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19 APRILE

Dal Prologo di Ohrid opera di Nikolaj Velimirovic

19 Aprile secondo l’antico calendario della Chiesa

  1. IL VENERABILE GIOVANNI DELLE ANTICHE GROTTE

Giovanni visse una vita di ascetismo nelle cosiddette Antiche Grotte o Lavra di Caritone il Grande, in Palestina. Avendo amato Cristo Signore con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutta la mente, Giovanni, in giovane età, iniziò a viaggiare nei luoghi santi, ascoltando le istruzioni e i consigli dei santi uomini. Infine, si stabilì nelle Grotte di Caritone. Lì si diede a un rigoroso ascetismo, trascorrendo giorni e anni in digiuni, preghiere e veglie, meditando continuamente sulla morte e insegnando a se stesso l’umiltà. Come un frutto ben maturo, fu colto dalla morte e prese dimora in Paradiso. Visse e morì nell’VIII secolo.

  1. I SANTI MARTIRI CRISTOFORO, TEONE E ANTONIO

Cristoforo, Teone e Antonio erano giovani ufficiali al servizio dell’imperatore Diocleziano. Quando San Giorgio il Grande Martire veniva torturato, furono testimoni delle sue sofferenze e dei miracoli che avvenivano in quel periodo. Vedendo tutto questo, si presentarono davanti all’imperatore, deposero le armi, si tolsero le cinture militari e confessarono coraggiosamente il nome del Signore Gesù. Per questo, furono sottoposti a grandi torture e infine furono gettati nel fuoco. I loro corpi furono consumati, mentre le loro anime andarono a Dio ed entrarono nella gioia eterna. Soffrirono onorevolmente a Nicomedia nell’anno 303 d.C.

  1. SAN TRIFONE, PATRIARCA DI COSTANTINOPOLI

L’imperatore Romano, che regnava su Bisanzio all’inizio del X secolo, aveva un figlio, Teofilatto, che aveva sedici anni quando morì il patriarca Stefano. L’imperatore desiderava che il figlio fosse elevato al trono patriarcale, poiché gli aveva promesso questa vocazione spirituale fin dalla giovinezza. Tuttavia, poiché il figlio era minorenne, l’imperatore si vergognava di farlo. Il trono patriarcale fu assunto da Trifone, un vecchio semplice ma casto e pio. Trifone rimase sul trono per tre anni. Quando il figlio dell’imperatore raggiunse il ventesimo anno di età, l’imperatore pensò di rimuovere ad ogni costo Trifone e di insediare il figlio come patriarca. Il santo di Dio, Trifone, non volle abbandonare volontariamente il trono, anche perché considerava un grande scandalo che un uomo così giovane venisse elevato a una posizione così responsabile e gravosa come quella di patriarca. Grazie all’intrigo di un vescovo iniquo, la firma dell’innocente Trifone fu ottenuta con l’inganno su un foglio bianco. In seguito, alla corte imperiale, le presunte dimissioni del patriarca furono scritte sopra quella firma e furono annunciate dall’imperatore. In seguito a ciò, si creò una grande confusione nella Chiesa, poiché i laici e il clero erano al fianco di Trifone, l’uomo pio. L’imperatore allora allontanò con la forza l’anziano patriarca, mandandolo in un monastero, mentre suo figlio Teofilatto fu consacrato patriarca. San Trifone visse come asceta in questo monastero per due anni e cinque mesi, e andò al Signore nell’anno 933 d.C.

  1. IL VENERABILE MARTIRE AGATANGELO

Agatangelo era originario della Tracia. Il suo nome secolare era Atanasio. Al servizio dei Turchi, fu convertito con la forza all’Islam a Smirne. Come penitente, fu tonsurato monaco sulla Montagna Santa [Athos] nel monastero di Esphigmenou. Ancora tormentato dalla sua coscienza, desiderava lavare il suo peccato con il proprio sangue. Partì per Smirne, dove mostrò ai turchi una croce e un’icona della Risurrezione di Cristo. Fu decapitato il 19 aprile 1819, nel suo diciannovesimo anno di età. Dopo la sua morte, apparve vivo a Germano, suo padre spirituale.

  1. IL VENERABILE SIMEONE LO SCALZO

Simeone visse una vita ascetica sulla Santa Montagna e per un breve periodo fu abate del monastero di Filoteo. Rafforzò i cristiani nella fede in molte zone dei Balcani e fu famoso per i suoi miracoli. Camminava a piedi nudi, per questo è chiamato “lo Scalzo” (lo Scalzato). Si addormentò in Costantinopoli.

Inno di lode
SAN TRIFONE

Innocente Trifone, pastore dai capelli grigi,
grazie all’innocenza ottenne una corona di fiori.
L’imperatore, per vuota vanità, ha desiderato male,
senza temere Dio o la sua punizione.
Essere patriarca è un onore davanti agli uomini
ma un peso davanti a Dio e agli angeli.
Un ragazzo può badare a un gregge irrazionale,
ma dov’è la sua saggezza per un gregge razionale?
Il gentile Trifone custodisce la giustizia di Dio;
“Questo non potrà mai essere, o imperatore”, disse.
“Dai il trono patriarcale a un uomo maturo, più saggio di me,
che guiderà la nave di Dio tra le rocce,
e non a un bambino, anche se è tuo figlio,
che distruggerebbe la Nave di Dio contro gli scogli!”.
L’imperatore Romano fece come desiderava,
e rattristò San Trifone e il popolo.
Ma l’occhio di Dio vaga per il mondo,
cercando dove donare una corona di fiori e dove vendicarsi.

Riflessione
Un anziano e padre spirituale disse “Alzandoti al mattino, dì a te stesso: Corpo, lavora per nutrirti; anima, sii vigile per salvarti ed ereditare il Regno!”. Non sono parole vuote, ma questa è stata la regola di molte migliaia di monaci nel corso dei secoli, la loro regola di vita quotidiana. Con il lavoro si nutrivano; con la preghiera rimanevano vigili. Perché solo per i monaci? Non può essere la regola di ogni seguace di Cristo? Cristo stesso non ci ha forse dato un chiaro esempio di questo: un esempio di sforzo fisico e di costante vigilanza nella preghiera?

Contemplazione
Contemplare il Signore Gesù risorto:

  1. Come Egli, nel Suo corpo glorificato, è vicino ai Suoi discepoli; vicino a coloro che Lo cercano (Maria Maddalena nel Giardino); vicino a coloro che hanno paura (i discepoli in una stanza chiusa); vicino a coloro che hanno fame (quelli sulla riva del lago);
  2. Come Egli è vicino, anche ora, a ciascuno di noi che lo cerca, che ha paura e che ha fame.

Omelia
sulla cautela verso tutto ciò che non è secondo Cristo

“Guardatevi dal rovinarvi con la filosofia e con vani inganni, secondo la tradizione degli uomini, secondo i rudimenti del mondo e non secondo Cristo” (Colossesi 2,8).

Fratelli, non lasciamoci schiavi della filosofia, che con le sue congetture dice che non c’è vita eterna né risurrezione dai morti. Infatti, non arriviamo alla verità attraverso le congetture dell’uomo, ma per rivelazione di Dio. Ciò che sappiamo della verità lo sappiamo dalla Verità stessa, che è stata rivelata nel Signore Gesù Cristo e che ci è stata comunicata attraverso i testimoni fedeli e saggi di questa Verità: gli apostoli e i santi. Se, a causa dei nostri peccati, rifiutiamo questi testimoni e accettiamo le congetture degli uomini, cadremo in un’oscura e amara schiavitù della natura, del corpo, del peccato e della morte.

Fratelli, non lasciamoci ingannare dai vuoti miti degli uomini, creati dagli uomini e secondo gli uomini, che dicono che un altro mondo non esiste o, se un altro mondo esiste, che non ne sappiamo nulla. Ecco, noi sappiamo con certezza che un altro mondo esiste. Lo sappiamo non da congetturatori o ingannatori, ma dal Signore Gesù stesso, che è apparso ai suoi discepoli sul Monte Tabor con Mosè ed Elia (che da tempo avevano lasciato questo mondo) e che è apparso a molti dei suoi seguaci dopo la sua morte. Lo sappiamo anche dagli apostoli, dai santi e dai numerosi veggenti ai quali, grazie alla loro castità e santità, Dio ha rivelato la verità ultima sull’altro mondo. Se, a causa dei nostri peccati, non crediamo a questi testimoni santi e veritieri, dovremo credere a questi uomini empi e falsi, e saremo schiavi delle tenebre, del peccato e della morte.

Fratelli, non lasciamoci sviare dall’insegnamento mondano, che esamina animali, piante e pietre e dice di non aver trovato Dio tra queste cose, affermando così con arroganza che non c’è Dio. Ecco, noi sappiamo che il Creatore non può essere una cosa tra le cose, ma è al di sopra di tutte le cose e diverso da tutte le cose. Lo sappiamo tanto per comprensione spirituale e coscienza quanto per la chiara rivelazione del Signore Gesù stesso, che è apparso nel corpo di un uomo come il Signore di tutte le cose create, così come per la testimonianza degli apostoli e di molti altri uomini santi e perspicaci. Piuttosto, glorifichiamo il Signore Gesù risorto dai morti.

O Signore risorto, a Te sia gloria e lode per sempre. Amen.




18 APRILE

Dal Prologo di Ohrid opera di Nikolaj Velimirovic

18 Aprile secondo l’antico calendario della Chiesa

  1. IL VENERABILE GIOVANNI, DISCEPOLO DI SAN GREGORIO DELLA DECAPOLI

Al tempo dell’eresia iconoclasta, l’imperatore Leone l’Armeno sottopose Giovanni a tortura insieme al suo maestro Gregorio e a San Giuseppe l’Innografo. Quando Gregorio lasciò questa vita, Giovanni divenne abate del monastero di Decapoli a Costantinopoli. Divenuto abate, intensificò i suoi sforzi ascetici per il regno di Dio. Morì serenamente intorno all’anno 820 d.C. Dopo la sua morte, San Giuseppe lo seppellì con gli onori accanto alla tomba di San Gregorio.

