Apollo divenne monaco a Scete dopo essersi reso colpevole di un orrendo delitto raccontato nel secondo apoftegma. È un esempio, anche se un po’ estremo, dei rudi monaci copti che costituivano la maggior parte dei monaci d’Egitto; il contrasto tra un uomo del genere e l’erudito Evagrio o l’aristocratico romano Arsenio è molto marcato e spiega alcuni dei problemi che sorsero tra loro.
1. Nelle Celle c’era un anziano chiamato Apollo. Se qualcuno veniva a cercarlo per fargli fare un lavoro, lui si metteva in cammino con gioia, dicendo: “Oggi lavorerò con Cristo, per la salvezza della mia anima, perché questa è la ricompensa che egli dà”.
2. Di un certo Abba Apollo di Scete si diceva che era stato pastore ed era molto rozzo. Un giorno aveva visto una donna incinta nel campo e, spinto dal demonio, aveva detto: “Vorrei vedere come giace il bambino in lei”. Così la squarciò e vide il feto. Immediatamente il suo cuore fu turbato e, pieno di rimorsi, si recò a Scete e raccontò ai padri quello che aveva fatto. In quel momento li sentì cantare: «Settanta sono gli anni della nostra vita, e, se in forze, ottanta, ma la maggior parte di essi è fatica e affanno» (Sal 90,10) Disse loro: “Ho quarant’anni e non ho fatto una sola preghiera; e ora, se vivrò un altro anno, non smetterò di pregare Dio perché perdoni i miei peccati” (Sal 90,10). Infatti, non lavorava con le mani ma passava tutto il tempo in preghiera, dicendo: “Io, che come uomo ho peccato, tu, come Dio, perdona”. Così la sua preghiera divenne la sua attività di notte e di giorno. Un fratello che viveva con lui lo udì dire: “Ho peccato contro di te, Signore; perdonami, affinché possa godere di un po’ di pace”. Ora era sicuro che Dio gli avesse perdonato tutti i suoi peccati, compreso l’omicidio della donna, ma per l’omicidio del bambino era in dubbio. Allora un vecchio gli disse: “Dio ti ha perdonato anche la morte del bambino, ma ti lascia nel dolore perché questo è un bene per la tua anima”.
3. Per quanto riguarda l’accoglienza dei fratelli, lo stesso Abba disse che ci si deve inchinare davanti ai fratelli che vengono, perché non è davanti a loro, ma davanti a Dio che ci prostriamo. “Quando vedi il tuo fratello”, diceva, “vedi il Signore tuo Dio”. E aggiunse: “Abbiamo imparato questo da Abramo (Gn 18), quando ricevete i fratelli invitateli a riposare per un po’, perché questo è ciò che apprendiamo da Lot, che invitò gli angeli a farlo”. (Gn. 19,3)
ANDREA
ἀββᾶς Ἀνδρέας
1. Abba Andrea disse: “Queste tre cose si addicono a un monaco: l’esilio, la povertà e la sopportazione del silenzio”.
ARES – ALONIO – APPHY
ARES
ἀββᾷ Ἄρῃ·
1. Abba Abramo andò a trovare Abba Ares. Erano seduti insieme quando un fratello si avvicinò al vecchio e gli disse: “Dimmi cosa devo fare per essere salvato”. Egli rispose: “Vai e per tutto quest’anno mangia solo pane e sale la sera. Poi torna qui e ti parlerò di nuovo”. Il monaco partì e fece così. Quando l’anno fu finito, tornò da Abba Ares. Il caso volle che Abba Abraham fosse di nuovo lì. Ancora una volta l’anziano disse al fratello: “Vai e per tutto quest’anno digiuna per due giorni alla volta”. Quando il fratello se ne fu andato, Abba Abramo disse ad Abba Ares: “Perché prescrivi un giogo facile a tutti i fratelli, mentre imponi un fardello così pesante a questo fratello?”. L’anziano rispose: “Il modo in cui li mando via dipende da ciò che i fratelli sono venuti a cercare. Ora è per amore di Dio che questo viene ad ascoltare una parola, perché è un gran lavoratore e ciò che gli dico lo esegue con entusiasmo. È per questo che gli parlo della parola di Dio”.
ALONIO
ἀββᾶς Ἀλώνιος
1. Abba Alonio disse: “Se un uomo non dice in cuor suo: nel mondo ci siamo solo io e Dio, non otterrà la pace”.
2. Se non avessi distrutto tutto, non sarei stato in grado di ricostruire e modellare me stesso.
3. Disse anche: “Se solo un uomo lo desiderasse per un solo giorno, dalla mattina alla sera, sarebbe in grado di raggiungere una misura divina”.
4. Un giorno Abba Agatone interrogò Abba Alonio dicendo, “Come posso controllare la mia lingua in modo da non dire più bugie?”. E Abba Alonio gli disse: “Se non menti, ti prepari a commettere molti peccati”. E lui: “Come mai?”. L’anziano gli disse: “Supponiamo che due uomini abbiano commesso un omicidio davanti ai tuoi occhi e uno di loro sia fuggito nella tua cella. Il magistrato, cercandolo, ti chiede: “Hai visto l’assassino? Se non mentirai, consegnerai quell’uomo a morte. È meglio che lo abbandoniate incondizionatamente a Dio, perché lui sa tutto”.
APPHY
ἀββᾶ Ἀπφύ
1. Di un vescovo di Ossirinco, di nome Abba Apphy, si diceva che quando era monaco si sottoponeva a uno stile di vita molto severo. Quando divenne vescovo avrebbe voluto praticare la stessa austerità anche nel mondo, ma non ne aveva la forza. Perciò si prostrò davanti a Dio dicendo: “La tua grazia mi ha forse abbandonato a causa del mio episcopato?” Allora gli fu data questa rivelazione: “No, ma quando eri nella solitudine e non c’era nessun altro, era Dio che ti aiutava. Ora che sei nel mondo, è l’uomo”.
ABRAHAM
ἀββᾶν Ἀβραὰμ
1. Di un anziano si disse che per cinquant’anni non aveva mangiato pane né bevuto vino con entusiasmo. Egli diceva: “Ho fatto morire la fornicazione, l’avarizia e la vanagloria in me stesso”. Venuto a sapere quello che aveva detto, l’Abba Abramo venne a dirgli: “Hai detto davvero così?”. Egli rispose: “Sì”. Allora Abba Abramo gli disse: “Se entrando nella tua cella, trovassi una donna distesa sulla tua stuoia, penseresti che non si tratta di una donna?” “No”, rispose, “ma dovrei lottare contro i miei pensieri per non toccarla”. Così, Abba Abramo disse: “Allora non hai distrutto la passione, ma vive ancora in te, anche se è controllata”. Di nuovo, se stai camminando e vedi dell’oro tra le pietre e le conchiglie, può il tuo spirito considerarle tutte dello stesso valore?” “No”, rispose, Ma lotterei contro i miei pensieri per non prendere l’oro”. Il vecchio gli disse: “Vedi, l’avarizia vive ancora in te, anche se è controllata”. Abba Abramo continuò: “Supponiamo che tu vieni a sapere che di due fratelli, uno ti ama e l’altro ti odia e parla male di te, se vengono a trovarti, li accoglieresti entrambi con lo stesso amore? No”, rispose, “ma lotterei contro i miei pensieri per essere gentile con colui che mi odia e con colui che mi ama”. Abba Abramo gli disse: “Vedi, le passioni continuano a vivere, solo che sono controllate dai santi”.
