1

APOLLO, ANDREA

APOLLO

ἀββᾶ Ἀπολλὼ

Apollo divenne monaco a Scete dopo essersi reso colpevole di un orrendo delitto raccontato nel secondo apoftegma. È un esempio, anche se un po’ estremo, dei rudi monaci copti che costituivano la maggior parte dei monaci d’Egitto; il contrasto tra un uomo del genere e l’erudito Evagrio o l’aristocratico romano Arsenio è molto marcato e spiega alcuni dei problemi che sorsero tra loro.

1. Nelle Celle c’era un anziano chiamato Apollo. Se qualcuno veniva a cercarlo per fargli fare un lavoro, lui si metteva in cammino con gioia, dicendo: “Oggi lavorerò con Cristo, per la salvezza della mia anima, perché questa è la ricompensa che egli dà”.

2. Di un certo Abba Apollo di Scete si diceva che era stato pastore ed era molto rozzo. Un giorno aveva visto una donna incinta nel campo e, spinto dal demonio, aveva detto: “Vorrei vedere come giace il bambino in lei”. Così la squarciò e vide il feto. Immediatamente il suo cuore fu turbato e, pieno di rimorsi, si recò a Scete e raccontò ai padri quello che aveva fatto. In quel momento li sentì cantare: «Settanta sono gli anni della nostra vita, e, se in forze, ottanta, ma la maggior parte di essi è fatica e affanno» (Sal 90,10) Disse loro: “Ho quarant’anni e non ho fatto una sola preghiera; e ora, se vivrò un altro anno, non smetterò di pregare Dio perché perdoni i miei peccati” (Sal 90,10). Infatti, non lavorava con le mani ma passava tutto il tempo in preghiera, dicendo: “Io, che come uomo ho peccato, tu, come Dio, perdona”. Così la sua preghiera divenne la sua attività di notte e di giorno. Un fratello che viveva con lui lo udì dire: “Ho peccato contro di te, Signore; perdonami, affinché possa godere di un po’ di pace”. Ora era sicuro che Dio gli avesse perdonato tutti i suoi peccati, compreso l’omicidio della donna, ma per l’omicidio del bambino era in dubbio. Allora un vecchio gli disse: “Dio ti ha perdonato anche la morte del bambino, ma ti lascia nel dolore perché questo è un bene per la tua anima”.

3. Per quanto riguarda l’accoglienza dei fratelli, lo stesso Abba disse che ci si deve inchinare davanti ai fratelli che vengono, perché non è davanti a loro, ma davanti a Dio che ci prostriamo. “Quando vedi il tuo fratello”, diceva, “vedi il Signore tuo Dio”. E aggiunse: “Abbiamo imparato questo da Abramo (Gn 18), quando ricevete i fratelli invitateli a riposare per un po’, perché questo è ciò che apprendiamo da Lot, che invitò gli angeli a farlo”. (Gn. 19,3)

ANDREA

ἀββᾶς Ἀνδρέας

1. Abba Andrea disse: “Queste tre cose si addicono a un monaco: l’esilio, la povertà e la sopportazione del silenzio”.




22 MARZO

Dal Prologo di Ohrid opera di Nikolaj Velimirovic

22 marzo secondo il vecchio calendario della Chiesa

  1. IL SACERDOTE-MARTIRE BASILIO, PRESBITERO DI ANCYRA

Sotto l’imperatore Costanzo, Basilio sopportò e soffrì molto per mano degli ariani. A quel tempo era noto come un grande zelatore dell’ortodossia e un vero pastore del gregge affidatogli ad Ancyra. Quando Giuliano l’Apostata salì al trono, iniziò a perseguitare i cristiani. Poiché Basilio smascherò apertamente quest’ultima impurità e rafforzò il suo popolo nella fede, fu messo in prigione. Quando l’imperatore Giuliano giunse ad Ancyra, Basilio fu portato al suo cospetto e l’imperatore cercò di convincerlo ad abbandonare la fede in Cristo, promettendogli onori e ricchezze. Basilio rispose all’imperatore: “Io credo nel mio Cristo, che tu hai rinnegato e che ti ha dato questo regno terreno; ma questo ti sarà tolto tra poco. Non ti vergogni per il sacro altare sotto il quale sei stato salvato quando volevano ucciderti quand’eri un bambino di otto anni? Ecco perché questo regno temporaneo ti sarà tolto a breve e il tuo corpo non sarà sepolto quando la tua anima ti sarà strappata con violenza e con dolori amari”. Giuliano si infuriò e ordinò che ogni giorno gli venissero strappate sette strisce di pelle dal corpo. Gli aguzzini lo fecero per diversi giorni. Quando Basilio si ripresentò davanti all’imperatore, prese una cintura della sua pelle, la gettò in faccia a Giuliano e gridando gli disse: “Prendila, Giuliano, e mangia se questo tipo di cibo ti è dolce, ma per me Cristo è Vita”. Questo episodio fu proclamato in tutte le città e l’imperatore, per la vergogna, partì segretamente da Ancyra verso Antiochia. Continuarono a torturare Basilio con ferri roventi finché non consegnò l’anima a Dio, per il quale soffrì nell’anno 363 d.C.

  1. SANTA DROSIDA

Drosida era la figlia dell’imperatore Traiano. Fu catturata con altre cinque donne di notte, mentre raccoglievano i corpi dei martiri torturati per Cristo. Per questo fu gravemente sfigurata dall’imperatore. Queste cinque donne furono orribilmente torturate e, alla fine, furono gettate in una vasca di rame fuso, dove consegnarono le loro anime al loro Signore. Drosida rimase sotto la stretta sorveglianza dell’imperatore. Fuggì dal palazzo e si battezzò in un fiume. Dopo otto giorni rese la sua anima a Dio.

  1. IL VENERABILE MARTIRE EUTIMIO

Eutimio nacque nel villaggio di Dimitsana, nel Peloponneso. Da bambino, Eutimio visse da cristiano ma, in seguito, si recò in Romania dove si diede a una vita di grande dissolutezza. In questa dissolutezza uno spirito maligno lo portò a diventare musulmano. Non appena lo fece, Eutimio cominciò a pentirsi amaramente. Tornò nuovamente alla fede di Cristo e fu tonsurato monaco nell’Athos, la Montagna Santa. Dopo diversi anni trascorsi in rigoroso digiuno e preghiera, decise di morire per Cristo. Con la benedizione del suo padre spirituale, si recò a Costantinopoli dove riuscì in qualche modo a presentarsi al cospetto del Gran Vezir. Eutimio cominciò a farsi il segno della croce, a lodare Cristo e a insultare Maometto alla presenza del Vezir. Dopo lunghe torture fu condannato a morte e decapitato la Domenica delle Palme, il 22 marzo 1814 d.C. Sulle sue reliquie si verificarono molte guarigioni miracolose di malati. La sua testa onorata è conservata nel monastero russo di San Panteteleimon [Pantaleone] sulla Montagna Santa. Così, questo giovane di vent’anni, dapprima morì a Cristo e poi morì per Cristo.

