragione è che i loro capi tentano di entrare in comunione con Dio mediante la meditazione e la contemplazione su di Lui invece che mediante l’illuminazione e la glorificazione. Confondere i propri concetti su Dio con Dio è idolatria, per non parlare del cattivo metodo scientifico.

A proposito di apostoli e profeti dice san Paolo: «La persona spirituale esamina tutto, ma non è esaminato da nessuno» (1 Cor 3,15). La ragione di ciò è che, mediante la loro glorificazione nella gloria increata di Dio in Cristo, essi divennero testimoni del fatto che «i capi di questo tempo» «hanno crocifisso il Signore della gloria» (1 Cor 2,8). Questo è lo stesso Signore della Gloria (l’Angelo del Gran Consiglio), che si chiama “Colui che è, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe”, l’Onnipotente, la Sapienza di Dio, la Roccia che seguì (1 Corinzi 10,1-4), che videro i profeti dell’Antico Testamento. San Giovanni Battista fu il primo dei Profeti a vedere questo stesso Signore della Gloria nella Carne. Naturalmente anche i Giudei, che formalmente credevano nel Signore della Gloria, «se avessero saputo, non avrebbero crocifisso il Signore della gloria» (1 Cor 2,8).

Paolo adatta i detti dell’Antico Testamento, “ciò che occhio non ha visto e orecchio non ha udito e non è sorto nel cuore dell’uomo, che Dio ha preparato per coloro che lo amano”, alla crocifissione Signore della gloria, che «Dio ci ha rivelato mediante il suo Spirito» (1 Cor 3,9-10). Quelle così glorificate sono le uniche autorità all’interno della Chiesa ortodossa. Producono le formulazioni dottrinali che servono come guide per la cura del centro della personalità umana e come segnali di avvertimento per stare lontani da dottori ciarlatani che promettono molto e non hanno nulla da dare in preparazione all’esperienza della gloria di Dio in Cristo che ognuno farà finalmente avere.

j) Il Signore della Gloria ei Concili ecumenici[12].

Per ‘Scritture’ sia Cristo che gli Apostoli intendevano l’Antico Testamento a cui era stato aggiunto il Nuovo Testamento. I Vangeli di Marco, Matteo e Luca sono stati redatti per fungere da guide pre-battesimali durante le fasi della purificazione e dell’illuminazione della persona interiore nel cuore. Che Cristo sia lo stesso Signore della Gloria che si rivelò ai suoi profeti dell’Antico Testamento e divenne manifesto al Suo battesimo e trasfigurazione in cui mostrò la gloria e il governo (BASILEIA in greco) di Suo Padre come Suo per natura. Il Vangelo di Giovanni è stato redatto allo scopo di continuare il proprio avanzamento nell’illuminazione (Gv 13,31-36) e proseguire verso la glorificazione (Gv 17) mediante la quale si vede pienamente la glorificazione del Signore della Gloria nel Padre Suo e di quest’ultimo in Suo Figlio (Giovanni 13:31, 32).

Per questo Giovanni fu chiamato il “Vangelo spirituale”[13].

Coloro che sono stati così iniziati al Corpo di Cristo non hanno appreso dell’incarnazione, del battesimo, della trasfigurazione, della crocifis-sione, della morte, della sepoltura, della risurrezione, dell’ascensione e del ritorno pentecostale del Signore della Gloria nelle lingue di fuoco increate del Suo Spirito per diventare il capo della Sua Corpo, la Chiesa, semplicemente studiando i testi della Bibbia. Hanno studiato la Bibbia come parte integrante del processo di purificazione, illuminazione e preparazione alla glorificazione del loro cuore, nello stesso Signore della Gloria, che aveva glorificato i Suoi Profeti dell’Antico Testamento, ma ora nella Sua natura umana nata dalla Vergine Maria.

