Anziano Efraim di Philotheou: L’arte della salvezza. Biografia e Prologo
Biografia
da: https://stanthonysmonastery.org/pages/elder-ephraim
Anziano Efraimdi Philotheou
Ioannis Moraitis (il futuro Anziano Efraim) è nato a Volos, in Grecia, da Demetrios e Victoria Moraitis il 24 giugno 1928, giorno in cui la Chiesa ortodossa celebra la nascita di San Giovanni Battista. Sua madre era una grande asceta, passava spesso le notti pregando con le lacrime e facendo innumerevoli prostrazioni, dando così l’esempio al piccolo Ioannis. Un giorno, mentre era seduta accanto a lui in preghiera, ebbe la visione di una stella che usciva di casa e si dirigeva verso il Monte Santo. Sentì una voce che diceva: “Dei tuoi tre figli, solo questo vivrà”. All’inizio, lo prese alla lettera, pensando che i suoi altri due figli sarebbero morti. Tuttavia, capì presto che questa era una profezia secondo cui Ioannis sarebbe diventato un monaco sulla Montagna Sacra. Da quel momento in poi dedicò particolare attenzione alla sua educazione spirituale, facendo di tutto per offrire al Signore un sacrificio senza macchia.
Con la crescita di Ioannis, crebbe anche il suo desiderio di monachesimo. Iniziò a esortare il suo padre spirituale a permettergli di andare sulla Montagna Sacra, ma il suo padre spirituale, padre Efraim di Volos, sperava di avviare un monastero e voleva tenere Ioannis con lui. Dopo alcuni anni, Ioannis si rese conto che padre Efraim non avrebbe mai fondato un monastero e decise di andare al Monte Santo. Sua madre e padre Efraim lo mandarono da san Giuseppe l’Esicasta, che era stato anche geronda di padre Efraim.
Così, nell’anno 1947, Ioannis si trovò sulla barca per Athos. Mentre guardava i monasteri dalla barca, quelle massicce fortezze gli sembravano delle prigioni. Il suo cuore fu costretto dal dolore, come se stesse affrontando una vita di internamento. Chiese a un monaco seduto accanto a lui sulla barca dove si trovava la capanna dell’anziano Joseph l’Esicasta. Il monaco vide che Ioannis era tutto pelle e ossa, poiché era malaticcio, e gli disse che non era idoneo a unirsi a una confraternita così austera. Ma quando Ioannis insistette, il monaco indicò una piccola capanna bianca, in alto sulla montagna come un nido d’aquila. Non appena Ioannis vide quanto fosse aperto e libero, il suo cuore fu sollevato. Gli sembrava il paradiso.
Quando raggiunse il porto dello Skete di Sant’Anna, fu accolto da padre Arsenios, co-asceta di san Giuseppe. Quando padre Arsenios lo vide, chiese: “Non sei Yiannaki di Volos?” “Sì, padre, ma come mi conosci?” rispose. «Oh, il santo Precursore è apparso ieri sera a Geronda Joseph e gli ha detto: “Ti porto un agnellino. Mettilo nel tuo ovile”. Questo fu il primo incontro di Ioannis con il semplice ma santo padre Arsenios, che poi condusse Ioannis su per i ripidi sentieri fino alla loro capanna.
E così Ioannis iniziò una vita di obbedienza e ascesi accanto a San Giuseppe. La loro vita era molto austera. Mangiavano solo una volta al giorno dopo il tramonto, facevano innumerevoli prostrazioni, praticavano la preghiera noetica per ore e continuavano a rimanere in completo silenzio, parlando solo quando necessario. E per di più san Joseph rimproverava e insultava continuamente Ioannis.
Dopo nove mesi, vedendo che Ioannis era un discepolo modello, umile e obbediente in tutto, san Joseph si convinse che era pronto per la tonsura monastica. Il 13 luglio 1948, in mezzo alla solitudine della loro piccola chiesa rupestre, Ioannis fu tonsurato come monaco del grande schema, ricevendo il nome di Efraim. Il santo continuò ad agire duramente nei confronti di padre Efraim, ma lo fece per estirpare dall’anima del suo giovane discepolo la passione dell’orgoglio e di fatto nutriva per lui un amore sconfinato. E sebbene il santo fosse severo, esigente e spesso aspro con i suoi discepoli durante le loro attività quotidiane, durante la loro confessione serale e rivelazione di pensieri era gentile e amorevole, spiegando le ragioni degli errori che commettevano durante la giornata e insegnando loro l’arte della guerra spirituale.
A quel tempo la loro confraternita non aveva un proprio sacerdote per le loro necessità liturgiche. Sant’Efraim di Katounakia veniva più volte alla settimana per celebrare per loro la liturgia. Tuttavia, la geronda di sant’Efraim a Katounakia non sempre lo lasciava andare, così nel 1952 san Joseph decise che padre Efraim fosse ordinato diacono e padre Haralambos sacerdote. Anche padre Efraim cucinava per la confraternita (un’obbedienza che manterrà anche dopo la morte di sua geronda, cucinando per i suoi stessi discepoli). Non avevano una cucina, un fornello, un forno o qualcosa del genere. Doveva cucinare all’aperto su un fuoco, a volte con un clima molto rigido. A volte il vento era così violento da disperdere tutti i suoi utensili.
A causa del clima rigido alla piccola Sant’Anna, la salute della confraternita iniziò a peggiorare. Così nel 1953 san Giuseppe decise che avrebbero dovuto trasferirsi. Il Santo Monastero di San Paolo offrì loro alcune capanne esicastiche presso la torre della Nuova Skete. Scoprendo che queste capanne erano proprio quello che stavano cercando, decisero di trasferirsi lì. A Nuova Skete, hanno un po’ allentato il loro programma ascetico per quanto riguarda il lavoro fisico e la dieta, ma hanno continuato le loro lotte noetiche e le lunghe veglie come prima. In quel tempo fu ordinato sacerdote anche padre Efraim. Nel loro nuovo eremo avevano due cappelle: una dedicata al Santo Precursore, dove celebrava padre Haralambos, e uno dedicato all’Annunciazione della Theotokos, dove celebrava padre Efraim.
Il 15 agosto 1959, giorno in cui la Chiesa ortodossa celebra la Dormizione della Theotokos, San Giuseppe si riposò nel Signore, lasciando orfani i suoi discepoli. San Joseph aveva incaricato i suoi discepoli di separarsi dopo la sua morte e di creare proprie confraternite. Così, padre Efraim divenne il geronda della capanna dell’Annunciazione della Theotokos.
Non passò molto tempo prima che la vita virtuosa di Geronda Efraim iniziasse ad attirare aspiranti monaci. Poiché la sua confraternita stava crescendo rapidamente, nel 1968 si trasferirono allo skete di Provata, nella cella di Sant’Artemios. A quel tempo, la maggior parte dei monasteri sul Monte Santo erano idioritmici, con solo pochi vecchi monaci che vivevano in ciascuno di loro. Così, nel 1973, i monaci del Santo Monastero di Philotheou chiesero al geronda di portare lì la sua confraternita per aiutarli a ripopolarlo e ristabilirlo come monastero cenobitico.
Inizialmente il geronda non voleva abbandonare la loro vita esicastica a Sant’Artemios e farsi coinvolgere dalle distrazioni di un monastero. Ma, dopo essere stato illuminato da Dio, accettò. Così, il 1 ottobre 1973, Geronda Ephraim fu intronizzato come abate del Santo Monastero di Philotheou, carica che mantenne fino al 1991.
La confraternita continuò a crescere rapidamente, raggiungendo nel 1981 ottanta monaci. A quel tempo, il monastero di Konstamonitou chiese al Geronda Efraim di inviare un gruppo di monaci in loro aiuto. Egli acconsentì e mandò un gruppo di venti monaci. Lo stesso accadde nel 1983 e nel 1986, con altri due monasteri, Xeropotamou e Karakalou. Così rivitalizzò quattro monasteri athoniti.
Nel 1979 si recò in Canada per motivi medici e, mentre era lì, fu invitato a confessare, consigliare e insegnare ai cristiani ortodossi nelle loro chiese e case. Attraverso questi incontri acquisì molti figli spirituali, che lo esortarono a tornare ogni anno per confessarli e guidarli nella loro vita spirituale. Capì che era volontà di Dio che tornasse in Canada e visitasse anche le parrocchie degli Stati Uniti. Su appello dei fedeli ortodossi e con la benedizione dei vescovi dell’arcidiocesi greco-ortodossa d’America, l’anziano Efraim iniziò l’opera di fondazione di comunità monastiche in Nord America, cosa che continuò a fare dopo il suo trasferimento definitivo in Arizona nel 1995. I fedeli ortodossi negli Stati Uniti e in Canada hanno abbracciato, sostenuto e collaborato in questo sforzo. Queste comunità forniscono una guida spirituale e aiutano a preservare le sante tradizioni della Chiesa attraverso una vita cristiana esemplare e la devozione a Dio. Inoltre, selezionando i degni successori (abati e badesse), l’anziano Efraim ha assicurato la continuità del suo lavoro apostolico al servizio della Chiesa e dei suoi bisogni.
Fino al 1989 c’era un solo monastero nelle arcidiocesi greco-ortodosse nordamericane. Da allora, per grazia di Dio, l’anziano Ephraim ha fondato diciassette monasteri in Nord America, dieci per monache e sette per monaci. Il Patriarca ecumenico ha visitato e benedetto quattro di questi monasteri, mentre le preghiere da ogni parte della Chiesa continuano a sostenere questa espansione senza precedenti del monachesimo ortodosso nell’emisfero occidentale.
Nella notte del 7 dicembre 2019, prefestivo del concepimento della Madre di Dio da parte di Sant’Anna, Geronda Efraim si è riposata nel Signore. Possa La sua memoria essere eterna.
PROLOGO
di Sua Eminenza Hierotheos Metropolita di Nafpaktos e San Vlasios
Considero un onore speciale ed eccezionale essere l’autore del prologo de “L’arte della salvezza”, il primo volume di omelie dell’anziano Efraim (l’ex abate del Santo Monastero di Philotheou, Monte Athos), come richiesto da lui e dai padri del Santo Monastero. Questo sentimento di onore deriva dal fatto che l’anziano Efraim è un insegnante esperto dello stile di vita vigile della nostra Chiesa ortodossa.
Ho incontrato l’anziano Efraim per la prima volta sul Monte Athos quando viveva a Nuova Skete. Conservo ancora ben viva nel mio cuore l’immagine di questo fervente asceta, che è dotato della memoria incessante di Dio e dell’intuizione spirituale. Sto parlando di un asceta che ha vissuto concretamente la vita spirituale e che ha acquisito una conoscenza diretta delle passioni e di come possono essere superate, nonché di cosa costituisce la comunione con Dio e di come si può raggiungerla. È un abile padre spirituale provvisto di discernimento, che (come ogni vero esicasta monastico) esprime la sua precisa mentalità ecclesiastica, e allo stesso tempo rispetta il Vescovo al quale chiede con estrema umiltà e con la sua invulnerabile grandezza di scrivere il prologo del suo primo volume di omelie.
Qui assistiamo all’associazione tra due doni che si trovano all’interno della Chiesa: la vita del monaco e il ministero del Vescovo. Questo mi ricorda ulteriormente il rapporto, così come l’umiltà, che esisteva tra san Nicodemo l’Aghiorita e il vescovo Hierotheos di Evripos, che è evidente nella loro corrispondenza all’inizio del libro “A Handbook of Spiritual Counsel”.
I testi contenuti in questo libro “L’arte della salvezza” sono omelie ai monaci del Santo Monastero di Philotheou sul Monte Athos, nonché ai laici, principalmente degli Stati Uniti, che sono suoi figli spirituali e che guida nella vita spirituale.
Il tratto caratteristico di queste omelie è la loro combinazione di teologia e pastorale. Quando parlo di teologia, infatti, non mi riferisco alla conoscenza accademica, che certo è necessaria in certi casi nella vita storica della Chiesa, ma alla teologia che è dono, che si manifesta come esperienza di Dio oltre che come conoscenza delle parole e delle idee increate che sono perennemente trasmesse come insegnamento attraverso parole e significati creati. L’anziano Efraim stesso era obbediente a un anziano santificato: l’anziano Joseph l’Esicasta. Viveva con la preghiera noetica, come era stato istruito da questo anziano ascetico ed esicasta. Ha sperimentato la “prima grazia”, seguendo la “seconda grazia” (come l’ha chiamata molto saggiamente l’anziano Joseph), e in seguito ha acquisito la capacità di discernere gli spiriti, che è il vero dono della teologia.
Questa teologia diventa allora una scienza pastorale che serve a pascere e guidare i figli spirituali. Tale teologo conosce per propria esperienza lo stato di Adamo prima della sua disobbedienza e caduta – poiché in precedenza sussisteva nello stato di illuminazione del nous – e le orribili conseguenze della caduta – poiché “l’immagine” di Dio si era oscurata, il nous si oscurò, e tutte le potenze dell’anima si deformarono e acquisirono le loro inclinazioni innaturali, risultando nella creazione delle passioni come le riconosciamo oggi. Di conseguenza, un tale teologo conosce la metodologia ascetica, vigile ed esicastica (cioè l’obbedienza, la vigilanza, la preghiera e l’esicasmo noetico), attraverso la quale l’uomo è liberato dal dominio del diavolo, dalla morte e dal peccato, e sviluppa la comunione con Dio “nella persona di Gesù Cristo”.
È dunque evidente la stretta unione tra teologia e pastorale, tra conoscenza spirituale e ministero di pascere le anime umane. Solo coloro che hanno una conoscenza empirica dei misteri di Dio possono aiutare gli altri a essere liberati dalla sottomissione delle passioni, del diavolo e della morte, cosa che costituisce l’autentica pastorale della Chiesa. Se a qualcuno mancano questi prerequisiti, parlerà con grazia invece che teologicamente; esteticamente anziché asceticamente.
Le omelie dell’anziano Efraim si svolgono all’interno di questi confini. Inequivocabilmente, il materiale della sua lezione deriva dalle Sacre Scritture, che sono le parole dei profeti e degli apostoli, testimoni immediati del Verbo incorporeo e incarnato; dagli scritti dei santi Padri della Chiesa, che sono i successori dei Santi Apostoli e i portatori dell’esperienza apocalittica della Pentecoste; da “Le vite dei Padri del deserto” e dal Sinaxarion della Chiesa, in cui sono visibili le vite dei membri veri e santificati della Chiesa, che sono simultaneamente membra non del mistico ma del vero Corpo di Cristo; e da narrazioni tratte e riferite ad asceti santificati del Monte Athos. Soprattutto, però, queste parole spirituali sono plasmate dalle esperienze personali dell’anziano Efraim, ed è per questo che vengono offerte in modo autentico, con semplicità, serenità e mitezza, che sono i frutti dell’esicasmo ortodosso.
Ho letto con attenzione e preghiera le omelie contenute in questo primo volume, la maggior parte nella quiete della Dormizione del Sacro Monastero Theotokos Ampelakiotissa, che si trova all’interno della nostra Santa Metropoli. Mentre leggevo questi scritti, fui edificato spiritualmente e si creò dentro di me uno stato di preghiera. Soprattutto, ho visto chi era l’uomo prima della caduta, dove è finito dopo la caduta e come può essere liberato dal dominio della morte. Queste omelie sono davvero vive, istruttive, stimolanti e portano al pentimento, i segni di un autentico insegnamento ortodosso. Queste omelie, proprio come con le parole di uomini che possiedono lo Spirito Santo e hanno raggiunto la comunione con Cristo attraverso il sacro esicasmo, danno l’impressione che la mente di chi parla si stia muovendo oltre i confini umani.