2. Un fratello interrogò Abba Abramo dicendo: “Se mi trovo a mangiare spesso, cosa ne verrà fuori?”. Il vecchio rispose così: “Cosa dici, fratello? Mangi così tanto? O forse pensi di essere venuto sull’aia per trebbiare il grano?”.
3. Abba Abramo raccontò di un monaco di Scete che era uno scriba e non mangiava pane. Un fratello venne a pregarlo di copiare un libro. L’anziano, il cui spirito era impegnato nella contemplazione, scrisse omettendo alcune frasi e senza punteggiatura. Il fratello, prendendo il libro e volendo punteggiarlo, si accorse che mancavano delle parole. Allora disse al vecchio: “Abba, mancano alcune frasi”. L’anziano gli disse: “Vai e fai pratica prima con quello che c’è scritto, poi torna e io scriverò il resto”.
ANOUB
ἀββᾶς Ἀνοὺβ
Anoub, come apprendiamo dal primo detto che va sotto il suo nome, era uno dei sette fratelli di Poemen che troveremo ampiamente più avanti nella raccolta. Tre dei fratelli, Anoub, Paesius e Poemen, vissero inizialmente insieme a Scete, con Poemen come capo. Dopo la prima devastazione di Scete (407-8) si recarono con i loro fratelli a Terenuthis (su un ramo del Nilo a60 km a N.O. del Cairo), dove decisero di rimanere insieme e di vivere la vita cenobitica, con Anoub a capo. La devastazione di Scete segna un punto di svolta nella storia del primo monachesimo in Egitto; i monaci si dispersero e gradualmente il centro si spostò dall’Egitto alla Palestina. Dalla sua storia apprendiamo che la formazione delle comunità cenobitiche è dovuta anche a questione di sicurezza rispetto alle davastazioni degli invasori.
1. Abba Giovanni disse di Abba Anoub e Abba Poemen e degli altri fratelli che provengono dallo stesso grembo e sono stati fatti monaci a Scete, che quando arrivarono i barbari e misero a soqquadro quella regione per la prima volta, partirono per un luogo chiamato Terenuthis finché non decisero dove stabilirsi. Rimasero in un vecchio tempio per diversi giorni. Poi Abba Anoub disse ad Abba Poemen: “Per amore fai così: viviamo in silenzio, ognuno per conto suo, senza incontrarci per tutta la settimana”. Abba Poemen rispose: “Faremo come vuoi tu”. Così fecero. Nel tempio c’era una statua di pietra. Quando si svegliava al mattino, Abba Anoub lanciava pietre sul volto della statua e la sera le diceva: “Perdonami”. Per tutta la settimana fece così. Il sabato si riunirono e Abba Poemen disse ad Abba Anoub: “Abba, Ti ho visto per tutta la settimana lanciare pietre sul volto della statua e inginocchiarti per chiederle perdono. Un agisce così?”. Il vecchio gli rispose: “L’ho fatto per il tuo bene. Quando mi hai visto lanciare pietre sul volto della statua, essa ha parlato o si è arrabbiata?”. Abba Poemen rispose: “No”, quando mi sono chinato in segno di penitenza, si è turbata e ha detto: “Io non ti perdonerò?”. Anche in questo caso Abba Poemen rispose: “No”. Allora l’anziano vecchio riprese: “Ora siamo sette fratelli; se vuoi che viviamo insieme, facciamo così”. Se vuoi che viviamo insieme, fa’ che siamo come questa statua, che non si muove né se la si picchia né se la si lusinghi. Se non volete diventare come questa, ci sono quattro porte qui nel tempio, che ognuno vada dove vuole”. Allora i fratelli si prostrarono e dissero a Abba Anoub: “Faremo come vuoi, padre, e ascolteremo quello che ci dirai”. Abba Poemen aggiunse: “Viviamo insieme per il resto del nostro tempo, lavorando secondo la parola che l’anziano ci ha dato”. Costituì uno come economo e tutto ciò che portava loro, mangiavano e nessuno di loro poteva dire: “Portaci qualcos’altro”, o anche “non vogliamo mangiare questo”. Così passarono tutto il tempo in tranquillità e pace.
2. Abba Anoub disse: “Dal giorno in cui il nome di Cristo è stato invocato su di me, nessuna menzogna è uscita dalla mia bocca”.
AMOUN DI NITRIA
ἀββᾶς Ἀμμοῦν ὁ Νιτριώτης
Amoun, anche se meno citato, è con Antonio e Pacomio uno dei fondatori del monachesimo nel deserto egiziano Nato all’incirca nel 295 d.C., si sposò e con la moglie vissero da asceti per tutta l’adolescenza. Nel 330 si ritirò a Nitria e vi divenne il primo monaco e poi capo dei molti monaci che lo seguirono nella lotta ascetica. Morì intorno al 353 d.C.
1. Abba Amoun di Nitria venne a trovare Abba Antonio e gli disse: “Poiché la mia regola è più severa della tua, come mai il tuo nome è più conosciuto tra gli uomini del mio?”. Abba Antonio rispose: “È perché amo Dio più di te”.
2. Di Abba Amoun si diceva che gli bastava una piccolissima quantità di grano ogni due mesi. Ora egli andò a cercare Abba Poemen e gli disse: “Quando vado nella cella del mio vicino, o quando lui viene nella mia per qualche necessità, abbiamo paura di entrare in conversazione, per timore di scivolare in argomenti mondani”. L’anziano rispose: “Hai ragione, perché i giovani devono essere prudenti”. Allora Abba Amoun continuò: “Ma i vecchi, cosa fanno?” Egli rispose: “I vecchi che sono avanzati nella virtù, non hanno nulla di mondano in loro; non c’è nulla di mondano nelle loro bocche di cui possano parlare”. “Ma”, rispose Amoun, “quando devo parlare al mio prossimo, preferisci che parli delle Scritture o dei detti dei Padri?”. Il vecchio gli rispose: “Se non puoi tacere, è meglio che parli dei detti dei Padri piuttosto che delle Scritture; non è così pericoloso”.
3. Un fratello venne da Scete per vedere Abba Amoun e gli disse: “Il Padre mio mi manda a fare una commissione, ma ho paura della lussuria”. L’anziano rispose: “Qualunque sia l’ora in cui la tentazione ti assalirà, dì così: “Dio di ogni virtù, per le preghiere del Padre mio, salvami da essa”. Così un giorno, quando una ragazza chiuse la porta dietro di lui, cominciò a gridare con tutte le sue forze: “Oh Dio del Padre mio, salvami!”, e subito si ritrovò sulla strada per Scete.
APPROFONDIMENTO:
Sant’Amoun di Nitria, fondatore di Kellia (Kellia, Le Celle), Eremita (348)
“ Kellia (“le celle”), indicato come “il deserto più interno”, era una comunità monastica cristiana egiziana del IV secolo che si estendeva per molti chilometri quadrati nel deserto di Nitria. Era uno dei tre centri di attività monastica della regione, gli altri due erano Nitria e Scete (Wadi El Natrun). Viene detta al-Muna in arabo e fu abitata fino al IX secolo.
Amoun per primo abitò questo deserto che Cassiano colloca a cinque miglia dalla città di Nitria. Alla fine del IV secolo, Cassiano contava cinquanta monasteri sul monte Nitria, abitati da cinquemila eremiti. I primi discepoli di sant’Amoun vissero dispersi in celle separate, finché sant’Antonio il Grande gli consigliò di fondare un monastero e di radunare la maggior parte di loro sotto la sorveglianza di un attento superiore.