Fu in questo contesto che la Chiesa antica identificò Cristo con il Signore, Angelo e Sapienza per mezzo del quale Dio creò il mondo e glorificò i suoi amici, i profeti, e mediante il quale liberò Israele dalla schiavitù e la guidò fino al tempo in cui Egli stesso divenne carne per porre fine al dominio della morte sulla Sua Chiesa (A.T.) (Matteo 16,18). Nonostante la loro glorificazione, i Profeti A.T. morirono. Ma ora «se uno osserva la mia parola, non vedrà mai la morte» (Gv 8,52-53). Ora c’è una prima risurrezione della persona interiore (Apocalisse 20,5) e una seconda risurrezione del corpo (Apocalisse 20,6) e c’è anche una seconda morte del corpo (Apocalisse 20,14).

Anche eretici come gli Ariani e gli Eunomiani, condannati dal Primo e Secondo Concilio Ecumenico, davano per scontata questa identità di Cristo con il Signore della Gloria dell’Antico Testamento. Tuttavia, hanno affermato che questo Angelo della Gloria era la prima creazione della volontà di Dio dal non essere prima sia del tempo che dei secoli e non coeterna con il Padre. Hanno usato la visibilità dell’Angelo della Gloria ai Profeti come prova della sua natura creata[14] in un modo in qualche modo simile a quegli gnostici che identificarono questo angelo dell’Antico Testamento con il loro dio creatore minore di questo presunto mondo malvagio e che ingannarono Israele.

Gli Ariani e gli Eunomiani o ignoravano o rifiutavano il fatto che per glorificazione si diventa dio per grazia (theosis) e che quindi si vede la gloria e il governo increati (BASILEIA in greco) di Dio in Cristo per mezzo di Dio stesso. In gioco c’era il fatto che Dio stesso si rivela ai suoi amici glorificati e non per mezzo di una creatura, con la sola eccezione della natura creata di suo Figlio. Eppure la grazia e la regola (BASILEIA in greco) di illuminazione e di gloria che Cristo comunica al suo Corpo, la Chiesa, è increata. La dottrina franco-latina della creazione della grazia comunicata non ha posto nella tradizione dei Concili ecumenici.

Il motivo per cui gli aspetti di cui sopra dei Concili ecumenici non giocano alcun ruolo nelle storie della dottrina latina e protestante è il fatto che Agostino deviò nettamente da Ambrogio e dai Padri nella sua comprensione delle apparizioni del Logos ai profeti dell’Antico Testamento[15]. Le sue incomprensioni divennero il fulcro della tradizione franco-latina. Le storie della dottrina protestante e latina, che sono consapevoli della deviazione di Agostino da questa antica identificazione di Cristo con questo angelo della gloria, presuppongono che sia stata eliminata dalla tradizione a causa del suo uso da parte degli ariani. Tuttavia questa tradizione è stata preservata intatta all’interno delle Chiese dell’Impero Romano e continua ad essere il cuore della tradizione ortodossa. Questo è l’unico contesto per i termini trinitari e cristologici: tre sostanze, una sola essenza e l’unione del Logos con il Padre e noi. Erano e rimangono privi di significato nel contesto agostiniano.

Agostino aveva erroneamente creduto che fossero solo gli Ariani ad identificare il Logos con questo Angelo della Gloria A.T. Non sapeva che sia Ambrogio, il vescovo che afferma di aver aperto la sua mente manichea all’Antico Testamento e di averlo battezzato, e tutti gli altri Padri fecero lo stesso. Gli Ariani e gli Eunomiani avevano sostenuto che la prova che il Logos era stato creato era che Egli era per natura visibile ai Profeti, mentre solo il Padre era invisibile. Agostino non aveva compreso le esperienze bibliche di illuminazione e glorificazione, che aveva confuso con l’illuminazione e l’estasi neoplatoniche. Ha relegato la glorificazione alla vita dopo la morte e l’ha identificata con la visione della sostanza divina che presumibilmente soddisfa il desiderio dell’uomo di felicità assoluta. La sua comprensione utilitaristica dell’amore gli rendeva impossibile comprendere l’amore disinteressato della glorificazione in questa vita. A questo proposito non differiva dagli ariani che stava attaccando.