Quando ebbi finito di leggere queste omelie, mi venne in mente il seguente versetto dell’apostolo Paolo: «Nessuno vi derubi del premio con un pretesto di umiltà e di culto degli angeli, fondandosi su cose che non ha visto, essendo temerariamente gonfio a motivo della sua mente carnale, e non attenendosi al Capo, da cui tutto il corpo, ben nutrito e tenuto insieme mediante le giunture e le articolazioni, cresce con l’accrescimento che viene da Dio» (Col 2,18-19).
L’apostolo Paolo fa qui riferimento a una situazione esistita durante il suo tempo, che riguardava la fede degli angeli, e a visioni originate dall’uomo caduto e secolare. Ancora oggi possiamo affermare che esistono molte fedi angeliche (cioè demoniache), che si basano sulla mente secolare presuntuosa, fantasie immaginarie, visioni demoniache e costumi sociali, e non sull’insegnamento autentico che emana dall’unione con Cristo, il Capo della Chiesa. Sono dunque appropriate le parole dell’apostolo Paolo: «Se pertanto siete morti con Cristo agli elementi del mondo, perché lasciarvi imporre dei precetti, come se viveste ancora nel mondo» (Col 2,20).
Poiché viviamo in una società secolarizzata che spesso influenza lo stato di cose ecclesiastico, dobbiamo lottare umilmente con tutti i prerequisiti ecclesiastici ortodossi descritti dagli insegnamenti dei santi, che sono i veri membri del Corpo di Cristo. Dobbiamo essere strettamente uniti al Capo della Chiesa che è Cristo e, come membra del Corpo di Cristo, dobbiamo essere nutriti e tenuti insieme dal Capo, e crescere spiritualmente, cioè tutto il nostro essere deve “crescere con l’accrescimento che viene da Dio” (Col 2,19). Il nostro scopo nella vita deve essere quello di crescere in Dio e di avanzare dal nostro attuale stato decaduto al Paradiso, dal nostro attaccamento al diavolo alla deificazione, che è esattamente “l’aumento di Dio”.
Questa crescita spirituale è facilitata dalle omelie dell’anziano Efraim, che mi ricordano non solo un autentico insegnamento monastico, ma anche lo spirito del Monte Athos come lo incontrai negli anni ’60 e ’70, e come è testimoniato oggi dai santi monaci athoniti che conducono una vita ascetica ed esicastica.
Sento il bisogno di ringraziare il venerabile anziano Ephraim per le fatiche che ha intrapreso per acquisire questa conoscenza di Dio, e gli chiedo di pregare anche per me e per tutti noi che siamo impegnati nella pastorale del popolo, per non perdere lo scopo più profondo e fondamentale del ministero pastorale, che è quello di condurre le persone, in primis noi stessi, dall’“immagine” alla “somiglianza” di Dio, dalle tenebre della mente all’illuminazione e alla deificazione. Dobbiamo capire bene che lo scopo del cristianesimo non è semplicemente quello di svolgere un certo lavoro sociale, ma secondo l’accurata affermazione di san Gregorio di Nissa, “il cristianesimo è l’emulazione della natura divina”.
Sant’Ignazio Bryanchaninov (1807–1867): Sulla preghiera di Gesù (III)
Sulla preghiera di Gesù
Sezione III. Sull’esercizio della preghiera di Gesù
Apprendista. Spiegaci il modo corretto di praticare la preghiera di Gesù.
Anziano. Il corretto esercizio della Preghiera di Gesù deriva di per sé da concetti corretti su Dio, sul nome santissimo del Signore Gesù e sulla relazione dell’uomo con Dio.
Dio è un essere infinitamente grande, tutto perfetto, il Creatore e Ricreatore delle persone, il Signore sovrano sulle persone, sugli angeli, sui demoni, su tutta la creazione, visibile e invisibile. Questo concetto di Dio ci insegna che dobbiamo stare davanti a Dio in preghiera nella più profonda riverenza, nel più grande timore e tremore, dirigendo tutta la nostra attenzione su di Lui, concentrando nell’attenzione tutte le forze della mente, del cuore, dell’anima, rifiutando la mente-assente e il sognare ad occhi aperti come violazione dell’attenzione e riverenza, come violazione della correttezza nello stare davanti a Dio, correttezza urgentemente richiesta dalla grandezza di Dio (Giovanni 4 :23–24; Matteo 22:37; Marco 12:29–30; Luca 10:27). Isacco il Siro disse magnificamente: “Quando ti inchini davanti a Dio in preghiera, sii, nel tuo pensiero, come una formica, come un rettile terrestre, come un verme, come un bambino balbettante. Non dire nulla di ragionevole davanti a Lui; avvicinati a Dio in modo infantile» [1]. Coloro che hanno acquisito la vera preghiera sentono un’indescrivibile povertà di spirito quando stanno davanti a Dio, glorificandolo, confessandolo, gettando le loro richieste davanti a Lui. Si sentono come distrutti, come se non esistessero. È naturale! Quando chi prega sente abbondantemente la presenza di Dio, la presenza della Vita stessa, Vita immensa e incomprensibile, allora la sua stessa vita gli appare come la più piccola goccia rispetto all’oceano sconfinato. Il giusto e longanime Giobbe giunse in tale stato, avendo raggiunto il più alto progresso spirituale. Si sentiva “sciolto” (Gb 42,6), come la neve si scioglie e scompare quando i raggi del sole cocente cadono su di essa.
Il nome di nostro Signore Gesù Cristo è Divino; il potere e l’azione di questo nome sono Divini; sono onnipotenti e salvifici; sono al di sopra del nostro concetto, inaccessibili ad esso. Con fede, speranza, zelo, uniti con grande riverenza e timore, compiamo la grande opera di Dio insegnata da Dio: affatichiamoci nella preghiera nel nome di nostro Signore Gesù Cristo. “L’incessante invocazione del nome di Dio”, dice il Grande Barsanufio, “è una guarigione che uccide non solo le passioni, ma la loro stessa azione. Come il medico applica medicine o cerotti alla ferita dell’afflitto, ed essi agiscono, e il malato non sa come si fa, così proprio il nome di Dio, invocato, uccide tutte le passioni, anche se non sappiamo come questo è fatto. [2]
Il nostro stato abituale, lo stato di tutta l’umanità, è uno stato di caduta, illusione, distruzione. Rendendoci conto e, nella misura della coscienza, sentendo questo stato, gridiamo in preghiera, gridiamo con contrizione di spirito, gridiamo con pianto e gemito, gridiamo misericordia. Rinunciamo a ogni godimento spirituale, a tutti gli alti stati di preghiera, in quanto indegni e incapaci di essi. Non c’è modo di cantare “il canto del Signore in terra straniera” – in un cuore pieno di passioni. Se sentiamo un invito a cantarlo, allora puoi sapere con certezza che questo invito è fatto da “coloro che ci hanno ingannato”. “Sui fiumi di Babilonia” si può e si deve solo piangere. (Sal 136:1, 3-4)
Tale è l’istruzione generale per la pratica della preghiera di Gesù, tratta dalla Sacra Scrittura e dagli scritti dei santi Padri, da pochissimi colloqui con veri libri di preghiere. Da istruzioni private, principalmente per principianti, ritengo utile citare quanto segue:
San Giovanni della Scala consiglia di rinchiudere la mente nelle parole di preghiera, e, per quante volte essa venga eliminata dalle parole, di reintrodurla [3]. Questo meccanismo è particolarmente utile e particolarmente conveniente. Quando la mente è in questo modo nell’attenzione, allora il cuore entrerà in simpatia con la mente con tenerezza, – la preghiera sarà eseguita congiuntamente dalla mente e dal cuore. Le parole della preghiera devono essere pronunciate molto lentamente, anche estese, in modo che la mente abbia la possibilità di essere racchiusa nelle parole. Consolando e istruendo i monaci cenobiti impegnati nell’obbedienza monastica, incoraggiandoli alla diligenza e alla diligenza nella preghiera, Ladder dice: “Dai monaci impegnati nell’obbedienza, Dio non richiede la preghiera completamente pura dalla distrazione. Non perderti d’animo se sei derubato dalla distrazione! Sii misericordioso e forza costantemente la tua mente a tornare a te stesso. La perfetta libertà dalla distrazione è proprietà degli Angeli” [4]. «Schiavitù delle passioni! Preghiamo il Signore costantemente, inesorabilmente, perché tutti gli impassibili sono passati» — con tale preghiera — «allo stato di distacco dallo stato di passione. Se alleni instancabilmente la tua mente affinché non vada da nessuna parte» – dalle parole della preghiera – «allora sarà con te durante il tuo pasto. Ma se gli permetti di vagare ovunque senza restrizioni, allora non sarà mai in grado di stare con te. Il grande autore di una preghiera grande e perfetta disse: “ma in assemblea preferisco dire cinque parole con la mia intelligenza (ndt. νοῒ…altra grafia per νοῦς) per istruire anche gli altri, piuttosto che diecimila parole con il dono delle lingue.» (1 Corinzi 14:19)… “Tale preghiera” – una graziosa preghiera della mente nel cuore, priva di librarsi – “non è caratteristica dei bambini, e quindi noi, come bambini, ci preoccupiamo della qualità della preghiera” – circa l’attenzione racchiudendo la mente nelle parole – “pregheremo molto. La quantità è la causa della qualità. Il Signore dona una preghiera pura a coloro che pregano pigramente, molto e costantemente con le loro preghiere contaminate dalla distrazione.[5]. I monaci novizi hanno bisogno di molto tempo per imparare a pregare. È impossibile, poco dopo essere entrati in un monastero o dopo essere entrati in un’impresa, raggiungere questa virtù suprema. Sia il tempo che la gradualità nel raggiungimento sono necessari affinché l’asceta sia maturo per la preghiera sotto tutti gli aspetti. Come il fiore e il frutto crescono su uno stelo o su un albero, che essi stessi devono prima essere seminati e crescere, così la preghiera cresce sulle altre virtù, altrimenti non può apparire se non su di esse. Non presto il monaco affronterà la sua mente; non abituerà presto la sua mente a rimanere nelle parole di preghiera, per così dire, in reclusione e isolamento. Distratta dalle passioni, impressioni, ricordi, affanni che gli sono abituati, la mente del novizio rompe incessantemente i legami che lo salvano, abbandona la via stretta, si lascia trasportare in quella larga; ama vagare liberamente nei cieli, in una terra di seduzione, con gli spiriti scesi dal cielo, vagando senza meta, avventatamente, dannoso per sé stessi. Le passioni – questi disturbi morali di una persona – diventano il motivo principale di distrazione durante la preghiera. In corrispondenza dell’indebolimento delle passioni, la distrazione diminuisce. Le passioni sono frenate e mortificate a poco a poco dalla vera obbedienza e dall’abnegazione e dall’umiltà che scaturiscono dalla vera obbedienza. Obbedienza, abnegazione e umiltà sono le virtù su cui si basa il successo nella preghiera. L’indifferenza, accessibile a una persona, è concessa da Dio a tempo debito a un tale asceta della preghiera che, con la costanza e lo zelo nell’impresa, dimostra la sincerità del suo desiderio di acquisire la preghiera.
Il sacerdote monaco Dorotheos [6] , nostro connazionale, grande mentore dell’impresa spirituale, che in questa dignità si avvicina a sant’Isacco di Siria, consiglia a coloro che stanno imparando la Preghiera di Gesù di pronunciarla prima vocalmente. Dice che la preghiera vocale stessa passa poi nella mente [7] . “Da una preghiera vocalei”, dice il monaco, “scaturisce la preghiera noetica, e dalla preghiera noetica nasce la preghiera del cuore. Non pronunciare la Preghiera di Gesù ad alta voce, ma sottovoce, ad alta voce solo per te stesso” [8]. In una speciale condizione di distrazione, tristezza, sconforto, pigrizia, è molto utile eseguire vocalmente la preghiera di Gesù: in risposta alla preghiera vocale di Gesù, l’anima viene gradualmente risvegliata da un pesante sonno morale, in cui tristezza e sconforto di solito hanno la meglio. È molto utile eseguire vocalmente la preghiera di Gesù durante un’intensa invasione di pensieri e sogni di lussuria e rabbia carnale, quando la loro azione infiamma e ribolle il sangue, la pace e il silenzio vengono portati via dal cuore, quando la mente vacilla, si indebolisce, come sovvertito e vincolato da una moltitudine di pensieri e sogni osceni: Gli ariosi principi della malizia, la cui presenza non è condannata dagli occhi del corpo, ma è riconosciuta dall’anima per il loro effetto su di essa, avendo udito il terribile nome del Signore Gesù, saranno perplessi e confusi, saranno spaventati, non indugeranno ad allontanarsi dall’anima. Il metodo offerto dal sacerdote è molto semplice e conveniente. Deve essere connesso con il meccanismo indicato da San Giovanni della Scala, cioè pronunciare la Preghiera di Gesù ad alta voce, ad alta voce solo per te, lentamente, e racchiudendo la mente nelle parole della preghiera; il racchiudersi della mente nelle parole della preghiera è lasciata in eredità dal monaco stesso [9] .
Il meccanismo di San Giovanni della Scala deve essere osservato anche nel metodo esposto dal monaco Nilo di Sorsk nella 2a Parola della sua Tradizione o nella Carta di Skete. San Nilo ha preso in prestito il suo metodo dai Padri greci, Simeone il Nuovo Teologo e Gregorio del Sinai, e lo ha alquanto semplificato. San Nilo dice: “Quello che hanno detto questi santi sul trattenere il respiro, cioè non respirare spesso, e l’esperienza insegnerà presto che questo è molto utile per raccogliere la mente”. Alcuni, non comprendendo questo meccanismo, gli attribuiscono un’importanza eccessiva, trattengono eccessivamente il respiro e quindi danneggiano i polmoni, danneggiando allo stesso tempo l’anima assimilando ad essa il concetto di sbagliato. Tutte le azioni eccessive e inutilmente intense servono da ostacolo al successo nella preghiera, che si sviluppa solo nel seno di uno stato d’animo pacifico, tranquillo e riverente nell’anima e nel corpo.[10] .
Per coloro che stanno iniziando a imparare la preghiera di Gesù, la regola quotidiana della cella da un certo numero di prostrazioni e inchini, secondo la forza, è molto utile per impararla. Gli inchini vengono fatti lentamente, con un sentimento di pentimento, e ad ogni inchino viene recitata la preghiera di Gesù. Un esempio di questa preghiera può essere visto nel “Discorso sulla fede” di san Simeone, il Nuovo Teologo [11]. Descrivendo l’atto quotidiano di preghiera serale del beato giovine Giorgio, san Simeone dice: pregò il Signore con le lacrime affinché il Signore avesse pietà di lui. Mentre pregava, stava immobile, come una specie di pilastro, non concedendosi alcun movimento né con le gambe né con qualsiasi altra parte del corpo, non permettendo che gli occhi si volgessero ai lati con curiosità: stava in piedi con grande timore e tremore, non permetteva di appisolarsi, non permetteva sconforto e pigrizia. Il numero delle prostrazioni, per la prima volta, può essere limitato a dodici. Considerando le forze, la comodità fornita dalle circostanze, questo numero può aumentare costantemente. Quando moltiplichiamo il numero degli inchini, dobbiamo osservare rigorosamente in modo che la qualità dell’impresa orante sia preservata, in modo da non essere portati via da una quantità infruttuosa e dannosa, per fervore carnale. Attraverso i piegamenti il corpo si scalda, si stanca un po’; un tale stato del corpo favorisce l’attenzione e la tenerezza. Attenzione, attenzione, affinché questo stato non si trasformi in eccitazione carnale, estranea alle sensazioni spirituali, sviluppando un senso della natura dei caduti. La quantità, così utile quando l’umore e lo scopo sono giusti, può essere molto dannosa quando porta alla febbre carnale. Il fervore carnale è conosciuto dai suoi frutti; in essi differisce dal calore spirituale. I frutti dell’eccitazione carnale sono la presunzione, la fiducia in sé stessi, l’arroganza, l’esaltazione, altrimenti l’orgoglio nelle sue varie forme, a cui il prelest è convenientemente innestato. I frutti del calore spirituale sono il pentimento, l’umiltà, il pianto, le lacrime. È più conveniente eseguire la regola con gli inchini quando si va a letto: in questo momento, dopo il completamento delle cure quotidiane, puoi rendere la regola più lunga e più concentrata. Ma sia al mattino che a metà giornata, è utile, soprattutto per i giovani, fare un numero moderato di inchini: 12 e fino a 20. Queste prostrazioni supportano l’umore della preghiera e la crocifissione della carne, mantengono e rafforzano lo zelo per l’impresa orante.