  1. IL SANTO MARTIRE GIOVANNI IL NUOVO DI IOANNINA

Giovanni nacque a Ioannina, un tempo capitale dell’imperatore Pirro. Quando i suoi genitori impoveriti morirono, il giovane Giovanni si trasferì a Costantinopoli e lì continuò la sua occupazione, poiché era un artigiano. Non molto tempo prima, i Turchi circondarono Costantinopoli e molti cristiani, per paura, rinnegarono Cristo e abbracciarono la fede islamica. San Giovanni aveva la sua bottega in mezzo a questi convertiti all’Islam. Più il giovane Giovanni ardeva di amore per Cristo Signore, più si esponeva apertamente come cristiano davanti a questi traditori di Cristo. Cominciò a discutere con loro sulla fede e, infine, li rimproverò per il loro tradimento di Cristo. Lo trascinarono davanti al giudice e accusarono ingiustamente Giovanni, sostenendo che in precedenza aveva abbracciato l’Islam e che poi era tornato al cristianesimo. Dopo averlo torturato e picchiato con verghe e bastoni di ferro, lo gettarono in prigione. Il giorno successivo era la festa della Risurrezione di Cristo e, di nuovo, lo portarono fuori per ulteriori torture e Giovanni ne uscì cantando: “Cristo è risorto dai morti!”. Ai suoi torturatori disse coraggiosamente: “Fate quello che volete per mandarmi al più presto da questa vita transitoria alla vita eterna. Sono schiavo di Cristo, seguo Cristo, per Cristo muoio per vivere con Lui!”. Dopo di che, Giovanni fu legato in catene e portato sul luogo del rogo. Vedendo un grande fuoco preparato per lui, Giovanni corse e si gettò nelle fiamme. I suoi aguzzini, vedendo come amava la morte nel fuoco, lo tolsero dal fuoco e lo condannarono alla decapitazione. Dopo averlo decapitato, gettarono la testa e il corpo nel fuoco. In seguito, i cristiani setacciarono le ceneri e raccolsero alcuni resti delle sue onorevoli e mirabili reliquie e le inumarono nella Grande Chiesa [Agia Sophia – Chiesa della Santa Sapienza] di Costantinopoli. Così, San Giovanni di Ioannina morì da martire e ricevette la gloriosa corona del martirio il 18 aprile 1526 d. C. D.

  1. I SANTI MARTIRI VITTORIO, ZOTICO, ZENO, ACYNDIUS E SEVERIANO

Tutti e cinque furono martirizzati durante il regno dell’imperatore Diocleziano. Erano pagani finché non furono testimoni delle sofferenze di San Giorgio il Grande Martire. Assistendo alle sofferenze e al coraggio di questo glorioso martire e ai numerosi miracoli che si manifestarono, abbracciarono la fede cristiana per la quale, in breve tempo, anche loro soffrirono e furono coronati di gloria.

Inno di lode
IL SANTO MARTIRE GIOVANNI IL NUOVO

Giovanni l’Artigiano, di onesto mestiere,
La sua anima era luminosa come un lingotto d’oro,
per l’insegnamento di Cristo, meravigliosamente illuminata,
E prega Dio di sposarlo con la sofferenza,
Oh Cristo vittorioso, che per me è stato crocifisso,
dalle tenebre del peccato, purificami con la sofferenza!
La gloria vergognosa di un traditore, oh non darmi,
ma sposami con le sofferenze dei Tuoi sofferenti.
Preparami alle sofferenze con il Tuo Santo Spirito,
e permetti che le sofferenze siano dirette a me,
E Tu, Madre di Dio, di infinita misericordia
che sotto l’onorata croce del tuo Figlio sei rimasta in piedi,
prega per me nel momento delle mie sofferenze,
affinché, come un muro inespugnabile, io sia saldo.
Anche voi, o santi apostoli, abbiate pietà,
affinché il diavolo del genere umano non prevalga contro di me.
Martiri santi, mia gioia,
nelle vostre file, accogliete anche me!
E ora, torturatori, traditori di Di
o –

Vostra è la spada e il fuoco – ecco il mio corpo!

Riflessione
In uno degli scritti sul martirio dei cristiani durante il regno dell’imperatore persiano Sapor, si legge: “Le spade sono diventate opache, i portatori di spade sono caduti e i fabbricanti di spade si sono affaticati, ma la Croce è stata innalzata ancora di più e ha brillato del sangue dei martiri di Cristo”. Quante e quante volte i persecutori dei cristiani hanno pensato compiaciuti di aver chiuso per sempre con il cristianesimo? In sostanza, la loro vita è finita, mentre il cristianesimo si è sempre rigenerato ed è fiorito di nuovo. Tuttavia, anche in aggiunta a questa esperienza, alcuni dei nostri contemporanei pensano che la fede cristiana possa essere sradicata con la forza. Ma non dicono con quali mezzi. Dimenticano che tutti questi mezzi sono stati provati e tutti senza successo. Con ragione Tertulliano gridava ai pagani: “Invano versate il nostro sangue. Perché il sangue dei martiri è il seme del cristianesimo”.

La contemplazione
Contemplare il Signore Gesù risorto:

  1. Come la sua risurrezione abbia portato una gioia indicibile a coloro che lo hanno amato;
  2. Come la sua risurrezione abbia portato un’indicibile amarezza a coloro che lo odiavano;
  3. Come la sua ultima venuta [il secondo avvento] nel mondo in gloria e potenza provocherà, tra le varie persone, diversi sentimenti: o di gioia o di amarezza.

Omelia
Sulla testimonianza di testimoni attendibili

“Ma noi siamo stati testimoni oculari della sua potente gloria” (2 Pietro 1:16).

Quando gli apostoli parlano della gloriosa risurrezione del Signore, parlano in pluralità. Ognuno di loro, infatti, dà la sua testimonianza e quella di altri compagni. Così, l’apostolo Pietro scrive: “Noi non seguiamo miti abilmente escogitati quando vi abbiamo fatto conoscere la potenza e la venuta del Signore nostro Gesù Cristo, ma siamo stati testimoni oculari della sua maestà” (2 Pietro 1:16).

Natanaele non voleva credere solo per sentito dire. Per questo l’apostolo Filippo invitò Natanaele a “venire e vedere!”. (San Giovanni 1:46). Natanaele venne, vide e credette. Così è stato per gli altri apostoli: finché non si sono avvicinati a Cristo, finché non hanno sentito e finché non hanno visto, non hanno voluto credere. I miti abilmente concepiti non attiravano gli apostoli. I loro sani pensieri naturali cercavano fatti visivi e non miti.

Fratelli, la nostra fede è ben stabilita e provata. Le tracce di Dio sono ben tracciate nel mondo. Nessuno ha bisogno di dubitare. La risurrezione di Cristo è ben testimoniata. Nessuno deve disperare. Il dubbio e la disperazione sono due vermi che nascono dalla larva della mosca del peccato. Chi non pecca, vede chiaramente la traccia di Dio nel mondo e riconosce chiaramente la risurrezione di Cristo.

O Signore risorto, rafforzaci con la forza del tuo Spirito Santo affinché non pecchiamo più e non diventiamo ciechi alle tue tracce nel mondo e alla tua gloriosa risurrezione.




