P. Georgios Metallinos: Unificazione dei calendari nella differenza dei Dogmi
“L’argomento non è quello dei calendari: sono dogmi e teologia contrastanti che portano a celebrazioni separate della Pasqua”
dall’Arciprete Georgios Metallinos
La risurrezione di Cristo non solo è il fondamento incrollabile della nostra fede (“Se Cristo non è risorto, vana è la vostra fede” [1 Corinzi 15,17] ), ma richiama anche alla mente la tragica divisione del mondo cristiano della nostra epoca.
Lo scopo del dialogo ecumenico o intercristiano è proprio quello di rimuovere questa divisione e ripristinare l’unità. Negli ambienti ecumenici, infatti, la celebrazione comune della Pasqua è considerata un passo essenziale in questa direzione.
La decisione di cambiare calendario (1923-1924) – decisione affrettata e non pan-ortodossa – portò alla comune celebrazione cristiana del Natale (e delle Feste inamovibili), ma non a quella della Pasqua (e delle Feste mobili), che continua ad essere determinato nel mondo ortodosso sulla base del vecchio calendario giuliano.
Una recente Enciclica patriarcale (n. 150/26 maggio 1995) solleva la questione della necessità di “determinare” “una data comune per la celebrazione della Grande Festa della Pasqua da parte di tutti i cristiani”, promuovendo così un percorso unionista. Non dobbiamo dimenticare, tuttavia, alcune costanti storiche e teologiche fondamentali che determinano in modo decisivo il significato delle feste cristiane (della Chiesa) e la nostra esperienza liturgica di esse, come nel caso della Pasqua:
(a) Molti ortodossi sostengono giustamente che l’impedimento a celebrare le feste contemporaneamente ai non ortodossi non è la differenza nei calendari, ma la differenza nel dogma e nella teologia; vale a dire, la nostra non convergenza su questioni di fede, dato, in particolare, che la “fede” nell’ininterrotta Tradizione cristiana, che continua nell’Ortodossia, non è una semplice – superficiale o scolastica – accettazione di certe “verità” disincarnate carattere assoluto, ma, piuttosto, partecipazione ad uno stile di vita tramandato dagli Apostoli e dai Padri, che porta a fare esperienza dello Spirito Santo.
Questa esperienza, quando formulata in parole, costituisce la fede della Chiesa come Corpo del Signore. Così dobbiamo intendere l’ingiunzione canonica della Chiesa – a partire dal Primo Sinodo ecumenico, che, nel 325 d.C., risolse la questione della celebrazione della Pasqua una volta per tutte fino ai giorni nostri: «non festeggiare con gli ebrei», il che equivale, oggi, a «non festeggiare con gli eterodossi».
Questo non è frutto di bigottismo religioso, ma espressione di una sana e attiva autocoscienza ecclesiastica. Per questo motivo, già nel 1582, l’Oriente ortodosso rifiutò il “Nuovo” Calendario, non per ragioni scientifiche, ma ecclesiologiche, poiché l’introduzione di questo calendario fu collegata sia dagli occidentali che dai nostri stessi unionisti all’imposizione di un’osservanza simultanea delle feste come facilitazione (di fatto) dell’unione “dal basso” (su base ampia).
Questo spirito trovò espressione nella controversa Enciclica del 1920, che proponeva «l’adozione di un unico calendario per la celebrazione simultanea delle principali feste cristiane da parte di tutte le Chiese».
Non ci soffermeremo, qui, sul fatto che questa Enciclica pone sullo stesso piano l’Ortodossia e la non-Ortodossia. Ricorderemo però che, se da un lato ha certamente aperto la strada all’ecumenismo, dall’altro è servito a provocare la genesi della questione “vecchio calendarista”, che resta un’esperienza tragica e traumatica nel corpo della Chiesa ortodossa e dovrebbe, per questo stessa ragione, da risolvere prima di qualsiasi soluzione parziale o più ampia nell’ambito del dialogo “ecumenico”.