Nei Detti dei padri del Deserto (Apophtegmata Patrum – Gerontikon) che apprendiamo della fondazione di Kellia:
“ Una volta Abba Antonio andò a visitare Abba Amoun sul Monte Nitria e quando si incontrarono, Abba Amoun disse: ‘Grazie alle tue preghiere, il numero dei fratelli aumenta, e alcuni di loro vogliono costruire più celle dove possano vivere in pace. Quanto lontano da qui pensi che dovremmo costruire le celle? Abba Anthony disse: “Mangiamo all’ora nona e poi usciamo a fare una passeggiata nel deserto ed esploriamo il paese”. Così uscirono nel deserto e camminarono fino al tramonto e poi Abba Antonio disse: ‘Preghiamo e piantiamo qui la croce, affinché coloro che lo desiderano possano costruire qui. Poi quando quelli che restano là vogliono visitare quelli che sono venuti qui, possono prendere un po’ di cibo all’ora nona e poi partire. Se fanno così, saranno in grado di tenersi in contatto tra loro ma senza distrazioni mentali’”. La distanza era di 12 miglia.
Si stima che la fondazione di Kellia sia avvenuta intorno al 338 d.C. Kellia (le Celle) è in realtà un’enorme area di rovine monastiche situata non lontana da Nitria su una linea retta che collega Damanhur a Sadat City.
Kellia era per i monaci avanzati, per coloro che “vivevano una vita più remota, spogliata fino ai nudi rudimenti”, come è stato registrato nella Historia Monachorum in Aegypto greca da Flavio Rufino che la vide personalmente. Le celle erano disposte abbastanza distanti in modo che “nessuno può scorgere l’altro né si può sentire una voce”. Era solo per i monaci che per primi avevano imparato l’arte del deserto vivendo a Nitria. Si riunivano sabato e domenica per condividere un pasto insieme, alcuni percorrendo 3 o 4 miglia dalla loro cella alla Chiesa.
Il Padre Amoun visse in grande austerità, quando si ritirò per la prima volta nel deserto, prendeva solo per ristorarsi del pane e dell’acqua una volta al giorno. Questo pasto poi lo ha diradato a due, e talvolta a tre o anche quattro giorni di distanza. Il deserto di celle in cui Abba Amoun estendeva i suoi eremi, distava dieci o dodici miglia dal monte Nitria.
Abba Amoun ha operato molti miracoli. Ciò che segue parve a sant’Atanasio contenere un’istruzione così importante, da meritare di essere inserita nella sua vita di Sant’Antonio, dove l’ha registrata. Ne parlano anche gli autori delle storie dei Padri del deserto e della vita di Abba Amoun. Un giorno, mentre stava per attraversare un fiume chiamato Lico, quando le rive erano straripate, in compagnia del suo discepolo Teodoro, lo pregò di ritirarsi, affinché non fossero visti nudi mentre nuotavano. Ammoun, sebbene solo, stava pensieroso sulla riva, essendo riluttante e vergognoso, per modestia; non voleva spogliarsi, riflettendo che non si era mai visto nudo. Dio si compiacque di ricompensare con un miracolo il suo verginale amore per la purezza, e mentre stava così, si trovò improvvisamente trasportato dall’altra parte del fiume. Teodoro avvicinandosi, e vedendo che era passato senza essersi bagnato, gli domandò come avvenne, e lo incalzò con tanta insistenza, che egli gli confessò il miracolo, facendogli prima promettere di non dirlo a nessuno se non dopo la sua morte. Abba Ammoun morì all’età di sessantadue anni; e sant’Antonio, sebbene a distanza di tredici giorni di viaggio da lui, conosceva l’ora esatta della sua morte, avendo visto la sua anima, in una visione, ascendere al cielo.
L’Abba Ammóe, quello che visitò l’abate Achille in compagnia di Bitimius, era delle Celle. Anch’egli viveva con rigore e non badava agli altri, specialmente al suo discepolo Giovanni o ai suoi visitatori che chiedevano invano una parola. È perché egli, che vedeva i suoi peccati come un muro di tenebra tra lui e Dio, pensava che cercando di piacere agli uomini sarebbe stato respinto dal Signore.
1. Di Abba Ammóe si diceva che, quando andava in chiesa, non permetteva al suo discepolo di camminare accanto a lui, ma solo a una certa distanza. e se quest’ultimo veniva ad interrogarlo circa alcuni suoi pensieri, si allontanava da lui non appena gli aveva risposto, dicendogli: “È per timore che, dopo le parole edificanti, si insinui una conversazione irrilevante, che io non ti tengo con me”.
2. All’inizio, Abba Ammóe disse ad Abba Isaia: “Come mi vedi tu in questo momento?” Egli gli rispose: “Come un angelo, Padre”. In seguito poi gli disse: “E ora, come mi vedi?” E lui rispose: “Sei come Satana”. Anche quando mi dici una parola buona, ella è per me come acciaio”.
3. Di Abba Ammóe si diceva che, per la malattia che lo teneva a letto per molti e lunghi anni, non si permetteva mai di pensare alla sua cella o di guardare cosa contenesse. Perché la gente gli portava molte cose, a causa della sua malattia. Quando Giovanni, il suo discepolo, entrava o usciva, chiudeva gli occhi, per non vedere ciò che c’era. Perché si sapeva che era un monaco fedele.
4. Abba Poemen racconta che un fratello andò a cercare Abba Ammóe per chiedergli una parola. Rimase con lui per sette giorni senza che il vecchio gli rispondesse. Poi, mandandolo via, quest’ultimo gli disse: “Vai e veglia su di te; quanto a me, i miei peccati sono diventati un muro di tenebre tra me e Dio”.
5. Di Abba Ammóe si diceva che aveva da parte cinquanta misure di pane per quando ne avesse avuto bisogno e che le aveva messe al sole. Prima che si asciugassero per bene, vide in quel luogo qualcosa che gli sembrò dannoso, così disse ai servi: “Andiamocene da qui”. Ma essi ne furono addolorati. Vedendo il loro sgomento, disse loro: “È a causa dei pani che siete tristi? In verità, ho visto monaci che fuggivano, lasciando le loro celle imbiancate e anche le loro pergamene, e non chiudevano le porte, ma le lasciavano aperte”.
Padri del deserto
In questa pagina tutti gli apoftegmi (gerontikon) e gli articoli riguardanti i Padri del deserto.
Collezione alfabetica:
Orthos del Sabato dei latticini
Canone dei Santi Padri
Innalziamo un canto.
Concordi celebriamo tutti con cantici spirituali, i nostri divini padri che hanno brillato per l’ascesi: quelli che ci hanno dato l’Egitto, Tebe e la Libia, e ogni altro luogo, città e regione.
Gioisci, principe dei monaci, Antonio gloriosissimo: tu Ammun teòforo, gloria di Nitria, tu angelico Arsenio forza dell’esichia, e tu Ammonas pneumatòforo.
Tripudia, vero vaso di Dio, Agatone dall’anima santa, e voi Achilla e Amoe, fiori del deserto, Anub e Alonio, Ammonata e Antimio, lucenti perle di virtù.
Quali lampade di discernimento si celebrino oggi Ares e il grande Apollo, e come luci di ubbidienza, Athros e Acacio; insieme a loro risplende Abbaciro quasi stella del mattino.
Monte di eccelsa vita si è mostrato Aussenzio; atleta della castità, il grande Abramo; con loro Afrodisio si è dimostrato colonna di continenza, insieme ad Atenodoro.
Brilla come astro nel cielo Ammonio tra gli asceti, e pure il divino Anina: con loro rifulge anche il grande Antioco, il sommo Agapito, quant’altri mai, insieme a costoro risplende.
Con sacri inni celebriamo il grande Atanasio, sommo luminare di tutta la terra, che ha splendidamente esercitato l’ascesi sul monte Athos: per la sua intercessione veniamo tutti salvati.