Inno di lode
CRISTO SIGNORE COME PESCATORE

Sei un meraviglioso pescatore, o Cristo Signore,
In tutto il mondo stendi le reti,
per le perle pure che tu peschi nelle acque profonde,
Rete invisibile, tessuta dallo Spirito,
tessuta con amore, inumidita di lacrime,
da mani angeliche, ovunque sostenuta.
Tutti quelli che una madre ha partorito e che lo Spirito ha allevato,
Le anime più belle che il mondo possa dare.
Tutti quelli che sono entrati nel numero del Tuo ricco pescato,
Tutti quelli che la Tua rete di seta ha catturato.
Quando solleverai le reti dal mare della vita
Nulla rimarrà se non la feccia fangosa.
O, Pescatore, Meraviglioso, di perle pure,
E noi peccatori, un tempo, eravamo le tue perle,
Ora, dal Tuo trono, siamo lontani,
Sotto il sedimento delle passioni oscure, siamo coperti,
Ma che la Tua rete ci catturi,
Dal Tuo volto, risplenderemo come le stelle.

Riflessione
Anche nel suo dolore sulla croce, il Signore Gesù non ha condannato i peccatori, ma ha offerto al Padre suo il perdono per i loro peccati dicendo: “Non sanno quello che fanno!” (San Luca 23,34). Non giudichiamo nessuno per non essere giudicati. Perché nessuno è sicuro che prima della sua morte non commetterà lo stesso peccato con cui condanna il suo fratello. Sant’Anastasio del Sinai insegna: “Anche se vedi qualcuno che pecca, non giudicarlo perché non sai come sarà la fine della sua vita. Il ladro, crocifisso con Cristo, è entrato in Paradiso, mentre l’apostolo Giuda è andato all’Inferno. Anche se vedete qualcuno che pecca, tenete presente che non conoscete le sue opere buone. Infatti, molti hanno peccato apertamente e si sono pentiti in segreto; vediamo i loro peccati, ma non conosciamo il loro pentimento. Per questo, fratelli, non giudichiamo nessuno per non essere giudicati”.

Contemplazione
Contemplare il Signore Gesù crocifisso sulla croce:

  1. Quanto è infinito il suo dolore per gli uomini accecati dal peccato;
  2. Come i suoi pensieri sulla croce siano rivolti più al Padre celeste che a se stesso;
  3. Come la sua preoccupazione sulla croce sia rivolta più agli uomini che a se stesso;
  4. Come sulla croce sia certo della sua vittoria e della sua risurrezione.

Omelia
Sulla maestà di Cristo vincitore

“I capelli del suo capo erano come lana bianca o come neve e i suoi occhi erano come una fiamma ardente” (Apocalisse 1,14).

È così che Giovanni il Teologo (colui alzò lo sguardo su Dio) vide Gesù dopo la sua risurrezione e la sua vittoria. Lo vide come il Figlio dell’uomo, vestito di una lunga veste, cinto da una fascia d’oro, con sette stelle nella mano destra e il suo volto “splendeva come il sole al suo massimo splendore” (Apocalisse 1,16). È con questo tipo di potenza e di gloria che è apparso Colui che sulla croce non era raggiante e che a tutti i passanti sembrava il più debole dei figli degli uomini. Perché i suoi capelli erano come lana bianca e candidi come la neve? Nostro Signore non aveva forse appena trentaquattro anni quando lo uccisero? Da dove, allora, i suoi capelli bianchi? I capelli bianchi non indicano forse la vecchiaia? È vero che i capelli bianchi indicano la vecchiaia dell’uomo mortale, ma nel Cristo nella gloria indicavano più che la vecchiaia, l’eternità. L’eterna giovinezza! La vecchiaia è il passato e la giovinezza è il futuro. Allo stesso tempo, non è forse l’uno e l’altro? Più di tutti i tempi passati e di tutti i tempi futuri e persino oltre il tempo, Cristo è l’eternità oltre il tempo. Perché i suoi occhi erano come una fiamma di fuoco? Perché Egli è l’Onniveggente. Ogni sorta di cose può essere nascosta al sole, ma di tutto ciò che è nei cieli, sulla terra o sotto la terra, nulla può essere nascosto alla Sua vista. Egli percepisce tutti i fili del tessuto della natura; percepisce tutti gli atomi nelle pietre, ogni goccia d’acqua nel mare, ogni particella d’aria e tutti i pensieri e i desideri di ogni anima creata. Questo è l’Unico e lo stesso e nessun altro; Colui che per compassione della razza umana venne sulla terra, si vestì di un corpo mortale e sofferente, fu ridicolizzato, fu deriso e fu sputato dagli uomini peccatori. Questo è lo stesso, e non un altro, che, senza splendore, è stato appeso alla croce tra i ladri e, come un uomo morto, è stato sepolto da Giuseppe e Nicodemo.

O fratelli, quanto è impressionante pensare a quale grande e maestoso Visitatore abbia avuto la terra! È ancora più impressionante pensare contro chi gli uomini squilibrati hanno alzato le mani!

O Signore maestoso, perdona i nostri peccati e ricordati di tutti noi nella tua potenza e nella tua gloria.




Il Prologo di Ohrid

Il Prologo di Ohrid è una raccolta di voci divise secondo il calendario liturgico sulle vite dei santi della Chiesa ortodossa. Il Prologo è opera di Nikolaj Velimirovic, vescovo e santo della Chiesa ortodossa vissuto dal 1880 al 1956.

Le voci per i singoli santi sono organizzate in base alla data della loro festa . Oltre a una breve biografia o “bios”, il Prologo comprende anche inni, riflessioni e omelie, solitamente legate al medesimo santo. È stato originariamente scritto in serbo ed è ora disponibile in traduzione. San Nicola è spesso indicato come il “Crisostomo” serbo.

San Nicola scrisse l’Ochridski Prolog (Il prologo di Ohrid) durante un periodo nel 1928 quando era in Serbia. Ha modellato il suo lavoro sull’antica letteratura agiografica scrivendo brevi Vite ed episodi edificanti della vita di uomini e donne, peccatori divenuti santi e asceti.