(b) La precondizione della comune «celebrazione delle feste cristiane» non è l’accordo sul calendario o gli accordi diplomatici e giuridici, ma «l’unità della fede e la comunione dello Spirito Santo»; cioè l’adesione ad una concezione del cristianesimo come un “ospedale spirituale” (San Giovanni Crisostomo), cioè come ospedale esistenziale e sociale e come metodo di terapia.
L’ideologizzazione del cristianesimo o la sua formulazione accademica – malattie derivanti dal dialogo ecumenico – non solo non ci conducono all’unità che desideriamo, ma anzi ce ne allontanano. L’unità e l’unione che culminano nella Sacra Mensa e nel Santo Calice richiedono l'”unanimità” nella fede e nell’insieme della vita cristiana; cioè l’accettazione della Tradizione Apostolica nella sua totalità e l’incorporazione in essa.
È proprio per questa ragione che il culto e la tradizione liturgica da soli non costituiscono una base di unità, come credono ampiamente, ma erroneamente, coloro che sono impegnati nel dialogo ecumenico. Il culto e la partecipazione al culto non sono efficaci in termini soteriologici, al di fuori del contesto sopra menzionato di una tradizione ecclesiologica comune. La preghiera perenne del credente ortodosso è per “la restaurazione e la riunione degli erranti” al Corpo di Cristo, l’Unica Chiesa (Liturgia di San Basilio Magno) .
In questo modo si giustifica la forza anfidromica dell’affermazione di san Paolo, che abbiamo citato all’inizio: «Se la risurrezione di Cristo è il fondamento della nostra fede, allora la fede autentica è l’unica precondizione per la partecipazione alla risurrezione. come il più grande evento della nostra salvezza in Cristo.”
L’arciprete Giorgio Metallinos è stato un sacerdote della Chiesa di Grecia e professore di teologia dell’Università di Atene. Questo articolo è stato pubblicato sul quotidiano Kathimerini.
P. George Metallinos: Il cristianesimo non è una religione!
Protopresbitero George Metallinos
Preside della Scuola di Teologia dell’Università di Atene
P. George è nato sull’isola di Corfù, nel nord-ovest della Grecia, nel 1940. Lì ha completato gli studi secondari prima di frequentare l’Università di Atene. Si è laureato all’Università di Atene, dopo aver conseguito una laurea in Teologia nel 1962 e poi un’altra in Lettere Classiche nel 1967.
Dopo aver conseguito la laurea nel 1967, George è diventato assistente di ricerca presso il Dipartimento di Patrologia dell’università. Nel 1969 si stabilisce nella Germania occidentale e inizia gli studi post-laurea. Durante questo periodo ha frequentato le scuole di Bonn e Colonia e ha anche condotto studi e ricerche d’archivio in Inghilterra. Nel 1971 è stato ordinato sacerdote e ha conseguito un dottorato in teologia presso l’Università di Atene e un dottorato in filosofia e storia presso l’Università di Colonia.
Nel 1984, il dottor Metallinos è diventato professore presso la Scuola di Teologia dell’Università di Atene, dove ha insegnato Storia della spiritualità durante il periodo post-bizantino, Storia e teologia del culto e Storia bizantina. Nel 2004 è stato nominato Preside della Facoltà di Teologia, carica in cui ha servito fino al 2007 quando è diventato professore emerito.
Metallinos è considerato uno dei più importanti teologi della Chiesa ortodossa greca e ha scritto circa quaranta volumi di argomento teologico e storico, diversi dei quali sono stati tradotti in altre lingue.
Se volessimo definire convenzionalmente il cristianesimo, come Ortodossia, diremmo che è l’esperienza della presenza dell’Increato (=di Dio) nel corso della storia, e il potenziale della creazione (=umanità) che diventa Dio “per grazia”.
Data la presenza perpetua di Dio in Cristo, nella realtà storica, il cristianesimo offre all’uomo la possibilità della theosis (divinizzazione, glorificazione), così come la scienza medica offre all’uomo la possibilità di preservare o ristabilire la propria salute attraverso una specifica procedura terapeutica e uno specifico modo di vivere.