1 MAGGIO

Dal Prologo di Ohrid opera di Nikolaj Velimirovic

01 Maggio secondo l’antico calendario della Chiesa

  1. IL SANTO PROFETA GEREMIA

Geremia nacque circa seicento anni prima di Cristo nel villaggio di Anathoth non lontano da Gerusalemme. Cominciò a profetizzare all’età di quindici anni durante il regno del re Giosia. Predicò il pentimento al re e ai nobili, ai falsi profeti e ai sacerdoti. Durante il regno del re Giosia, Geremia scampò a malapena alla morte per mano assassina dei nobili infuriati. Riguardo al re Ioiachim, egli profetizzò che la sepoltura del re sarebbe stata come la sepoltura di un asino, cioè il suo cadavere sarebbe stato gettato fuori Gerusalemme e che il suo corpo sarebbe stato trascinato per terra senza il beneficio della sepoltura: “Sarà sepolto con la sepoltura di un asino, trascinato e gettato fuori delle porte di Gerusalemme” (Geremia 22,18). Per questo motivo Geremia fu gettato in prigione. Non potendo scrivere in prigione, Geremia invitò Baruc [il figlio di Neriah], che stava vicino alla finestrella della prigione e gli dettò. Quando questa profezia fu letta al re, il re infuriato afferrò il foglio e lo gettò nel fuoco. La Divina Provvidenza salvò Geremia dalla prigione e la parola del profeta si adempì in Ioiachim. Riguardo al re Ieconia [figlio di Ioiachim, re di Giuda], Geremia profetizzò che Ieconia sarebbe stato portato a Babilonia con tutta la sua famiglia e che lì sarebbe morto. Tutto ciò avvenne in breve: “… dopo che Nabucodonosor, re di Babilonia, ebbe portato via in cattività Ieconia, figlio di Ioiachim, re di Giuda” (Geremia 24,1). “…quando condusse in cattività Ieconia, figlio di Ioiachim, re di Giuda, da Gerusalemme a Babilonia, e tutti i notabili di Giuda e di Gerusalemme” (Geremia 27,20). Sotto il re Sedekia, Geremia si mise un giogo intorno al collo e attraversò Gerusalemme profetizzando la caduta di Gerusalemme e la schiavitù sotto il giogo dei babilonesi. “Così mi ha detto il Signore: Fatti dei legami e dei gioghi, e mettili sul tuo collo” (Geremia 27,2). “Ho parlato anche a Sedecìa, re di Giuda, secondo tutte queste parole, dicendo: Portate il vostro collo sotto il giogo del re di Babilonia, servite lui e il suo popolo, e vivete” (Geremia 27,12). Ai prigionieri ebrei in Babilonia, Geremia scrisse dicendo loro di non sperare in un rapido ritorno a Gerusalemme perché sarebbero rimasti in Babilonia per settant’anni, cosa che avvenne. “Tutto questo paese sarà una rovina e un deserto. Settant’anni queste nazioni saranno schiave del re di Babilonia” (Geremia 25,11). Nella valle del Tofet vicino a Gerusalemme [la Valle del massacro], dove gli ebrei offrivano bambini in sacrificio agli idoli, Geremia prese in mano un vaso d’argilla da vasaio e lo frantumò davanti al popolo profetizzando l’imminente umiliazione del regno di Giuda . “Anche così, io spezzerò questo popolo e questa città, come si rompe un vaso di vasaio che non può più ritornare ad essere integro” (Geremia 19.11). I babilonesi catturarono presto Gerusalemme, uccisero il re Sedekia, saccheggiarono e distrussero la città e decapitarono un gran numero di ebrei nella valle del Tofet, nello stesso punto in cui i bambini venivano macellati per il sacrificio agli idoli e dove il profeta Geremia ruppe il vaso del vasaio di argilla. Geremia, con i Leviti, rimosse l’Arca dell’Alleanza dal Tempio verso il Monte Nebo dove morì Mosè e lì nascose l’Arca in una grotta. Tuttavia, nascose il fuoco del tempio in un pozzo profondo. Geremia fu costretto da alcuni ebrei ad accompagnarli in Egitto dove visse per quattro anni e fu poi lapidato dai suoi connazionali. Agli egiziani, Geremia profetizzò la distruzione dei loro idoli e l’arrivo della Vergine e del Cristo Bambino in Egitto. C’è una tradizione che afferma che il re Alessandro Magno visitò la tomba del profeta Geremia. Per ordine del re Alessandro, il corpo di Geremia fu traslato e sepolto ad Alessandria.

  1. IL VENERABILE MARTIRE ACACIO, IL SANDALAIO

Acacio era del villaggio di Neochorion vicino a Tessalonica. Maltrattato molto dal suo maestro artigiano a Serres, Acacio si convertì all’Islam. Più tardi [ritornò alla Fede] e come penitente e monaco, visse nel monastero di Hilendar [Monte Athos]. La sua madre bisognosa e amante di Cristo gli consigliò: “Come hai rinnegato volentieri il Signore, così ora devi accettare volentieri e coraggiosamente il martirio per il dolce Gesù”. Il figlio seguì il consiglio della madre e con la benedizione dei padri del Sacro Monte, Acacio si recò a Costantinopoli dove i Turchi lo decapitarono il 1 maggio 1816 d.C. La sua testa è conservata in un reliquiario nel monastero russo di San Panteleimon sul Monte Athos.

  1. IL VENERABILE PAFNUZIO DI BOROVSK

Pafnuzio, figlio di un nobile tartaro, in seguito abbracciò la fede cristiana. All’età di vent’anni, Pafnuzio fu tonsurato monaco e continuò a vivere la sua vita in un monastero fino al suo novantaquattresimo anno, quando riposò nel Signore. Pafnuzio era vergine e asceta. Per questo motivo, divenne un operatore di miracoli con un grande discernimento. Si addormentò nell’anno 1478 d.C.

Inno di lode
IL PROFETA GEREMIA

Geremia, casto e profeta,
Agli uomini annuncia la volontà di Dio
Quando sono nel peccato, gli uomini decadono
E le leggi di Dio, calpestano.
Il profeta grida, piange e minaccia,
Come una fiamma viva, le sue parole sono,
Illuminano i giusti, bruciano i peccatori;
Come le lacrime di una madre, le sue lacrime sono
Sulla sua prole morente.
Il profeta lo prevede, la punizione sta arrivando,
Una punizione, cento volte meritata.
La misericordia di Dio, in giustizia si trasforma.
Il profeta grida, piange e minaccia,
Il popolo peccatore, chiama al pentimento.
Quello che dicono i leader, la gente ascolta,
E i capi, deridono il profeta,
E le sue parole, come una bugia hanno proclamato!
Ma pur essendo stanco, il profeta non permette:
Con le sofferenze, le sue parole suggella;
Uomini nefasti, uccisero il profeta,
E per sempre, lo resero famoso.
Tutte le parole del profeta si adempirono,
Il regno cadde; glorificato fu il profeta.

Riflessione
Il Venerabile Pafnuzio di Borovsk disse ai suoi discepoli che l’anima di un uomo e le sue opere nascoste possono essere riconosciute dallo sguardo nei suoi occhi. Ai suoi discepoli, questo sembrò incredibile fino a quando quest’uomo di Dio lo confermò in realtà in più di un’occasione. Discernendo il destino degli altri, Pafnuzio ha anche fatto discernimento del proprio destino. Una settimana prima, mentre era ancora in buona salute, aveva profetizzato che sarebbe partito da questo mondo il giovedì successivo. Quando il giovedì spuntò, gridò di gioia: “Ecco, il giorno del Signore, rallegratevi o popolo, ecco, il giorno atteso è venuto!” Ecco, così l’uomo incontra la morte; un uomo che, durante tutta la sua vita, ha contemplato la separazione da questo mondo e l’incontro con Dio.

Contemplazione
Per contemplare l’Ascensione del Signore Gesù:

  1. Come due angeli apparvero ai discepoli mentre stavano ancora guardando dietro al Signore asceso;
  2. Come gli angeli annunciano che il Signore verrà nello stesso modo in cui i discepoli lo videro salire al cielo.

Omelia
Sul potere della parola del Signore

“La mia parola non è forse come il fuoco, dice il Signore, come un martello che spezza le rocce” (Geremia 23,29).

Sì, Signore, la tua parola è davvero come il fuoco; come fuoco che riscalda i giusti e brucia gli ingiusti. E, in verità, la tua parola è come un martello; un martello che ammorbidisce la durezza pietrosa del cuore di un penitente e riduce in polvere i cuori dei peccatori impenitenti.

“Non ardeva forse il nostro cuore dentro di noi mentre parlava con noi” (Lc 24,32), si chiedevano gli apostoli dopo aver parlato con il Signore risorto? Quando il cuore nell’uomo è corretto, arde dalla parola del Signore e si scioglie dal piacere e si espande con amore. Ma quando il cuore nell’uomo non è corretto e indurito dal peccato, allora il cuore cuoce dalla parola del Signore e diventa ancora più duro. “E il cuore del faraone si indurì” (Esodo 8,19).

Invano i peccatori si fortificano nelle fortezze di pietra, nelle loro fortezze di ferro, nelle loro fortezze d’argento e d’oro e rifiutano l’armatura della giustizia di Dio. Come un martello potente e irresistibile, tale è la parola del Signore quando pronuncia il giudizio su queste fortezze di pietra in cui i peccatori si fortificano.

Invano il miscredente fortifica la sua casa con pietre inespugnabili e lo statista fortifica lo Stato, indurito dalla sapienza del mondo, e non sperando nel Dio vivente. La parola del Signore si abbatte come un martello su tutto ciò che è stato costruito senza Dio o contro Dio; come un martello potente e irresistibile.

O fratelli, non confidiamo nelle nostre creazioni di pietra, né di marmo né di pietre d’oro o d’argento né delle pietre empie dei nostri pensieri individuali. Tutti questi sono più deboli davanti al potere di Dio che la polvere davanti al potere del vento.

O Signore Onnipotente, aiutaci ad accogliere la tua parola e, che sulla tua parola, possiamo costruire tutta la nostra vita sia in questo mondo che nell’aldilà.

A Te sia gloria e grazie sempre. Amen.

(*) Gli egiziani quasi divinizzarono San Geremia. Ecco perché lo seppellirono come re. Anche dopo la sua morte, lo consideravano un operatore di miracoli. Hanno usato la polvere dalla sua tomba come cura contro i morsi di serpente. Ancora oggi molti cristiani invocano Geremia contro i serpenti.




17 APRILE

Dal Prologo di Ohrid opera di Nikolaj Velimirovic

17 Aprile secondo l’antico calendario della Chiesa

  1. LO IERO-MARTIRE SIMEONE, VESCOVO PERSIANO

Durante il regno del malvagio imperatore Sapor [Savori], Simeone fu torturato per Cristo insieme ai suoi due presbiteri, Audel e Anania. L’eunuco dell’imperatore, Ustazan, prima aveva rinnegato Cristo e poi, toccato dal rimprovero di San Simeone, confessò di nuovo la vera fede davanti allo stesso imperatore. Con Simeone furono condotti al luogo dell’esecuzione anche un migliaio di altri cristiani. Simeone si spostò intenzionalmente per essere l’ultimo a essere decapitato, in modo da incoraggiare gli altri cristiani fino alla fine, affinché nessuno di loro vacillasse per la paura della morte. Quando il presbitero Anania pose la testa sul ceppo, tutto il suo corpo tremò. L’impiegato di corte dell’imperatore Fusik, che segretamente era cristiano, iniziò a incoraggiare Anania dicendo: “Non aver paura, vecchio, chiudi gli occhi e fatti coraggio, affinché tu possa vedere la luce divina”. Non appena Fusik disse questo, fu riconosciuto come cristiano e fu accusato davanti all’imperatore. L’imperatore lo stremò con grandi torture, così come sua figlia, la fanciulla Askitria. Dopo che San Simeone vide il suo gregge partire per l’altro mondo, fu infine decapitato. L’anno successivo, il Grande Venerdì (Venerdì Santo), anche Azat [Ustazan], l’eunuco amato dall’imperatore, fu ucciso per Cristo e con lui un migliaio di altri fedeli. Allora l’imperatore pianse il suo eunuco e bloccò ulteriori uccisioni di cristiani. Tutti loro soffrirono onorevolmente per Cristo Re e Signore nell’anno 341 o 344 d.C.