Il consiglio che ho offerto, credo, sia sufficiente per un principiante che vuole imparare la preghiera di Gesù: “La preghiera”, disse il monaco Meletios Confessore, “non richiede un maestro, ma diligenza, diligenza e zelo speciale, e Dio è il suo maestro” [12]. I Santi Padri, dopo aver scritto molte opere sulla preghiera per darne all’operaio una giusta comprensione e una giusta guida al suo esercizio, offrono e incoraggiano ad entrare nell’impresa stessa per ottenere la conoscenza essenziale, senza la quale l’insegnamento dalla parola, seppur tratta da esperimenti, è morta, oscura, non è chiaro come debba essere spiegata e rivitalizzata dagli esperimenti. Al contrario, chi è attentamente impegnato nella preghiera ed è già riuscito in essa, dovrebbe spesso volgersi agli scritti dei Santi Padri sulla preghiera, credere e guidarsi da essi, ricordando che il grande Paolo, pur avendo avuto la testimonianza dello Spirito, che ha superato ogni testimonianza nel suo vangelo, andò a Gerusalemme e offrì agli apostoli che erano là il vangelo, da lui annunziato tra le genti, perché fossero presi in considerazione: – “per non trovarmi nel rischio di correre o di aver corso invano” (Gal 2:2) ”, dice.
Apprendista. Quali libri dei Santi Padri dovrebbero essere letti da coloro che desiderano impegnarsi nella preghiera di Gesù sotto la guida dell’insegnamento ispirato da Dio?
Anziano. Dipende dal tipo di vita che conduce l’asceta della preghiera. Considera gli scritti di Kallistos e Ignatius Xanthopoulos sul silenzio e la preghiera, e vedrai che è stato scritto per i monaci che sono in isolamento o conducono una vita eremitica, simile alla vita dei monaci dello Skete egiziano, in cui viveva ogni anziano in una cella separata, con uno, due e non più di tre discepoli. Coloro che conducono questo tipo di vita, i Santi Padri chiamano silenziosi [13]. Il silenzioso dispone di se stesso e del suo tempo a propria discrezione o secondo l’usanza mutuata dai suoi mentori, ed i monaci che si trovano nel cenobio sono obbligati a partecipare al culto pubblico e a dedicarsi alle obbedienze monastiche, non avendo né il diritto né il possibilità di disporre arbitrariamente di se stessi e del proprio tempo; inoltre, solo coloro che hanno avuto successo nella vita monastica, che l’hanno precedentemente studiata in un cenobio, e sono stati onorati di una discesa piena di grazia, possono tacere; e quindi i libri dei Santi Padri, scritti per coloro che tacciono, non sono in alcun modo adatti ai principianti e, in generale, ai monaci che lavorano nei monasteri cenobitici. Quanto è stato detto sul libro di Xanthopoulos va detto anche sui libri di Gregorio del Sinai, Isacco il Siro, Nil di Sorsk e il monaco Doroteo. Coloro che sono impegnati nella preghiera, mentre sono impegnati in obbedienze monastiche, possono familiarizzare con questi libri, ma non per guidarli, ma solo per conoscenza, pur osservando la prudenza affinché non lo conducano prematuramente alla solitudine o ad un’impresa insolita. Entrambi accadono spesso a danno più grande degli ingannati da una gelosia sconsiderata. I bambini e i giovani, quando, per stoltezza e frivolezza, tentano di sollevare un peso che supera le loro forze, si lacerano, spesso si autodistruggono completamente: anche chi non è maturato in età spirituale è soggetto a grandi disastri a causa dell’impresa spirituale che non corrisponde alla loro dispensazione, cadono spesso in un disordine irreparabile. Gli scritti dei santi Esichio, Filoteo e Teolitto, collocati nella seconda parte della Filocalia, sono molto utili per i monaci cenobiti e solitari. Particolarmente utili sono le prefazioni dello schemamonaco Basilio: espongono la dottrina della preghiera di pentimento, la dottrina è così utile, tanto necessario per il nostro tempo. Ci sono molte istruzioni istruttive sulla preghiera nel libro di Barsanuphius il Grande; da notare che nella prima metà si trovano risposte ai silenziosi, e nella seconda, dalla 220a risposta, ai monaci che lavoravano nel cenobio.
Apprendista . Che cosa significa il luogo del cuore, di cui parlano i santi Simeone, il Nuovo Teologo, il monaco Niceforo e altri Padri?
Anziano. È la forza mentale o spirito di una persona, presente nella parte superiore del cuore, sotto il capezzolo sinistro, proprio come la mente è presente nel cervello. Quando si prega, è necessario che lo spirito si unisca alla mente e reciti una preghiera insieme ad essa, e la mente agisca con parole pronunciate da un pensiero o con la partecipazione della voce, e lo spirito agisca con un sentimento di tenerezza o piangendo. L’unione è concessa a tempo debito dalla grazia divina, ma per un nuovo inizio è sufficiente che lo spirito simpatizzi e aiuti la mente. Pur mantenendo l’attenzione con la mente, lo spirito proverà sicuramente tenerezza. “Spirito” è solitamente chiamato “cuore”, così come al posto della parola “mente” si usa la parola “testa”. Pregate con attenzione, in contrizione di spirito, aiutandovi con i suddetti meccanismi; allo stesso tempo, si aprirà da sola la conoscenza sperimentale del luogo del cuore.
Apprendista . Mi sembrava che tu fossi riluttante a rispondere alla mia domanda sul posto del cuore, e rimandandomi alle prefazioni di Schemamonaco Basil, hai evitato di esporre i tuoi concetti e punti di vista. Ti prego, per il mio beneficio e per gli altri, rispondi francamente alla mia domanda.
Anziano . La tua domanda ha portato dolore nel mio cuore. Questa domanda mi è stata posta da molti – ed era spesso un’espressione che esprimeva uno stato di autoillusione, uno stato di danno mentale. Con difficoltà, il danno mentale causato da un esercizio improprio nelle imprese spirituali viene corretto – per la maggior parte rimane incorreggibile. Rimane incorreggibile sia per l’orgoglio del ferito, sia per la fine del danno. Il veleno della menzogna è terribile: persiste con ostinazione in chi l’ha accettato arbitrariamente; lascia l’azione mortale in coloro che, accorgendosi di essa, non l’hanno rifiutata e non l’hanno scacciata da sé con risoluta abnegazione. Creatori [14] di castelli in aria, vedendo la loro costruzione innalzarsi al cielo, ammirano e si dilettano di questo spettacolo seducente: non amano il richiamo del comandamento evangelico, che annuncia che conviene che ogni «uomo che costruisce una casa, ha scavato molto profondo e ha posto le fondamenta sopra la roccia.» (Lc 6,48). La pietra è Cristo. Cristo sta davanti agli occhi della nostra mente nel Vangelo: sta davanti agli occhi della mente con la sua condotta; sta davanti agli occhi della mente per il Suo insegnamento; davanti agli occhi della mente per i suoi comandamenti; davanti agli occhi della mente per la sua umiltà, per la quale «obbedì fino alla morte, ma alla morte di croce» (Fil 2,8). Prende su di sé il duro lavoro di scavare la terra e vi si addentra, chi, contrariamente all’inclinazione del cuore, scende nell’umiltà, chi, rifiutando la sua volontà e la sua mente, cerca di studiare con accuratezza i comandamenti di Cristo e la tradizione della Chiesa Ortodossa, per seguirli con accuratezza; pone solide pietre a fondamento, il quale, prima e al di sopra di tutti gli altri asceti, ha cura di correggere e dirigere la sua moralità secondo il comportamento, l’insegnamento e il testamento di nostro Signore Gesù Cristo. Non c’è posto per la vera preghiera in un cuore che non è ben organizzato e non sintonizzato sui comandamenti del Vangelo. Al contrario, l’illusione è piantata in ciascuno di noi da una caduta: «secondo questo stato di illusione, che è proprietà inalienabile di ciascuno di noi, di solito la mente», dice san Gregorio del Sinai, «soprattutto in gente frivola, sforzarsi prematuramente di assimilare alti stati oranti, e così si perde la piccola dispensa data da Dio, e l’operaio è colpito dalla morte per tutto ciò che è buono. E quindi bisogna riflettere attentamente su sé stessi, per non cercare prematuramente ciò che arriva a tempo debito, e per non rifiutare ciò che viene consegnato, dirigendosi verso la ricerca dell’altro. È naturale che la mente sogni alti stati di preghiera che non ha ancora raggiunto e li “perverta” nel suo sogno o nella sua opinione. È molto pericoloso che un tale lavoratore non perda ciò che gli viene dato, in modo che non subisca follia su follia per l’azione del delirio [15]. Il prelest, in misura maggiore o minore, è una conseguenza logica necessaria di un’impresa orante scorretta.
La vita monastica è una scienza delle scienze, una scienza divina. Questo vale per tutte le imprese monastiche, specialmente per la preghiera. Ogni scienza ha il suo inizio, la sua gradualità nell’insegnamento della conoscenza, i suoi esercizi finali; così nell’insegnamento della preghiera c’è il suo proprio ordine, il suo proprio sistema. L’attenta adesione a un ordine, o, ciò che è lo stesso, a un sistema, è in ogni scienza una garanzia di un completo successo in esso; così il corretto esercizio della preghiera serve come garanzia di successo in essa, quel successo, con il quale piace a Dio avere pietà dell’asceta. Il rifiuto del sistema nello studio delle scienze serve come fonte di concetti perversi, fonte di conoscenza peggiore dell’ignoranza, essendo una conoscenza errata e negativa; tale è la conseguenza di un esercizio indiscriminato della preghiera. Inevitabile la conseguenza naturale di un simile esercizio è l’inganno. Il monachesimo fatto da sé non è monachesimo. Questo è un incantesimo! Questa è una caricatura, una distorsione del monachesimo! Questa è una presa in giro del monachesimo! Questo è autoinganno! Questo è agire, molto capace di attirare l’attenzione e la lode del mondo, ma rifiutato da Dio, estraneo ai frutti dello Spirito Santo, ricco di frutti che vengono da Satana.
Molti, avendo sentito la disposizione e lo zelo per la realizzazione spirituale, intraprendono questa conquista in modo avventato e leggero. Si arrendono a lui con tutto zelo e fervore, con tutta sconsideratezza, non rendendosi conto che questo zelo e fervore sono i più sanguinosi e carnali, che sono pieni di impurità; non rendendosi conto che quando si studia la scienza delle scienze – la preghiera, è necessaria la guida più fedele, la massima prudenza e cautela. Ahimè! Le vie di Dio, quelle giuste, ci sono nascoste; ci sono nascoste a causa della cecità prodotta e mantenuta in noi dalla caduta. Eleggiamo come leader principalmente quei mentori che il mondo ha proclamato santi e che sono o nel profondo dell’illusione o nel profondo dell’ignoranza. I libri scritti da asceti eterodossi, che erano nella più terribile illusione demoniaca, sono eletti come capi, in comunione con i demoni. I Santi Padri della Chiesa Ortodossa sono eletti come capi degli scritti della Chiesa Ortodossa, che espongono la sublime impresa orante dei monaci di successo, un’impresa inaccessibile alla comprensione dei novizi, non solo per seguirla – e il frutto di impresa spirituale è un mostruoso disordine mentale, la morte. “Semina il grano, ma respingi le spine” (Ger 12,13), lo Spirito Santo parla con dolore a coloro che trasformano il bene in male abusando del bene. Triste, solo una triste vista! Sull’opera più sublime della mente, sull’opera che eleva a Dio colui che cammina per i passi stabiliti, l’annebbiamento e la corruzione della mente, la follia, la follia, la schiavitù dei demoni, la morte si acquistano con l’azione sbagliata. Un tale spettacolo, uno spettacolo che spesso si presentava ai miei occhi, è stato motivo di dolore per il mio cuore alla tua domanda. Non mi piacerebbe sentirlo da te o da nessuno degli altri nuovi arrivati. «Non vi è utile», dicevano i Padri, «conoscere il prossimo prima di acquisire una conoscenza sperimentale del precedente» [16]. Tale curiosità è segno di pigrizia e di ragione arrogante [17]. Ho indicato le prefazioni dello schemamonaco Basil come l’opera di un vero orante, particolarmente utile per i tempi moderni. Questo lavoro istruisce una comprensione infallibile degli scritti dei Padri sugli atti di preghiera, scritti compilati per monaci di successo, principalmente per coloro che tacciono.
Per esaudire il tuo desiderio, ti ripeterò, solo in altre parole, ciò che ho già detto. L’esercizio della preghiera di Gesù ha due divisioni o periodi principali, che terminano con la preghiera pura, che è coronata da distacco o perfezione cristiana in quegli asceti ai quali Dio si compiace di donarla. Dice sant’Isacco di Siria: «Non a molti è stata concessa la preghiera pura, ma a pochi: colui che è giunto al sacramento che avviene dopo di questo e passa dall’altra parte (Giordano), difficilmente se ne incontra uno di generazione in generazione, per la “grazia e benevolenza” di Dio” [18]. Nel primo periodo, è lasciato a chi prega di pregare con i propri sforzi; la grazia di Dio assiste senza dubbio colui che prega bene intenzionato, ma non ne rivela la presenza. In questo tempo, le passioni, nascoste nel cuore, mettono in moto ed elevano l’oratore a imprese da martire, in cui vittorie e vittorie si sostituiscono incessantemente [19] , in cui il libero arbitrio di una persona e la sua debolezza sono espressi con chiarezza [20]. Nel secondo periodo, la grazia di Dio manifesta palpabilmente la sua presenza e la sua azione, unendo la mente al cuore, rendendo possibile la preghiera senza librarsi o, il che è lo stesso, senza distrazione, con pianto accorato e calore; allo stesso tempo, i pensieri peccaminosi perdono il loro potere violento sulla mente. I Santi Padri indicano questi due stati. Di questi, il monaco Nilo di Sorsk, riferendosi al monaco Gregorio del Sinai, dice: “Quando viene l’azione della preghiera, allora tiene la mente per sé, la riempie e la libera dal librarsi” [21]. Per coloro che non hanno acquisito un’azione piena di grazia, il monaco riconosce l’allontanamento della mente dalla distrazione e dalla preghiera attenta come l’impresa più difficile; difficile e scomoda [22]. Per raggiungere il secondo stato è necessario passare attraverso il primo, è necessario mostrare e provare la solidità della propria volontà, e «portare frutto con pazienza» (Lc 8,15). Il primo stato di chi prega può essere paragonato agli alberi spogli durante l’inverno; il secondo – agli stessi alberi, ricoperti di foglie e fiori dovuto all’azione del calore primaverile. Gli alberi accumulano il potere di produrre foglie e fiori durante l’inverno, quando il loro stato mostra unì immagine di sofferenza, uno stato nel territorio della morte. Non lasciamoci tentare dal Signore! Non permettiamoci di accostarci a Lui con leggerezza, senza paura, con doppiezza, con uno stato d’animo di esitante curiosità, per la quale è vietato l’ingresso nella terra promessa (Eb 3:8–11, 18–19). Avviciniamoci come coloro che sono periti, come coloro che hanno un bisogno essenziale della salvezza, che è elargita da Dio per il vero pentimento. Per l’anima lo scopo della preghiera, in entrambi gli stati, dovrebbe essere il pentimento. Per il pentimento portato avanti con i suoi stessi sforzi, Dio concederà, a tempo debito, un pentimento pieno di grazia – e lo “Spirito Santo”, essendosi stabilito in una persona, “intercede” per lui con “gemiti che non possono essere pronunciati”: Egli «intercede per i santi» secondo la volontà di Dio, che solo Lui conosce. (Rom 8:26-27).