Chi scrive è in grado di apprezzare la coincidenza tra le scienze mediche ed ecclesiastiche, perché, in quanto diabetico e cristiano, è consapevole che in entrambi i casi deve attenersi fedelmente alle regole che sono state stabilite, per raggiungere entrambi questi due obiettivi.
Lo scopo unico e assoluto della vita in Cristo è la theosis, cioè la nostra unione con Dio, affinché l’uomo – attraverso la sua partecipazione all’energia increata di Dio – diventi “per grazia di Dio” ciò che Dio è per natura (= senza inizio e senza fine). Questo è ciò che significa “salvezza”, nel cristianesimo. Non è il miglioramento morale dell’uomo, ma una ricreazione, una ricostruzione in Cristo, dell’uomo e della società, attraverso un rapporto esistente ed esistenziale con Cristo, che è la manifestazione incarnata di Dio nella Storia. Questo è ciò che implicano le parole dell’apostolo Paolo, in 2 Cor 5,17: «Se uno è in Cristo, è una nuova creazione». Chi è unito a Cristo è una nuova creazione.
Ecco perché – cristianamente – l’incarnazione del Dio-Logos – questa “intrusione” redentrice del Dio Eterno e dell’Aldilà nel tempo Storico – rappresenta l’inizio di un nuovo mondo, di una (letteralmente) “New Age”, che continua nel corso dei secoli, nelle persone dei cristiani autentici: i Santi. La Chiesa esiste in questo mondo, sia come “corpo di Cristo” sia come “in Cristo”, per offrire la salvezza, attraverso la propria incarnazione in questo procedimento rigenerativo. Questo compito redentore della Chiesa è adempiuto per mezzo di un metodo terapeutico specifico, per cui nel corso della storia la Chiesa agisce essenzialmente come infermeria universale. “Infermeria spirituale” (ospedale spirituale) è la caratterizzazione data alla Chiesa dal beato Crisostomo (†407).
Più avanti, esamineremo le risposte date alle seguenti domande:
Qual è la malattia che cura l’ortodossia cristiana?
Qual è il metodo terapeutico che implementa?
Qual è l’identità del cristianesimo autentico, che lo separa radicalmente da tutte le sue deviazioni eretiche, e da ogni altra forma di religione?
1. La malattia della natura umana è lo stato decaduto dell’umanità, insieme a tutta la creazione, che pure soffre («sospira e geme» – Rm 8,22) insieme all’uomo. Questa diagnosi vale per ogni singola persona (cristiana o no, credente o no), a motivo dell’unità complessiva dell’umanità (cfr At 17,26). L’ortodossia cristiana non si confina negli stretti confini di una religione che ha cura solo dei propri seguaci – ma, come Dio, «vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla realizzazione della verità» (Timoteo 1,2-4), poiché Dio è «il Salvatore di tutti gli uomini» (Timoteo 1, 4-10). Quindi, la malattia a cui si riferisce il cristianesimo riguarda tutta l’umanità; Romani 5,12: “La morte è caduta su tutti gli uomini, poiché tutti hanno peccato (=hanno deviato dal loro cammino verso la theosis). Proprio come la caduta (cioè la malattia) è una questione panumana, così la terapia della salvezza dipende direttamente dalle funzioni interiori di ogni persona.
Lo stato naturale (autentico) di una persona è (patristicamente) definito dal funzionamento al suo interno di tre sistemi mnemonici; due dei quali sono familiari e monitorati dalla scienza medica, mentre il terzo è qualcosa che viene gestito dalla terapia poetica. Il primo sistema è la memoria cellulare (DNA), che determina tutto all’interno di un organismo umano. Il secondo è la memoria cellulare cerebrale, la funzione cerebrale, che regola la nostra associazione con il nostro sé e il nostro ambiente. Entrambi questi sistemi sono familiari alla scienza medica, il cui compito è di mantenere il loro funzionamento armonioso.