  1. SANTO ACACIO, VESCOVO DI MELITENE

Acacio visse la vita ascetica nel luogo in cui era nato, cioè a Melitene, in Armenia. Il beato Otreio, vescovo di quella città, che partecipò al Secondo Concilio Ecumenico [Costantinopoli 381 d.C.], lo ordinò presbitero. Dopo la morte di Otreio, Acacio divenne vescovo. Partecipò al Terzo Concilio Ecumenico [Efeso 431 d.C.], che condannò la malvagia bestemmia di Nestorio contro la Madre di Dio. Qui, insieme a San Cirillo di Alessandria, Acacio lottò con zelo per la purezza della fede ortodossa. Sant’Acacio possedeva molta Grazia di Dio e operò molti miracoli. Dopo un lungo e zelante servizio a Dio, Acacio morì serenamente nell’anno 435 d.C.

  1. SANT’AGAPITO, PAPA DI ROMA

Agapito fu inviato a Costantinopoli da Teodato, re dei Goti, all’imperatore Giustiniano per dissuaderlo dalla sua campagna contro i Goti. Durante il viaggio, guarì un muto e un cieco. A Costantinopoli, Agapito assistette alla conferma dell’ortodossia e morì nell’anno 536 d.C.

  1. I VENERABILI SABAZIO E ZOSIMO

Sabazio e Zosimo furono i cofondatori della comunità ascetica dell’isola di Solovetz, nel Mar Bianco. Molti grandi santi furono glorificati nella comunità di Solovetz. San Sabazio morì nel 1435 d.C. e Zosimo nel 1478 d.C.

Inno di lode
SAN ZOSIMO

Su un’isola in mezzo al mare in tempesta,
al di là della vanità del mondo e della conversazione,
Zosimo, nutre la sua anima di preghiere
difende la sua anima dai demoni con il nome di Dio.
I demoni feroci si accanirono contro di lui
E tutto il loro potere, contro di lui, si dirigeva.
A loro parla Zosimo: Invano è il vostro sforzo
finché la potente mano di Dio mi protegge.
Uccidermi è forse la volontà di Dio?
Allora colpite in fretta e non perdete tempo!
Perché vi trasformate in bestie e serpenti?
In lupi arrabbiati, tigri e scorpioni,
quando non avete la forza come le ombre,
per farmi del male.
Siete temibili solo per i figli del peccato
e per gli amanti del piacere e del riso.
Ma per gli amanti del giogo di Cristo,
della Madre di Dio e della pura ascesi,
siete come la nebbia che il vento trasporta,
che, per un momento, lo trasporta e, per un momento, lo porta via.
Se la nebbia, una roccia è in grado di sradicare,
allora io, peccatore, sono in grado di oscillare!
Lasciatemi in pace, non mi consegno a voi.
Sono il servo di Cristo, guardo a Lui.

Riflessione
Dopo il quarto Concilio Ecumenico [Calcedonia, 451 d.C.] l’imperatore eretico Anastasio bandì in esilio i patriarchi ortodossi Elia di Gerusalemme e Flaviano di Antiochia. Un giorno, simultaneamente, entrambi i santi percepirono la morte dell’imperatore eretico e si inviarono la notizia dicendo: “Anastasio è morto! Andiamo anche noi a giudicarlo davanti a Dio”. L’imperatore morì e due giorni dopo morirono entrambi i patriarchi. Che zelo per la Vera Fede! Che umile speranza davanti al giudizio di Dio. Per questi santi non si trattava di vivere più a lungo sulla terra, ma della verità di Dio. Non dicevano nemmeno: “Lo abbiamo giudicato”, ma piuttosto “Che Dio lo giudichi!”. La nostra permanenza sulla terra non è un soggiorno, ma una scelta personale per il bene o per il male, per la verità o per la falsità. Beati noi se in tutto ci fidiamo della volontà di Dio e speriamo nel suo giudizio. Perché in tutto bisogna avere una fede forte. Questi arcipreti ortodossi avevano una fede forte. Anche sant’Acacio aveva una fede forte. Una volta, durante una grande siccità, quando la gente era disperata, questo meraviglioso Acacio guidò una processione del popolo per tutta la città e fuori dalla città. Ordinò che la Divina Liturgia fosse celebrata fuori dalla città, davanti alla chiesa di Sant’Eustachio. Dopo aver consacrato i Santi Doni, Acacio non volle versare l’acqua nel vino, ma pregò Dio che Lui, l’Altissimo, facesse scendere l’acqua nel calice dalle nuvole. Dio ascoltò la preghiera del suo fedele servitore e mandò una pioggia abbondante nei campi aridi e nel calice onorato.

Contemplazione
Contemplare il Signore Gesù risorto:

  1. Come quaranta giorni dopo la risurrezione Egli rimane ancora sulla terra mostrandosi ai fedeli e rafforzandoli nella fede;
  2. Come, con la sua manifestazione di quaranta giorni, dimostri che non è risorto per il suo bene, ma per il bene dell’umanità.

Omelia
Sulla meravigliosa promessa di Cristo

“Al vincitore darò il diritto di sedere con me sul mio trono” (Apocalisse 3,21).

Questa, fratelli, è la promessa di Cristo, vincitore del diavolo, del peccato e della morte.

Ma il diavolo, il peccato e la morte sono più forti dell’uomo. Chi può vincerli? Nessuno, se non Cristo e coloro che stanno saldi con Cristo e con le sue armi entrano in battaglia.

Il diavolo è vecchio come il mondo e persino più vecchio del mondo. Come può l’uomo, la cui vita si misura con un pendolo, sconfiggere colui che, per molte migliaia di anni, impara a combattere contro l’uomo? Come può un mortale vincere tutte le tentazioni del diavolo, il cui numero è pari al numero dei peccati sulla terra? In nessun modo, se non sa che il Signore Gesù ha vinto i tre principali tipi di tentazioni diaboliche sull’alta montagna. In nessun modo, se l’uomo non rimane fermo e saldo accanto a Cristo, che è più antico del tempo e più potente di tutti gli angeli, sia cattivi che buoni.

Il peccato è vecchio come il diavolo. Come può l’uomo, la cui durata di vita è misurata da un pendolo, evitare il peccato che, come una malattia contagiosa e un cattivo odore, si trasmette di generazione in generazione, di uomo in uomo, da quando l’uomo esiste su questa terra? Assolutamente no, se non sa che è esistito un Uomo, l’Unico e il Solo, che non ha commesso peccato, né alla nascita né dopo la nascita; l’Uomo-Dio Gesù Cristo che, attraverso l’umiltà della sua umanità e il fuoco della sua Divinità, ha schiacciato il peccato sulla Croce. In nessun modo, se l’uomo non sta con Cristo, che è più antico del peccato e più potente di tutti i seminatori e portatori di peccato.

La morte è antica quanto l’uomo espulso dal Paradiso. Come può un uomo, la cui vita è misurata da un pendolo, vincere la morte in questa tomba terrena? In nessun modo, se non riconosce la potenza della Croce, la sofferenza di Cristo e la verità della sua risurrezione dalla tomba. In nessun modo, se non rimane saldo con Cristo, l’onnipotente vincitore della morte.

Quale gloriosa ricompensa per coloro che ottengono la vittoria! Saranno seduti, coronati di corone di gloria, sul trono del più grande Vincitore in terra e in cielo!




16 APRILE

Dal Prologo di Ohrid opera di Nikolaj Velimirovic

16 Aprile secondo l’antico calendario della Chiesa

  1. LE SANTE MARTIRI AGAPE, CHIONIA E IRENE

Tutte e tre erano sorelle provenienti dai dintorni di Aquileia. Quando l’imperatore Diocleziano soggiornava ad Aquileia, ordinò di uccidere l’illustre padre spirituale Crisogono. In quel periodo, l’anziano presbitero Zoilo ebbe una visione in cui gli fu rivelato il luogo in cui si trovava il corpo non sepolto di Crisogono. Affrettandosi, l’anziano trovò il corpo martirizzato di Crisogono, lo mise in un sarcofago e lo conservò nella sua casa. Trenta giorni dopo, San Crisogono gli apparve e lo informò che, nel corso di nove giorni, quelle tre fanciulle avrebbero subito il martirio e che anche lui sarebbe morto in quel momento. La stessa notizia fu ricevuta in visione da Anastasia, [una donna dotata di intuito morale e spirituale], che aveva seguito l’esempio del suo maestro Crisogono. Infatti, dopo nove giorni l’anziano Zoilo morì e le tre sorelle furono processate davanti all’imperatore. L’imperatore invitò le tre fanciulle ad adorare gli idoli, ma tutte si rifiutarono e confessarono la loro ferma fede in Cristo. Irene disse all’imperatore: “Quanto è stupido adorare cose fatte di pietra e legno, che sono state ordinate per un prezzo concordato e fatte dalle mani di un uomo mortale”. L’imperatore, infuriato, le gettò in prigione. Quando l’imperatore partì per la Macedonia, tutti gli schiavi e i prigionieri furono portati con lui, e tra questi c’erano queste tre sante fanciulle. L’imperatore le consegnò a un certo comandante Dulcitius perché le torturasse. Questo comandante, infiammato da una passione oscura, voleva profanare le vergini, ma quando il comandante tentò di entrare nella prigione mentre le vergini pregavano Dio, impazzì. Cadde tra i calderoni e i vasi neri davanti alle porte e cominciò ad abbracciarli e a baciarli, per poi andarsene fuligginoso e annerito. L’imperatore, venuto a conoscenza di questo incidente, ordinò che un altro comandante, Sisinio, si occupasse del processo di queste sorelle. Dopo lunghe torture, il giudice condannò le prime due sorelle a morte per rogo e trattenne Irene ancora per un po’, sperando di contaminarla. Ma, quando mandò Irene al bordello con i soldati, un angelo di Dio salvò questa casta vergine e allontanò i soldati portandola su una collina. Il giorno dopo, il comandante con i suoi soldati si recò su questa collina e non riuscì a salirvi. Ordinò allora che Irene fosse colpita da frecce. Sant’Anastasia [discepola di Crisogono] raccolse i corpi di queste tre sorelle in un unico luogo e li seppellì onorevolmente. Tutte hanno sofferto onorevolmente per Cristo Re e Signore intorno all’anno 304 d.C.