Da ciò risulta chiaro che per un principiante la ricerca di un luogo del cuore, cioè la ricerca di scoprire in sé l’azione prematura e prematuramente chiara della grazia, è l’impresa più erronea, pervertendo l’ordine, il sistema della scienza. Un’impresa del genere è un’impresa orgogliosa e folle! L’uso dei meccanismi proposti dai Santi Padri per i monaci di successo, per coloro che tacciono, non corrisponde al nuovo inizio. Durante l’esercizio della preghiera, i principianti devono prestare la massima attenzione, racchiudendo la mente nelle parole della preghiera, pronunciando le parole molto lentamente in modo che la mente abbia il tempo di essere contenuta in esse, e respirando tranquillamente ma liberamente. Alcuni pensavano che ci fosse qualcosa di particolarmente importante nella produzione stessa del respiro, e non rendendosi conto che il respiro tranquillo e calmo era comandato dai Padri per evitare la distrazione della mente, cominciarono a trattenere eccessivamente il respiro, e per questo turbavano la salute fisica, che è così utile nell’impresa orante. “Tieni”, dice san Gregorio del Sinai, “il respiro, cioè il movimento della mente, che chiude più bocche mentre si esegue la preghiera, e non il respiro delle narici, cioè sensuale, come fanno gli ignoranti, per non farsi male, gonfiandosi” [23]. Non solo nel processo di respirazione, ma in tutti i movimenti del corpo, si dovrebbe osservare calma, tranquillità e modestia. Tutto ciò contribuisce notevolmente a mantenere la mente dalla distrazione. La mente che prega con attenzione attirerà certamente il cuore alla compassione per sé stessa, a un sentimento di pentimento. Tra la simpatia del cuore con la mente e l’unione della mente con il cuore o la discesa della mente nel cuore c’è la differenza più grande. San Giovanni della Scala riconosce un progresso significativo nella preghiera quando la mente rimarrà nelle sue parole [24]. Questo grande maestro dei monaci afferma che la preghiera di colui che prega costantemente e diligentemente, quando la mente è racchiusa nelle parole della preghiera, per un sentimento di pentimento e di pianto, sarà certamente oscurata dalla grazia divina [25]. Quando la preghiera è oscurata dalla grazia divina, allora non solo si aprirà il luogo del cuore, ma l’intera anima sarà attratta da Dio da una forza spirituale incomprensibile, trascinando con sé il corpo. La preghiera di coloro che vi riescono è pronunciata da tutto l’essere. L’intera persona diventa, per così dire, con una bocca. Non solo il “cuore” di una persona rinnovata, non solo “l’anima”, ma anche la “carne” è colma di consolazione spirituale e di gioia, di gioia nel “Dio vivente” (Sal 83,3), in Dio, agendo in modo tangibile e potente per sua grazia. “Tutte le ossa” in un vero libro di preghiere “dicono: Signore, Signore, chi è come te? libera il povero dalla mano di coloro che lo rafforzano, e il misero da coloro che depredano la sua preghiera e speranza: dai pensieri e dalle sensazioni derivanti da una natura decaduta ed eccitata dai demoni (Sal 34,10). Tutti i cristiani dovrebbero sforzarsi di riuscire nella preghiera di pentimento; i Santi Padri invitano tutti i cristiani ad esercitarsi nella preghiera di pentimento e a riuscirci. Al contrario, proibiscono rigorosamente lo sforzo prematuro di ascendere con la mente nel santuario del cuore per la preghiera piena di grazia, quando questa preghiera non è ancora stata data da Dio. La proibizione è accoppiata con una terribile minaccia. «La preghiera intelligente», dice il monaco Nilo di Sorsk, ripetendo le parole del monaco Gregorio del Sinai, «è al di sopra di tutte le azioni, e capo delle virtù, come l’amore di Dio. Chi vuol entrare spudoratamente e arditamente in Dio, e spesso dialogare con Lui, avendo bisogno di acquistarlo in sé, è convenientemente messo a morte dai demoni» [26].
Vi prego, vi prego di prestare tutta la dovuta attenzione al formidabile precetto dei Padri. So che alcune persone ben intenzionate, ma che cadono effettivamente nella fornicazione, incapaci, per una sfortunata abitudine, di trattenersi dal cadere, tentano di praticare la preghiera accorata. Può esserci qualcosa di più sconsiderato, più ignorante, più audace di questa impresa? La preghiera di pentimento è rivolta a tutti senza eccezioni, sia a chi è posseduto dalle passioni sia a chi è soggetto a cadute violente. Hanno tutto il diritto di gridare al Signore per la salvezza; ma l’ingresso al cuore per il sacro servizio orante è loro proibito, è riservato esclusivamente al vescovo mistico, legalmente ordinato per grazia divina. Comprendi, comprendi che questo ingresso è aperto solo dal dito di Dio; si apre quando una persona non solo cessa dal peccato attivo, ma riceverà anche dalla destra di Dio la forza di resistere ai pensieri appassionati, di non lasciarsi trasportare e di non goderne. A poco a poco si costruisce la purezza del cuore, e Dio appare alla purezza “gradualmente” e “spiritualmente”. Gradualmente! Perché le passioni non diminuiscono e le virtù non aumentano di colpo: entrambe richiedono una notevole quantità di tempo.
Ecco il mio patto con te: non cercare un luogo del cuore. Non cercare invano di spiegarti cosa significa il luogo del cuore: questo può essere spiegato in modo soddisfacente solo con l’esperienza. Se piace a Dio di darti la conoscenza, Egli la darà a tempo debito, e in un modo che l’uomo naturale non può nemmeno immaginare. Impegnarsi esclusivamente e con ogni diligenza nella preghiera di pentimento, cercare di portare il pentimento attraverso la preghiera; sarai convinto del successo dell’impresa quando sentirai in te stesso povertà di spirito, tenerezza, pianto. Auguro a te e a te stesso lo stesso successo nella preghiera. Raggiungere stati benedetti soprannaturali è sempre stata una rarità. Pimen il Grande, monaco dello Skete egiziano, famoso per l’alta prosperità dei suoi monaci, vissuto nel V secolo, in cui fiorì soprattutto il monachesimo, diceva: “Molti parlano di perfezione tra noi, [27] . San Giovanni della Scala, scrittore asceta del VI secolo, testimonia che ai suoi tempi i vasi della grazia divina erano molto ridotti rispetto al tempo precedente, il santo ne vede la ragione in un cambiamento nello spirito umano e nella società, che ha perso la sua semplicità e si è infettata di astuzia [28]. San Gregorio del Sinai, scrittore del 14° secolo, osò dire che ai suoi tempi non c’erano affatto uomini beati, quindi divennero rari; il Sinaitico ne indica la ragione nell’insolito sviluppo dei vizi, scaturito dalle molteplici tentazioni [29]. Specialmente nel nostro tempo, chi fa la preghiera ha bisogno di osservare la massima cautela. Non abbiamo mentori ispirati da Dio! La castità, la semplicità, l’amore evangelico sono scomparsi dalla faccia della terra. Tentazioni e vizi si sono moltiplicati all’infinito! Il mondo è inghiottito dalla dissolutezza! Regna sulla società umana, come un tiranno sovrano, l’amore criminale in varie forme! È sufficiente, estremamente sufficiente, se siamo in grado di portare a Dio l’unico atto che è essenziale per la nostra salvezza: il pentimento.
Apprendista. La vita in un monastero è conveniente per insegnare la Preghiera di Gesù, in mezzo a una fratellanza più o meno numerosa e a un pettegolezzo, inevitabile nella folla di gente? Non è più conveniente per questo vivere nel silenzio?
Anziano. La vita in un monastero, specialmente in uno cenobitico, contribuisce all’apprendimento stabile e riuscito della preghiera per il principiante, se solo vive correttamente. A chi vive rettamente nella vita comunitaria vengono continuamente presentate occasioni di obbedienza e di umiltà, e queste virtù, più di tutte le altre, preparano e sintonizzano l’anima alla vera preghiera. «Dall’obbedienza viene l’umiltà», dicevano i Padri [30]. L’umiltà nasce dall’obbedienza e si mantiene nell’obbedienza, proprio come una lampada si mantiene accesa aggiungendo olio. L’umiltà porta nell’anima «la pace di Dio» (Fil 4,7). La pace di Dio è il luogo spirituale di Dio (Sal 75,3), cielo spirituale; le persone che sono entrate in questo cielo diventano uguali agli angeli e, come gli angeli, cantano incessantemente nel loro cuore un canto spirituale a Dio (Ef 5,19), cioè portano la preghiera pura e santa, che in coloro che sono riusciti è come una canzone e una canzone di canzoni. Per questo l’obbedienza, mediante la quale viene consegnato il tesoro inestimabile dell’umiltà, è riconosciuta unanimemente dai Padri [31] come la virtù monastica fondamentale, come la porta che conduce legittimamente e correttamente alla preghiera intelligente e accorata, o, ciò che è lo stesso, al vero sacro silenzio. San Simeone, il Nuovo Teologo, parla di preghiera attenta: «Secondo me, questo bene ci viene dall’obbedienza. La disobbedienza al padre spirituale rende tutti negligenti. Con quale cosa temporanea si può essere conquistati o ridotti in schiavitù? Quale dolore e quale cura può avere una persona simile?” [32]. Le preoccupazioni e le dipendenze, che deviano costantemente il pensiero su sé stessi, servono come motivo di intrattenimento durante la preghiera; l’orgoglio è causa di indurimento del cuore; la rabbia e il ricordo, basati sull’orgoglio, sono la causa della confusione del cuore. L’obbedienza è la causa iniziale che distrugge la distrazione, dalla quale la preghiera diventa infruttuosa; è causa dell’umiltà, l’umiltà distrugge l’amarezza, in cui è morta la preghiera; scaccia l’imbarazzo, in cui la preghiera è indecente, unge di tenerezza il cuore, da cui la preghiera prende vita, prende le ali, vola verso Dio. Di conseguenza, l’obbedienza non solo agisce contro la distrazione, ma protegge anche il cuore dalla durezza e dall’imbarazzo, lo mantiene costantemente mite, buono, costantemente capace di tenerezza, costantemente pronto a riversarsi davanti a Dio nella preghiera e nel lamento, tanti sinceri, “confessione” [33] dell’anima davanti a Dio e “apparizione” spirituale di Dio all’anima [34]. Se un monaco si comporta in un monastero come uno straniero, non facendo conoscenze fuori e dentro il monastero, non andando in celle fraterne e non ricevendo fratelli nella sua cella, non facendo eccessi nella cella, non esaurendo i suoi desideri, lavorando nelle obbedienze monastiche con umiltà e coscienziosità, ricorrendo spesso alla confessione dei peccati, obbedendo docilmente al rettore e alle altre autorità del monastero, con semplicità di cuore, poi, senza dubbio, riuscirà nella preghiera di Gesù, cioè riceverà il dono di sperimentarla attentamente e versare lacrime di pentimento durante essa. «Ho visto», dice san Giovanni della Scala, «coloro che sono riusciti nell’obbedienza e non hanno trascurato, per quanto possibile, la memoria di Dio [35], agito dalla mente, come essi, alzandosi improvvisamente alla preghiera, presto sopraffarono la loro mente e versarono lacrime a ruscelli; ciò fu fatto loro perché preordinati da venerabile obbedienza» [36]. San Simeone, il Nuovo Teologo, San Nikita Stephat e molti altri Padri impararono la preghiera di Gesù e la praticarono nei monasteri situati nella capitale dell’Impero d’Oriente, nella vasta e popolosa Costantinopoli. Sua Santità il Patriarca Fozio lo apprese già nel grado di patriarca durante numerosi altri studi legati a questo grado. Sua Santità il Patriarca Kallistos studiò mentre prestava servizio come cuoco nella Lavra di Sant’Atanasio dell’Athos sul Monte Athos [37]. I Santi Dorotheos [38] e Dositheos [39] lo studiarono nel cenobio di Santa Serida, il primo recando l’obbedienza del capo dell’ospedale, il secondo – un accolito in esso. Nel cenobio di Alessandria, descritto da San Giovanni della Scala, tutti i confratelli praticavano la preghiera mentale [40]. Questo santo, così come Barsanophius il Grande, comanda a coloro che sono afflitti da fornicazione specialmente di intensificare la preghiera nel nome del Signore Gesù [41]. Il beato anziano Serafino di Sarov testimoniò, istruito dalla propria esperienza, che la preghiera di Gesù è un flagello contro la carne e le concupiscenze carnali [42]. La fiamma di queste concupiscenze svanisce dalla sua azione. Quando agisce in una persona, allora, dalla sua azione, le concupiscenze carnali perdono la loro libertà nella loro azione. Quindi un animale da preda legato ad una catena, pur conservando la capacità di uccidere e divorare persone e animali, perde la capacità di agire secondo la sua abilità.
I santi Simeone e Andrea, santi stolti per amore di Cristo, ebbero uno speciale successo nella preghiera, essendo stati elevati a essa dalla loro completa abnegazione e dalla più profonda umiltà. Niente offre un accesso così libero a Dio come l’abnegazione risoluta, calpestando il proprio orgoglio, il proprio “io”. L’effetto abbondante della sentita preghiera di sant’Andrea è descritto dal suo maggiordomo, Niceforo, sacerdote della grande chiesa della regia Costantinopoli. Questa azione, per sua stessa natura, è degna di essere notata. “Egli”, dice Niceforo, “ricevette un tale dono di preghiera nel tempio segreto del suo cuore che il sussurro delle sue labbra risuonò lontano. Come un calderone d’acqua, messo in moto da incommensurabile ebollizione, emette vapore da sé stesso, così dalla sua bocca usciva vapore dall’azione dello Spirito Santo. Alcuni di quelli che lo videro dissero che in lui abitava un demonio, e per questo da lui usciva vapore; altri hanno detto di no! Il suo cuore, tormentato da uno spirito ostile, produce un tale soffio. Nessuna delle due opinioni era giusta: questo fenomeno rifletteva la preghiera incessante e gradita a Dio, e coloro che non avevano familiarità con l’impresa spirituale inventarono un concetto sul grande Andrea, simile a quello che una volta si faceva con il dono improvvisamente aperto della conoscenza delle lingue straniere [43]. Ovviamente, il santo di Dio ha fatto una preghiera con tutto il suo essere, combinando una preghiera intelligente e sentita con una vocale. Quando sant’Andrea fu rapito in paradiso, allora, come disse al sacerdote, l’abbondante grazia di Dio, riempiendo il paradiso, produsse in lui quell’effetto spirituale che di solito è prodotto dalla preghiera mentale in coloro che vi sono riusciti: ha portato la sua mente e cuore in unione e la persona giunge a uno stato di ebbrezza spirituale e di una certa dimenticanza di sé [44]. Questa estasi e l’oblio di sé sono insieme il sentimento di una nuova vita. San Simeone disse al diacono Giovanni che in mezzo alle tentazioni più forti la sua mente rimane tutta rivolta a Dio e le tentazioni restano senza la loro azione abituale [45]. In coloro a cui è stata concessa un’ombra piena di grazia, l’anima in mezzo a pensieri e sensazioni peccaminose e vane è costantemente assorta nella preghiera intelligente, come da una misteriosa mano invisibile, e il dolore è sollevato: l’azione del peccato e il mondo resta impotente e senza frutto [46] .
