Prelest

Prelest è una parola che deriva dallo slavo lest [in russo “adulazione”] portato al massimo grado.  Il termine è la raduzione della parola greca “plani” e molto tempo fa, nel V secolo, fu tradotta dalle opere ascetiche greche in latino di San Giovanni Cassiano come “illusio”.

Adulare qualcun altro ma soprattutto adulare noi stessi.

Prelest è quello stato in cui una persona, ingannandosi, si vede come un santo. Perfetto. Degno di Dio, degno di tutti i doni di Dio: ecco cos’è prelest. Ecco perché si chiama “prelest”, perché l’adulazione, l’autoadulazione sono essenzialmente presenti in tutti noi. Una persona si gonfia credendo di aver faticato, e attraverso le sue fatiche ha ottenuto molto, ha acquisito molto: così cade nel prelest, nell’inganno.

Un’altro sintomo del prelest è l’isolamento. Le persone che si isolano dagli altri e li condannano, perché pensano che siano migliori di loro, cadono presto nell’autoinganno. Coltivano pratiche strane e uniche perché non appartengono alla cattolicità della Chiesa, da cui si sono tagliati fuori. Sono troppo buoni per il resto della Chiesa. 

Ne parla molto, attingendo alla letteratura patristica, Sant’Ignazio (Brianchininov) in molti suoi scritti, soprattutto quelli sulla Preghiera di Gesù.

C’è una vera preghiera e c’è una falsa preghiera. C’è una vera ascesi ed una falsa ascesi. C’è una via che da autocompiacimento ed un’altra che conduce all’umiltà e alla visione chiara della nostra peccaminosità, che conduce una persona a vedere veramente se stessa. E c’è la via opposta, che tende a coprire il vero sé di una persona e non vede più nulla di sbagliato in se stessa, nessuna inadeguatezza, nessun errore; vede solo la propria “santità”. Questo è il prelest. È spesso accompagnato da sensazioni di natura fisica, come puoi vedere dall’esempio sotto.

C’è un moderno Athonita, il monaco Charlampios, che suggerì a un giovane di iniziare subito recitando 14.500 preghiere di Gesù ad alta voce, velocemente e distintamente, in modo che “i demoni non saltassero attraverso le parole della preghiera”. La sua lingua martellava come un motore. E quando questo giovane che non aveva mai fatto niente del genere prima ebbe tamburellato per quattro ore, sentì una dolcezza in bocca ovunque andasse. Il suo anziano Charlampios era estatico. “Solo quattro ore e hai già acquisito la grazia! Altri trascorrono anni, decenni e ora va tutto bene per te: non hai bisogno di altro”. Questa è una falsa strada.

Un altro esempio lo riporta proprio il vescovo Brjanchaninov attraverso una sua esperienza personale con un monaco athonita:

Il santo vescovo Ignazio (Brjanchaninov), usando il metodo di Socrate, chiese a questo monaco del Monte Athos come facesse ad ottenere i suoi doni spirituali visto che mangiava pochissimo e non aveva mai freddo: “Ehi, come hai fatto a ottenere questo? Sarebbe fantastico anche per me; non avrei bisogno di vestiti. Indosso sempre una pelliccia. E se solo potessi mangiare di meno…”. Il monaco athonita inizia a spiegargli con calore come doveva pregare e cosa doveva fare: “Prega, mettiti davanti al Signore Dio, Cristo stesso: devi pregarlo con fervore!”

“Per cosa dovrei pregare?”

“Che il Signore ti conceda questo, o quello…”

“Ma che dire dei peccati?”

“Beh, certo, per quanto riguarda i peccati… Oh, lasciami in pace…”

Allora Sant’Ignazio disse al monaco: “Certo che non capisco queste cose, ma tu lì sul Monte Athos sai tutto. Questa è San Pietroburgo, sai, la vita mondana… Ma ho letto in Sant’Isacco il Siro e Abba Doroteo, sai, quei santi padri, scrivono che dobbiamo pregare in questo modo…” E gli spiegò come. “Io stesso non sono in grado di provare a pregare in questo modo, sono l’abate di un monastero. Ma forse puoi provare tu?”

“Va bene, ci proverò.”

Passano circa tre settimane, o un mese, e quel monaco torna a far visita a Sant’Ignazio. E Sant’Ignazio gli dice: “Starai nella foresteria. Ti consiglierei di stare al primo piano”.

“Perché?”

“Beh, giusto per sicurezza. E se all’improvviso gli angeli venissero a portarti via?”

“Sai, Padre Archimandrita, è vero! Ho avuto quelle stesse visioni quando gli angeli volevano portarmi via, dritto al Monte Athos…”

“Sì, è per questo che ti sto dicendo questo. E se gli angeli ti prendessero e ti lasciassero cadere accidentalmente da qualche parte lungo il cammino? È meglio che tu rimanga al primo piano.”

Un mese dopo quel monaco si presenta di nuovo alla porta di Sant’Ignazio in preda alla rabbia. “Cosa mi hai fatto?”

Arrivò con una pelliccia, stivali di feltro e disse che aveva iniziato ad avere freddo e a mangiare molto. “Ho pregato come mi hai insegnato, e ora non riesco a fare quello che facevo prima”.

Il prelest è uno stato che porta una persona all’auto-inganno e a questo stato di prelest conduce una falsa, sbagliata strada: prima di tutto la preghiera se non si comprende che il primo segno di un’anima sana è quando vede la sua peccaminosità, che naturalmente esiste in noi. E se non vedo questo, significa che sono cieco.