  1. IL SANTO MARTIRE LEONIDE E CON LUI LE MARTIRI CHARIESSA, NICE, GALINA, CALLIS, NUNECHIA, BASILLISSA E THEODORA

Furono gettati in mare, ma il mare non li accolse. Camminarono sul mare come sulla terraferma e cantarono a Dio: “Su un campo di battaglia correvo, o Signore, e l’esercito mi inseguiva; o Signore non ti ho rinnegato; o Signore, salva la mia anima!”. Vedendoli, i pagani dapprima si stupirono, ma poi legarono loro delle pietre al collo e li gettarono di nuovo nelle profondità del mare, dove annegarono. Tutti loro soffrirono onorevolmente per Cristo Re e Signore nell’anno 281 d.C.

Inno di lode
LE SANTE MARTIRI AGAPIA, CHIONA E IRENE

Anime caste, corpi casti,
Come tre gigli, puri e bianchi,
Tre sorelle, eroine,
Scrigni d’oro dello Spirito Santo,
Il loro sangue è stato versato, la loro vita è stata donata,
Coronate di corone.
Agapia, amore puro,
Chiona, scintillante come la neve,
E Irene, il nome della pace.
Nei tormenti come nel mezzo di una festa
Glorificavano il Dio vivente
e il Signore risorto:
Dio altissimo, qualunque cosa abbiamo
Ecco, a Te diamo tutto:
corpo, anima e tutti i dolori.
Tutto ricevi nelle tue mani!
Dal fuoco fuso, salva il corpo,
dall’ira eterna, salva l’anima!
Oh, grazie a Te, che ci hai creati,
e ci hai reso degni di soffrire!
Tre sorelle, tre vergini,
martiri, per amore della Trinità.

Riflessione
La storia dell’anziano Barlaam. Un certo uomo aveva tre amici. Due di loro li amava sinceramente, ma il terzo lo evitava con noia. Accadde che il re convocò quest’uomo davanti a sé per rendere conto e ripagare il suo debito. L’uomo si rivolse al primo amico, che lo respinse e se ne andò. Si rivolse allora al secondo amico, ma nemmeno lui lo aiutò. Con vergogna, si rivolse allora al terzo amico e lo accompagnò con gioia davanti al re. L’interpretazione è questa: il primo amico è la ricchezza; il secondo amico è un parente; il terzo amico sono le buone opere degli uomini in questo mondo. Il re è Dio che, attraverso la morte, invia una convocazione e chiede il pagamento del debito. Un uomo morente cerca aiuto nelle sue ricchezze, ma queste si allontanano e passano subito nelle mani di un altro proprietario. Si rivolge allora ai suoi parenti, ma questi lo mandano via da solo e rimangono. Allora ricorda a se stesso le sue opere buone, che ha compiuto con tedio, e queste lo accompagnano immediatamente sul cammino alla presenza del Re e del Giudice. Chi ha orecchie per ascoltare, ascolti. Gli unici compagni dell’anima nell’altro mondo sono le opere dell’uomo, siano esse buone o cattive. Tutto ciò che era caro e prezioso per l’uomo, lo lascia e si allontana da lui. Solo le sue opere, fino all’ultima, lo accompagnano. Chi ha voglia di capire, capisca.

Contemplazione
Contemplare il Signore Gesù risorto:

  1. Come, secondo la testimonianza di San Paolo, Egli apparve vivo a cinquecento persone in una sola volta: “Poi apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta, la maggior parte dei quali vive ancora, anche se alcuni si sono addormentati” (1 Corinzi 15:6);
  2. Come apparve all’apostolo Giacomo e, ancora, secondo la testimonianza dell’apostolo Paolo: “Poi apparve a Giacomo e poi a tutti gli apostoli” (1 Corinzi 15:7);
  3. Come al tempo dell’apostolo Paolo, vivevano ancora molti al di fuori della cerchia degli apostoli, che Lo avevano visto.

Omelia
Sulla sobrietà del peccato

“Diventate sobri come si deve e smettete di peccare” (1 Corinzi 15:34).

L’apostolo Paolo dà questo comandamento in relazione alla risurrezione di Cristo. Dopo aver elencato molte prove della risurrezione del Signore, comanda con decisione ai fedeli di smaltire la sbornia necessaria e di non peccare più.

Perché l’apostolo fa dipendere la nostra sobrietà dalla risurrezione del Signore? Perché la risurrezione di Cristo dai morti è la principale risposta al peccato. E perché nient’altro al mondo può distoglierci dal peccato come la consapevolezza che il Signore è risorto dalla tomba e ora siede vivo sul Trono della Gloria e ci aspetta per il suo giudizio. Peccare, dopo questa consapevolezza, è completamente assurdo. Smettere di peccare, dopo questa conoscenza, è perfettamente naturale e ragionevole.

“Diventate sobri come dovreste!”. Non a malincuore, ma completamente. Eliminate dalla vostra mente anche solo il ricordo del peccato. Perché il peccato è come una pianta che può crescere anche nei luoghi più aridi. Basta una goccia di umidità e, apparentemente, una pianta appassita diventa verde. Un solo ricordo di un peccato morto, apparentemente dimenticato da tempo, lo fa rivivere e lo fa diventare più forte.

I pagani e i peccatori, che non hanno avuto l’esempio della risurrezione dei morti e che peccano, avranno una sorta di giustificazione al Giudizio. Diranno: “Non c’era nulla di così potente che potesse dissuaderci dal peccare. Credevamo che la tomba fosse l’ultimo delta del fiume della vita umana, perché non avevamo alcuna prova della vita dopo la morte”. Così parleranno i pagani? Ma come vi giustificherete voi cristiani, che avete saputo della risurrezione di Cristo e non vi siete ravveduti; che avete sentito tante testimonianze della risurrezione e del giudizio eppure continuate a peccare? Come vi giustificherete?

Fratelli miei, per una volta smaltite la sbornia come si deve e non peccate, perché Cristo è risorto dalla tomba.

O Signore risorto e vivente, aiutaci a disintossicarci dal peccato una volta per tutte.




15 APRILE

Dal Prologo di Ohrid opera di Nikolaj Velimirovic

15 Aprile secondo l’antico calendario della Chiesa

  1. I SANTI APOSTOLI ARISTARCO, PUDES E TROFIMO

Erano annoverati tra i settanta apostoli. Aristarco era vescovo di Apamea, in Siria. L’apostolo Paolo lo cita più volte. “La città si riempì di confusione e il popolo accorse all’unisono nel teatro, catturando Gaio e Aristarco” (Atti degli Apostoli 19:29). “Aristarco, mio compagno di prigionia, vi saluta, così come Marco, cugino di Barnaba (riguardo al quale avete ricevuto istruzioni), se viene da voi, accoglietelo” (Colossesi 4:10). “Epafra, mio compagno di prigionia in Cristo Gesù, vi saluta, così come Marco, Aristarco, Dema e Luca, miei collaboratori” (Filemone 1:23,24). Aristarco era stato catturato a Efeso insieme a Gaio da una moltitudine di persone che si erano sollevate contro Paolo. L’apostolo Paolo scrive ai Colossesi: “Aristarco, mio compagno di prigionia, vi saluta” (Colossesi 4:10). Nell’epistola a Filemone, Paolo chiama Aristarco “mio collaboratore” insieme a Marco, Demas e Luca.

Pudes era un illustre cittadino di Roma. L’apostolo Paolo lo cita una volta. “Eubulo, Pudes, Lino, Claudia e tutti i fratelli vi salutano” (2 Timoteo 4:21). All’inizio, la casa di Pudes era un rifugio per i sommi apostoli [Pietro e Paolo] e in seguito fu trasformata in un luogo di culto, chiamato Chiesa del Pastore.

Trofimo proveniva dall’Asia. “Lo accompagnavano Sopater, figlio di Pirro, da Beroea, Aristarco e Secondo da Tessalonica, Gaio da Derbe, Timoteo e Tychicus e Trofimo dall’Asia” (Atti degli Apostoli 20:4). Egli accompagnò l’apostolo nei suoi viaggi. In un luogo l’apostolo Paolo scrive: “Ho lasciato Trofimo malato a Mileto” (2 Timoteo 4:20).

Durante la persecuzione di Nerone, quando l’apostolo Paolo fu decapitato, furono decapitati anche tutti e tre questi gloriosi apostoli.