Con le vostre vite divinamente ispirate, siete realmente diventati paradiso della Chiesa di Cristo, padri beati: tutti, uno per uno, intercedete incessantemente per noi presso il Signore.
[…]
Con inni, o fedeli, glorifichiamo la mitezza e la purezza di Antonio, la grandezza e la straordinarietà di Eutimio, l’incontaminata solitudine ed esichia di Paolo ed Arsenio, la gloria di Teoctisto, e le schiere di tutti gli altri santi monaci; insieme a loro inneggiamo alla vergine Euprasia, come pure a tutte le donne sapienti in Dio, ‘- e concordi gridiamo: * Intercedete presso il Cristo Dio, e concordi gridiamo: Intercedete presso il Cristo Dio perché doni la remissione delle colpe a quanti festeggiano con amore la vostra santa memoria.
Gloria.
Spezzàti i vincoli delle passioni, avete aderito all’amore del bene; vi siete rivestiti in Cristo di gloria ultramondana, trovando il riposo grazie alle vostre fatiche, giungendo alla vita superna con le pene della continenza. Per questo giustamente fate festa insieme alle potenze superne, stando gioiosamente davanti a Dio tra i canti. O padri nostri teòfori, chiedete la remissione delle colpe per quanti festeggiano con amore la vostra santa memoria.
[…]
Meravigliosi i nostri venerabilissimi padri: a loro le divine battaglie, a loro i prodigi, a loro le guarigioni. Chi infatti, all’infuori di loro, ha manifestato la forza dei prodigi?
Siano celebrati il mirabile Rabula, e con lui Rufo, e ancora Sisoes, che è pari agli angeli, e con loro il divino Serido e Silvano.
Un cielo con quattro stelle è apparso sulla terra: la doppia coppia dei Simeoni omonimi; tre sono gli stiliti, e uno è il folle per Cristo.
Come sole tra gli astri, di cui era principe, ha brillato Saba il santificato; e con lui brilla per le sue opere Serapione, insieme a Silvano.
Siano celebrati Sarmata e Timoteo, e insieme Titoes con Iperechio, come pure Farmuzio, Foca, Caritone e Psoi, e il sapiente Or.
O santa e gloriosa assemblea dei padri, di quelli ricordàti e di quelli sconosciuti: libera dai pericoli quanti celebrano con amore la tua memoria.
[…]
Tu hai reso splendente la folla dei teòfori che illumina la terra, perché essi sono araldi della pietà hanno chiuso la bocca all’empietà. Per le loro preghiere custodisci in pace perfetta quanti ti glorificano e ti magnificano, affinché a te salmeggino e cantino: Alleluia.
Tu solo sei immortale.
Ho ben considerato i piaceri della vita, scrutando col pensiero ciò che avviene, e osservandone l’affanno ho detto infelice la vita dei mortali: voi soli ho proclamato beati, voi che avete scelto la parte buona: amare Cristo, stare a lui vicini e soavemente salmeggiare col profeta Davide: Alleluia.
[…]
Lo stesso giorno si fa memoria di tutti i santi, uomini e donne, che hanno brillato nell’ascesi.
Per l’intercessione di tutti i tuoi santi asceti, o Cristo Dio nostro, abbi pietà di noi. Amen.
[…]
Venite, offriamo i dovuti inni alle donne che piamente hanno vissuto e al modo degli angeli; per le loro preghiere, gridiamo: O Dio, salvaci tutti.
Si onori Briene, portatice di Cristo, insieme alla divina Febronia, a Tomaide e Geria, e si canti Platonide, e insieme a loro, con fede, anche Melania.
Lode alle Euprasie dall’angelico sentire, insieme alle due Teodore; inno e gloria incessante alle felicissime Anastasie che mirabilmente hanno reso culto a Dio.
Maria egiziaca è divenuta luce nel mondo, e colei che fu detta Marino, un astro per la terra, ed Eufrosina un sole sfolgorante di virtù.
Tutta raggiante è Teodula nella sua vita, Teodota e Giulitta brillano nell’ascesi, e con loro risplende per le opere la felicissima Isidora.
Si onori ora Marina dal celeste sentire, insieme alla grande Matrona; e con canti si celebrino pure Sincletica, Sarra e insieme Giustina, per la loro sapienza.
Si cantino insieme Pelagia, angelo del Signore, Taisia, fiaccola di penitenza, e ogni altra donna che abbia brillato nell’ascesi.
[…] Magnifichiamo con inni.
Chi potrà esprimere la franchezza di Ambrogio? E chi dirà la sapienza di Geroteo? E la fermezza a difesa della fede degli Alessandri, padri sapienti in Dio?
Si celebrino come astri divini il divino Fedimo, Spiridone il teeiforo insieme ad Antipatro, Pambone, Palladio e Nonno, Geronimo e il venerabilissimo Germano.
Come iniziato alle realtà celesti, sia onorato Dionigi sommo nelle cose divine, e così pure il grande lottatore Clemente, Flaviano e il grande Paolo, araldi della confessione.
Si celebri Michele Synadon con Tarasio; * e ancora Niceforo col sommo Teodoro, e Teofane e Geronimo, difensore della figura di Cristo espressa in immagini.
Si celebrino Pietro e Ignazio, veri teòfori, quali apostoli di Cristo e sacri atleti, insieme a Policarpo e a Cipriano martire di Cristo
Santi padri e pontefici del Signore, insieme agli ieromartiri e alle sante donne, tutti, noti e sconosciuti, pregate per la salvezza delle anime nostre.
[…]
Exapostilarion. Udite, donne.
Voi che avete rinnegato il mondo e preso la croce, moltitudine dei santi padri insieme ai cori dei martiri, assemblea dei pontefici e schiera delle donne, illuminateci, perché possiamo degnamente celebrare la vostra luminosissima memoria.
Un altro. Con i discepoli conveniamo.
Gioiosamente celebriamo con inni i padri e i pontefici teòfori che hanno brillato per l’ascesi, e insieme le sante donne e i cori degli ieromartiri, perché possiamo venire santificati, e per le loro preghiere e l’intercessione della Madre-di-Dio portiamo a compimento senza difficoltà la corsa del digiuno.
[…]
Con cantici, o fedeli, facciamo tutti l’elogio della moltitudine dei padri che hanno santamente praticato l’ascesi; con sentimenti divini, fratelli, e con un’anima sola, lodiamo tra gli inni i pontefici di Cristo; hanno infatti vissuto con continenza e con digiuno puro, e ci hanno spiegato il vangelo di Cristo; con loro celebriamo le luminose donne teòfore, emulando la loro condotta con tutta l’anima, in modo degno di Dio, per ottenere nell’aldilà il perdono delle colpe.
Facciamo glorioso elogio, fratelli, di quanti hanno radiosamente brillato nell’ascesi e santamente vissuto. Essi hanno ben diretto la loro esistenza e sono piamente passati, nella gioia, alla vita eterna, all’eredità indistruttibile e beata dell’aldilà, avendo rettamente compiuto la loro corsa con virtù e santità: onoriamoli dunque degnamente, per ottenere da Dio misericordia, gloria e gioia eterne, grazie alla loro supplica, ed essere strappati agli inesorabili castighi dell’aldilà.
O coro di tutti i pontefici, assemblea dei giusti, degli asceti e delle sante donne piamente vissuti, lasciatevi graziosamente commuovere e supplicate il solo buono e pietosissimo Signore, di aver compassione anche di noi; per le vostre preghiere, o sapienti, possiamo noi essere per sempre liberati dalla condanna dell’aldilà, e godere continuamente del gaudio futuro, per i secoli dei secoli, anche noi esultanti, gridando incessantemente tra gli inni unalode al datore di vita.