Fonte: https://orthodoxwiki.org/Prologue_from_Ohrid

LE DATE DELLE TABELLE SEGUONO IL VECCHIO CALENDARIO

GENNAIO

1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30 31

FEBBRAIO

1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29

MARZO

1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30 31

APRILE

1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30

MAGGIO

1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30 31

GIUGNO

1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30 31

LUGLIO

1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30 31

AGOSTO

1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30 31



18 MARZO

Dal Prologo di Ohrid opera di Nikolaj Velimirovic

18 marzo secondo il vecchio calendario della Chiesa

1. SAN CIRILLO, ARCIVESCOVO DI GERUSALEMME

Cirillo nacque a Gerusalemme durante il regno di Costantino il Grande e morì durante il regno di Teodosio il Grande [315-386 d.C.] Fu ordinato sacerdote nel 346 d.C. e successe al trono del Beato Massimo, Patriarca di Gerusalemme nel 350 d.C. In tre occasioni fu detronizzato e bandito in esilio fino a quando finalmente, durante il regno di Teodosio, fu restaurato e visse pacificamente per otto anni e poi consegnò la sua anima al Signore. Subì due dure lotte: una contro gli Ariani, che divennero potenti sotto Costanzo, figlio di Costantino, e l’altra durante il regno di Giuliano l’Apostata [questo voltagabbana] e con gli Ebrei. Al tempo del dominio degli ariani e nel giorno di Pentecoste, apparve un segno di croce, più luminoso del sole, che si estendeva su Gerusalemme e sul Monte degli Ulivi e durò per diverse ore, dall’ora nona del mattino. Riguardo a questo fenomeno, visto da tutti gli abitanti di Gerusalemme, fu scritto un rapporto all’imperatore Costanzo e servì molto per ristabilire l’Ortodossia contro gli eretici. Durante il tempo dell’Apostata, si verificò ancora un altro segno. Per umiliare i cristiani, Giuliano convinse gli ebrei a restaurare il tempio di Salomone. Cirillo pregò Dio che ciò non accadesse. Ci fu un terribile terremoto che distrusse tutto ciò che era stato costruito di recente. Quindi gli ebrei iniziarono di nuovo la restaurazione. Di nuovo ci fu un terremoto che distrusse non solo la parte di nuova costruzione, ma rovesciò e disperse le vecchie pietre che sostenevano il Tempio sotto terra.  E così si sono avverate le parole del Signore che “Questo santo fu un arcipastore unico e un grande asceta. Era mite e umile, sfinito dal digiuno e pallido. Dopo una vita di molte fatiche e nobili lotte per la fede ortodossa, Cirillo morì pacificamente e prese dimora nell’eterna corte del Signore. 

2. ANINUS, IL MERAVIGLIOSO

Anino nacque a Calcedonia. Era di bassa statura come l’antico Zaccheo, ma grande nello spirito e nella fede. Si ritirò dal mondo a quindici anni e si stabilì in una capanna vicino al fiume Eufrate dove pregò Dio ed espiò i suoi peccati, dapprima con il suo maestro Mayum e, dopo la sua morte, da solo. Attraverso il potere delle sue preghiere, riempì d’acqua un pozzo asciutto, guarì i malati di varie malattie e addomesticò le bestie feroci. Un leone ammaestrato lo accompagnava ed era sempre al suo servizio. Ha intravisto il futuro. Quando Pionius, uno stilita, fu assalito e duramente picchiato dai ladri a una certa distanza da Aninus, Pionius decise di scendere dal pilastro e procedere a lamentarsi con i giudici. Sant’Anino “lesse l’anima” di questo stilita e la sua intenzione. Mandò una lettera a Pionius, tramite il suo leone, consigliandolo di abbandonare la sua intenzione, di perdonare i suoi assalitori e di continuare nel suo ascetismo. La sua carità era inesprimibile. Il vescovo di Neo-Cesarea gli regalò un asino per alleviare il peso del trasporto dell’acqua dal fiume, ma egli diede l’asino a un uomo bisognoso che si era lamentato con lui della sua povertà. Il vescovo gli presentò un altro asino e lui lo diede via. Alla fine, il vescovo gli diede un terzo asino, non solo per servire come portatore d’acqua, ma anche per Anino che doveva accudire e poi restituire. Prima della sua morte, Anino vide Mosè, Aronne e Or [asceta egiziano] avvicinarsi a lui, e gli gridarono: “Anino, il Signore ti chiama, alzati e vieni con noi”. Lo rivelò ai suoi discepoli e poi consegnò la sua anima al Signore, che servì fedelmente.

Inno di lode

SAN CIRILLO DI GERUSALEMME

Davanti all’altare brilla un grande lume da santuario,

e una piccola lampada del santuario con una fiamma più piccola,

Ma l’uno e l’altro emanano la stessa luce

E davanti allo stesso Dio, risplendono con un bagliore.

Entrambi, grandi santi e piccoli santi

Con la stessa fiamma di Cristo accesi.

Tra i grandi santi, una grande lampada da santuario,

la Santa Chiesa enumera San Cirillo.

Ha spiegato e confermato la fede,

Tutto ciò che diceva a parole, lo confermava con la vita.

La sua parola era dello Spirito Santo,

e la sua vita, un riflesso della fiamma del cielo.

Svergognò Ario e schiacciò Giuliano,

E per molte anime malate fu un balsamo.

Di parola in parola, credette a Cristo

Perciò la sua parola risuona come oro;

E continua ancora oggi, per i deboli e per quelli di poca fede,

incoraggia e rende gioiosi i giusti credenti in Cristo.

Per questo la Chiesa glorifica e onora Cirillo,

Nel corso dei secoli, il nome di Cirillo riecheggia.

Riflessione

Ci sono molte persone vendicative che pensano che il tempo abbia portato la grandezza a Cristo, e come, nei primi secoli del cristianesimo, il Signore non fosse considerato così come fu pensato poi nei tempi successivi. Niente è più facile che reprimere questa falsità. Ecco come scrive San Cirillo di Gerusalemme riguardo al Cristo Signore: “Questi è Colui che è e Colui che era, [Egli è] consustanziale al Padre, [Egli è] l’Unigenito, [Egli è] ugualmente intronizzato , [Egli è] uguale in potenza, [Egli è] Onnipotente, [Egli è] senza inizio, [Egli è] non creato, [Egli è] immutabile, [Egli è] indescrivibile, [Egli è] invisibile, [Egli è] inesprimibile, [Egli è] incomprensibile, [Egli è] incommensurabile, [Egli è] insondabile, [Egli è] incirconscritto [Egli è] lo “splendore della gloria di suo [Padre]” (Ebrei 1,13). Egli è il Creatore [Autore] della sostanza di tutte le cose create. Egli è la Luce della Luce, che risplende dal seno del Padre. Egli è il Dio degli dei “che tale è Dio, il nostro Dio nei secoli dei secoli” (Salmo 48,15), e Dio di Dio che ci dà la conoscenza di Se stesso. Egli è la fonte della vita “Poiché presso di te è la fonte della nostra vita” (Sal 36,9), che sgorga dalla fonte della vita del Padre. Egli è il Fiume di Dio; “C’è un fiume i cui ruscelli allieteranno la città di Dio” (Salmo 46,4), “Il fiume di Dio è pieno d’acqua” (Salmo 65,9) Che esce dall’infinito di Dio ma non è separato da lui. Egli è il Tesoro dei doni buoni e delle benedizioni infinite del Padre. Egli è l’Acqua Viva che dà vita al mondo. “Ma chi beve l’acqua che io vi darò non avrà mai sete;

Contemplazione

Per contemplare il Signore Gesù deriso sulla croce:
1. Come hanno scritto questo disprezzo sopra la sua testa, “Re dei Giudei” San Matteo 27,37 – San Marco 15-27 – San Luca 23,38);

2. Come i passanti lo disprezzavano, scuotendo la testa e insultandolo;

3. Come anche il ladrone sulla croce lo insulta;

4. Come anche lungo i secoli lo disprezzano i persecutori dei cristiani.

Omelia

A proposito del Re che non vuole difendersi con un esercito
“Pensate che io non possa invocare il Padre mio ed Egli non mi fornirà in questo momento più di dodici legioni di angeli” (S. Matteo 26,53).
Così parlò il Signore al discepolo che sguainò la spada per difendere il suo Maestro nell’orto del Getsemani. È evidente da queste parole che il Signore avrebbe potuto difendersi, se avesse voluto, non solo da Giuda e dalla sua compagnia di guardie, ma anche da Pilato e dai capi dei Giudei. Perché la potenza di un angelo è maggiore del più grande esercito di uomini, molto meno della potenza di dodici legioni di angeli.