  1. IL SANTO MARTIRE SABAS IL GOTO

Nel Gothland c’era una brutale persecuzione contro i cristiani. Un certo principe dei Goti [Atharidus] entrò nel villaggio dove viveva questo devoto Sabas e chiese agli abitanti: “Ci sono cristiani che vivono nel vostro villaggio?”. Essi lo convinsero giurando che non ce n’erano. Allora Sabas si presentò davanti al principe e al popolo e disse: “Che nessuno giuri per me; io sono un cristiano!”. Vedendo Sabas, misero e povero, il principe lo lasciò andare in pace dicendo: “Questo qui non può nuocere né giovare a nessuno”. L’anno successivo, verso Pasqua, un certo sacerdote Sansala giunse in questo villaggio e celebrò con Sabas la gloriosa festa della Pascha [Resurrezione]. Venuti a conoscenza di ciò, i pagani assalirono improvvisamente la casa di Sabas e cominciarono a picchiare senza pietà questo santo uomo di Dio con delle canne e, inoltre, trascinarono il corpo nudo di Sabas tra le spine e poi legarono sia Sabas che Sansala a un albero e offrirono loro da mangiare la carne dei sacrifici idolatri. Questi uomini di Dio ricordarono le parole degli apostoli e rifiutarono di mangiare gli impuri sacrifici del diavolo. Infine, il principe Atharidus condannò Sabas a morte e lo consegnò ai soldati. Pieno di gioia, Sabas arrivò al patibolo lodando Dio. Riconoscendolo come un uomo buono, i soldati vollero liberarlo lungo la strada e, per questo, Sabas si addolorò molto e disse ai soldati che avevano il dovere di eseguire l’ordine del principe. I soldati lo portarono quindi al fiume Mussovo [a Targoviste, in Romania, vicino a Bucarest] gli legarono una pietra al collo e lo gettarono in acqua. Il suo corpo fu portato a riva. In seguito, durante il regno dell’imperatore Valente, quando il comandante greco Ioannis Soranos era in guerra con i Goti, scoprì il corpo di Sabas e lo trasportò in Cappadocia. Sabas, il santo, morì all’età di 31 anni nel 372 d.C.

  1. LE SANTE MARTIRI BASILISSA E ANASTASIA

Basilissa e Anastasia erano due romane pie e devote. Durante il regno dell’imperatore Nerone, raccolsero i corpi uccisi dei discepoli degli apostoli e li seppellirono con onore. Per questo furono accusate e imprigionate. Dopo lunghe torture, durante le quali furono loro tagliati i seni e la lingua, furono infine decapitate.

Inno di lode
I SANTI MARTIRI

Martiri radiosi, il loro sangue hanno versato,
E tutta la terra nera, con il loro sangue, si macchiò.
Il fuoco in cui furono bruciati era potente,
ma più forte è stato l’amore con cui hanno amato Cristo.
Per il sommo bene, un martire deve essere
Con quale ricchezza può essere paragonato?
Cristo onnivittorioso, il Re di quest’età,
ha accolto le vostre anime coraggiose in cielo.
Dalle mani degli angeli le ha prese a sé,
e ha benedetto tutte le vostre pene.

La riflessione
A proposito della contemplazione, San Gregorio Sinaita scrive: “Confermiamo che ci sono otto soggetti principali per la contemplazione: Primo, Dio, invisibile e imperscrutabile; senza inizio e increato; la Causa Prima di tutto ciò che esiste; Trino; la sola e unica Divinità preesistente; Secondo, l’ordine e il rango delle potenze razionali: [le potenze senza corpo del cielo; il mondo angelico].Terzo, la composizione delle cose visibili; Quarto, il piano dell’Incarnazione del Verbo; Quinto, la resurrezione generale; Sesto, l’impressionante seconda venuta (Secondo Avvento) di Cristo; Settimo, il tormento eterno; Ottavo, il Regno dei Cieli. I primi quattro sono già stati rivelati e appartengono al passato. Gli ultimi quattro non sono ancora stati rivelati e appartengono al futuro, anche se sono chiaramente contemplati da coloro che, con l’aiuto della Grazia acquisita, hanno raggiunto la completa purezza della mente. Chiunque si accosti a questo compito di contemplazione senza l’illuminazione della Grazia, sappia che sta costruendo fantasie e non possiede l’arte della contemplazione”. Così scriveva il grande e perspicace Gregorio Sinaita che, ciò che sa, lo sa per esperienza personale.

La contemplazione
Contemplare il Signore Gesù risorto:

  1. Come si preoccupa del nutrimento fisico dei suoi discepoli; come spezza e benedice il pane per i discepoli di Emmaus;
  2. Come sulla riva del lago chiese ai suoi discepoli: “Avete preso qualcosa da mangiare?” (San Giovanni 21:5). Quando gli risposero di no, preparò pane e pesce e lo diede loro.

Omelia
Su come assomiglieremo a Colui che amiamo.

“Amati, noi siamo fin d’ora figli di Dio; ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando sarà rivelato saremo simili a Lui, perché lo vedremo così com’è” (1 Giovanni 3:2).

Finora eravamo schiavi e ora siamo figli di Dio. Eravamo schiavi del male e ora siamo servi del bene, il bene supremo in cielo e in terra. Eravamo schiavi di tutto ciò che è inferiore e peggiore nell’uomo e ora serviremo l’Altissimo e il Bene Supremo. Eravamo schiacciati dalle tenebre e ora lavoreremo nella luce. Finora il diavolo, il peccato e la morte ci tenevano in una continua paura, mentre ora vivremo vicino a Dio nella libertà e nella gioia.

Ora, quando ora? Ora, quando il Signore è apparso sulla terra in carne e ossa, quando ci ha dato la conoscenza della luce, della libertà e della vita; quando è gloriosamente risorto e si è manifestato nel suo corpo glorificato; quando ha compiuto tutte le profezie dei profeti e tutte le sue promesse. Ora anche noi siamo figli di Dio: “Figli della luce ed eredi del Regno”.

“Saremo come Lui”. In verità, questo non si è ancora materializzato, ma Lui si è manifestato e, per ora, questo è sufficiente. Egli stesso ha mostrato quanto è bello l’uomo nella risurrezione e sappiamo che anche noi saremo come Lui. L’apostolo Giovanni dice: “Sappiamo che saremo come Lui”. Non dice che lo sospettiamo o che ci è stato detto, ma dice: “Sappiamo che saremo come Lui”. Perché non è risorto per amore suo, ma per amore nostro. Non è risorto dalla tomba solo per mostrare la sua potenza ai morti che sono senza speranza, ma per assicurare ai morti che anche loro vivranno di nuovo e per mostrare loro come saranno quando saranno vivificati. Né gli apostoli scrissero: “Noi sappiamo”, a causa della loro vanità di fronte agli ignoranti, ma per amore fraterno verso gli uomini, affinché tutti gli uomini conoscano lo stesso e “affinché anche noi potessimo sapere”.

O Signore risorto, conferma anche in noi questa conoscenza salvifica attraverso le preghiere dei tuoi santi apostoli.




ANZIANO PORFIRIOS – Testimonianze ed esperienze: Cos’è un anziano?

Cos’è un’anziano?

Tratto, con riconoscenza, dal libro del vescovo Kallistos Ware “The Orthodox Way”. Rev. ed. St. Vladimir’s Seminary Press, 1995, pagg. 95-99.

L’anziano o “vecchio”, conosciuto in greco come Geron e in russo come Starets, non deve necessariamente essere vecchio di anni, ma è saggio nella sua esperienza della verità divina e benedetto dalla grazia della “paternità nello Spirito”, con il carisma di guidare gli altri sulla Via. Ciò che offre ai suoi figli spirituali non è principalmente un’istruzione morale o una regola di vita, ma una relazione personale. “Uno starets”, dice Dostoevskij, “è uno che prende la tua anima, la tua volontà, nella sua anima e nella sua volontà”. I discepoli di p. Zaccaria dicevano di lui: “È come se portasse il nostro cuore nelle sue mani”. Lo starets è l’uomo della pace interiore, al cui fianco migliaia di persone possono trovare la salvezza. Lo Spirito Santo gli ha dato, come frutto della sua preghiera e della sua abnegazione, il dono del discernimento o della discriminazione, che gli permette di leggere i segreti del cuore degli uomini; e così risponde non solo alle domande che gli altri gli pongono, ma spesso anche a quelle – spesso molto più fondamentali – che essi non hanno nemmeno pensato di porre. Insieme al dono del discernimento, egli possiede il dono della guarigione spirituale: il potere di risanare l’anima degli uomini, e talvolta anche il loro corpo. Questa guarigione spirituale non si ottiene solo con le sue parole di consiglio, ma anche con il suo silenzio e la sua stessa presenza. Per quanto importante sia il consiglio, molto più importante è la sua preghiera di intercessione. Egli rende integri i suoi figli pregando costantemente per loro, identificandosi con loro, accettando le loro gioie e i loro dolori come fossero suoi, prendendo sulle sue spalle il peso delle loro colpe o delle loro angosce. Nessuno può essere uno starets se non prega insistentemente per gli altri.

Se lo starets è un sacerdote, di solito il suo ministero di direzione spirituale è strettamente legato al sacramento della confessione. Ma uno starets in senso pieno, come descritto da Dostoevskij o esemplificato da p. Zaccaria, è più di un semplice sacerdote-confessore. Uno starets nel senso pieno del termine non può essere nominato tale da alcuna autorità superiore. Ciò che accade è che lo Spirito Santo, parlando direttamente al cuore del popolo cristiano, rende evidente che questa o quella persona è stata benedetta da Dio con la grazia di guidare e guarire gli altri. Il vero starets è in questo senso una figura profetica, non un funzionario istituzionale. Sebbene sia più comunemente un sacerdote-monaco, può anche essere un parroco sposato, o un monaco laico non ordinato al sacerdozio, o anche – ma questo è meno frequente – una suora, o un uomo o una donna laici che vivono nel mondo esterno. Se lo starets non è egli stesso un sacerdote, dopo aver ascoltato i problemi delle persone e averle consigliate, spesso le invia a un sacerdote per la confessione e l’assoluzione sacramentale.

Il rapporto tra bambino e padre spirituale varia molto. Alcuni visitano lo starets forse solo una o due volte nella vita, in un momento di particolare crisi, mentre altri sono in contatto regolare con il loro starets, vedendolo mensilmente o addirittura quotidianamente. Non si possono stabilire regole in anticipo; la relazione cresce da sola sotto la guida immediata dello Spirito.