Con magnificenza celebriamo oggi, o fedeli, una solennità degna di Dio, nella memoria dei santi pontefici, e ieromartiri e delle sante e pie donne: essi hanno infatti disprezzato le cose corruttibili ed effimere, le hanno realmente considerate come tela di ragno e come rifiuti, per guadagnare Cristo e il suo regno e le realtà divine che occhio non vide né orecchio mai udì. Per la loro intercessione, o Dio, strappa alla corruzione le anime nostre.
Gloria. Idiolmelon. Tono pl.4
Padri santi, per tutta la terra è uscita la voce delle vostre belle azioni: per questo nei cieli avete trovato la ricompensa delle vostre fatiche. Avete annientato le falangi dei demoni, avete raggiunto le schiere degli angeli, di cui, irreprensibili, avete emulato la vita. Poiché dunque avete confidenza col Signore, chiedete pace per le anime nostre.
Ora e sempre. Theotokion. Stesso tono.
O Madre-di-Dio, tu sei la vera vite che ha prodotto il frutto della vita. Noi ti imploriamo: intercedi, o Sovrana, insieme con i tuoi asceti e tutti i santi, perché sia fatta misericordia alle anime nostre.
Secondo un detto conservato solamente nella lingua armena, il padre Teodoro di Ferme disse del padre Achille che visse come un leone a Scete. Lo stesso padre Achille diceva: “Vivi come una bestia selvatica, per non essere conosciuto in alcun modo”. (Eth. Coll. 13,65) Non stupiamoci quindi di sapere così poco di questo vecchio rude che, tuttavia, non poteva nasconderci completamente la diligenza e la profondità della sua carità. Nella memoria dei santi asceti che la Chiesa Ortodossa pone all’inizio della grande celebrazione quaresimale, si menzionano Achille e Amoe chiamandoli «i fiori del deserto»[1].
1. Tre anziani, di cui uno aveva una cattiva reputazione, vennero un giorno da Abba Achille. Il primo gli chiese: “Padre, fammi una rete da pesca”. “Non la farò”, rispose. Allora il secondo disse: “Per la tua carità fanne una, così avremo un ricordo di te nel monastero”. Ma lui rispose: “Non ho tempo”. Allora il terzo, che aveva una cattiva reputazione, disse: “Fammi una rete da pesca, così potrò avere qualcosa dalle tue mani, Padre”. Abba Achille gli rispose subito: “Per te la farò”. Allora gli altri due vecchi gli domandarono in privato: “Perché non hai voluto fare quello che noi ti abbiamo chiesto, ma hai promesso di fare quello che ti ha chiesto lui?”. L’anziano rispose loro: “Vi avevo detto che non l’avrei fatta, e non siete rimasti delusi, perché pensavate che non avessi tempo. Ma se a lui non l’avessi fatta, avrebbe detto: “Il vecchio ha saputo del mio peccato e per questo non vuole farmela”, e così il nostro rapporto si sarebbe interrotto. Ma ora ho rincuorato la sua anima, così che non sarà sopraffatto dal dolore”.
2. Abba Bitimius disse: “Un giorno, mentre scendevo a Scete, qualcuno mi diede della frutta da portare agli anziani. Così bussai alla porta della cella di Abba Achille per dargliene un po’. Ma lui mi disse: “Fratello, d’ora in poi non voglio che tu bussi alla mia porta con alcun tipo di cibo e non andare a bussare nemmeno in altre celle”. Così mi ritirai nella mia cella e portai la frutta in chiesa”.
3. Abba Achille si recò un giorno nella cella di Abba Isaia a Scete e lo trovò che mangiava qualcosa. Lo aveva mescolato con acqua e sale su un piatto. L’anziano, vedendo che lo nascondeva dietro a delle canne intrecciate, gli disse: “Dimmi, cosa stai mangiando?” Egli rispose: “Perdonami, padre, stavo tagliando delle foglie di palma e sono uscito al caldo; ho messo in bocca un boccone, con un po’ di sale, ma il caldo mi ha bruciato la gola e il boccone non è andato giù. Così sono stato costretto ad aggiungere un po’ d’acqua al sale, per poterlo inghiottire. Perdonatemi, padre”. Il vecchio disse: “Venite tutti a vedere Isaia che mangia la salsa a Scete. Se volete mangiare la salsa, andate in Egitto”.
4. Un anziano venuto a trovare Abba Achille lo trovò a sputare sangue dalla bocca. Gli chiese: “Cosa c’è, padre?”. L’anziano rispose: “La parola di un fratello mi ha addolorato, ho lottato per non dirglielo e ho pregato Dio di liberarmi da questa parola. Così è diventata come sangue nella mia bocca e l’ho sputata. Ora sono in pace, avendo dimenticato la questione”.
5. Abba Ammoes disse: “Con Abba Bitimius siamo andati a trovare Abba Achille. Lo abbiamo visto meditare su questo detto: “Non temere, Giacobbe, di scendere in Egitto”. (Gen 46,3) Per molto tempo rimase a fare questa meditazione. Quando bussammo, ci aprì la porta e ci chiese da dove venivamo. Avendo paura di dire che venivamo dalle Celle, rispondemmo: dalla montagna di Nitria. Allora ci disse: “Cosa posso fare per voi che venite da così lontano?”. Ci disse di entrare. Abbiamo notato che aveva lavorato tutta la notte e aveva tessuto molto e gli abbiamo chiesto di dirci una parola. Ci disse: “Da ieri sera fino ad ora ho tessuto venti misure, anche se non ne ho bisogno; ma è per paura che Dio si arrabbi e mi accusi dicendo: “Perché non hai lavorato, quando avresti potuto farlo. Ecco perché mi impongo questo lavoro e faccio il più possibile”. Così ce ne andammo, molto edificati”.
6. Un’altra volta, un grande anziano venne nella Tebaide a trovare Abba Achille e gli disse: “Padre, tu sei una tentazione per me”. Ed egli gli rispose: “Anche tu, vecchio, sei ancora tentato a causa mia? Nella sua umiltà, l’anziano rispose: “Sì, Padre”. Ora c’era un vecchio cieco e zoppo seduto vicino alla porta. Il vecchio gli disse: “Avrei voluto rimanere qui diversi giorni, ma non posso a causa di questo vecchio”. A queste parole, Abba Achille si meravigliò dell’umiltà dell’anziano e disse: “Questa non è fornicazione, ma odio verso i demoni maligni”.
[1] È molto bello il fatto che, accingendosi al grande digiuno quaresimale, la Chiesa celebri nella preghiera liturgica il ricordo di molti santi, e prima di tutto degli asceti. La vigilia della prima domenica di Quaresima, le grandi odi (composizioni inniche che costituiscono la parte principale dell’ufficio del mattino) menzionano uno dopo l’altro gran parte degli anziani di questa raccolta, aggiungendo per molti un attributo: Antonio «gloriosissimo», Ammonio «teoforo», cioè portatore di Dio, Arsenio «gloria del digiuno», Ammone «pneumatoforo», cioè portatore dello Spirito, Agatone «veramente vaso di Dio», ecc. La Chiesa ortodossa vuole porre dinanzi agli occhi gli esempi delle loro lotte e delle loro fatiche e invocare la loro intercessione all’inizio del cammino quaresimale, perché essi siano guide, maestri e sostegni nella lotta (vedi Triodio, sabato τῆς τυρίνης, orthros, odi 1-8. L’ode nona e ultima celebra la memoria dei Padri Atanasio, Basilio, i due Gregorio, Giovanni Crisostomo, ecc.). Nota tratta da: Vita e detti dei Padri del deserto, Città Nuova
Abba Ammonas fu un discepolo di Antonio il Grande e suo successore sul monte Pispir. Molto probabilmente proveniva da Scete come nel suo detto n.3: Abba Ammonas disse: “Ho trascorso quattordici anni a Scete chiedendo a Dio notte e giorno di concedermi la vittoria sull’ira”. Più tardi divenne Vescovo (detto n. 8). Sono attribuite al lui anche diverse lettere che riportiamo in un’altro nostro articolo.