Il Signore non ha voluto chiedere questo aiuto al Padre. Nella Sua preghiera nel Getsemani, disse a Suo Padre: “Sia fatta la tua volontà” (S. Matteo 26,42). Con ciò conobbe subito la Volontà del Padre e che era necessario che si abbandonasse alla sofferenza. Era d’accordo con la Volontà del Padre e si incamminò sulla via della sofferenza. Era necessario permettere che lo sfondo fosse ritratto più cupo affinché la risurrezione fosse più luminosa. Era necessario permettere al male di competere il più possibile perché, dopo, esplodesse e si disintegrasse nel nulla. Bisognava permettere al male di gridare forte perché, subito dopo, rimanesse muto davanti alla miracolosa risurrezione. Era necessario che tutte le azioni malvagie degli uomini contro Dio fossero manifestate in modo che potessero vedere e valutare l’amore e la misericordia di Dio verso l’umanità. Gli angeli di Dio non furono inviati per difendere Cristo dagli ebrei; anzi, gli angeli di Dio furono mandati, dopo tre giorni, ad annunciare la santa risurrezione di Cristo.

O Signore, Onnipotente e Misericordioso, abbi pietà di noi e salvaci!




ARES – ALONIO – APPHY

ARES

ἀββᾷ Ἄρῃ·

1. Abba Abramo andò a trovare Abba Ares. Erano seduti insieme quando un fratello si avvicinò al vecchio e gli disse: “Dimmi cosa devo fare per essere salvato”. Egli rispose: “Vai e per tutto quest’anno mangia solo pane e sale la sera. Poi torna qui e ti parlerò di nuovo”. Il monaco partì e fece così. Quando l’anno fu finito, tornò da Abba Ares. Il caso volle che Abba Abraham fosse di nuovo lì. Ancora una volta l’anziano disse al fratello: “Vai e per tutto quest’anno digiuna per due giorni alla volta”. Quando il fratello se ne fu andato, Abba Abramo disse ad Abba Ares: “Perché prescrivi un giogo facile a tutti i fratelli, mentre imponi un fardello così pesante a questo fratello?”. L’anziano rispose: “Il modo in cui li mando via dipende da ciò che i fratelli sono venuti a cercare. Ora è per amore di Dio che questo viene ad ascoltare una parola, perché è un gran lavoratore e ciò che gli dico lo esegue con entusiasmo. È per questo che gli parlo della parola di Dio”.

ALONIO

ἀββᾶς Ἀλώνιος

1. Abba Alonio disse: “Se un uomo non dice in cuor suo: nel mondo ci siamo solo io e Dio, non otterrà la pace”.

2. Se non avessi distrutto tutto, non sarei stato in grado di ricostruire e modellare me stesso.

3. Disse anche: “Se solo un uomo lo desiderasse per un solo giorno, dalla mattina alla sera, sarebbe in grado di raggiungere una misura divina”.

4. Un giorno Abba Agatone interrogò Abba Alonio dicendo, “Come posso controllare la mia lingua in modo da non dire più bugie?”. E Abba Alonio gli disse: “Se non menti, ti prepari a commettere molti peccati”. E lui: “Come mai?”. L’anziano gli disse: “Supponiamo che due uomini abbiano commesso un omicidio davanti ai tuoi occhi e uno di loro sia fuggito nella tua cella. Il magistrato, cercandolo, ti chiede: “Hai visto l’assassino? Se non mentirai, consegnerai quell’uomo a morte. È meglio che lo abbandoniate incondizionatamente a Dio, perché lui sa tutto”.

APPHY

ἀββᾶ Ἀπφύ

1. Di un vescovo di Ossirinco, di nome Abba Apphy, si diceva che quando era monaco si sottoponeva a uno stile di vita molto severo. Quando divenne vescovo avrebbe voluto praticare la stessa austerità anche nel mondo, ma non ne aveva la forza. Perciò si prostrò davanti a Dio dicendo: “La tua grazia mi ha forse abbandonato a causa del mio episcopato?” Allora gli fu data questa rivelazione: “No, ma quando eri nella solitudine e non c’era nessun altro, era Dio che ti aiutava. Ora che sei nel mondo, è l’uomo”.




17 Marzo

Dal Prologo di Ohrid opera di Nikolaj Velimirovic

17 marzo secondo il vecchio calendario della Chiesa

  1. SANT’ALESSIO, L’UOMO DI DIO

Varie sono le strade su cui Dio conduce coloro che desiderano piacergli per adempiere alla sua Legge. Al tempo dell’imperatore Onorio viveva a Roma un alto dignitario, Eufemiano, molto rispettato ed estremamente ricco. Lui e sua moglie, Algae, conducevano una vita gradita a Dio. Pur essendo ricco, Eufemiano si sedeva a tavola una volta al giorno, solo dopo il tramonto del sole. Aveva un unico figlio, Alessio, che, una volta raggiunta l’età della maturità, fu costretto a sposarsi. Quella stessa notte, però, lasciò non solo la moglie, ma anche la casa del padre. Alessio si imbarcò e arrivò alla città di Edessa, in Mesopotamia, dove si trovava una famosa immagine di nostro Signore, inviata lì da nostro Signore stesso all’imperatore Abgar. Dopo aver venerato questa immagine, Alessio si vestì con gli abiti di un mendicante e, come tale, visse in città per diciassette anni, pregando continuamente Dio nel vestibolo della Chiesa della Santa Madre di Dio. Quando si venne a sapere che era un uomo di Dio, si spaventò delle lodi degli uomini, lasciò Edessa e salì su una barca per recarsi a Laodicea. Secondo la Provvidenza di Dio, la barca fu portata via e navigò fino a Roma. Ritenendo che questo fosse il dito di Dio, Alessio decise di andare a casa di suo padre e lì, da sconosciuto, continuò la sua vita di abnegazione. Il padre non lo riconobbe, ma per carità gli permise di vivere nel suo cortile in una capanna. Alessio rimase qui per diciassette anni vivendo solo di pane e acqua. Maltrattato dai servi in vari modi, sopportò tutto fino alla fine. Quando la sua fine si avvicinò, scrisse una lettera, la strinse in mano, si sdraiò e morì il 17 marzo 411 d.C. Nello stesso periodo ci fu una rivelazione nella Chiesa dei Dodici Apostoli e, alla presenza dell’imperatore e del patriarca, si udì una voce che diceva: “Cercate l’Uomo di Dio”. Poco dopo, fu rivelato che quest’Uomo di Dio risiedeva nella casa di Eufemiano. L’imperatore, il papa e tutto il suo seguito arrivarono a casa di Eufemiano e, dopo una lunga discussione, appresero che il mendicante era quell'”Uomo di Dio”. Quando entrarono nella sua capanna, trovarono Alessio morto, ma con il volto splendente come il sole. Da quella lettera i genitori appresero che si trattava del loro figlio Alessio. Anche la sua sposa, che per 34 anni aveva vissuto senza di lui, apprese che era suo marito. Tutti furono sopraffatti da un immenso dolore e lutto. In seguito, si consolarono vedendo come Dio ha glorificato il suo prescelto. Toccando il suo corpo, molti malati furono guariti e dal suo corpo uscì un olio profumato [crisma]. Il suo corpo fu sepolto in un sarcofago di marmo e diaspro. La sua testa riposa nella chiesa di San Lauro, nel Peloponneso.