Nei giorni del mio nuovo inizio, un anziano, in una conversazione sincera, mi ha detto: “Nella vita mondana, per la semplicità dei tempi passati e per la direzione pia allora prevalente, ho appreso della Preghiera di Gesù, l’ho praticata, e a volte provavo in me uno straordinario cambiamento e consolazione. Entrato nel monastero, ho continuato a studiarlo, guidato dalla lettura dei libri dei Padri e dalle indicazioni di alcuni monaci, che sembravano averne un’idea. Tra questi ho visto anche una sedia bassa, citata dal monaco Gregorio del Sinai, fatta come quelle sedie che si usavano in Moldavia. Alla fine del secolo scorso e all’inizio di questo secolo, il lavoro mentale fiorì in vari monasteri della Moldavia, in particolare nel monastero di Neamtsky. Dapprima ero nell’obbedienza del refettorio; impegnato nell’obbedienza, impegnato nella preghiera [47]. Una volta misi un piatto di cibo sull’ultima tavola, alla quale sedevano i novizi, e con il pensiero dissi: accettate da me, servi di Dio, questo miserabile servizio. Improvvisamente una tale consolazione mi scese nel petto che barcollai perfino; la consolazione continuò per molti giorni, circa un mese. Un’altra volta mi è capitato di entrare nel negozio di prosfora; Non so perché, per una specie di inclinazione, mi sono inchinato molto profondamente ai fratelli che stavano lavorando alla prosfora, e, all’improvviso, la preghiera ha avuto un tale effetto su di me che mi sono affrettato a recarmi nella mia cella e a stendermi sul letto per la debolezza prodotta in tutto il corpo dall’azione orante» [48].
Nella descrizione della morte di san Demetrio di Rostov, si dice che fu trovato addormentato in preghiera. Poche ore prima della sua morte, aveva visto il suo cantore preferito; salutando il cantare, il Santo gli si inchinò quasi fino a terra. Umiltà e preghiera scaturivano da un unico stato d’animo del cuore. La comunità monastica, come ho già detto, serve come il più grande aiuto per insegnare la preghiera di Gesù nelle sue prime fasi, fornendo al nuovo venuto occasioni incessanti di umiltà. Può convenientemente mettersi alla prova, presto ogni monaco può vedere l’effetto dell’obbedienza e dell’umiltà sulla preghiera. Confessione quotidiana dei propri pensieri ad un padre spirituale o ad un anziano, rinuncia all’attività secondo la propria mente e la propria volontà, in breve tempo comincerà ad agire contro la distrazione, la distruggerà, e manterrà la mente nelle parole di preghiera. L’umiltà davanti all’anziano e davanti a tutti i fratelli comincerà subito a portare tenerezza al cuore e tenerlo nella tenerezza. Al contrario, dall’attività della propria volontà e secondo la propria mente, apparirà immediatamente la tutela di sé stessi, alla mente appariranno varie considerazioni, presupposti, paure, sogni e la preghiera attenta sarà distrutta. Abbandonare l’umiltà per preservare la propria dignità in relazione al prossimo toglierà la tenerezza dal cuore, indurisce il cuore, ucciderà la preghiera, privandola delle sue proprietà essenziali, dell’attenzione e della tenerezza. Ogni atto contro l’umiltà è calunniatore e distruttore della preghiera. La preghiera riposa sull’obbedienza e sull’umiltà! Queste virtù sono l’unico solido fondamento per le azioni di preghiera.
Il silenzio è utile per coloro che hanno avuto successo, che hanno compreso la guerra interna, che si sono rafforzati nella morale evangelica con una completa abitudine, che hanno rifiutato le dipendenze [49] ; tutto questo deve essere acquisito in anticipo nel cenobio. Per coloro che sono entrati nel silenzio senza un precedente e soddisfacente studio in un monastero, il silenzio arreca il danno più grande: li priva del successo, intensifica le passioni [50] , ed è causa di arroganza [51] , autoinganno e inganno demoniaco [52]. “Inesperti” – coloro che non sono stati esperti nei segreti della residenza monastica – “il silenzio distrugge” [53] – disse San Giovanni della Scala. «Al vero silenzio», rimarca lo stesso santo, «sono rari coloro che hanno acquisito la consolazione divina come incoraggiamento al lavoro e l’assistenza divina come aiuto nelle battaglie» [54] .
Apprendista. Prima hai detto che chi non è purificato dalle passioni è incapace di assaporare la grazia divina e ora hai menzionato la consolazione orante piena di grazia in un laico e in un novizio principiante. Questa mi sembra una contraddizione.
Anziano. Resi sapienti dalle Sacre Scritture e dagli scritti dei Santi Padri, crediamo e confessiamo che la grazia divina agisce sia prima che ora nella Chiesa ortodossa, nonostante acquisisca pochi vasi degni di essa. Adombra quegli asceti di Dio che le piace adombrare. Coloro che affermano che è ormai impossibile per un cristiano diventare partecipe dello Spirito Santo, contraddire le Sacre Scritture e arreca il più grande danno alle loro anime, come magnificamente argomenta San Macario il Grande [55]. Essi, non assumendo alcuno scopo particolarmente elevato nel cristianesimo, non conoscendolo, non tentano, non pensano nemmeno a raggiungerlo; accontentandosi del compimento esteriore di certe virtù, si privano della perfezione cristiana. Peggio di tutto, essi, soddisfatti della loro condizione e riconoscendosi, a causa del loro comportamento esteriore, sono saliti al vertice della vita spirituale, non solo non possono avere umiltà e povertà spirituale, ma cadono anche nella presunzione, nell’arroganza, nell’autoillusione, nell’inganno non si preoccupa più della vera prosperità. Al contrario, coloro che sono giunti a credere nell’esistenza della perfezione cristiana si sforzano di ottenerla con tutto il cuore, entrano in un’impresa implacabile per raggiungerla. Il concetto di perfezione cristiana li protegge dall’orgoglio: smarriti e piangenti stanno in preghiera davanti all’ingresso inaccessibile di questa camera spirituale. Introdotti dal Vangelo ad una corretta visione di sé, pensano umilmente, umilmente a se stessi: si riconoscono come schiavi indecenti, che non hanno compiuto la via descritta e ordinata dal Redentore per il popolo da Lui redento [56] . Il rifiuto di vivere secondo i comandamenti del Vangelo e secondo gli insegnamenti dei Santi Padri – vivere ostinato, basato sul proprio pensiero, anche se molto nobile o molto plausibile – ha l’effetto più dannoso sulla corretta comprensione del cristianesimo, anche sulla fede dogmatica (1 Tm 1,19). Ciò è dimostrato con tutta chiarezza dalla natura di quelle assurde delusioni e depravazioni in cui sono caduti tutti gli apostati, tutti gli eretici e gli scismatici.
Allo stesso tempo, basandoci sempre sulla Divina Scrittura e sugli scritti dei Padri, affermiamo che la mente e il cuore, non purificati dalle passioni dal pentimento, sono incapaci di diventare partecipi della grazia divina; e coloro che si ingannano cadono nell’autoillusione e nell’illusione demoniaca. Credendo indubbiamente nell’esistenza di un’azione colma di grazia, dobbiamo altrettanto inequivocabilmente credere nell’indegnità e nell’incapacità di una persona, nel suo stato passionale, di ricevere la grazia di Dio. Per questa profonda convinzione, immergiamoci completamente, disinteressatamente, nell’opera del pentimento, tradendoci e abbandonandoci completamente alla volontà e alla bontà di Dio. “Non c’è ingiustizia presso Dio”, insegna san Macario il Grande, “Dio non lascerà incompiuto ciò che ha lasciato per realizzarsi [57]. Un monaco non deve dubitare di ricevere il dono della grazia divina – dice sant’Isacco di Siria – così come un figlio non dubita di ricevere un’eredità dal padre. L’eredità spetta al figlio secondo la legge di natura. Allo stesso tempo, sant’Isacco chiama la petizione orante per l’invio di una chiara azione di grazia un’impresa degna di rimprovero, una petizione ispirata dall’orgoglio e dall’esaltazione; riconosce il desiderio e la ricerca della grazia come uno stato d’animo scorretto dell’anima, rifiutato dalla Chiesa di Dio, una malattia mentale. Coloro che hanno assimilato un tale desiderio per sé stessi, riconosce di aver assimilato l’orgoglio e la caduta, cioè l’autoillusione e l’inganno demoniaco. Sebbene lo scopo stesso del monachesimo sia il rinnovamento ad opera dello Spirito Santo di chi ha accettato il monachesimo, sant’Isacco si propone di andare verso questo obiettivo attraverso il pentimento e l’umiltà, per acquisire il lamento di sé e la preghiera del pubblicano, per rivelare la peccaminosità nascosta in sé stessi, affinché la nostra coscienza ci testimoni che siamo schiavi indecenti e abbiamo bisogno di misericordia. “Dio”, dice il santo, “viene da sé, mentre noi non ci pensiamo nemmeno. È così! Ma se il luogo è pulito e non contaminato” [58] .
Quanto al suddetto novizio: dai casi da lui più citati risulta chiaro che non si aspettava affatto un’azione così orante, che improvvisamente si aprì in lui, non sapeva nemmeno che esistesse. Questa è la struttura della provvidenza di Dio, la cui comprensione ci è inaccessibile. Lo stesso sant’Isacco dice: «Il grado (ordine) di vigilanza speciale (provincia, giudizio di Dio) differisce dal grado umano generale. Segui il grado generale e il percorso che tutte le persone hanno percorso, seguendo la successione, sali all’altezza del banchetto spirituale (torre)” [59] .
Apprendista. Mi è capitato di apprendere che alcuni degli anziani, che avevano molto successo nella Preghiera di Gesù, insegnavano ai nuovi arrivati la preghiera mentale direttamente, anche dal cuore.
Anziano. Lo so. Tali casi particolari non devono essere presi come regola generale, né, sulla base di essi, bisogna trascurare la tradizione della Chiesa, cioè l’insegnamento dei Santi Padri, che la Chiesa ha accolto come guida generale. Gli anziani di successo che hai menzionato sono stati indotti a deviare dalla regola generale a causa della speciale capacità dei nuovi arrivati di esercitare la preghiera mentale, o per la loro stessa incapacità di essere leader soddisfacenti per gli altri, nonostante il loro successo nella preghiera. Può succedere! Nello Skete egiziano, un certo monaco novizio chiese una guida su uno dei casi di ascesi monastica ad Abba Ivistion, un anziano di vita molto elevata. Dopo aver ricevuto l’istruzione, il novizio ritenne necessario credere all’istruzione solo dopo aver chiesto consiglio al monaco Pimen il Grande. Il Grande abolì l’istruzione di Abba Ivistion [60]. San Gregorio del Sinai osserva molto veramente che coloro che hanno successo nella preghiera insegnano agli altri a pregare secondo il modo in cui essi stessi hanno ottenuto il successo in essa [61]. Per esperienza, ho potuto constatare che coloro che hanno ricevuto la preghiera piena di grazia, secondo la speciale provvidenza di Dio, presto e non in modo comune, si affrettano, secondo quanto è loro accaduto, a comunicare al novizio tali informazioni sulla preghiera in modo tale che il novizio non possa in alcun modo comprendere correttamente, sia frainteso, e crei un danno. Al contrario, coloro che hanno ricevuto il dono della preghiera dopo una lunga lotta con le passioni, pur purificandosi mediante il pentimento ed educandosi alla moralità con i comandamenti evangelici, insegnano la preghiera con grande prudenza, gradualità e correttezza. I monaci del monastero moldavo di Nyametsky mi hanno detto che il loro famoso anziano, l’archimandrita Paisios (Velichkovsky), che ricevette una preghiera di grazia dal cuore per la cura speciale di Dio, e non per l’ordine generale, proprio per questo non si fidava egli stesso per insegnarlo ai fratelli: affidò questo insegnamento ad altri anziani che avevano acquisito il dono della preghiera in modo generale. San Macario il Grande dice che per l’inesprimibile bontà di Dio, la condiscendente debolezza dell’uomo, ci sono anime che sono diventate partecipi della grazia divina, piene di celeste consolazione e godendo in esse dell’azione dello Spirito Santo, nello stesso tempo , per mancanza di esperienza attiva, rimanere, per così dire, durante l’infanzia, in uno stato molto insoddisfacente rispetto allo stato richiesto e consegnato dal vero ascetismo [62]. Mi è capitato di vedere un bambino così vecchio, abbondantemente oscurato dalla grazia divina. Lo incontrò una signora di anni e di salute fiorenti, un nome importante, una vita completamente laica, e, avendo ricevuto rispetto per l’anziano, gli rese alcuni servizi. L’anziana, mossa da un sentimento di gratitudine, volendo premiare il servizio materiale con una grande edificazione spirituale, e non rendendosi conto che questa signora, prima di tutto, doveva lasciare la lettura di romanzi e non vivere secondo i romanzi, le insegnò l’esercizio della preghiera di Gesù, intelligente e accorato, con l’aiuto di quei meccanismi che sono offerti dai Santi Padri per le persone silenziose e sono descritti nelle parti 1a e 2a della Filocalia. La signora obbedì al santo anziano, si trovò in una situazione difficilissima e avrebbe potuto farsi del male completamente se altri non avessero intuito che il figlio maggiore le aveva dato qualche istruzione incongrua.
All’anziano qui menzionato, un certo monaco che gli era vicino diceva: “Padre! La tua disposizione spirituale è come una casa a due piani, il cui piano superiore è perfettamente rifinito e quello inferiore è grezzo, il che rende molto difficile l’accesso al piano superiore. Nei monasteri si usa il detto “santo, ma non abile” per tali anziani di successo, e si osserva cautela nelle consultazioni con loro, nelle consultazioni che a volte possono essere molto utili. La prudenza sta nel non fidarsi frettolosamente e con leggerezza delle istruzioni di tali anziani, per verificarne le istruzioni con le Sacre Scritture e gli scritti dei Padri [63], così come una conversazione con altri monaci di successo e ben intenzionati, se è possibile trovarli. Beato il novizio che nel nostro tempo ha trovato un consigliere fidato! “Sappi”, esclama san Simeone, il Nuovo Teologo, “che nel nostro tempo sono apparsi molti falsi maestri e ingannatori!” [64]. Tale era la posizione del cristianesimo e del monachesimo otto secoli prima di noi. Cosa si può dire della situazione attuale? Quasi quanto sant’Efraim di Siria ha detto sulla situazione di coloro che negli ultimi tempi saranno impegnati nella ricerca della parola viva di Dio. “Essi”, profetizza il padre, “passeranno la terra da est a ovest e da nord a sud, cercando una tale parola, e non la troveranno” [65]. Come case alte e strade lunghe appaiono agli occhi stanchi di coloro che hanno smarrito la strada nelle steppe, che coloro che hanno smarrito la strada sono trascinati in un delirio ancora più grande, inesorabile; così coloro che cercano la parola viva di Dio nell’attuale deserto morale sono presentati in moltitudini con magnifici fantasmi della parola e dell’insegnamento di Dio, eretti dalla mente dell’anima, da una conoscenza insufficiente e falsa della lettera, dall’umore della spiriti emarginati, i governanti del mondo. Questi fantasmi, essendo in modo lusinghiero un Eden spirituale, abbondante di cibo, luce, vita, con il loro aspetto ingannevole distraggono l’anima dal vero cibo, dalla vera luce, dalla vera vita, conducono l’anima sfortunata nell’oscurità impenetrabile, la sfiniscono con la fame, il veleno con la menzogna, uccisa con la morte eterna.