L’esperienza dei Santi è familiare con un altro sistema mnemonico: quello del cuore, o memoria “noetica”, che funziona all’interno del cuore. Nella tradizione ortodossa, il cuore non ha solo un funzionamento naturale, come una semplice pompa che fa circolare il sangue. Inoltre, secondo l’insegnamento patristico, né il cervello né il sistema nervoso centrale sono il centro della nostra autocoscienza; ancora, è il cuore, perché, oltre alla sua funzione naturale, ha anche una funzione soprannaturale. In determinate circostanze, diventa il luogo della nostra comunione con Dio, o la sua energia increata. Questo si percepisce naturalmente attraverso l’esperienza dei Santi, e non attraverso alcuna funzione logica o attraverso una teologizzazione intellettuale.
San Nicodemo del Sacro Monte (†1809), ricapitolando l’intera tradizione patristica nella sua opera “Hortative Manual” (Συμβουλευτικόν Εγχειρίδιον), chiama il cuore un centro naturale e soprannaturale, ma anche un centro paranormale, ogniqualvolta la sua facoltà soprannaturale diventa inattiva a causa del cuore dominato dalle passioni. La facoltà soprannaturale del cuore è il presupposto ultimo per la perfezione, per il compimento dell’uomo, cioè la sua theosis, per una piena incarnazione nella comunione in Cristo. Nella sua facoltà soprannaturale, il cuore diventa lo spazio in cui la mente può essere attivata. Nel codice della terminologia ortodossa, la mente (ΝΟΥΣ – nous – che appare nel Nuovo Testamento come “lo spirito dell’uomo” e “l’occhio dell’anima”) è un’energia dell’anima, per mezzo della quale l’uomo può conoscere Dio e può raggiungere lo stato di ‘vedere’ Dio. Ovviamente dobbiamo chiarire che la “conoscenza” di Dio non implica la conoscenza della sua incomprensibile e inavvicinabile essenza divina. Questa distinzione tra “essenza” ed “energia” in Dio è la differenza cruciale tra l’Ortodossia e tutte le altre versioni del cristianesimo. L’energia della mente all’interno del cuore è chiamata “facoltà noetica” del cuore. Sottolineiamo ancora che secondo l’Ortodossia, la Mente (ΝΟΥΣ) e la Logica (ΛΟΓΙΚΗ) non sono la stessa cosa, perché la logica funziona all’interno del cervello, mentre la mente funziona all’interno del cuore.
La facoltà noetica si manifesta come la “preghiera incessante” (cfr. 1 Ts 5,17) dello Spirito Santo nel cuore (cfr. Gal 4,6, Rm 8,26, 1 Ts 5,19) ed è denominata dai nostri Santi Padri come “la memoria di Dio”. Quando l’uomo ha nel cuore la “memoria di Dio”, in altre parole, quando sente nel cuore “la voce” (Corinzi 14,2; Galati 4,6, ecc.), può sentire Dio che “abita” dentro di lui (Romani 8,11). San Basilio Magno nella sua 2a epistola dice che la memoria di Dio rimane incessante quando non è interrotta dalle preoccupazioni mondane, e la mente “si allontana” verso Dio; in altre parole, quando è in comunione con Dio. Ma questo non significa che il fedele che è stato attivato da questa energia divina si sottrae ai bisogni della vita quotidiana, rimanendo immobile o in una sorta di estasi; significa che la sua Mente è liberata da queste preoccupazioni, che sono elementi che preoccupano solo la sua Logica. Per usare un esempio a cui possiamo riferirci: uno scienziato, che ha riacquistato la sua facoltà noetica, userà la sua logica per affrontare i suoi problemi, mentre la sua mente nel suo cuore conserverà incessantemente la memoria di Dio. La persona che conserva tutti e tre i sistemi mnemonici è il Santo. Per l’Ortodossia è una persona sana (normale). Per questo la terapia dell’Ortodossia è legata al cammino dell’uomo verso la santità.
La non funzione o la funzione al di sotto della media della facoltà noetica dell’uomo è l’essenza della sua caduta. Il tanto dibattuto “peccato ancestrale” è stato proprio il cattivo utilizzo da parte dell’uomo – da quel primissimo momento della sua presenza storica – della conservazione della memoria di Dio (= sua comunione con Dio) nel suo cuore. Questo è lo stato morboso a cui partecipano tutti i discendenti ancestrali; perché non era un peccato morale o personale, ma una malattia della natura dell’uomo (“La nostra natura si è ammalata, di questo peccato”, osserva san Cirillo d’Alessandria – †444), che si trasmette da persona a persona, esattamente come la malattia che un albero trasmette a tutti gli altri alberi che ne derivano.