  1. IL SANTO MARTIRE MARINO

Marino era un soldato. Non solo non voleva offrire sacrifici agli idoli, ma se altri facevano sacrifici, li disperdeva e li calpestava. Per questo motivo, nel III secolo, Marino fu torturato e decapitato. Un certo senatore, Astyrius, vestito con una preziosa veste bianca, fu testimone della sofferenza di San Marino. Astyrius fu talmente preso dall’entusiasmo per la fede di Cristo, che ai suoi seguaci dà tanto coraggio, che si mise il corpo martirizzato sulle spalle, lo rimosse e lo seppellì con onore. Alla vista di ciò, i pagani uccisero anche lui come cristiano.

Inno di lode

SANT’ALESSIO, L’UOMO DI DIO

Alessio abbandonò tutto ciò che il mondo considera glorioso,

e per Dio, intraprese la via stretta, ma vera.

Per prima cosa decise di impoverirsi per amore di Cristo,

Poi lasciò in fretta l’opulenza dei suoi genitori.

E quando partì per una terra lontana e quando ritornò

né nello splendore né nella povertà inciampò nel peccato.

La mente era rivolta a Dio, come una candela accesa,

con una fede forte e una preghiera che sposta le montagne.

Madre addolorata, inconsolabile, madre Alga,

Eufemiano, padre anziano, tra dolore e singhiozzi,

E la sposa, un tempo giovane, sfiorì per il dolore.

Un giorno i servi sgridarono il mendicante,

E chi sia questo mendicante avvizzito, nessuno lo sospetta.

È l’erede di quella famiglia! Ma su questo, egli tace.

Eredità che ha rinnegato quando era ancora in fiore.

per essere coerede nel mondo celeste.

Ma il santo non ha potuto nascondersi, il Signore fa conoscere il santo,

che con la sua vita ha glorificato Dio, e Dio ora glorifica lui.

Alessio glorifica Dio, ecco perché è diventato glorioso,

In verità, egli era e rimaneva l’Uomo di Dio.

Riflessione
Perché siamo qui sulla terra? Per dimostrare il nostro amore per Dio. Per imparare ad amare Dio più del peccato. Perché con il nostro amore insignificante possiamo rispondere all’amore più grande di Dio. Solo l’amore di Dio è un amore grande e il nostro amore è sempre insignificante. Dio ha mostrato e mostra abbondantemente il suo amore per l’uomo sia in Paradiso che sulla terra. Questa breve vita terrena ci è data come scuola e come esame per vedere se risponderemo con amore al grande amore di Dio. “Ogni giorno e ogni ora ci viene richiesta una prova del nostro amore per Dio”, dice sant’Isacco il Siro. Dio mostra il suo amore per noi ogni giorno e in ogni ora. Ogni giorno e ogni momento ci troviamo tra Dio e il peccato. Dobbiamo scegliere se dare il nostro amore a Dio ed elevarci tra gli angeli o scegliere il peccato e cadere nelle tenebre dell’Ade. Alessio, l’Uomo di Dio, ha amato Dio più dei suoi genitori, di sua moglie e delle sue ricchezze. Trascorse diciassette anni come mendicante lontano dalla casa dei suoi genitori, e altri diciassette anni Alessio li trascorse come sconosciuto e disprezzato nella casa dei suoi genitori. Tutto questo lo fece per amore di Dio. Il Dio misericordioso rispose amore per amore a questi trentaquattro anni di sofferenza. Ha dato ad Alessio la vita eterna e la gioia tra i suoi angeli nei cieli e la gloria sulla terra.

Contemplazione
Contempliamo il Signore Gesù sul Golgota:

  1. Come i soldati gli hanno tolto le vesti ed Egli tace e non si difende;
  2. Come lo inchiodarono al legno con le punte ed Egli tace e non si difende;
  3. Come, con frastuono e tumulto, sollevarono la croce da terra, la misero in piedi e il Signore tace.

Omelia
Sulla seconda venuta di Cristo

“Come il lampo viene da oriente e si vede fino a occidente, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo” (Matteo 24, 27).

Il secondo avvento di nostro Signore Gesù sarà una venuta nella gloria. Nostro Signore lo ha ripetuto molte volte. Qui ci dice più dettagliatamente a cosa assomiglierà questa Sua venuta. Dice che assomiglierà a un lampo. In questo modo rivela le cinque caratteristiche del suo avvento glorioso.

Primo: la Sua seconda venuta sarà inaspettata, come un lampo. Per questo ci ha ricordato: “Perciò state svegli! Perché non sapete né il giorno né l’ora” (San Matteo 25,13).

Secondo: la sua seconda venuta sarà luminosa come un lampo. Il sole e le stelle si oscureranno. L’intero universo perderà lo splendore del suo volto quando Lui brillerà. Colui che pecca avrà meno luce e luminosità. Quanto più oscuro sarà il peccatore sotto questa fiamma celeste. Ecco perché ci ha ricordato di tenere le lampade delle nostre anime piene di olio e pronte. Fratelli, non lasciamoci trovare nelle tenebre in quell’ora terribile!

Terzo: il suo avvento sarà potente come un lampo. Perché Lui, da solo, ha parlato agli altri dicendo che verrà “con grande potenza e gloria” (Matteo 13, 26).

Quarto: la sua venuta sarà onnicomprensiva e pubblica per tutti e tutte, dall’oriente all’occidente. Cioè, non apparirà come la prima volta per essere visto solo dai suoi discepoli o da un solo popolo o da una sola nazione o da un solo Paese o da un solo Stato, ma apparirà come un lampo che tutte le nazioni e tutti i popoli della terra vedranno contemporaneamente.

Quinto: Come il lampo precede la pioggia e la grandine, così la Sua seconda venuta precederà il terribile giudizio che sarà per i giusti e i fedeli come la pioggia desiderata; e per gli ingiusti e gli infedeli, come la grandine.

Prepariamoci, fratelli, perché le nubi si stanno addensando e il fulmine divino può scendere da esse in qualsiasi momento.

O Signore, grande e grandioso, dona olio alle lampade delle nostre anime, affinché non ci ritroviamo nelle tenebre eterne quando apparirà la tua luce eterna.