All’interno dei presupposti neoplatonici di cui sopra, Agostino risolve il problema con la seguente spiegazione: le Tre Persone della Santissima Trinità, essendo ugualmente invisibili, presumibilmente rivelano sé stesse e i loro messaggi ai profeti per mezzo di varie creature che portano all’esistenza per essere visti e ascoltati e che poi fanno scomparire dall’esistenza, come la gloria, la nuvola, il fuoco, il roveto ardente, ecc. Dio è diventato permanentemente visibile nella natura umana di Suo Figlio attraverso il quale comunica messaggi e concetti. Tuttavia, si suppone che continui anche a rivelare visioni e messaggi con mezzi creati che Egli passa dentro e fuori dall’esistenza secondo necessità, come l’uccello al battesimo di Cristo, le lingue di fuoco di Pentecoste, la gloria/luce/regola (BASILEIA in greco) di Dio rivelato alla trasfigurazione. Questi simboli verbali con cui gli scrittori dell’Antico e del Nuovo Testamento esprimevano esperienze di illuminazione e glorificazione furono così ridotti a oggetti temporanei e miracoli incredibili[16]. Questa divenne la tradizione franco-latina a cui aderiscono ancora sostanzialmente sia i latini che i protestanti.

Uno degli effetti collaterali più notevoli di tali malintesi è l’uso della parola “regno” che satura le traduzioni del Nuovo Testamento e che non compare mai nell’originale greco. Il termine greco “BASILEIA (in greco) di Dio” designa il governo increato di Dio e non il Regno creato governato da Dio.

k) “…non spegnere lo Spirito” (1 Ts 5,19)

Lo Spirito Santo che si custodisce nel proprio cuore «con sospiri inespressi» (Rm 8,26) non è di per sé appartenenza al Corpo di Cristo. Si deve rispondere con l’incessante preghiera del proprio spirito, perché lo Spirito di Dio testimoni al nostro spirito “che siamo figli di Dio e coeredi di Cristo, affinché, poiché co-soffriamo, anche noi siamo co-glorificati “, (Rom 8,16-17). Sebbene questa risposta sia la nostra, è anche un dono di Dio. Proprio questo presuppone san Paolo quando comanda: «Pregate incessantemente… Non spegnete lo Spirito. Non disattendete le profezie». (1 Ts 5,17-19). Paolo ci sta dicendo qui di aver cura di rimanere templi dello Spirito Santo preservando la preghiera incessante del nostro spirito nel cuore affinché possiamo diventare profeti mediante la glorificazione. Questo è anche il motivo per cui Padri come come San Giovanni Crisostomo dicono: “Non pensiamo di essere diventati membra del Corpo una volta per tutte”[17].

Il battesimo con l’acqua per il perdono dei peccati è un mistero indelebile perché il perdono di Dio per l’essere malati è il dato di fatto per l’inizio della guarigione. Tuttavia, il battesimo dello Spirito non è un mistero indelebile poiché o si ha, o non si ha, o si può perdere, la preghiera incessante nel cuore. Che si risponda o no, lo Spirito Santo è avvocato nel cuore di ogni singolo essere umano, che creda o meno in Cristo. In altre parole, l’amore di Dio chiama tutti allo stesso modo ma non tutti rispondono. Coloro che non rispondono non dovrebbero immaginarsi templi dello Spirito Santo e membra del Corpo di Cristo, impedendo così agli altri di rispondere. Coloro che sono nello stato di illuminazione pregano insieme nelle loro liturgie come templi dello Spirito Santo e membri del Corpo di Cristo che i non membri diventino membri e i membri precedenti tornino membri poiché ciò non era loro garantito dal loro battesimo d’acqua per il perdono dei peccati.

l) Il carisma della traduzione.

Ad un certo punto della storia della Chiesa primitiva il carisma di tradurre simultaneamente i salmi e le preghiere dal cuore all’intelletto a beneficio del culto collettivo dei privati è stato sostituito da testi liturgici scritti stabili, con punti fissi in cui i laici (idiotes) rispondessero con il loro amen, Kyrie eleison, ecc. Anche la preghiera nel cuore era ridotta a una breve preghiera (es. Signore Gesù Cristo abbi pietà di me peccatore) o a una frase di un salmo (una forma che si trova nei Padri del deserto di Egitto e portato in Occidente da San Giovanni Cassiano). Altrimenti il carisma è rimasto intatto.