L’inattivazione della facoltà noetica, o della memoria di Dio, e il confonderla con la funzione del cervello (che capita a tutti noi), soggioga l’uomo allo stress e all’ambiente, e alla ricerca della beatitudine attraverso l’individualismo e un atteggiamento anti-sociale. Mentre è malato a causa del suo stato di decadimento, l’uomo usa Dio e il suo prossimo per assicurarsi la propria sicurezza e felicità personali. L’uso personale di Dio si trova nella “religione” (=tentativo di trarre forza dal divino), che può degenerare in un’autodeficazione dell’uomo (“Mi sono fatto idolo di me”, dice sant’Andrea di Creta, nel suo ‘Canone maggiore’). L’uso del prossimo – e di conseguenza la creazione in generale – si ottiene sfruttandolo in ogni modo possibile. Questa, dunque, è la malattia che l’uomo cerca di curare, inserendosi pienamente nell’“ospedale spirituale” della Chiesa.
2. Lo scopo della presenza della Chiesa nel mondo – come comunione in Cristo – è la cura dell’uomo; il ripristino della sua comunione centrata nel cuore con Dio; in altre parole, della sua facoltà noetica. Secondo il professore P. John Romanides, «la tradizione patristica non è né una filosofia sociale, né un sistema morale, né un dogmatismo religioso; è un metodo terapeutico. In questo contesto è molto simile alla Medicina e soprattutto alla Psichiatria. L’energia noetica dell’anima che prega mentalmente e incessantemente all’interno del cuore è uno “strumento” naturale, che ognuno possiede e necessita di terapia. Né la filosofia, né nessuna delle scienze positive o sociali conosciute può curare questo “strumento”. Per questo i casi inguaribili non sono nemmeno a conoscenza dell’esistenza di questo strumento».
La necessità della guarigione dell’uomo è una questione pan-umana, legata in primo luogo al ripristino di ogni persona al suo stato naturale di esistenza, attraverso la riattivazione della terza facoltà mnemonica. Tuttavia, si estende anche alla presenza sociale dell’uomo. Affinché l’uomo sia in comunione con il prossimo come fratello, il suo egoismo (che alla lunga funge da amor proprio) deve trasformarsi in altruismo (cfr. 1 Corinzi 13,8) «amore….non chiede contraccambio.. »). L’amore disinteressato esiste: è l’amore del Dio Triadico (Rm 5,8; 1 Gv 4,7), che tutto dona senza cercare nulla in cambio. Ecco perché l’ideale sociale dell’ortodossia cristiana non è “comune possesso”, ma “mancanza di possesso”, come rassegnazione volontaria da qualsiasi tipo di richiesta. Solo allora la giustizia può essere possibile.
Il metodo terapeutico offerto dalla Chiesa è la vita spirituale; la vita nello Spirito Santo. La vita spirituale è vissuta come esercizio (Ascesi) e come partecipazione alla Grazia Increata, attraverso i Sacramenti. L’ascesi è la violazione della nostra natura senza regole e senza vita a causa del peccato, che ci sta precipitando a capofitto verso una morte spirituale o eterna, cioè l’eterna separazione dalla grazia di Dio. L’Ascesi aspira alla vittoria sulle nostre passioni, con l’intenzione di conquistare l’interiore sottomissione di quei punti nevralgici e pestiferi dell’uomo e di partecipare alla Croce di Cristo e alla sua Risurrezione.
Il cristiano, che esercita tale ritegno sotto la guida del suo Padre terapeuta-spirituale, diventa ricettivo alla grazia, che riceve attraverso la sua partecipazione alla vita sacramentale del corpus ecclesiastico. Non può esserci cristiano che non fa esercizio, così come non può esserci guarito che non segua i consigli terapeutici che il medico gli ha prescritto.