ABRAHAM

ἀββᾶν Ἀβραὰμ

1. Di un anziano si disse che per cinquant’anni non aveva mangiato pane né bevuto vino con entusiasmo. Egli diceva: “Ho fatto morire la fornicazione, l’avarizia e la vanagloria in me stesso”. Venuto a sapere quello che aveva detto, l’Abba Abramo venne a dirgli: “Hai detto davvero così?”. Egli rispose: “Sì”. Allora Abba Abramo gli disse: “Se entrando nella tua cella, trovassi una donna distesa sulla tua stuoia, penseresti che non si tratta di una donna?” “No”, rispose, “ma dovrei lottare contro i miei pensieri per non toccarla”. Così, Abba Abramo disse: “Allora non hai distrutto la passione, ma vive ancora in te, anche se è controllata”. Di nuovo, se stai camminando e vedi dell’oro tra le pietre e le conchiglie, può il tuo spirito considerarle tutte dello stesso valore?” “No”, rispose, Ma lotterei contro i miei pensieri per non prendere l’oro”. Il vecchio gli disse: “Vedi, l’avarizia vive ancora in te, anche se è controllata”. Abba Abramo continuò: “Supponiamo che tu vieni a sapere che di due fratelli, uno ti ama e l’altro ti odia e parla male di te, se vengono a trovarti, li accoglieresti entrambi con lo stesso amore? No”, rispose, “ma lotterei contro i miei pensieri per essere gentile con colui che mi odia e con colui che mi ama”. Abba Abramo gli disse: “Vedi, le passioni continuano a vivere, solo che sono controllate dai santi”.

2. Un fratello interrogò Abba Abramo dicendo: “Se mi trovo a mangiare spesso, cosa ne verrà fuori?”. Il vecchio rispose così: “Cosa dici, fratello? Mangi così tanto? O forse pensi di essere venuto sull’aia per trebbiare il grano?”.

3. Abba Abramo raccontò di un monaco di Scete che era uno scriba e non mangiava pane. Un fratello venne a pregarlo di copiare un libro. L’anziano, il cui spirito era impegnato nella contemplazione, scrisse omettendo alcune frasi e senza punteggiatura. Il fratello, prendendo il libro e volendo punteggiarlo, si accorse che mancavano delle parole. Allora disse al vecchio: “Abba, mancano alcune frasi”. L’anziano gli disse: “Vai e fai pratica prima con quello che c’è scritto, poi torna e io scriverò il resto”.




ANOUB

ἀββᾶς Ἀνοὺβ

Anoub, come apprendiamo dal primo detto che va sotto il suo nome, era uno dei sette fratelli di Poemen che troveremo ampiamente più avanti nella raccolta. Tre dei fratelli, Anoub, Paesius e Poemen, vissero inizialmente insieme a Scete, con Poemen come capo. Dopo la prima devastazione di Scete (407-8) si recarono con i loro fratelli a Terenuthis (su un ramo del Nilo a 60 km a N.O. del Cairo), dove decisero di rimanere insieme e di vivere la vita cenobitica, con Anoub a capo. La devastazione di Scete segna un punto di svolta nella storia del primo monachesimo in Egitto; i monaci si dispersero e gradualmente il centro si spostò dall’Egitto alla Palestina. Dalla sua storia apprendiamo che la formazione delle comunità cenobitiche è dovuta anche a questione di sicurezza rispetto alle davastazioni degli invasori.

1. Abba Giovanni disse di Abba Anoub e Abba Poemen e degli altri fratelli che provengono dallo stesso grembo e sono stati fatti monaci a Scete, che quando arrivarono i barbari e misero a soqquadro quella regione per la prima volta, partirono per un luogo chiamato Terenuthis finché non decisero dove stabilirsi. Rimasero in un vecchio tempio per diversi giorni. Poi Abba Anoub disse ad Abba Poemen: “Per amore fai così: viviamo in silenzio, ognuno per conto suo, senza incontrarci per tutta la settimana”. Abba Poemen rispose: “Faremo come vuoi tu”. Così fecero. Nel tempio c’era una statua di pietra. Quando si svegliava al mattino, Abba Anoub lanciava pietre sul volto della statua e la sera le diceva: “Perdonami”. Per tutta la settimana fece così. Il sabato si riunirono e Abba Poemen disse ad Abba Anoub: “Abba, Ti ho visto per tutta la settimana lanciare pietre sul volto della statua e inginocchiarti per chiederle perdono. Un agisce così?”. Il vecchio gli rispose: “L’ho fatto per il tuo bene. Quando mi hai visto lanciare pietre sul volto della statua, essa ha parlato o si è arrabbiata?”. Abba Poemen rispose: “No”, quando mi sono chinato in segno di penitenza, si è turbata e ha detto: “Io non ti perdonerò?”. Anche in questo caso Abba Poemen rispose: “No”. Allora l’anziano vecchio riprese: “Ora siamo sette fratelli; se vuoi che viviamo insieme, facciamo così”. Se vuoi che viviamo insieme, fa’ che siamo come questa statua, che non si muove né se la si picchia né se la si lusinghi.  Se non volete diventare come questa, ci sono quattro porte qui nel tempio, che ognuno vada dove vuole”. Allora i fratelli si prostrarono e dissero a Abba Anoub: “Faremo come vuoi, padre, e ascolteremo quello che ci dirai”. Abba Poemen aggiunse: “Viviamo insieme per il resto del nostro tempo, lavorando secondo la parola che l’anziano ci ha dato”. Costituì uno come economo e tutto ciò che portava loro, mangiavano e nessuno di loro poteva dire: “Portaci qualcos’altro”, o anche “non vogliamo mangiare questo”. Così passarono tutto il tempo in tranquillità e pace.

2. Abba Anoub disse: “Dal giorno in cui il nome di Cristo è stato invocato su di me, nessuna menzogna è uscita dalla mia bocca”.




16 marzo

Dal Prologo di Ohrid opera di Nikolaj Velimirovic

16 marzo secondo il vecchio calendario della Chiesa

1. IL SANTO APOSTOLO ARISTOBOLO, UNO DEI SETTANTA APOSTOLI



Nato a Cipro, Aristobulo era il fratello dell’apostolo Barnaba. Ha seguito l’apostolo Paolo, che lo menziona nella sua Lettera ai Romani dicendo: “Salutate quelli che appartengono alla famiglia di Aristobulo” (Romani 16,10). Quando il grande apostolo nominò molti vescovi nelle varie parti del mondo, nominò Aristobulo vescovo degli inglesi, cioè dell’Inghilterra. In Gran Bretagna la gente era selvaggia, pagana e malvagia. Aristobulo sopportò molte indescrivibili torture, disgrazie e malvagità tra loro. Lo colpivano e lo picchiavano senza pietà, lo trascinavano per le strade, lo schernivano e lo deridevano. Finalmente questo sant’uomo ebbe successo per la potenza della Grazia di Dio. Illuminò il popolo, lo battezzò nel nome di Cristo Signore, costruì chiese, ordinò sacerdoti e diaconi e, infine, si addormentò in pace entrando nel Regno del Signore, che aveva servito nella fede.(*)

(*) Nel Synaxarion greco è menzionato in questo giorno anche il Venerabile Christodulos. Egli visse una vita ascetica sull’isola di Patmos, dove ha costruito un monastero dedicato a San Giovanni il Teologo. Morì nell’anno 1111 d.C. Molti miracoli avvennero sulle sue reliquie.