Gregorio di Tours descrisse i fenomeni sia della preghiera incessante che della glorificazione. Ma non avendo capito cosa sono, li ha descritti come miracoli e in modo confuso[18]. I Franchi continuarono questa confusione e alla fine confusero l’illuminazione e la glorificazione con il misticismo neoplatonico di Agostino, giustamente respinto dalla maggior parte della Riforma.

SELEZIONE DEGLI STUDI SULLE TEMATICHE QUI TRATTATE

  • Raccolta di fonti patristiche sulla preghiera nel cuore intitolata Filocalia, Gribaudi.
  • “La via del Pellegrino”, tradotto dal russo, ed. Adelphi. La Filocalia nella pratica popolare.
  • John S. Romanides, “Il peccato originale secondo San Paolo”, ed. Asterios. Documento consegnato nel 1954 alla facoltà della Scuola Teologica Ortodossa San Sergio a Parigi.
  • The Ancestral (originale) Sin, 1a ed., Atene 1957; 2a ed. Atene 1989, Domos.
  • “Ecclesiologia di Sant’Ignazio di Antiochia”, Atlanta 1956: ristampato in The Greek Orthodox Theological Review, Brookline 1961-62, vol. VII, nn. 1-2, pp. 53-77.
  • “Giustino martire e il quarto Vangelo”, Rivista teologica greco-ortodossa 4 (1958): 115-134.
  • “Dogmatica”, Salonicco 1973.
  •  “Romanità, Romania, Roumeli”, Salonicco 1975.
  • “Esame critico delle applicazioni della teologia”, in Procès Verbaux du Deuxième Congrès de Théologie Orthodoxe, Athènes 1976, ed. SC Agourides, Atene 1978.
  • “Franks, Romans, Feudalism and Doctrine”, Holy Cross Orthodox Press, Brookline 1982.
  • “Gesù Cristo-La vita del mondo”, in Xenia Oecumenica, Helsinki 1983, n. 39, pp. 232-275.
  • “Justice and Peace in Ecclesiological Context”, a cura di Gennadios Limouris, in “Come Holy Spirit Renew the Whole Creation”, Holy Cross Press, Boston 1990, pp. 234-249.
  • “Saint Augustin”, Les Dossiers HL’ Age d’ Homme, editore Patric Ranson, 1988. Di interesse sui punti qui toccati si vedano gli studi di Patric Ranson, Emile Zum Brunn, John Romanides, Laurent Motte, Anne Pannier e Alain de Libera.

NOTE:


[1] La maggior parte del materiale qui presentato faceva parte del mio studio intitolato “Sinodi e civiltà della Chiesa” preparato e già presentato al VI incontro della Commissione mista luterana-ortodossa 31/5-8/6/1991 Mosca, URSS e rivisto per la riunione della sottocommissione, 17-21 giugno 1992, Ginevra e stampato in “THEOLOGIA”, vol. 63 + Numero 3 + luglio-settembre 1992 pagine 424-450 e in greco nel vol. 66 + Edizione 4, 1995 pagine 647-680. È apparso di nuovo con il titolo “LA RELIGIONE È UNA MALATTIA NEUROBIOLOGICA, TUTTAVIA L’ORTODOSSIA È LA SUA CURA”, pubblicato dal Monastero di Koutloumousiou del Monte Athos nel suo volume intitolato “ORTODOSSI-EELLENISMO IN CAMMINO VERSO IL TERZO MILLENNIO”, VOL. 2, pp. 67-87, 1996.

[2]  Per l’inizio dei miei studi sulle ragioni catechetiche della differenza tra le due tradizioni evangeliche nella Chiesa primitiva si veda il mio studio “Giustino Martire e il quarto Vangelo”, in Greek Orthodox Theological Review 4 (1958): 115- 134. Ho ricevuto una lettera da C.H. Dodd in cui si informava che questa posizione doveva essere esaminata.