Il monaco Cassiano il Romano narra che nei monasteri egizi del suo tempo, in cui specialmente fioriva il monachesimo e si osservavano con particolare cura e accuratezza le tradizioni dei Padri portatori di spirito; a quel monaco che non aveva imparato il monachesimo correttamente, in obbedienza, non gli era permesso di assumere l’incarico di mentore e rettore, sebbene questo monaco fosse di vita molto elevata, anche adornato con i doni della grazia. I Padri egiziani hanno riconosciuto il dono di condurre i fratelli alla salvezza come il più grande dono dello Spirito Santo. Colui a cui non veniva insegnata correttamente la scienza del monachesimo, sostenevano, non poteva insegnarla correttamente [66]. Alcuni furono rapiti dalla grazia divina dalla terra delle passioni e trasferiti nella terra del distacco, così furono liberati dal duro lavoro e dalle calamità sperimentate da tutti coloro che navigano attraverso il mare tempestoso, vasto e profondo che separa il paese dal paese. Possono raccontare in dettaglio e correttamente la terra del distacco, ma non possono dare un resoconto adeguato della navigazione per mare, di quella navigazione che non hanno sperimentato. Il grande mentore dei monaci, sant’Isacco di Siria, dopo aver spiegato che altri, per speciale cura di Dio, ricevono presto la grazia e la santificazione divina, decise di aggiungere che, a suo avviso, colui che non si è formato mediante il compimento dei comandamenti e non percorse la via percorsa dagli Apostoli, «non è degno di essere chiamato santo» [67]. «Chi ha vinto le passioni mediante l’adempimento dei comandamenti e la fatica con una buona azione, sappia che ha acquistato legittimamente la salute dell’anima» [68]. “L’ordine della tradizione è questo: la pazienza con la rinuncia a sé stesso combatte le passioni per acquisire la purezza. Se le passioni vengono vinte, l’anima acquisirà purezza. La vera purezza dona alla mente audacia durante la preghiera» [69]. Nella sua epistola a san Simeone Taumaturgo, sant’Isacco dice: «Tu scrivi che la purezza del cuore è stata concepita in te e che la memoria di Dio» — la preghiera mentale di Gesù — «si è molto infiammata nel tuo cuore, riscalda e lo accende. Se è vero, allora è grandioso; ma non vorrei che tu mi scrivessi questo: perché non c’è ordine» [70]. “Se vuoi che il tuo cuore sia un ricettacolo per i misteri della nuova era, allora prima sii arricchito con le conquiste corporee, il digiuno, la veglia, il servizio ai fratelli, l’obbedienza, la pazienza, l’abbattimento dei pensieri e altre cose del genere. Lega la tua mente alla lettura e allo studio delle Scritture; dipingi i comandamenti davanti ai tuoi occhi e ripaga il debito con le passioni. Conquistare e vincere. Abituati alla preghiera e alla supplica incessanti, e con il continuo esercizio in esse scacci dal tuo cuore ogni immagine e ogni somiglianza con cui il peccato ti ha suggellato nella tua vita precedente» [71]. «Tu sai che il male è entrato in noi attraverso la trasgressione dei comandamenti; da ciò è chiaro che la salute è restituita dall’adempimento dei comandamenti. Senza fare i comandamenti, non dobbiamo nemmeno desiderare la purificazione dell’anima o sperare di riceverla, quando non percorriamo la via che conduce alla purificazione dell’anima. Non dite che Dio può concedere per grazia la purificazione dell’anima, anche senza adempiere i comandamenti: questi sono i voleri di Dio e la Chiesa proibisce di chiedere che un tale miracolo avvenga a noi. Gli Ebrei, tornati da Babilonia a Gerusalemme, andarono nel modo consueto e nel tempo stabilito per tale via; dopo aver fatto un viaggio, giunsero alla loro città santa e videro i miracoli del Signore. Ma il profeta Ezechiele fu soprannaturalmente rapito dall’azione spirituale, posto a Gerusalemme, e per rivelazione divina divenne spettatore del futuro rinnovamento. Secondo l’immagine di questo, si fa anche riguardo alla purezza dell’anima. Alcuni entrano nella purezza dell’anima per la via tracciata per tutti, per la via lecita: osservando i comandamenti in una vita di grande difficoltà, versando il loro sangue. Altri sono degni di purezza per il dono della grazia. È meraviglioso che non sia permesso chiedere con la preghiera la grazia che ci è stata concessa, lasciando vivere operosamente secondo i comandamenti». [72] “Per il debole, che ha bisogno di essere nutrito dal latte dei comandamenti, convivere con molti è benefico, affinché impari e sia frenato, affinché sia tentato da molte tentazioni, cade e si rialza, e acquista la salute dell’anima. Non esiste bambino simile che non sarebbe nutrito con il latte – e non si può essere un vero monaco che non sia educato dal latte dei comandamenti, adempiendoli con fatica, vincendo le passioni, e quindi reso degno di purezza” [73].
È possibile insegnare la preghiera intelligente e sentita sia al principiante che al giovane, se è capace e preparato. Tali personalità erano molto rare anche in tempi antichi, precedenti il tempo della generale corruzione della morale. Sono stato testimone che l’anziano, dopo aver acquisito la preghiera piena di grazia e il ragionamento spirituale, ha dato consigli sulla preghiera intelligente e sentita a un novizio, che aveva conservato la sua verginità, preparato fin dall’infanzia ad accettare l’insegnamento mistico sulla preghiera studiando il cristianesimo e il monachesimo, che già sentiva in sé l’effetto della preghiera. L’anziano ha spiegato l’eccitazione della preghiera nel giovane con la sua verginità. Di tutt’altra norma sono soggetti i giovani e le persone di età matura, che, prima di entrare in monastero, trascorrevano una vita dispersa, con concetti meschini e superficiali del cristianesimo, che acquistavano varie dipendenze, corrompendo soprattutto la castità attraverso la fornicazione (1 Cor 6:16 ): per questo, sebbene sia perdonato subito dopo il pentimento di lui e la sua confessione, a condizione indispensabile che il pentito lo lasci; ma la purificazione e la disintossicazione del corpo e dell’anima dal peccato prodigo richiede molto tempo, affinché la connessione e l’unità stabilita tra i corpi, piantati nel cuore, infettando l’anima, si logorino e si distruggano. Per distruggere l’infelice assimilazione, la Chiesa considera molto significativi i periodi di pentimento per coloro che sono caduti nella fornicazione e nell’adulterio, dopodiché permette loro di prendere parte al Santissimo Corpo e Sangue di Cristo. Allo stesso modo, per tutti coloro che hanno condotto una vita dispersa, per coloro che hanno subito varie dipendenze, specialmente per coloro che sono caduti nell’abisso delle cascate prodighe, per coloro che ne hanno preso l’abitudine, tempo e tempo sono necessari per essere purificati dal pentimento, per cancellare da se stessi le impressioni del mondo e le tentazioni, per guarire dal peccato, per formare la morale ai comandamenti del Vangelo, e rendersi così capaci di una preghiera piena di grazia, intelligente e accorata. “Tutti discutano della propria anima”, dice san Macario il Grande, “considerando ed esaminando attentamente a cosa si sente attaccato, e se vede che il cuore è in contrasto con le leggi di Dio, allora provi con tutte le sue forze proteggere il corpo e l’anima dalla corruzione, rifiutando la comunione con i pensieri impuri, se vuole introdurre l’anima nella convivenza e nei volti delle vergini pure, secondo questo voto – al battesimo e all’ingresso nel monachesimo – «perché la dimora e il cammino di Dio è promesso da Dio solo nelle anime che posseggono un amore completamente puro e stabilito nel giusto amore”. [74] “Il contadino che è diligente verso la terra arabile prima la rinnova e ne strappa la zizzania, poi la semina; così anche chi si aspetta che Dio semini la sua anima con i semi della grazia, deve prima purificare il campo di grano dell’anima, affinché il seme, che poi lo Spirito Santo getterà in questo campo di grano, porti un frutto perfetto e numeroso. Se ciò non avviene prima di tutto, e se uno non si purifica da ogni sozzura della carne e dello spirito, allora rimarrà carne e sangue, lontano dalla vita in Dio [75]. «Chi si sforza esclusivamente e con tutte le sue forze alla preghiera, ma non si adopera per acquisire l’umiltà, l’amore, la mitezza e tutta la moltitudine delle altre virtù, non le introduce in sé con la forza, può solo arrivare al punto che “talvolta”, su sua richiesta, tocca la grazia divina, perché Dio, nella sua naturale bontà, concede amorevolmente a chi chiede ciò che vuole. Ma se il destinatario non si abitua alle altre virtù che abbiamo menzionato e non acquisisce abilità in esse, allora o perde la grazia ricevuta, o, essendo asceso, cade nell’orgoglio, o rimanendo nel grado inferiore a cui è asceso, non ci riesce più e non sta crescendo. Il trono e il riposo, per così dire, per lo Spirito Santo sono umiltà, amore, mitezza e, di conseguenza, tutti i santi comandamenti di Cristo. Allora chi vorrebbe relazionarsi e raccogliere in sé tutte le virtù egualmente e senza eccezione, moltiplicandole accuratamente per raggiungere la perfezione, prima di tutto si sforza, come abbiamo già detto, e superando costantemente un cuore ostinato, provi a presentarlo obbediente e gradito a Dio. In primo luogo, ha usato tale violenza contro sé stesso e ha restituito tutto ciò che è nell’anima e si oppone a Dio, come una bestia selvaggia addomesticata, in obbedienza ai comandi di Dio, in obbedienza alla direzione del vero, santo insegnamento, disponendo così la sua anima, se prega Dio e chiede a Dio che Dio conceda prosperità alle sue imprese, allora riceverà tutto ciò che chiede; il Dio più filantropico gli darà tutto in abbondanza, perché il dono della preghiera in lui cresca e fiorisca, addolcito dallo Spirito Santo» [76]. “Tuttavia, sappi che con molta fatica e con il sudore della tua faccia riceverai il tuo tesoro perduto, perché la facile ricezione del bene non è coerente con il tuo beneficio. Hai perso ciò che hai ricevuto senza fatica e hai consegnato la tua eredità al nemico” [77].
Apprendista. Quando prego, mi vengono in mente molti sogni e pensieri che non mi permettono di pregare in modo puro: da ciò può nascere delusione o qualche altro danno per me.
Anziano. È naturale che molti pensieri e sogni nascano dalla natura caduta. È anche caratteristico della preghiera rivelare nella natura decaduta i segni nascosti della sua caduta e le impressioni fatte dai peccati arbitrari [78]. Inoltre, il diavolo, sapendo che cos’è una grande preghiera di benedizione, durante essa cerca di turbare l’asceta con pensieri e sogni peccaminosi e vani per allontanarlo dalla preghiera o rendere la preghiera infruttuosa [79]. In mezzo a pensieri, sogni e sensazioni peccaminose, in mezzo a questa schiavitù e alla nostra costruzione di basi, tanto più grideremo e grideremo in preghiera al Signore, come “gli Israeliti gemettero per la loro schiavitù, alzarono grida di lamento e il loro grido dalla schiavitù salì a Dio” (Es 2:23–24).
La regola generale della lotta contro le impressioni peccaminose è rifiutare il peccato nella sua stessa apparizione, uccidere i misteriosi babilonesi mentre sono bambini (Sal 136,9). “Colui che combatte saggiamente”, disse il monaco Nil di Sorsk, “riflette la madre dell’ospite mentale malvagio, cioè il primo tocco di pensieri malvagi nella sua mente. Colui che respinse questo primo tocco, respinse subito tutta la successiva schiera di pensieri astuti” [80]. Ma se il peccato, a causa del precedente asservimento ad esso e dell’abitudine ad esso, ci costringe, allora anche allora non dovremmo perderci d’animo ed entrare nel rilassamento e nella disperazione; dovremmo sanare le vittorie invisibili con il pentimento e dimorare nell’impresa con fermezza, coraggio, costanza. Pensieri, sogni e sensazioni peccaminosi e vani possono quindi indubbiamente danneggiarci quando non lottiamo con loro, quando li godiamo e li piantiamo in noi stessi. Dalla comunione arbitraria con il peccato e dalla comunione arbitraria con gli spiriti emarginati, le passioni nascono e si rafforzano e l’illusione può insinuarsi nell’anima in modo poco appariscente. Quando resistiamo a pensieri, sogni e sensazioni peccaminose, la stessa lotta con loro ci porterà successo e ci arricchirà con una mente attiva. Un certo anziano, che era riuscito nella preghiera noetica, chiese a un altro monaco che la praticava anche lui: “Chi ti ha insegnato a pregare?” Il monaco rispose: “Demoni”. L’anziano sorrise e disse: “Che tentazione hai pronunciato per coloro che non conoscono la cosa! Tuttavia, dimmi, in che modo i demoni ti hanno insegnato a pregare?” Il monaco rispose: “Mi è stato concesso una battaglia pesante e prolungata di pensieri, sogni e sensazioni feroci che non mi davano pace né giorno né notte. Ero esausto ed emaciato incredibilmente per la gravità di questa condizione innaturale. Oppresso dall’assalto degli spiriti, ricorsi alla Preghiera di Gesù. La battaglia raggiunse un livello tale che i fantasmi iniziarono a tremolare nell’aria sensualmente davanti ai miei occhi. Sentivo costantemente che la mia gola era stretta come da una corda. Poi, sotto l’azione della battaglia stessa, ho cominciato a sentire che la preghiera si intensificava e la speranza si rinnovava nel mio cuore. Così la battaglia, diventando sempre più leggera, finalmente si placò del tutto”.
Preghiamo costantemente, con pazienza, con tenacia. Dio, a tempo debito, darà una preghiera pura e piena di grazia a coloro che pregano senza pigrizia e costantemente con la loro preghiera impura, che non abbandonano da vili l’impresa della preghiera quando non recedono dalla preghiera per molto tempo. Un esempio del successo della persistente Preghiera di Gesù si trova nel Vangelo. Mentre il Signore lasciava Gerico, accompagnato dai discepoli e da una folla di persone, il cieco Bartimeo, che sedeva per via e chiedeva l’elemosina, saputo che il Signore passava, cominciò a gridare: «Figlio di Davide Gesù, abbi pietà di me». Gli era proibito urlare, ma urlava ancora di più. Il risultato del grido incessante fu la guarigione del cieco da parte del Signore (Mc 10,46-52). Quindi grideremo, nonostante i pensieri, i sogni e i sentimenti peccaminosi che sorgono dalla nostra natura caduta e sono portati dal diavolo, per ostacolare il nostro grido di preghiera – e senza dubbio riceveremo misericordia.