Il rapporto è sempre personale. Lo starets non applica regole astratte imparate da un libro – come nella “casistica” del cattolicesimo della Controriforma – ma vede in ogni occasione particolare l’uomo o la donna che gli sta davanti e, illuminato dallo Spirito, cerca di trasmettere la volontà unica di Dio specificamente per questa persona. Per questo il vero starets comprende e rispetta il carattere distintivo di ciascuno, non sopprime la sua libertà interiore ma la rafforza. Non mira a suscitare un’obbedienza meccanica, ma conduce i suoi figli al punto di maturità spirituale in cui possono decidere da soli. A ciascuno mostra il suo vero volto, che prima gli era in gran parte nascosto; e la sua parola è creativa e vivificante, consentendo all’altro di realizzare compiti che prima sembravano impossibili. Ma tutto questo lo starets può ottenerlo solo perché ama ciascuno personalmente. Inoltre, il rapporto è reciproco: lo starets non può aiutare un’altra persona a meno che questa non desideri seriamente cambiare il suo stile di vita e non apra il suo cuore con amorevole fiducia allo starets. Chi si reca da uno starets in uno spirito di curiosità spirituale è probabile che torni a mani vuote, non impressionato.

Poiché il rapporto è sempre personale, uno stesso starets non può aiutare tutti allo stesso modo. Può aiutare solo coloro che sono stati specificamente inviati a lui dallo Spirito. Allo stesso modo, il discepolo non deve dire: “Il mio starets è migliore di tutti gli altri”. Dovrebbe dire solo: “Il mio starets è il migliore per me”. Nel guidare gli altri, il padre spirituale attende la volontà e la voce dello Spirito Santo. “Darò solo quello che Dio mi dice di dare”, diceva San Serafino. “Credo alla prima parola che mi arriva ispirata dallo Spirito Santo”. Ovviamente nessuno ha il diritto di agire in questo modo se non ha raggiunto, attraverso lo sforzo ascetico e la preghiera, una consapevolezza eccezionalmente intensa della presenza di Dio. Per chi non ha raggiunto questo livello, un simile comportamento sarebbe presuntuoso e irresponsabile.

P. Zaccaria parla negli stessi termini di San Serafino:

“A volte un uomo non sa nemmeno lui cosa dirà. Il Signore stesso parla attraverso le sue labbra. Bisogna pregare così: ‘O Signore, che tu viva in me, che tu parli attraverso di me, che tu agisca attraverso di me’. Quando il Signore parla attraverso le labbra di un uomo, allora tutte le parole di quell’uomo sono efficaci e tutto ciò che viene detto da lui si realizza. L’uomo che parla è lui stesso sorpreso di questo… Solo che non si deve fare affidamento sulla saggezza”.

Il rapporto tra padre spirituale e figlio si estende oltre la morte, fino al Giudizio Universale. P. Zaccaria rassicurava i suoi seguaci: “Dopo la morte sarò molto più vivo di adesso, quindi non affliggetevi quando morirò… Nel giorno del giudizio l’anziano dirà: Ecco me e i miei figli”. San Serafino chiese che queste straordinarie parole fossero incise sulla sua lapide:

Quando sarò morto, venite da me sulla mia tomba, e più spesso è meglio è. Qualunque cosa ci sia nella vostra anima, qualunque cosa vi sia accaduta, venite da me come quando ero vivo e, inginocchiandovi a terra, gettate tutte le vostre amarezze sulla mia tomba. Raccontatemi tutto e io vi ascolterò, e tutta l’amarezza

volerà via da voi. E come mi avete parlato quando ero vivo, fatelo anche ora. Perché io sono vivo e lo sarò per sempre.

Non tutti gli ortodossi hanno un proprio padre spirituale. Cosa dobbiamo fare se cerchiamo una guida e non la troviamo? Naturalmente è possibile imparare dai libri; che si abbia o meno uno starets, si guarda alla Bibbia per avere una guida costante. Ma la difficoltà con i libri è quella di sapere esattamente cosa è applicabile a me personalmente, in questo specifico momento del mio cammino. Oltre ai libri, oltre alla paternità spirituale, c’è anche la fratellanza o la sorellanza spirituale, l’aiuto che ci viene dato non dai maestri in Dio, ma dai nostri compagni di viaggio. Non dobbiamo trascurare le opportunità che ci vengono offerte in questa forma. Ma coloro che si impegnano seriamente nella Via devono anche fare ogni sforzo per trovare un padre nello Spirito Santo. Se cercano con umiltà, riceveranno senza dubbio la guida di cui hanno bisogno. Non che trovino spesso uno starets come San Serafino o Padre Zaccaria. Dobbiamo fare attenzione a non trascurare, nell’attesa di qualcosa di più spettacolare, l’aiuto che Dio ci sta offrendo. Qualcuno che agli occhi degli altri è insignificante, forse si rivelerà l’unico padre spirituale in grado di parlare a me, personalmente, con le parole di fuoco che ho bisogno di sentire.


Tradotto da Teandrico.it

Tratto dal sito OODE

https://www.oodegr.com/english/biblia/Porfyrios_Martyries_Empeiries/A4.htm

Published by the Holy Convent of the Transfiguration of the Saviour – Athens 1997

(con il permesso del Monastero ad OODE di pubblicare il libro in formato elettronico)

CAPITOLO SUCCESSIVO




GERONTIOS

ἀββᾶς Γερόντιος

1. Abba Geronzio di Petra diceva che molti, tentati dai piaceri del corpo, commettono fornicazione non nel corpo ma nello spirito e, pur conservando la verginità corporea, si prostituiscono nell’anima. Perciò è bene, mio caro, che tu faccia ciò che è scritto e che ciascuno custodisca il proprio cuore con ogni vigilanza” (Prov. 4, 23).




Arciprete (ortodosso-georgiano) Theodore Gignadze: il cristianesimo non è una religione!

L’unicità dell’Ortodossia

“Una delle più grandi conquiste dell’Ortodossia, una delle più grandi conquiste del cristianesimo è che ha trasceso il concetto di religione. E cos’è una religione? È un tentativo dell’essere umano di stabilire una connessione con Dio e per questo usa norme e regole legali.
In altre parole, io, un essere umano, so che Dio esiste e per stare bene osservo i Suoi comandamenti e obbedisco alle Sue leggi. E quindi, se lo faccio correttamente, merito una ricompensa da Lui, e se non lo faccio correttamente, merito una punizione. Tutto il giudaismo e l’islam si basano su questo concetto. Sfortunatamente, questa è diventata la base anche del cattolicesimo e del protestantesimo.

L’ortodossia è assolutamente unica!.

L’ortodossia capovolge completamente questa posizione. Nel Santo Vangelo, Cristo stesso capovolge questa posizione. Vediamo che le persone che vivono nel modo giusto dal punto di vista religioso e morale uccidono Cristo. Lo giudicano e lo condannano. Gli dicono: adulteri e pubblicani ti seguono, tu mangi e bevi insieme ai peccatori. Quando Cristo sta morendo sulla croce, Egli, come Giudice, emette il verdetto per l’umanità, e questo verdetto è stupefacente. I peggiori esseri umani, i più grandi peccatori – le persone che stanno uccidendo Cristo… sono in piedi accanto alla Sua croce, non si pentono (almeno non fino a quel momento), in altre parole, queste persone che sono piene di uno spirito impenitente, cinico e omicida sta uccidendo Cristo, e Cristo, come Sommo Sacerdote, intercede per loro e chiede al Padre Celeste: “perdonali, perché non sanno quello che fanno”.
Questo tipo di amore ha commosso nel profondo una persona che non aveva fatto altro che male per tutta la vita. Questo amore onnicomprensivo e infinito ha ammorbidito e sciolto il cuore di un ladro, ed è diventato la prima persona ad entrare nel Regno dei Cieli.

Dov’è la giustizia qui?

Uno dei Santi Padri (Sant’Isacco il Siro, se non sbaglio) dice: “Dio non è giusto. Lui è Amore.” Questo Santo Padre continua e dice: “se Dio fosse giusto, sarei il primo a finire all’inferno, senza di Lui”. Questo è molto importante da ricordare.
Lo spirito legalista si oppone al cristianesimo. Lo spirito legalistico prevale con noi oggi, nella Chiesa ortodossa, ed è molto dannoso. Lo spirito legalistico significa che se mi comporto bene, guadagnerò punti davanti a Dio e sarò ricompensato, e se mi comporterò male, sarò punito.
Vivo spiritualmente con la speranza del lusso celeste o la paura dell’inferno. Con questo tipo di cuore, con questo spirito, non sarai mai in grado di vedere Cristo, perché il simile si conosce dal simile. Cristo chiede qualcosa di completamente diverso da noi.

Cosa chiede?

L’apostolo Paolo dice che un cristiano diventa un nuovo essere, una nuova creazione.
Spesso incontriamo questa tentazione. Una persona viene in chiesa e io gli chiedo: “Perché sei venuto?”
Le persone vengono in chiesa per molte ragioni diverse. Alcuni vengono per guadagno personale, per interesse personale, per interesse personale fisico, sia che si tratti di qualcosa legato alla salute o di qualche altro problema che stanno affrontando.
C’è anche l’interesse personale spirituale: “Non ho pace. Voglio sentirmi in pace. “Anche questo è interesse personale.” – gli dico. “Non credi che Dio te lo concederà? Tuttavia, questo non è l’obiettivo in sé e per sé. È un sottoprodotto e una conseguenza della tua ricerca di Dio”.
Prendiamo un esempio da questo mondo: un giovane si innamora di una giovane donna e le chiede di sposarlo. “Perché vuoi sposarmi?” – lei chiede. Si aspetta che lui dica: “Perché ti amo!” Invece, le dice che vuole avere un figlio o una figlia. Riesci a immaginare? È bello avere figli. Non c’è niente di sbagliato in questo. I figli sono il frutto del matrimonio. Tuttavia, quando dici a una ragazza che vuoi sposarla per questo motivo e che lei è solo un mezzo per ottenerlo… immagina quanto sarebbe terribile.
Per noi è fondamentale sapere molto bene qual è l’atteggiamento corretto da avere nella vita spirituale. Abbiamo bisogno di sapere questo per poter smettere di essere egocentrici nella vita spirituale e per poter rompere con questa forma di relazione con Dio.
Finché una persona continua a essere egocentrica, dicendo: “Voglio questo, voglio quello. Voglio avere la pace. Voglio che i miei problemi siano risolti”. Finché sarà così, continuerà ad avere un problema nella sua vita spirituale. Una persona deve staccarsi da questo. Tuttavia, questo non è molto facile da fare, a meno che non abbia la giusta prospettiva nella vita spirituale.