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1. Un fratello chiese ad Abba Ammonas: “Dimmi una parola”, e l’anziano rispose: “Vai, rendi i tuoi pensieri come quelli dei malfattori. che sono in prigione. Perché chiedono sempre quando verrà il giudice e lo aspettano con ansia”. Così anche il monaco deve dedicarsi sempre ad accusare la propria anima, dicendo: “Infelice che sono. Come potrò presentarmi al tribunale di Cristo? Che cosa gli dirò in mia difesa?”. Se ti dedichi continuamente a questo, potrai essere salvato”.
2. Di Abba Ammonas si diceva che avesse ucciso un basilisco. Un giorno, recandosi nel deserto per attingere acqua dal lago e vedendo un basilisco, si gettò con la faccia a terra dicendo: “Signore, Signore, o muoio io o muore lui”, e subito, per la potenza di Dio, il basilisco si squarciò [1].
3. Abba Ammonas disse: “Ho trascorso quattordici anni a Scete chiedendo a Dio notte e giorno di concedermi la vittoria sull’ira”.
4. Uno dei Padri, raccontando delle Celle, disse che una volta c’era un anziano laborioso che indossava una stuoia. Andò a cercare Abba Ammonas, il quale, quando lo vide indossare la stuoia, gli disse: “Questa non ti serve a niente”. Allora l’anziano lo interrogò nel modo seguente: “tre pensieri mi occupano: quello di vagare per i deserti, o andare in una terra straniera dove nessuno mi conosce, o chiudermi in una cella senza aprire la porta a nessuno, mangiando solo ogni due giorni”. Abba Ammonas rispose: “non è giusto che tu faccia nessuna di queste tre cose. Piuttosto, siediti nella tua cella e mangia un po’ ogni giorno, tenendo sempre nel tuo cuore la parola del pubblicano, e sarai salvato”.
5. Alcuni fratelli trovavano la vita difficile nel luogo in cui vivevano. Volendo andarsene, vennero a cercare Abba Ammonas. Era fuori sul fiume. Vedendoli camminare lungo la sponda del fiume, chiese ai barcaiuoli di farlo scendere a terra. Poi chiamò i fratelli, dicendo loro: “Io sono Ammonas, alla cui dimora volete andare”. Dopo aver confortato i loro cuori, li rimandò da dove erano venuti perché questa difficoltà non derivava da una malattia dell’anima, ma semplicemente da un fastidio naturale.
6. Un giorno, quando Abba Ammonas andò per attraversare il fiume, trovò il traghetto pronto e vi si sedette. Poi un’altra barca giunse sul posto e trasportò gli uomini che si trovavano lì. Gli dissero: “Vieni qui, padre, e attraversa il fiume con noi”. Ma lui rispose: “Non mi imbarcherò se non sulla barca pubblica”. Siccome aveva una manciata di rami di palma, si sedette, li intrecciò e poi li sciolse e poi li disfece, finché la barca non si accostò. Così fece la traversata. Allora i fratelli inchinandosi verso di lui, gli dissero: “Perché hai fatto così?” L’anziano rispose loro: “Per poter camminare senza ansia di spirito”. Questo è un esempio: dobbiamo camminare sulla via di Dio in pace.
7. Un giorno Abba Ammonas stava andando a far visita ad Abba Antonio, ma perse la strada. Così, sedutosi, si addormentò per un po’. Al risveglio, pregò così Dio: “Ti supplico, Signore mio Dio, non lasciare che la tua creatura perisca”. Allora gli apparve come una mano d’uomo nel cielo, che gli indicò la strada, finché non raggiunse la grotta di Abba Antonio.
8. Abba Antonio predisse che questo Abba Ammonas avrebbe fatto progressi nel timore di Dio. Lo condusse fuori dalla sua cella e, mostrandogli una pietra, gli disse: “Insulta questa pietra e battila”. Egli lo fece. Allora Antonio gli chiese: “La pietra ha detto qualcosa?” Egli rispose: “No”. Allora Antonio disse: “Anche tu sarai in grado di farlo”, e così avvenne. Abba Ammonas arrivò al punto in cui la sua bontà era così grande che non si accorgeva della malvagità. Così, divenuto vescovo, qualcuno gli portò una ragazza incinta, dicendogli: “Guarda cosa ha fatto questa infelice; dalle una penitenza”. Ma egli, dopo aver segnato il grembo della giovane con il segno della croce, ordinò che le venissero date sei paia di lenzuola di lino fine, dicendo: “Per paura che, quando partorirà, possa morire, lei o il bambino, e non avere nulla per la sepoltura”. Ma i suoi accusatori ripresero: “Perché hai fatto questo? Datele un castigo”. Ma egli disse loro: “Guardate, fratelli, è vicina alla morte; cosa devo fare?”. Ed è così che l’anziano non osò condannare mai nessuno.
9. Si disse anche che alcune persone si recarono da lui per essere giudicate, ma Abba Ammonas finse di essere pazzo. Una donna che gli stava vicino disse: “l’anziano è pazzo”. Abba Ammonas la sentì e, dopo averla chiamata, le disse: “Quante fatiche ho fatto nei deserti per acquisire questa follia, e a causa tua oggi dovrei perderla?
10. Abba Ammonas venne un giorno a mangiare in un luogo dove c’era un monaco di cattiva reputazione. Accadde che una donna entrò nella cella del fratello di cattiva reputazione. Gli abitanti di quel luogo, venuti a conoscenza di ciò, si turbarono e si riunirono per cacciare il fratello dalla sua cella. Sapendo che il vescovo Ammonas si trovava in quel luogo, gli chiesero di unirsi a loro. Quando il fratello in questione lo seppe, nascose la donna in una grande botte. Quando la folla giunse sul posto, Abba Ammonas vide chiaramente la situazione, ma per amore di Dio mantenne il segreto. Entrò, si sedette sulla botte e ordinò di perquisire la cella. Quando ebbero cercato dappertutto senza trovare la donna, Abba Ammonas disse: “Che cos’è questo? Che Dio possa perdonarvi!”. Dopo aver pregato, fece uscire tutti, poi, prendendo il fratello per la mano disse: “Fratello, stai in guardia”. Con queste parole, si ritirò.
11. Ad Abba Ammonas fu chiesto: “Qual è la ‘via stretta e difficile’? Egli rispose: “La ‘via stretta e difficile’ è questa, controllare i propri pensieri e spogliarsi della propria volontà, per amore di Dio. Questo è anche il significato della frase: “Ecco, abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito”. (Matteo 19,27)
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[1] Salmo 90,11-15 (LXX): Perché per te comanderà ai suoi angeli di custodirti in tutte le tue vie. Sulle loro mani ti porteranno, perché non inciampi col tuo piede nel sasso. Sull’aspide e sul basilisco camminerai e calpesterai il leone e il drago. Poiché in me ha sperato, lo libererò, lo metterò al riparo, perché ha conosciuto il mio nome. Mi invocherà e lo esaudirò, con lui sono nella tribolazione; lo scamperò e lo glorificherò.