3. Quanto sopra ci porta ad alcune costanti, che verificano l’identità dell’ortodossia cristiana:
(a) La Chiesa – come corpo di Cristo – funge da Ospedale-Centro terapeutico. Altrimenti non sarebbe una Chiesa, ma una “Religione”. Il Clero viene inizialmente selezionato dal curato, per svolgere la funzione di terapeuta. La funzione terapeutica della Chiesa è conservata oggi, per lo più nei Monasteri che, sopravvissuti al secolarismo, continuano la Chiesa dei tempi apostolici.
(b) Gli scienziati della terapia ecclesiastica sono i già guariti. Chi non ha avuto l’esperienza della terapia non può essere terapeuta. Questa è la differenza essenziale tra la scienza terapeutica e la scienza medica. Gli scienziati della terapia ecclesiastica (Padri e Madri) generano altri Terapeuti, così come i Professori di Medicina generano i loro successori.
(c) Il confinarsi della Chiesa al semplice perdono dei peccati per assicurarsi un posto in paradiso costituisce alienazione ed equivale alla scienza medica che perdona il malato, affinché possa essere guarito dopo la morte! La Chiesa non può mandare qualcuno in Paradiso o all’Inferno. Inoltre, il Paradiso e l’Inferno non sono luoghi, sono modi di esistere. Guarendo l’umanità, la Chiesa prepara la persona affinché possa eternamente guardare a Cristo nella sua luce increata come una visione del Paradiso, e non come una visione dell’Inferno, o come “un fuoco che divora” (Ebrei 12:29). E questo naturalmente riguarda ogni singola persona, perché TUTTI gli uomini guarderanno eternamente a Cristo, come “il Giudice” del mondo intero.
(d) La validità della scienza è verificata dal raggiungimento dei suoi obiettivi (cioè, in Medicina, è la cura del paziente). È il modo in cui l’autentica medicina scientifica si distingue dalla ciarlataneria. Il criterio della terapia poetica da parte della Chiesa è anche il raggiungimento della guarigione spirituale, aprendo la strada alla theosis. La terapia non viene trasferita nell’aldilà; avviene durante la vita dell’uomo, qui, in questo mondo (hinc et nunc). Questo si può vedere nelle reliquie inalterate dei Santi che hanno superato il deterioramento biologico, come le reliquie dei Santi Spiridon, Gerasimos, Dionysios e Theodora Augusta. Le reliquie inalterate sono, nella nostra tradizione, la prova indiscutibile della theosis, ovvero il compimento della terapia ascetica della Chiesa.
Vorrei chiedere agli scienziati medici del nostro paese di prestare particolare attenzione al tema del non deterioramento delle sacre reliquie, dato che non sono state scientificamente comprese, ma, in esse si manifesta l’energia della Grazia Divina? Perché è stato osservato che, nel momento in cui il sistema cellulare dovrebbe cominciare a disintegrarsi, esso cessa automaticamente e, invece di emanare un qualsiasi odore di decomposizione, il corpo emana un profumo caratteristico. Limito questo commento ai sintomi medici, e non mi avventurerò nell’aspetto dei fenomeni miracolosi come prova della theosis, perché quell’aspetto appartiene ad un’altra sfera di discussione.
(e) Infine, i testi divini della Chiesa (testi biblici, sinodici e patristici) non costituiscono sistemi di codificazione di alcuna ideologia cristiana? Hanno un carattere terapeutico e funzionano allo stesso modo in cui funzionano le dissertazioni universitarie nella scienza medica. Lo stesso vale per i testi liturgici, come ad esempio le Benedizioni. La semplice lettura di una Benedizione (preghiera), senza lo sforzo congiunto dei fedeli nella procedura terapeutica della Chiesa, non sarebbe diversa dall’istanza in cui un paziente ricorre al medico per i suoi atroci dolori, e, invece di un immediato intervento del medico, si limita ad essere adagiato su un tavolo operatorio, e a farsi leggere il capitolo relativo al suo specifico disturbo.