2. IL SANTO MARTIRE SABINO

Sabino era un siro della città di Hermopolis e un funzionario di quella città. Al tempo di una persecuzione contro i cristiani, si ritirò su un monte con un gran numero di altri cristiani e si rinchiuse in una capanna, dove trascorreva il suo tempo nel digiuno e nella preghiera. Un mendicante, che gli portava del cibo e per il quale Sabino compì una buona azione, lo denunciò. Come fece Giuda con Cristo, così anche questo sfortunato tradì il suo benefattore per due monete d’oro. Sabino, con altri sei, furono arrestati, legati dai soldati e processati. Dopo grandi ed enormi sofferenze fu gettato nel fiume Nilo dove consegnò la sua anima a Dio nell’anno 287 d.C.

3. I SACERDOTI-MARTIRI TROFIMO E TALLO

Sono nati in Siria ed erano fratelli di nascita. Hanno apertamente e liberamente predicato Cristo e denunciato la follia degli Elleni [Greci] e dei Romani. I pagani infuriati decisero di farli lapidare a morte, ma quando iniziarono a scagliare pietre su questi due santi fratelli, le pietre tornarono indietro e colpirono gli assalitori ed i fratelli rimasero illesi. In seguito furono entrambi crocifissi. Dalle loro croci i fratelli insegnavano e incoraggiavano quei cristiani che stavano intorno addolorati. Dopo molta agonia presentarono le loro anime al Signore al quale rimasero fedeli sino alla fine. Soffrirono onorevolmente nell’anno 300 d.C., nella città di Bofor.

Inno di lode

SANTI TROFIMO E TALLO

Due fratelli di sangue pervasi dallo Spirito,
illuminati e rigenerati dalla fede,
questi due fratelli, sulla Croce crocifissi,
consigliavano le masse dei credenti nella giustizia:

O fratelli, perché a noi, dal basso, guardate?
Non piangete amaramente a causa delle nostre difficili sofferenze!
Cristo nostro Salvatore, autore di azioni eroiche,
a causa di tali sofferenze, il Redentore Egli divenne,
il Redentore dell’intero genere umano.

Ascoltandolo, veniamo salvati.
Obbedì al Padre, e discese sulla terra,
soffrì e risuscitò, ascese al Cielo.

A Lui diamo ascolto e sopportiamo le sofferenze,
attraverso le sofferenze, camminiamo nel suo regno.

Non temete fratelli, né fuoco né spada,
la giustizia di Cristo, del mondo intero è più forte.
Non temete fratelli, né provate dolore per voi stessi,
per la salvezza eterna, rinnegate voi stessi.

Tutte le sofferenze sono piccole, banali e sopportabili,
rispetto alle ricompense del Paradiso, eterne e sublimi.
Il mondo, falsa maschera, è una folle illusione,
l’Eternità è la nostra vera patria.

Date il mondo a coloro che amano la menzogna del mondo,
e a causa della menzogna perdono la vita e la verità,
voi cogliete la perla sopra il fango del mondo –
ascoltate, fratelli, a Trofimo e a Tallo!

Riflessione

Se adempiamo alla legge di Dio nei nostri pensieri, quanto sarà più facile adempierla nelle nostre azioni? Cioè, se non trasgrediamo la legge di Dio nei nostri pensieri, quanto sarà più facile non trasgredirla nelle nostre azioni? O ancora, se il nostro cuore, la nostra lingua, le nostre mani e i nostri piedi sono con Dio, allora tutto il nostro corpo non può essere contro Dio. Cuore, cuore, prepara il tuo cuore per Dio. Consacralo a Dio, adora Dio, adempi la legge di Dio in esso, uniscilo a Dio, e tutto il resto seguirà e sarà governato dal cuore. Non è colui che tiene il raggio della ruota a guidare la ruota, ma colui che ne tiene l’asse. Il cuore è l’asse del nostro essere. Parlando dei comandamenti di Dio, il venerabile Esichio dice: “Se ti costringi a compierli con il pensiero, allora raramente avrai bisogno di sforzarti per compierli in pratica”. Cioè, se ponete il vostro cuore in Dio, come su un asse, allora le ruote seguiranno facilmente e comodamente l’asse. In altre parole, ogni uomo seguirà il proprio cuore. “La tua legge è nel mio cuore” (Salmo 40,9), dice il saggio Davide.

Contemplazione

Contemplare il Signore Gesù come cammina sotto la croce verso il Golgota:

1. Come porta con calma e pazienza la sua croce;
2. Come gli tolsero la croce e la diedero a Simone di Cirene; come ha portato la croce camminando dietro a Cristo;
3. Come guardò le donne di Gerusalemme, che piangevano, e disse loro: «Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me: piangete piuttosto su voi stesse e sui vostri figli» (Lc 23,28), dichiarando con questa la sua vittoria e la sconfitta dei suoi assassini.

Omelia

Il rimprovero di Cristo come ricchezza

“Per fede Mosè considerò il rimprovero più dei tesori d’Egitto, perché, guardando alla ricompensa, era per l’Unto una ricchezza più grande” (Ebrei 11, 24-26).

Mosè non voleva rimanere nel palazzo del faraone né essere chiamato figlio adottivo del faraone. Desiderando di più, “scelse di essere maltrattato insieme al popolo di Dio piuttosto che godere del piacere effimero del peccato” (Ebrei 11,25). Quanto era diverso Mosè dai suoi discendenti [gli ebrei], che per motivi “faronici” condannarono a morte il Re della Gloria! Tutti loro avrebbero voluto vivere ancora un anno nella corte decadente del faraone piuttosto che viaggiare con Dio per quarant’anni nel deserto. Mosè lasciò tutti gli onori, tutte le ricchezze e tutte le vanità, che solo la ricchezza dell’Egitto poteva fornire. Per ordine di Dio, Mosè si mise in cammino attraverso il deserto affamato e assetato, con la fede che oltre c’era la Terra Promessa. Tutto questo significa anche tenere il “rimprovero dell’Unto [Cristo]” al di sopra di tutte le ricchezze dell’Egitto.

Il “rimprovero dell’Unto [Cristo]” è ciò di cui gli uomini di questo mondo, con un potente fetore di terra, si vergognano in Cristo. È la povertà di Cristo sulla terra, il suo digiuno, la sua veglia, la sua preghiera, il suo vagare senza un tetto sul capo, la sua condanna, la sua umiliazione e la sua morte vergognosa. Questo “rimprovero dell’Unto [Cristo]” era apprezzato dagli apostoli e, dopo di loro, da innumerevoli santi, che lo ritenevano una ricchezza maggiore di tutte le ricchezze del mondo intero. Dopo questi situazione non dignitosa, il Signore è risorto e ha aperto le porte del cielo e ha rivelato la Terra Promessa del Paradiso, nella quale ha condotto l’umanità lungo il sentiero del suo rimprovero o il deserto della sua sofferenza.

O Signore, glorificato e risorto, aiutaci a conservare incrollabilmente ogni goccia del tuo sudore e del tuo sangue come un tesoro più grande di tutte le ricchezze del mondo.