  • L’arciprete (ortodosso -georgiano) Theodore Gignadze



14 APRILE

Dal Prologo di Ohrid opera di Nikolaj Velimirovic

14 Aprile secondo il vecchio calendario della Chiesa

  1. SAN MARTINO IL CONFESSORE, PAPA DI ROMA

Martino divenne papa il 5 luglio 649 d.C., all’epoca dei furiosi dibattiti tra gli ortodossi e gli eretici monoteliti, che aderivano alla credenza in un’unica volontà in Cristo. A quel tempo regnava Costanzo II, nipote di Eraclio. Il patriarca di Costantinopoli era Paolo. Per stabilire la pace nella Chiesa, l’imperatore compilò un libretto, intitolato Typos, molto favorevole agli eretici. Papa Martino convocò un Concilio di centocinque vescovi (nella Chiesa del Santissimo Salvatore nel Palazzo del Laterano, in ottobre) che condannò questo opuscolo dell’imperatore. Allo stesso tempo, il Papa scrisse una lettera al Patriarca Paolo, implorandolo di aderire alla purezza della fede ortodossa e di consigliare all’imperatore di rinunciare a questi sofismi eretici. Questa lettera fece arrabbiare sia l’imperatore che il patriarca. L’imperatore inviò Olimpio, uno dei suoi comandanti, a Roma per portare il papa a Costantinopoli in catene. Il comandante non osò legare il papa, ma corruppe un soldato perché lo uccidesse in chiesa con una spada. Quando il soldato entrò in chiesa con la spada nascosta, fu immediatamente accecato. Così, per la Provvidenza di Dio, Martino scampò alla morte. In quel periodo, i Saraceni attaccarono la Sicilia e a Olimpio fu ordinato di recarsi in Sicilia e lì morì. Poi, secondo gli intrighi del patriarca eretico Paolo, l’imperatore inviò Teodoro, un altro comandante, per legare il Papa e portarlo a Costantinopoli con l’accusa che lui, Papa Martino, era in collaborazione con i Saraceni e non onorava la Madre di Dio Tutta Pura. Quando il comandante arrivò a Roma e lesse l’accusa contro di lui, Papa Martino rispose che: “Si tratta di una calunnia e che egli non ha alcun legame con i Saraceni, gli avversari del cristianesimo”. Per quanto riguarda la Madre di Dio tutta pura, se uno non la onora, non la confessa e non la riverisce, sia maledetto in questo mondo e nell’altro”. Tuttavia, ciò non modificò la decisione del comandante. Papa Martino fu legato e portato a Costantinopoli, dove rimase a lungo in prigione, dolorosamente malato, soffrendo di ansia e fame, finché alla fine fu condannato all’esilio a Cherson. Papa Martino visse due anni in esilio e morì nell’anno 655 d.C., offrendo la sua anima al Signore, per il quale aveva molto sofferto. Due anni prima della morte di Papa Martino, morì Paolo, pentito. Quando l’imperatore gli fece visita prima della sua morte, Paolo volse la testa verso il muro e pianse, confessando di aver molto peccato contro Papa Martino e pregando l’imperatore di liberarlo.

  1. I SANTI MARTIRI ANTONIO, GIOVANNI ED EUSTACHIO [EUSTATHIUS]

Tutti e tre erano pagani e, all’inizio, erano adoratori del fuoco. Erano tutti servi nel palazzo del principe lituano Olgard a Vilna. In passato erano chiamati: KRUGLETZ, KUMETZ E NEZILO. Tutti e tre furono battezzati dal sacerdote Nestor. Tutti e tre furono impiccati, uno dopo l’altro, alla stessa quercia nell’anno 1347 d.C. I cristiani abbatterono l’albero ed eressero una chiesa in onore della Santissima Trinità. Le venerate reliquie di questi martiri furono poi collocate in questa chiesa e dal ceppo della quercia fu ricavato un sacro tavolo d’altare. Le loro reliquie riposano a Vilna.

  1. IL SANTO MARTIRE ARDALIONE, L’ATTORE

All’inizio Ardalione era un attore-comico. Per intrattenere il popolo, interpretava con entusiasmo il ruolo di un martire della fede deridendo i cristiani in ogni modo possibile. Quando si verificò una persecuzione durante il regno dell’imperatore Massimiano, il suo spirito cambiò completamente. Davanti alla folla, gridò a gran voce che era cristiano e che non stava scherzando. Per questo motivo, Ardalione fu condannato, soffrì per Cristo e morì legato a un’intelaiatura di verghe roventi, rappresentando così il vero e onorevole ruolo di un martire.

Inno di lode
SAN MARTINO

San Martino Papa, prima che parli il Senato:
Che il mio corpo sia schiacciato e bruciato,
e le sofferenze più crudeli le sopporterò con gioia;
Ma la vera fede non la rinnegherò.
Il Buon Salvatore era Dio e Uomo,
Due nature diverse con due volontà, Egli portava,
ma due nature in una sola persona,
ed entrambe le volontà in un’unica luce.
Una tale fede ci è stata trasmessa da tutti i Padri,
Per questa fede, molti hanno sofferto.
Che possa soffrire anch’io, il più piccolo di tutti.
Il servo del mio Signore, tra tutti il più peccatore!
Così Martino confessò a tutti la sua fede
E disse la verità davanti agli eretici.
Qual è il valore dell’uomo quando teme Dio?
Al di sopra dei piccoli uomini, egli [Martino] sta come una montagna!

Riflessione
“Al monaco si addice amare Dio come un figlio e temerlo [Dio] come uno schiavo”, dice sant’Evagrio. Naturalmente, questo si addice anche a ogni cristiano, anche se non è un monaco. È una grande arte per chiunque unire l’amore per Dio e il timore di Dio. Molti altri Santi Padri, quando parlano dell’amore per Dio, menzionano allo stesso tempo anche il timore di Dio e viceversa. Nella sua omelia: “Sull’amore perfetto”, San Giovanni Crisostomo parla contemporaneamente della sofferenza e delle pene dell’inferno. Perché? Perché il grande amore dell’uomo verso Dio senza paura sconfina impercettibilmente nell’orgoglio e poi, di nuovo, un grande timore di Dio senza amore porta alla disperazione.

Contemplazione
Contemplare il Signore Gesù risorto:

  1. Come apparve ai discepoli sulla riva del lago e si rivolse a loro come “figli” (San Giovanni 21:5).
  2. Come riempì di nuovo le loro reti di pesci ed essi lo conobbero ma non osarono chiedergli: “Chi sei?” (San Giovanni 21:12).

Omelia
Sull’esperienza personale di tutti gli apostoli.

“Ciò che abbiamo udito, ciò che abbiamo visto con i nostri occhi, ciò che abbiamo guardato e toccato con le nostre mani, ora ve lo annunciamo” (1 S. Giovanni 1,1).

Ecco, questa è la predicazione apostolica! Gli apostoli non parlano come saggi mondani, né come filosofi e tanto meno come teorici che fanno supposizioni su qualcosa per scoprire qualcosa. Gli apostoli parlano di cose che non hanno cercato ma da cui sono stati inaspettatamente circondati; di fatti che non hanno scoperto ma che, per così dire, hanno inaspettatamente trovato e colto. Non si sono occupati di ricerche spirituali né hanno studiato psicologia, né tanto meno si sono occupati di spiritismo. La loro occupazione era la pesca, un’occupazione fisica totalmente esperienziale. Mentre pescavano, l’Uomo-Dio [Gesù] apparve loro e, cautamente e lentamente, li introdusse a una nuova vocazione al Suo servizio. All’inizio non gli credettero, ma ancora più cautamente e lentamente, con timore, esitazione e molti tentennamenti, si avvicinarono a Lui e lo riconobbero. Finché gli apostoli non lo videro molte volte con i loro occhi e finché non ne discussero molte volte tra di loro e finché non lo sentirono con le loro mani, il fatto sperimentato è soprannaturale, ma il loro metodo per riconoscere questo fatto è completamente sensoriale e positivamente appreso. Nemmeno uno studioso contemporaneo sarebbe in grado di utilizzare un metodo più positivo per conoscere Cristo. Gli apostoli non videro solo un miracolo, ma numerosi miracoli. Ascoltarono non solo una lezione, ma molte lezioni che non potevano essere contenute in numerosi libri. Hanno visto il Signore risorto per quaranta giorni; hanno camminato con Lui, hanno conversato con Lui, hanno mangiato con Lui e lo hanno toccato. In una parola: hanno avuto personalmente e di prima mano migliaia di fatti meravigliosi grazie ai quali hanno appreso e confermato un unico grande fatto, cioè che Cristo è l’Uomo-Dio, il Figlio del Dio vivente, il Salvatore amante dell’umanità e il Giudice onnipotente dei vivi e dei morti.

O Signore risorto, confermaci nella fede e nell’ardore dei tuoi Santi Apostoli.