Questa, in poche parole, è l’Ortodossia. Non importa se lo si accetta o meno. Tuttavia, per quanto riguarda gli scienziati, ho cercato – come collega di scienze anch’io – di rispondere scientificamente alla domanda: “Cos’è l’Ortodossia”.
Qualsiasi altra versione del cristianesimo ne costituisce una contraffazione e una perversione, anche se aspira a presentarsi come qualcosa di ortodosso.
Note bibliografiche
P. John S. Romanides, “Padri romani o neo-romani della Chiesa”, Salonicco 1984.
P. John S. Romanides, “La religione è un disturbo neurobiologico e l’ortodossia è la sua cura”, dal volume “Ortodossia, ellenismo… Pubblicazioni del Santo Monastero di Koutloumousion, Volume B, 1996, pagg. 66-67.
P. John S. Romanides, “Chiesa, Sinodi e Civiltà”, da TEOLOGIA, vol.63 (1992) pg.421-450 e in greco vol.66 (1995) pg.646-680.
P. Hierotheos Vlachos (attualmente metropolita di Nafpaktos), “Psicoterapia ortodossa”, Edessa 1986.
P. Hierotheos Vlachos (attualmente metropolita di Nafpaktos), “Piccola introduzione alla spiritualità ortodossa”, Atene.
P. Hierotheos Vlachos (attualmente metropolita di Nafpaktos), “Psicologia esistenziale e psicoterapia ortodossa”, Levadia 1995.
Dello stesso autore, i seguenti studi:
P. G. Metallinos, “Una visione ortodossa della società”, Atene 1986.
P. G. Metallinos, “Testimonianza teologica del culto ecclesiastico”, Atene 1996. (NB: In questi libri si può trovare più bibliografia)
Note – Glossario
1. L’increato = Qualcosa che non è stato prodotto. Questo vale solo per il Dio Triadico. Il Creato = Creazione in generale, con l’uomo al suo apice. Dio non è un potere “universale”, come designato dalla terminologia New Age (“tutto è uno, tutti sono Dio!”), perché, come Creatore di tutto, trascende l’intero universo, dato che in sostanza è “Qualcosa” del tutto diverso (Das ganz Andere). Non esiste un’analogia che associa il creato e l’increato. Ecco perché l’Increato si fa conoscere, attraverso la sua autorivelazione.
2. Un significativo testo cristiano del II secolo, “Il pastore di Erma”, dice che per diventare membra del Corpo di Cristo dobbiamo essere pietre “quadrate” (=adatte alla costruzione) e non arrotondati!
3. Secondo P. John Romanides, al quale si deve essenzialmente il ritorno alla visione “filocaliana” (=terapeutica-ascetica) della nostra Fede, e di fatto a livello accademico; La “religione” implica ogni tipo di “associazione” dell’increato e del creato, come si fa nell’idolatria. La persona “religiosa” proietta i suoi “pregiudizi” (=pensieri, significati) nel regno divino, “fabbricando” così il proprio Dio (questo può verificarsi anche nell’aspetto non patristico dell'”Ortodossia”). Lo scopo è “l’espiazione”, la “placazione” del “divino” e, infine, l’“utilizzo” di Dio a proprio vantaggio (formula magica: do ut des). Nella nostra tradizione, invece, il nostro Dio non ha bisogno di essere “placato”, perché “ci ha amato per primo” (Gv 4,19). Il nostro Dio agisce come “Amore” (Gv 4,16) e amore disinteressato a Quello. Ci dà tutto e non chiede mai nulla in cambio delle sue creazioni. Ecco perché l’altruismo è l’essenza dell’amore cristiano, che va ben oltre la nozione di transazione.
4. Lo esprime il canto liturgico familiare e spesso ripetuto: «Noi stessi e gli uni con gli altri, e tutta la nostra vita, applichiamoci a Cristo nostro Signore».
La corretta incorporazione si trova normalmente nei monasteri, ovunque essi funzionino ovviamente secondo la tradizione ortodossa. Ecco perché i Monasteri (ad esempio quelli del Sacro Monte) continuano ad essere le “parrocchie” modello di questo “mondo”.