AGATONE
“Agatone, tu sei colmo di benedizioni divine, in cielo e sulla terra”. Alzando gli occhi, Agatone non vide nessun uomo; era un angelo del Signore, venuto a metterlo alla prova.
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1. Abba Pietro, discepolo di Abba Lot, disse: “Un giorno, mentre mi trovavo nella cella di Abba Agatone, entrò un fratello e gli disse: “Voglio vivere con i fratelli; dimmi come devo abitare con loro”. L’anziano gli rispose: “Per tutti i giorni della tua vita mantieni lo stato d’animo dello straniero che hai il primo giorno in cui ti unisci a loro, per non diventare troppo familiare con loro”. L’abba Macario chiese: “E cosa produce questa familiarità?”. L’anziano rispose: “È come un vento forte e bruciante, ogni volta che si alza tutto vola via davanti a lui, e distrugge i frutti degli alberi”. Allora abba Macario disse: “Parlare troppo liberamente è davvero così dannoso?”. Abba Agatone rispose: “Nessuna passione è peggiore di una lingua incontrollata, perché è la madre di tutte le passioni. Di conseguenza, il buon lavoratore non dovrebbe usarla, anche se vive in cella come un solitario. Conosco un fratello che ha trascorso molto tempo nella sua cella dove c’era un piccolo lettino e che ha detto: “Avrei lasciato la mia cella senza sapere di quel lettino se nessuno mi avesse detto che c’era”. Ecco un lavoratore e un guerriero”.
2. Abba Agatone disse: “In nessun caso il monaco dovrebbe lasciare che la sua coscienza lo accusi di qualcosa”.
3. Disse anche: “Se non osserva i comandamenti di Dio, l’uomo non può progredire, nemmeno in una sola virtù”.
4. Disse anche: “Non sono mai andato a dormire con una lamentela contro qualcuno e, per quanto mi è stato possibile, non ho mai lasciato che qualcuno andasse a dormire con una lamentela contro di me”.
5. A proposito di Abba Agatone si racconta che alcuni monaci vennero a cercarlo avendo sentito parlare del suo grande discernimento. Volendo vedere se avrebbe perso la calma, gli dissero: “Non sei tu quell’Agatone di cui si dice che sia un fornicatore e un orgoglioso?” “Sì, è proprio vero”, rispose. Ripresero: “Non sei tu quell’Agatone che dice sempre sciocchezze?” “Sono io”. Di nuovo dissero: “Non sei tu Agatone l’eretico?”. Ma egli rispose: “Non sono eretico”. Allora gli chiesero: “Dicci perché hai accettato tutto quello che ti abbiamo lanciato, ma hai ripudiato quest’ultimo insulto”. Egli rispose: “Le prime accuse le prendo per me, perché questo è un bene per la mia anima. Ma l’eresia è separazione da Dio. Ora non voglio essere separato da Dio”. A questa affermazione si stupirono del suo discernimento e tornarono indietro, edificati.
6. Di Abba Agatone si è detto che trascorse molto tempo a costruire una cella con i suoi discepoli. Alla fine, quando fu terminata, vennero a vivere lì. Durante la prima settimana, vedendo qualcosa che gli sembrava dannoso, disse ai suoi discepoli: “Alzatevi, lasciamo questo posto”. Ma essi si sgomentarono e risposero: “Se avevate già deciso di trasferirvi, perché abbiamo perso così tanto tempo, perché ci siamo presi tanta briga per costruire la cella? La gente si scandalizzerà di noi e dirà: “Guardateli, si muovono ancora che gente instabile!”. Vide che erano frenati dalla timidezza e allora disse loro: “Se alcuni si scandalizzeranno, altri, al contrario, saranno molto edificati e diranno: “Come sono beati coloro che se ne vanno per amore di Dio, non avendo altra cura”. Tuttavia, chi vuole venire, venga; quanto a me, io me ne vado”. Allora si prostrarono a terra e lo pregarono di permettere loro di andare con lui.
7. Si diceva di lui che spesso usciva portando con sé solo il suo coltello per fare cesti di vimini.
8. Qualcuno chiese ad Abba Agatone: “Che cosa è meglio, l’ascesi corporale o la vigilanza interiore?”. Il vecchio rispose: “L’uomo è come un albero, l’ascesi corporea è il fogliame, la vigilanza interiore il frutto”. Secondo quanto è scritto: “Ogni albero che non produce frutti buoni sarà tagliato e gettato nel fuoco” (Mt 3,10), è chiaro che tutta la nostra cura deve essere rivolta al frutto, cioè alla custodia[1] dello spirito[2]; ma esso ha bisogno della protezione e dell’abbellimento del fogliame, che è l’ascesi corporea”.
9. I fratelli gli chiesero anche: “Tra tutte le opere buone, qual è la virtù che richiede il massimo sforzo? Egli rispose: “Non credo ci sia fatica più grande della preghiera a Dio”. Perché ogni volta che un uomo vuole pregare, i suoi nemici, i demoni, vogliono impedirglielo, perché sanno che solo allontanandolo dalla preghiera possono ostacolare il suo cammino. Qualsiasi opera buona un uomo intraprenda, se persevererà in essa, raggiungerà il riposo. Ma la preghiera è guerra fino all’ultimo respiro”.
10. Abba Agatone era saggio nello spirito e attivo nel corpo. Egli provvedeva a tutto ciò di cui aveva bisogno, in termini di lavoro manuale, cibo e abbigliamento.
11. Lo stesso Abba Agatone camminava con i suoi discepoli. Uno di loro, trovando un piccolo pisello verde sulla strada, disse al vecchio, “Padre, posso prenderlo?”. Il vecchio, guardandolo con stupore, disse: “Sei stato tu a metterlo lì?” “No”, rispose il fratello, Come puoi prendere una cosa che non hai messo tu?
12. Un fratello andò a cercare Abba Agatone e gli disse: “Lasciami vivere con te”. Sulla strada aveva trovato un pezzo di nitro[3] e lo aveva portato con sé. Dove hai trovato quel nitro?”, chiese il vecchio. Il fratello rispose: “L’ho trovato sulla strada mentre venivo e l’ho raccolto”. Il vecchio gli disse: “Se stai venendo a vivere con me, come puoi prendere ciò che non hai deposto?”. Allora lo mandò a rimetterla dove l’aveva trovata.
13. Un fratello chiese all’anziano: “Ho ricevuto un ordine, ma c’è pericolo di tentazione nel luogo in cui è stato impartito. A causa del comando desidero eseguirlo, ma ho paura di questo pericolo”. L’anziano gli disse: “Se questo fosse stato comandato ad Agatone, avrebbe eseguito il comando e così avrebbe superato la tentazione”.
14. A Scete si era tenuta una riunione su una questione e si era presa una decisione in merito. Quando Agatone arrivò più tardi, disse loro: “Non avete deciso bene su questa questione”. “Chi siete voi”, replicarono, “per parlare così?” “Un figlio d’uomo”, rispose, “perché è scritto: Se veramente parlate di giustizia, giudicate con rettitudine, o figli degli uomini “. (Sal 7,2)
15. Di Abba Agatone si dice che per tre anni visse con una pietra in bocca, finché non imparò a tacere.
16. Di lui e di Abba Amoun si diceva che, quando avevano qualcosa da vendere, dicevano il prezzo una sola volta e accettavano in silenzio ciò che veniva loro dato in pace. Così come, quando volevano comprare qualcosa, davano il prezzo che veniva loro chiesto in silenzio e prendevano l’oggetto senza aggiungere altre parole.
17. Lo stesso Abba Agatone disse: “Non ho mai offerto agapi; ma il fatto di dare e ricevere è stato per me un’agape, perché considero il bene del mio fratello come un’offerta sacrificale”.