[3] San Giovanni Crisostomo, Migne, PG 60, 23

[4] Mc 9, 1-8, Mt 16. 28; 17.1-8, Lc 9.27-36

[5] Si veda ad esempio una concentrazione di queste sciocche nozioni nel De Trinitate di Agostino, libri II e III. Ho avuto il privilegio di ascoltare un sermone sulla Pentecoste durante una riunione del Comitato Centrale del Consiglio Ecumenico delle Chiese che ha ripetuto queste posizioni di Agostino. Ciò significa che il materiale di questo sermone è stato preso direttamente da questa fonte o è entrato a far parte delle tradizioni franco-latine e della Riforma. Se è così, allora il divario tra i Nove Concili ecumenici romani dal 325 al 1351 e le posizioni franco-latina e protestante sono incolmabili.

[6] 1 Cor. 13,11

[7] Questa sezione e le sezioni del resto di questo documento sono state incluse nel mio studio “SINODI DELLA CHIESA E CIVILTÀ” che è stato redatto per il VI incontro della Commissione mista luterana-ortodossa 31/5-8/1991 Mosca, URSS. Rivisto per la riunione della sottocommissione, 17-21 giugno 1992, a Ginevra. È stato pubblicato in THEOLOGIA Vol. 63, Numero 3, luglio-settembre 1992 e in greco nel vol. 66, numero 4, 1995.

[8] Vedi sotto “j) Il Signore della Gloria e i Concili Ecumenici”.

[9] Questa interpretazione di Paolo si basa sulla Tradizione Patristica, ma anche su informazioni recepite durante un incontro di dialogo a Bucarest (ottobre 1979) tra ortodossi ed ebrei. Quest’ultimo ha sottolineato che l’illuminazione e la glorificazione patristica che ho descritto loro era quella della tradizione chassidim dell’Antico Testamento. Evidentemente Cristo, il Signore incarnato e i Suoi Apostoli appartengono a questa tradizione.

[10] Commentando 1 Cor 12,27-28 scrive san Simeone il Nuovo Teologo: «Affinché provi le differenze delle membra, ciò che sono e chi sono, dice: Voi dunque siete il corpo di Cristo… tipi di lingue. Fai le differenze tra le membra di Cristo? Hai imparato chi sono le sue membra?” Libro VI sull’etica, intitolato “Come si è uniti a Cristo e a Dio e come tutti i santi diventano uno con Lui”.

[11] Per l’interpretazione patristica dell'”eph’ho” di Paolo in Rom 5,12 vedi J.S. Romanides, “Il peccato originale secondo S. Paolo”, Asterios

[12] Per l’identità del Logos incarnato del Nuovo Testamento con il Signore dell’Antico Testamento negli insegnamenti dei Padri del Primo e del Secondo Concilio ecumenico si veda il mio studio “Gesù Cristo la vita del mondo”, in Xenia Oecumenical , Helsinki 1983, pp. 232-275.

[13] J.S. Romanides, “Giustino martire e il quarto vangelo”, in The Greek Orthodox Theologica [l Review, IV, 2 (1958-59),115-139. http://www.romanity.org/htm/rom.22.en.justin_martyr_and_the_fourth_gospel.01.htm

[14] Per i presupposti filosofici comuni tra Paolo di Samosata, i suoi co-lucianisti ariani e i nestoriani si veda il mio “Dibattito sulla cristologia di Teodoro di Mopsuestia”, The Greek Orthodox Theological Review, vol. VII, 2 (1959-60), pp. 140-185.

[15] Per l’analisi di queste deviazioni vedere la bibliografia.

[16] Quanto sopra si può trovare concentrato nei seguenti scritti di Agostino: De Beata Vita, Contra Academicos, e disseminato in tutti i suoi scritti. Particolarmente interessanti sono le sue spiegazioni delle visioni di Dio da parte dei profeti e degli apostoli nel suo De Tinitate, specialmente in Libri II e III.

[17] Migne, PG 60, 23: J.S. Romanides, Peccato originale (in greco) 1a ed. Atene 1957; 2a ed. Atene 1989, pag. 173.

[18] J.S. Romanides, Franchi, Romani, Feudalesimo e Dottrina, Brookline 1981, p. 53-57.