AMOUN DI NITRIA

ἀββᾶς Ἀμμοῦν ὁ Νιτριώτης

Amoun, anche se meno citato, è con Antonio e Pacomio uno dei fondatori del monachesimo nel deserto egiziano Nato all’incirca nel 295 d.C., si sposò e con la moglie vissero da asceti per tutta l’adolescenza. Nel 330 si ritirò a Nitria e vi divenne il primo monaco e poi capo dei molti monaci che lo seguirono nella lotta ascetica. Morì intorno al 353 d.C.

1. Abba Amoun di Nitria venne a trovare Abba Antonio e gli disse: “Poiché la mia regola è più severa della tua, come mai il tuo nome è più conosciuto tra gli uomini del mio?”. Abba Antonio rispose: “È perché amo Dio più di te”.

2. Di Abba Amoun si diceva che gli bastava una piccolissima quantità di grano ogni due mesi. Ora egli andò a cercare Abba Poemen e gli disse: “Quando vado nella cella del mio vicino, o quando lui viene nella mia per qualche necessità, abbiamo paura di entrare in conversazione, per timore di scivolare in argomenti mondani”. L’anziano rispose: “Hai ragione, perché i giovani devono essere prudenti”. Allora Abba Amoun continuò: “Ma i vecchi, cosa fanno?” Egli rispose: “I vecchi che sono avanzati nella virtù, non hanno nulla di mondano in loro; non c’è nulla di mondano nelle loro bocche di cui possano parlare”. “Ma”, rispose Amoun, “quando devo parlare al mio prossimo, preferisci che parli delle Scritture o dei detti dei Padri?”. Il vecchio gli rispose: “Se non puoi tacere, è meglio che parli dei detti dei Padri piuttosto che delle Scritture; non è così pericoloso”.

3. Un fratello venne da Scete per vedere Abba Amoun e gli disse: “Il Padre mio mi manda a fare una commissione, ma ho paura della lussuria”. L’anziano rispose: “Qualunque sia l’ora in cui la tentazione ti assalirà, dì così: “Dio di ogni virtù, per le preghiere del Padre mio, salvami da essa”. Così un giorno, quando una ragazza chiuse la porta dietro di lui, cominciò a gridare con tutte le sue forze: “Oh Dio del Padre mio, salvami!”, e subito si ritrovò sulla strada per Scete.

APPROFONDIMENTO:

Sant’Amoun di Nitria, fondatore di Kellia (Kellia, Le Celle), Eremita (348)

 Kellia (“le celle”), indicato come “il deserto più interno”, era una comunità monastica cristiana egiziana del IV secolo che si estendeva per molti chilometri quadrati nel deserto di Nitria. Era uno dei tre centri di attività monastica della regione, gli altri due erano Nitria e Scete (Wadi El Natrun). Viene detta al-Muna in arabo e fu abitata fino al IX secolo. 

Amoun per primo abitò questo deserto che Cassiano colloca a cinque miglia dalla città di Nitria. Alla fine del IV secolo, Cassiano contava cinquanta monasteri sul monte Nitria, abitati da cinquemila eremiti.
I primi discepoli di sant’Amoun vissero dispersi in celle separate, finché sant’Antonio il Grande gli consigliò di fondare un monastero e di radunare la maggior parte di loro sotto la sorveglianza di un attento superiore.

Nei Detti dei padri del Deserto (Apophtegmata Patrum – Gerontikon) che apprendiamo della fondazione di Kellia:

“ Una volta Abba Antonio andò a visitare Abba Amoun sul Monte Nitria e quando si incontrarono, Abba Amoun disse: ‘Grazie alle tue preghiere, il numero dei fratelli aumenta, e alcuni di loro vogliono costruire più celle dove possano vivere in pace. Quanto lontano da qui pensi che dovremmo costruire le celle? Abba Anthony disse: “Mangiamo all’ora nona e poi usciamo a fare una passeggiata nel deserto ed esploriamo il paese”. Così uscirono nel deserto e camminarono fino al tramonto e poi Abba Antonio disse: ‘Preghiamo e piantiamo qui la croce, affinché coloro che lo desiderano possano costruire qui. Poi quando quelli che restano là vogliono visitare quelli che sono venuti qui, possono prendere un po’ di cibo all’ora nona e poi partire. Se fanno così, saranno in grado di tenersi in contatto tra loro ma senza distrazioni mentali’”. La distanza era di 12 miglia.

Si stima che la fondazione di Kellia sia avvenuta intorno al 338 d.C. Kellia (le Celle) è in realtà un’enorme area di rovine monastiche situata non lontana da Nitria su una linea retta che collega Damanhur a Sadat City.

Kellia era per i monaci avanzati, per coloro che “vivevano una vita più remota, spogliata fino ai nudi rudimenti”, come è stato registrato nella Historia Monachorum in Aegypto greca da Flavio Rufino che la vide personalmente. Le celle erano disposte abbastanza distanti in modo che “nessuno può scorgere l’altro né si può sentire una voce”. Era solo per i monaci che per primi avevano imparato l’arte del deserto vivendo a Nitria. Si riunivano sabato e domenica per condividere un pasto insieme, alcuni percorrendo 3 o 4 miglia dalla loro cella alla Chiesa. 

Il Padre Amoun visse in grande austerità, quando si ritirò per la prima volta nel deserto, prendeva solo per ristorarsi del pane e dell’acqua una volta al giorno. Questo pasto poi lo ha diradato a due, e talvolta a tre o anche quattro giorni di distanza. Il deserto di celle in cui Abba Amoun estendeva i suoi eremi, distava dieci o dodici miglia dal monte Nitria.

Abba Amoun ha operato molti miracoli. Ciò che segue parve a sant’Atanasio contenere un’istruzione così importante, da meritare di essere inserita nella sua vita di Sant’Antonio, dove l’ha registrata. Ne parlano anche gli autori delle storie dei Padri del deserto e della vita di Abba Amoun. Un giorno, mentre stava per attraversare un fiume chiamato Lico, quando le rive erano straripate, in compagnia del suo discepolo Teodoro, lo pregò di ritirarsi, affinché non fossero visti nudi mentre nuotavano. Ammoun, sebbene solo, stava pensieroso sulla riva, essendo riluttante e vergognoso, per modestia; non voleva spogliarsi, riflettendo che non si era mai visto nudo. Dio si compiacque di ricompensare con un miracolo il suo verginale amore per la purezza, e mentre stava così, si trovò improvvisamente trasportato dall’altra parte del fiume. Teodoro avvicinandosi, e vedendo che era passato senza essersi bagnato, gli domandò come avvenne, e lo incalzò con tanta insistenza, che egli gli confessò il miracolo, facendogli prima promettere di non dirlo a nessuno se non dopo la sua morte. Abba Ammoun morì all’età di sessantadue anni; e sant’Antonio, sebbene a distanza di tredici giorni di viaggio da lui, conosceva l’ora esatta della sua morte, avendo visto la sua anima, in una visione, ascendere al cielo.

Fonte dell’approfondimento: https://iconandlight.wordpress.com/2018/10/03/25475/