18. Ogni volta che i suoi pensieri lo spingevano a dare un giudizio su qualcosa che vedeva, diceva a sé stesso: “Agatone, non è compito tuo farlo”. In questo modo il suo spirito era sempre raccolto.
19. Lo stesso Abba disse: “Un uomo che si adira, anche se risuscitasse i morti, non è gradito a Dio”.
20. Un tempo Abba Agatone aveva due discepoli che conducevano la vita anacoretica secondo la propria misura. Un giorno chiese al primo: “Come vivi nella cella?”. Egli rispose: “Digiuno fino a sera, poi mangio due biscotti duri”. Gli disse: “Il tuo modo di vivere è buono, non è sovraccarico di troppo ascetismo”. Poi chiese all’altro: “E tu, come vivi?” Rispose: “Digiuno per due giorni, poi mangio due biscotti duri”. Il vecchio disse: “Fai molta fatica sopportando due conflitti; è una fatica per qualcuno mangiare ogni giorno senza ingordigia; ci sono altri che, volendo digiunare per due giorni, dopo sono golosi; ma tu, dopo aver digiunato per due giorni, non sei avido”.
21. Un fratello chiese ad Abba Agatone della fornicazione. Egli rispose, “Va’, getta la tua debolezza davanti a Dio e troverai riposo”.
22. Abba Agatone e un altro anziano erano malati. Mentre giacevano nella loro cella, il fratello che stava leggendo loro la Genesi, arrivò al capitolo in cui Giacobbe disse: “Giuseppe non c’è più, Simeone non c’è più e tu mi togli Beniamino; porterai nella tomba i miei capelli grigi con dolore”. (Gen 42,36-38) L’altro anziano cominciò a dire: “Non ti bastano i dieci, Abba Giacobbe?” Ma Abba Agatone rispose: “Fermati, anziano, se Dio giustifica, chi condannerà?”. (Rm 8,33-34)
23. Abba Agatone disse: “Se una persona mi fosse particolarmente cara ma mi rendessi conto che mi sta portando a fare qualcosa di cattivo, lo allontanerei da me”.
24. Disse anche: “L’uomo deve essere sempre consapevole dei giudizi di Dio”.
25. Un giorno, mentre i fratelli discutevano sulla carità, Abba Giuseppe disse: “Sappiamo davvero cosa sia la carità?”. Poi raccontò che quando un fratello venne a trovare Abba Agatone vide un coltellino che egli possedeva e gli piacque; quando il fratello lo salutò, l’anziano non lo lasciò andare finché non ebbe preso con sé quel coltellino.
26. Abba Agatone disse: “Se potessi incontrare un lebbroso, dargli il mio corpo e prendere il suo, sarei molto felice”. Questa è davvero la perfetta carità.
27. Si dice anche che un giorno, venendo in città per vendere la sua merce, abbia incontrato in piazza un viandante malato che giaceva a terra senza che nessuno si prendesse cura di lui. L’anziano prese in affitto una cella e visse con lui, lavorando con le proprie mani per pagare l’affitto e spendendo il resto del denaro per le necessità del malato. Egli rimase lì quattro mesi, finché il malato non si rimise in salute. Poi tornò in pace nella sua cella.
28. Abba Daniele disse: “Prima che Abba Arsenio venisse a vivere con i miei padri, essi vivevano con Abba Agatone. Ora Abba Agatone amava Abba Alessandro perché era ascetico e discreto. Ora accadde che tutti i discepoli stavano lavando i loro giunchi nel fiume, ma Abba Alessandro lavava i suoi con molta calma. Gli altri fratelli dissero all’anziano: “Fratello Alessandro non fa nulla!”. Volendo curarli, disse a lui: “Fratello Alessandro, lavali accuratamente perché sono di lino”. Il fratello fu ferito da queste parole. In seguito l’anziano lo confortò dicendo: “Non sapevo che stavi lavorando bene? Ma l’ho detto davanti a loro per curarli con la tua obbedienza, fratello”.
29. Di Abba Agatone si diceva che si obbligava a rispettare tutti i comandamenti. Quando navigava su un battello era il primo a prendere i remi e quando i fratelli venivano a trovarlo apparecchiava la tavola con le proprie mani, non appena avevano pregato, perché era pieno di amore di Dio. Quando fu in punto di morte rimase tre giorni con gli occhi fissi, spalancati. I fratelli lo svegliarono dicendo: “Abba Agatone, dove sei?” Egli rispose: “Sono davanti al tribunale di Dio”. Gli dissero: “Non hai paura, padre?” Egli rispose: “Fino a questo momento ho fatto del mio meglio per osservare i comandamenti di Dio; ma sono un uomo; come posso sapere se le mie azioni sono gradite a Dio?” I fratelli gli dissero: “Non hai fiducia in tutto ciò che hai fatto secondo la legge di Dio?” Il vecchio rispose: “Non avrò fiducia finché non incontrerò Dio”. Il giudizio di Dio non è quello degli uomini”. Quando vollero interrogarlo ulteriormente, disse loro: “Per carità, non parlatemi più, perché non ho più tempo”. Così morì con gioia. Lo videro partire come uno che saluta i suoi amici più cari. Egli conservava la più rigorosa vigilanza in ogni cosa, dicendo: “Senza una grande vigilanza l’uomo non avanza nemmeno in una sola virtù”.
30. Andando un giorno in città per vendere alcuni piccoli articoli, Abba Agatone incontrò sul ciglio della strada uno storpio, paralizzato nelle gambe, che gli chiese dove stesse andando. Abba Agatone rispose: “In città, per vendere alcune cose”. L’altro disse: “Fammi il favore di portarmi lì”. Così lo portò in città. Lo storpio gli disse, “Mettimi giù dove vendi la tua merce”. Egli lo fece. Quando ebbe venduto un articolo, lo storpio gli chiese: “A quanto l’hai venduto?” e lui gli disse il prezzo. L’altro disse: “Comprami una focaccia” e lui la comprò. Quando Abba Agatone ebbe venduto un secondo articolo, il malato gli chiese: “A quanto l’hai venduto? Ed egli gli disse il prezzo. Allora l’altro disse: “Comprami questo”, e lo comprò. Ora, avendo venduto tutta la sua merce, Agatone voleva andarsene, e l’altro gli disse, “Torni indietro?” ed egli rispose: “Sì”. Allora disse: “Fammi il favore di riportarmi nel luogo in cui mi hai trovato”. Lo prese di nuovo in braccio e lo riportò in quel luogo. Infine lo storpio disse: “Agatone, tu sei colmo di benedizioni divine, in cielo e sulla terra”. Alzando gli occhi, Agatone non vide nessun uomo; era un angelo del Signore, venuto a metterlo alla prova.
[1] gr. φυλακή: carcere ma anche guardia, come atto, il far guardia, specialmente il far la sentinella di notte e quindi custodia. Attività principale del monaco è quella di badare alla custodia della mente (nous), del cuore e dei sensi.
[2] gr. νοῦς: è la suprema facoltà umana e organo della contemplazione; è quella parte dello spirito umano che – contrariamente alla ragione – non procede in modo discorsivo, ma percepisce intuitivamente e sinteticamente la verità divina, nell’illuminazione della grazia. Tramite l’intelletto, attraverso gradi successivi, l’uomo procede nella conoscenza spirituale fino agli stadi supremi della contemplazione. (Filocalia, Glossario, ed. Gribaudi)
[3] Il nitro, o carbonato di sodio, era un’importanti risorsa minerale dei laghi d’Egitto ed era impiegato nella produzione di sapone, vetro, medicine, sale.