Apprendista. Quali sono i veri frutti della preghiera di Gesù, per mezzo dei quali un principiante può sapere che sta pregando correttamente?
Anziano. I primi frutti della preghiera sono l’attenzione e la tenerezza. Questi frutti compaiono prima di tutti gli altri da qualsiasi preghiera eseguita correttamente, ma principalmente dalla preghiera di Gesù, il cui esercizio è superiore alla salmodia e alle altre preghiere [81]. Dall’attenzione nasce la tenerezza e dalla tenerezza si aggrava l’attenzione. Si intensificano, dando alla luce l’un l’altro; danno profondità alla preghiera, ravvivando gradualmente il cuore; le danno purezza, eliminando la distrazione e il sogno ad occhi aperti. Come la vera preghiera, l’attenzione e la tenerezza sono doni di Dio. Così come dimostriamo il desiderio di acquisire la preghiera costringendoci ad essa, così dimostriamo il desiderio di acquisire attenzione e tenerezza costringendoci ad esse. Inoltre, il frutto della preghiera è una visione in graduale espansione dei propri peccati e della propria peccaminosità, motivo per cui la tenerezza si intensifica e si trasforma in lamento. Il pianto è il nome della tenerezza traboccante, unita alla malattia del cuore contrito e umile, che agisce dal profondo del cuore e abbraccia l’anima. Poi ci sono le sensazioni della presenza di Dio, il ricordo vivo della morte, il timore del giudizio e della condanna. Tutti questi frutti della preghiera sono accompagnati dal pianto e, a tempo debito, sono oscurati da un sottile, santo sentimento spirituale del timore di Dio. Il timore di Dio non può essere paragonato a nessun sentimento di una persona carnale, anche spirituale. Il timore di Dio è una sensazione completamente nuova. Il timore di Dio è opera dello Spirito Santo. Dalla suggestione di questa azione miracolosa, le passioni cominciano a svanire: la mente e il cuore cominciano ad essere attratti dall’esercizio continuo mediante la preghiera. Con un certo progresso arriva un sentimento di silenzio, umiltà, amore per Dio e per il prossimo senza distinzione tra il bene e il male, la pazienza dei dolori, come indennità e guarigione di Dio, di cui la nostra peccaminosità ha necessariamente bisogno. L’amore per Dio e per il prossimo, che gradualmente emerge dal timore di Dio, è tutto spirituale, inspiegabilmente santo, sottile, umile, differisce per un’infinita differenza dall’amore umano nel suo stato ordinario, non può essere paragonato a nessun amore che si muova in una natura decaduta, per quanto corretto e sacro possa essere questo amore naturale. Approvato dalla legge naturale, agendo in tempo; ma la legge eterna, la legge spirituale, è tanto più alta di essa quanto lo Spirito Santo di Dio è superiore allo spirito umano. Smetto di parlare degli ulteriori frutti e conseguenze della preghiera nel nome santissimo del Signore Gesù: lasciamo che l’esperienza benedetta li insegni a me e agli altri. Le conseguenze e i frutti di questi sono descritti in dettaglio nella Filocalia, questa eccellente guida ispirata da Dio per insegnare la preghiera mentale ai monaci di successo che sono in grado di entrare nel paradiso del sacro silenzio e del distacco. Riconoscendo sia me che te come principianti nella realizzazione spirituale, intendo principalmente, quando presento i concetti corretti sull’esercizio della Preghiera di Gesù, il bisogno dei principianti, il bisogno della maggioranza. “Prendetevi lamento”, dissero i Padri, “ed egli vi insegnerà tutto” [82]. Piangiamo e piangiamo continuamente davanti a Dio. Le cose di Dio non possono venire se non dal beneplacito di Dio – e viene in un carattere spirituale, in un carattere nuovo, in un carattere di cui non possiamo farci alcuna idea nel nostro stato di carne, anima, vecchio, pieno di passioni [83].
Degna di particolare nota è l’opinione su sé stessi, che è piantata dalla corretta preghiera di Gesù in chi lo fa. Lo ieromonaco Serafino di Sarov ha ottenuto il maggior successo in questo. Un giorno il rettore gli mandò un monaco, che benedisse per iniziare all’eremo, affinché padre Serafino istruisse questo monaco nell’eremo finché lui stesso conoscesse questo difficile modo di vita monastica. Padre Serafino, ricevendo molto cordialmente il monaco, rispose: “Io stesso non so nulla”. Allo stesso tempo, ripeteva al monaco le parole del Salvatore sull’umiltà (Mt 11,29 ) e la loro spiegazione da parte di San Giovanni della Scala attraverso l’azione della preghiera di Gesù del cuore [84]. Mi hanno detto quanto segue su un certo praticante della preghiera. Fu invitato dai benefattori del monastero nella città della provincia. Visitandoli, il monaco trovava costantemente difficoltà, non trovando cosa dire loro. Una volta era con un devoto amante di Cristo. Questo chiese al monaco: “Perché ora non ci sono pazzi?” – “Come no? rispose il monaco, “ce ne sono molti”. “Sì, dove sono?” Cristoforo si oppose. Il monaco rispose: “In primo luogo, eccomi”. “Completa! Di cosa stai parlando!” esclamò l’ospite, guardando il monaco con un sorriso selvaggio, che esprimeva insieme sconcerto e orrore. “Stai sicuro…” – voleva continuare il monaco. – “Completa, completa!” – interruppe il proprietario, e cominciò a parlare con gli altri di qualcos’altro, e il monaco tacque. “La parola della croce e l’abnegazione è stoltezza” (1 Corinzi 1:18) per coloro che non comprendono le azioni e la loro forza. Chi tra coloro i quali non conoscono il pianto orante e i misteri che esso rivela, comprenderà le parole che vengono dal profondo del pianto? Colui che ha raggiunto la visione di sé attraverso la realizzazione spirituale si vede legato dalle passioni, vede gli spiriti emarginati agire in sé stesso e in sé stesso. Il fratello chiese a Pimen il Grande: “Come dovrebbe vivere un uomo silenzioso?” Il Grande rispose: “Mi vedo come un uomo, impantanato in una palude fino al collo, con un peso sul collo, e grido a Dio: abbi pietà di me” [85]. Questo santo, ammaestrato dal pianto all’umiltà più profonda e incomprensibile, diceva ai fratelli che convivevano con lui: «Credimi: dove è gettato il diavolo, là mi getteranno» [86] . Con il ricordo del perfetto monaco, Pimen il Grande, concludiamo il nostro colloquio sulla preghiera di Gesù.
Apprendista. Il mio cuore desidera ardentemente sentire: dite qualcosa di più.
Anziano. È molto utile per chi pratica la preghiera avere nelle proprie celle icone del Salvatore e della Madre di Dio, di dimensioni piuttosto significative. A volte, quando preghi, puoi rivolgerti alle icone, come al Signore e alla Madre di Dio che sono qui presenti. Il sentimento della presenza di Dio nella cella può diventare ordinario. Con un sentimento così costante, rimarremo nella cella con il timore di Dio, come se fossi costantemente sotto lo sguardo di Dio. Precisamente: siamo sempre alla presenza di Dio, perché Lui è onnipresente; siamo sempre sotto gli occhi di Dio, perché Lui vede tutto e dovunque. Gloria al Signore misericordioso, che vede la nostra peccaminosità e le nostre trasgressioni, aspettando con pazienza il nostro pentimento, concedendoci non solo il permesso, ma anche il comandamento di implorare misericordia.
Approfittiamo dell’inesprimibile misericordia di Dio per noi! Riceviamola con la più grande riverenza, con la più grande gratitudine! Coltiviamola per la nostra salvezza con il massimo zelo, con la massima cura! La misericordia è elargita da Dio in tutta abbondanza, ma accettarla o rifiutarla, accettarla con tutto il cuore o con tutta la mente, è lasciata alla volontà di ciascuno. ” Figlio, sin dalla giovinezza medita la disciplina, conseguirai la sapienza fino alla canizie. Accostati ad essa come chi ara e chi semina e attendi i suoi ottimi frutti; poiché faticherai un po’ per coltivarla, ma presto mangerai dei suoi prodotti» (Sir 6,18-20). “La mattina semina il tuo seme e la sera non dar riposo alle tue mani” (Eccl 11:6) [87]. “Confessatevi al Signore e invocate il suo nome… Cercate il Signore e siate forti: cercate il suo volto” (Sal 104:1,4). Con queste parole la Sacra Scrittura ci insegna che l’impresa di servire Dio, l’impresa di pregare, deve essere compiuta con tutto il cuore, costantemente e continuamente. I dolori esterni ed interni, che certamente devono incontrarsi nel campo di questa impresa, devono essere superati dalla fede, dal coraggio, dall’umiltà, dalla pazienza e dalla longanimità, sanando le deviazioni e le passioni con il pentimento. Sia l’abbandono del raggiungimento della preghiera che le lacune in esso sono estremamente pericolosi. È meglio non iniziare questa impresa che, dopo aver iniziato, andarsene. L’anima di un asceta che ha abbandonato l’esercizio intrapreso nella preghiera di Gesù può essere paragonata alla terra coltivata e fecondata, ma poi abbandonata; su tale terra, la zizzania cresce con una forza straordinaria, mettono radici profonde e ricevono una rotondità speciale. Nell’anima che ha rinunciato all’unione beata con la preghiera e ha abbandonato la preghiera, le passioni invadono come un torrente tempestoso, la inondano. Le passioni acquisiscono un potere speciale su una tale anima, una fermezza e una forza speciali, sono impresse con la durezza e la morte del cuore, l’incredulità. I demoni scacciati dalla preghiera ritornano nell’anima; infuriati dal precedente esilio, ritornano con più furore e in maggior numero. “Gli ultimi per quell’uomo sono peggiori dei primi” ( Mt 12,45 ), secondo la definizione del Vangelo, lo stato di colui che è stato sottoposto al dominio delle passioni e dei demoni dopo averli liberati attraverso la vera preghiera è incomparabilmente più disastrosa dello stato di chi non ha tentato di liberarsi dal giogo del peccato, che non ha estratto la spada della preghiera dal suo fodero. Il danno degli intervalli o dell’abbandono periodico della lotta di preghiera è simile al danno che deriva dal completo abbandono; questo danno è tanto maggiore quanto più lungo è l’intervallo. Durante il “sonno” degli asceti, cioè durante l’abbandono della preghiera, “viene il nemico”, invisibile agli occhi sensuali, inosservato dagli asceti, che si lasciavano trasportare e distrarre, “semina zizzania in mezzo al grano” (Mt 13,25). Il seminatore di zizzania è molto esperto, astuto, pieno di malizia: gli è facile seminare la zizzania più maligna, all’inizio insignificante in apparenza, per poi abbracciare e confondere tutta l’anima con numerosi discendenti. «Chi non è con me», disse il Salvatore, «è contro di me, e chi non raccoglie con me, sperpera» (Lc 11,23). La preghiera non si affida a lavoratori ambigui e volubili. “L’ostinato è empiamente impunito, e lo stolto non dimora in lei: come pietra di tentazione si impossesserà di lui e non tarderà a respingerla. Ascolta, figlio, e accetta la mia volontà, e non rifiutare il mio consiglio; e metti il tuo naso nei suoi ceppi, e nella suo giogo il tuo collo. Deponi il tuo corpo e indossalo, e non disdegnare i suoi legami. Vieni da lei con tutta la tua anima e con tutta la tua forza mantieni le sue vie. Indaga e cerca, e sarai conosciuto e noi ti seguiremo, non lasciandola. Finalmente troverai la sua pace, e si trasformerà in gioia per te; e le sue vie saranno nel resto della fortezza, e i suoi gioghi saranno una veste di gloria” (Sir. 6 : 21-22, 24-30). Amen.
1) Parola 49.
2) Risposta 421.
3) Parola 28, cap. 17.
4) Parola 4, cap. 93.
5) Scala. Parola 28, cap. 21.
6) Le informazioni sul compositore del Giardino dei Fiori, il monaco Dorotheus, sono riportate nel 1° volume di “Esperienze ascetiche” nell’articolo “Visita al Monastero di Valaam”.
7) Il giardino fiorito del santo monaco Doroteo. Insegnamenti 30 e 32.
8) Giardino fiorito. Istruzione 32.
9) Giardino fiorito. Lezione 32.
10) Paterik di Skitsky. Racconti memorabili, cap. CXX1X.
11) Filocalia, parte 1.
12) Classi selezionate. Edizione di Optina Pustyn, 1848
13) Scala. Parola 1, cap. 26.
14) Architetti, costruttori.
15) Capitolo CXVIII. Filocalia, parte 1.
16) S. Marco l’Asceta, Sulla Legge Spirituale, cap. 84.
17) 1 Cor 8 :1. Come spiegato da S.Marco l’Asceta, nello stesso capitolo 84.
18) Parola 16. Qui viene aggiunta la parola “favore” per esprimere con precisione il pensiero dello Scrittore.
19) Sant’Isacco di Siria. Parola LV
20) Sant’Isacco di Siria. Parola 61, meravigliosa.
21) Parola II.
22) Ibid.
23) A proposito di ciondoli. Filocalia, parte 1.
24) Scala. Parola XXVIII, cap. 19.
25) Scala. Parola XXVIII, cap. 17, 21, 27, 28.
26) Parola XI.
27) Paterik di Skitsky.
28) Parola 26, cap. 52.
29) Capitolo 118
30) S. Cassiano. Intervista 2; Scala. Parola 4, cap. 106.
31) Santi Callisto e Ignazio Xanofopoulos sul silenzio e la preghiera capitoli 14 e 15. Filocalia, parte 2.
32) Sulla terza immagine dell’attenzione e della preghiera. Filocalia, parte 1.
33) Salmi III, 1, CIV, CV, CVI, CX.
34) Ibid.
35) I Padri chiamano l’incessante Preghiera di Gesù “Memoria e Insegnamento di Dio”. C’è un articolo speciale sull’insegnamento o sul ricordo di Dio nella seconda parte delle Esperienze ascetiche.
36) Parola 28, cap. 31.
37) Prefazione di Schemamonaco Basil.
38) Barsanufio il Grande risposta 268.
39) Vita di S. Dositeo all’inizio dell’insegnamento di S. Abba Doroteo.
40) Scala. Parola 4, cap.17.
41) Scala. Parola 15, cap. 55.- Risposte 252 e 255.
42) Da un’istruzione manoscritta all’archimandrita Nikon.
43) Atti 2:13. Menaion Grandi Onori del Metropolita Macario.
44) Grande Cheti-Minei.
45) Vita di San Simeone. Cheti-Minei, 21 luglio.
46) Sant’Isacco di Siria. Parola 43.
47) Pensieri umili che promuovono la preghiera sono descritti nella 1ª Parola di san Simeone, il Nuovo Teologo. I santi Isacco di Siria, Isaia l’Eremita e altri Padri parlano molto di loro.
48) Sant’Isacco di Siria menziona l’esaurimento prodotto dalla consolazione piena di grazia nella Parola 44.
49) Una citazione dalla vita di S. Savva, consacrato nella Parola del monaco Niceforo. Filocalia, parte 2.
50) San Cassiano il Romano sullo spirito d’ira. Libro VIII delle Ordinanze Cenobitiche.
51) Risposte 311 e 313 di S. Barsanufio il Grande e Giovanni.
52) Paterik delle Grotte delle Vite dei Santi Isacco e Nikita.
53) Scala. Parola 27, cap. 55.
54) Scala. Parola 4, cap. 120.
55) Parola 3, cap. 12, 13 e 14.
56) Presi in prestito dai suddetti capitoli 12, 13 e 14 della 3a Parola di S. Macario il Grande; vedere anche la 2a Parola del monaco Nil di Sorsk, pagina 100 secondo la pubblicazione del Santo Sinodo, 1852.
87) Secondo la spiegazione di S. Gregorio del Sinai.
NICODIMO AGHIORITA: Proemio alla Filocalia
Prooemio al presente libro
Iddio, la Natura beata, perfezione al di là del perfetto, principio creatore di ciò che è buono e bello, buono al di là del buono e bello al di là del bello, Iddio, avendo dall’eternità prestabilito di deificare l’uomo, secondo la propria idea tearchica, ha sin dal principio, in precedenza, fissato in se stesso a suo riguardo questo scopo e lo ha realizzato nel tempo, conforme al suo beneplacito.
Egli, preso il corpo dalla materia, e infuso in esso l’anima prendendola da se stesso, la pose come una specie di mondo, grande per molteplicità di potenze e per dignità, in quello piccolo. E costituì l’uomo sorvegliante della creazione sensibile e iniziato a quella intelligibile, secondo quel grande nella teologia, Gregorio. E che altro è l’uomo, in verità, se non una statua, un’icona fatta da Dio, ripiena di tutte le grazie? E se così, anche presentandogli la legge di quel precetto – come una specie di prova del libero arbitrio – sapeva che alla fine avrebbe dovuto cedere ad essa, ma, come dice il Siracide: Lolasciò in mano al suo consiglio, affinché scegliesse come credeva ciò che gli veniva presentato. Quale premio della lotta per il comandamento che egli avesse custodito, stabilì ricevesse la grazia della deificazione – già insita nella sostanza del suo essere – facendolo divenire Dio, raggiante per i secoli nella luce pura da contaminazione.
Ma, oh malvagia e perversa astuzia dell’invidia! Non sopportò colui che fin dal principio è l’autore del male, che queste cose fossero messe in opera. Per l’invidia concepita nei confronti del Fattore e della sua fattura – come dice il santo Massimo – del Fattore perché non divenisse manifesta secondo la sua operazione la gloriosissima potenza della bontà deificante l’uomo, della fattura perché non fosse rivelato che essa è partecipe di questa gloria soprannaturale della deificazione – con inganno l’ingannatore, sedotto l’uomo infelice, lo indusse con cosiddetti buoni consigli a trasgredire il precetto deificante. E dopo averlo allontanato, ahimè, dalla divina gloria, il ribelle pensava tra sé di essere un qualche vincitore dell’Olimpo, come se avesse così potuto impedire l’adempimento dell’eterno consiglio di Dio. Ma poiché, come hanno rivelato i divini oracoli, il consiglio di Dio a proposito della deificazione della natura umana rimane in eterno, e i pensieri del suo cuore di generazione in generazione, senza alcun dubbio quelle parole della Provvidenza e del Giudizio che mirano a tale scopo sono immutabilmente confermate sia per il secolo presente sia per quello futuro, secondo quanto ci espone il santo Massimo.
Alla fine dei giorni, per le viscere della misericordia, si è compiaciuto il Verbo sommamente tearchico del Padre, di rendere vani i pensieri dei principi delle tenebre, di realizzare e mettere in opera l’antico e verace consiglio che egli aveva prestabilito.
Pertanto, fattosi uomo con il compiacimento del Padre e la sinergia dello Spirito santo, assunse la nostra natura umana, la deificò: e dopo averci fatto dono dei suoi comandamenti salvifici e deificanti e aver seminato nei nostri cuori mediante il battesimo la perfetta grazia del suo Spirito santo – quale seme divino – ha dato a noi, secondo il divino evangelista, il potere – vivendo secondo i suoi vivificanti comandamenti, conforme alle diverse età spirituali e custodendo in noi stessi senza spegnerla la grazia, mediante la loro attuazione – di ottenere il frutto finale e di divenire per mezzo di questa grazia figli di Dio ed essere deificati, pervenendo all’uomo perfetto, alla misura dell’età della pienezza del Cristo. Questo infatti era, in breve, tutto il fine e il compimento dell’intera economia della Parola a nostro riguardo.
Ma, ahimè! è davvero bene gemere amaramente, come dice il divino Crisostomo! Infatti, di una tale grazia abbiamo fruito e di così nobili natali siamo stati fatti degni, che la nostra anima, purificata dal battesimo, per lo Spirito, più del sole risplendeva! Ma ricevuto un tale splendore deiforme da piccoli, poi in parte per ignoranza, per lo più accecati dalle tenebre delle cure di questa vita, a tal punto abbiamo coperto con le passioni questa grazia da rischiare di spegnere del tutto in noi lo Spirito di Dio e subire quasi la stessa sorte di quelli che avevano risposto a Paolo di non aver neppur saputo che ci fosse uno Spirito santo, e al punto di divenire come prima, secondo quanto dice il Profeta, quando la grazia non regnava su di noi.
Oh, la nostra infermità! Quale distruzione ha prodotto il male e il nostro eccessivo attaccamento alle realtà sensibili! Ma quello che stupisce è che anche se sentiamo da altri che questa grazia e operante, calunniamo per invidia e nemmeno crediamo che esista una operazione della grazia nel secolo presente. Che dire dunque? Lo Spirito dà la sapienza ai Padri sapienti in Dio e insieme alla perfetta sobrietà, alla vigilanza in tutto, alla custodia dell’intelletto, rivela anche il modo di trovare poi la grazia, in quanto cosa realmente mirabile e di altissima scienza. E questo consiste nel pregare ininterrottamente il Signore nostro Gesù Cristo Figlio di Dio, non semplicemente con l’intelletto, intendo, e con le labbra soltanto (perché questo è evidente in generale a tutti quelli che scelgono di vivere piamente ed è facile per chiunque): ma, dopo aver rivolto tutto intero l’intelletto verso l’uomo interiore – cosa mirabile – così all’interno, nella profondità stessa del cuore, invocare il santissimo nome del Signore e ricercare la sua misericordia, facendo attenzione solo e soltanto alle nude parole della preghiera, senza accogliere insomma null’altro né di interiore né di esteriore, per custodire il pensiero perfettamente libero da immagini e colori.
I punti di partenza di questa attività e, come direbbe qualcuno, la materia, li abbiamo avuti dallo stesso insegnamento del Signore che ora dice: Il regno di Dio è dentro di voi, ora: Ipocrita, purifica prima l’interno della coppa e del piatto e allora sarà puro anche l’esterno, cose queste che non sono da intendersi secondo i sensi, ma riferite al nostro uomo interiore. E anche l’Apostolo così scrive agli Efesini: Per questo piego le ginocchia davanti al Padre del Signore nostro Gesù Cristo… affinché dia a voi… di essere rafforzati con potenza mediante il suo Spirito nell’uomo interiore, perché il Cristo abiti mediante lo Spirito nei vostri cuori.
Che potrebbe esservi di più chiaro di questa testimonianza? E altrove dice: Cantando e salmeggiando nel vostro cuore al Signore. Senti? Dice: «nel cuore». Ma questo non è forse sostenuto anche dal Corifeo degli apostoli, quando dice: Finché non splenda il giorno e la stella del mattino non spunti nei vostri cuori?
Questo lo Spirito santo ce lo insegna come cosa necessaria per ogni fedele anche in innumerevoli altre pagine del Nuovo Testamento, come possono osservare quelli che su di esso si curvano con grande attenzione.
Da una tale attività – spirituale e sapiente – unita alla pratica, a tutti accessibile, dei comandamenti e delle altre virtù morali, mediante il calore che proviene al cuore dalla invocazione del Nome santissimo e la sua operazione spirituale, le passioni vengono divorate: il nostro Dio – infatti – è un fuoco divorante la perversità. L’intelletto e il cuore a poco a poco si purificano e si unificano in se stessi. E una volta che essi si sono purificati e unificati in se stessi, ne viene che i comandamenti salvifici vengono attuati con più facilità, i frutti dello Spirito spuntano nell’anima e tutta la somma dei beni viene copiosamente elargita. Infine, per «dirlo in breve, ci è in tal modo reso possibile ritornare in poco tempo a quella perfetta grazia dello Spirito che è stata donata sin dal principio nel battesimo, grazia che è in noi, confusa tra le passioni come favilla tra la cenere: ma una volta che essa viene in tal modo resa luminosamente splendente, ci è dato di vedere e di essere intelligibilmente illuminati, di essere conseguentemente perfezionati e successivamente deificati.
I Padri, nella maggior parte, fanno menzione di questa operazione della grazia solo sporadicamente nei loro scritti, come rivolgessero il loro discorso a chi già sa. Alcuni, prevedendo probabilmente in anticipo l’ignoranza, e insieme la negligenza della nostra generazione nei confronti di tale salutare esercizio, non hanno esitato a trasmettere a noi loro figli, come una eredità paterna, anche il modo pratico di questo esercizio, spiegandolo in forma particolareggiata mediante qualche metodo naturale. Alcuni con molti nomi lo magnificano e, chiamandolo principio di ogni altra attività gradita a Dio, somma dei beni, schiettissimo contrassegno di penitenza, pratica intelligibile che costituisce l’accesso alla vera contemplazione, spingono tutti al profitto che viene da quest’opera.
Ma qui comincio a gemere, e il dolore mi toglie la parola. Infatti questi libri che trattano la scienza di questa attività realmente atta a purificare, a illuminare e a perfezionare, come dice l’Areopagita, e non solo, ma anche molti altri che, trattando della vigilanza e della sobrietà, fanno udire a molti i temi della sobrietà, tutti insieme questi mezzi necessari, questi strumenti che tendono allo stesso proposito e all’unico scopo della deificazione dell’uomo – ecco che tutti questi libri, per l’antichità, la rarità e, lasciami dire, per non essere mai stati dati alle stampe, sono pressoché scomparsi; e se mai alcuni sono rimasti, essendo rosi dalle tarme e tutti rovinati, è quasi la stessa cosa che se non esistessero.
Aggiungerò che la maggior parte dei nostri vive in uno stato di negligenza e si agita per molte cose, cioè per le virtù del corpo o le virtù pratiche o, per parlare con maggior verità, per quelli che sono solo gli strumenti delle virtù, in cui essi consumano tutta la vita, ma dell’unica cosa necessaria, cioè della custodia dell’intelletto e della preghiera pura sono – non so come – accidiosi e altamente insipienti. C’è pericolo che questa breve e dolcissima attività venga meno del tutto e che in seguito a questo si oscuri e si spenga la grazia, e con essa venga pure a fallire la nostra unione con Dio e la sua operazione deificante. E questo era ciò che costituiva, come si è detto, sin dal principio, precedentemente a tutto, la volontà di Dio, nel suo beneplacito! Alla quale guardano, come a perfettissimo fine, sia la creazione che ci pone nell’essere, sia l’economia del Verbo di Dio a nostro riguardo, che ci pone nel ben-essere, nell’eterno ben-essere e, semplicemente, tutto quello che nell’Antico e nel Nuovo Testamento è stato divinamente compiuto.
Un tempo molti, anche di quelli che vivono nel mondo e gli stessi re e quelli che vivono nei palazzi reali e che sono ogni giorno tirati da miriadi di sollecitudini e cure di questa vita, avevano una sola ed unica opera: pregare continuamente nel cuore, come ne troviamo molti nelle storie! E ora invece, per negligenza e ignoranza, non solo presso quelli che vivono nel mondo, ma anche presso gli stessi monaci e quelli che fanno vita esicasta, ciò è rarissimo e – quale perdita, ahimè! – anche del tutto introvabile.
Mancando questo, per quanto ciascuno lotti secondo le sue possibilità e sopporti fatiche per la virtù, tuttavia non coglie alcun frutto. Perché senza l’incessante ricordo del Signore e senza quella purezza dell’intelletto e del cuore da ogni male che da esso nasce, è impossibile dar frutto. È detto infatti: Senza di me non potete far nulla, e ancora: Chi rimane in me, questi porta molto frutto.
Di qui deduco con certezza che non c’è altra causa per la quale tanto manchiamo di uomini chiari per santità in vita e dopo morte, e che sono così pochi quelli che si salvano in questo tempo, se non questa: che abbiamo trascurato quest’opera che conduce alla deificazione. Disse uno [dei santi Padri]: «Se l’intelletto non viene deificato, non è possibile per l’uomo non soltanto santificarsi, ma neppure salvarsi». E questo è terribile anche solo da udirsi, perché è la stessa cosa salvarsi ed essere deificati secondo le dichiarazioni di quelli che sono sapienti in Dio.
Inoltre, per di più, noi siamo privi di quei libri che guidano a questo. E senza questi, è impossibile giungere allo scopo.
Ma ecco: l’eccellente, buono e realmente amante di Cristo, Signor Giovanni Mavrogordatos, che non la cede a nessuno dei primi in fatto di liberalità, di amore per i poveri, di ospitalità e di tutto il coro delle virtù, eccolo sempre infiammato da zelo divinamente ispirato per il comune vantaggio! Proprio lui, ispirato dalla grazia di Cristo che vuole che tutti gli uomini siano salvati e deificati, muta il lamento in gioia, sciogliendo la difficoltà. Infatti ha messo a disposizione del bene comune questo strumento di deificazione e con tutta l’anima e – per così dire – con mani e piedi concorre e in ogni modo collabora per questa parte, a quello che è – come si è detto – l’eterno consiglio di Dio. Oh, quale gloria, quali grandezze! Ecco infatti che quei testi che nei tempi passati mai erano stati pubblicati, ecco che questi che giacevano in luoghi nascosti, nel buio, in qualche angolo, senza gloria, divorati dalle tarme, buttati e sparsi qua e là, ecco quei testi che ci guidano con scienza alla purezza del cuore, alla sobrietà dell’intelletto, al ravvivarsi della grazia che è in noi, aggiungi anche, alla deificazione, eccoli da lui raccolti in uno e dati alla grande e chiara luce dell’arte tipografica (bisognava, infatti, bisognava, che ciò che ci espone quanto riguarda la divina illuminazione, fosse fatto degno anche della luce della stampa!). E con questo egli libera quelli che sanno dalle fatiche del trascrivere e contemporaneamente risveglia anche in quelli che non sanno la brama di acquistare e direi anche di mettere in pratica.
Pertanto, o carissimo lettore, grazie all’ottimo Signor Giovanni, puoi d’ora in poi avere senza fatica e senza difficoltà il presente libro spirituale. Libro che è tesoro della sobrietà, guardia dell’intelletto, mistica scuola della preghiera spirituale. Libro che è un eletto modello di condotta pratica, guida sicura alla contemplazione, giardino dei Padri, catena d’oro delle virtù. Libro che è ripetizione frequente [del Nome] di Gesù, tromba che richiama la grazia e, per farla breve, proprio lo strumento stesso della deificazione, possesso mille volte più desiderabile di qualsiasi altro, da molti anni pensato e cercato ma non trovato. Per questo a te spetta il debito ineludibile – e dovuto per ogni motivo di giustizia! – di pregare Iddio con suppliche incessanti per il benefattore e i collaboratori, perché anch’essi pervengano alla stessa misura nella deificazione e, per essersi a questo scopo affaticati, per primi ne godano anche i frutti.
Ma, dopo le parole di questo discorso, qualcuno potrebbe forse interrompere affermando che non è lecito pubblicare certe cose che sono in questo libro alle orecchie di molti, in quanto cose inusitate: e ne potrebbe derivare un qualche pericolo.
A chi dicesse questo, rispondiamo dunque con poche parole. Neppure noi, caro amico, siamo venuti conformandoci ai nostri pensieri personali riguardo a questa impresa, ma piuttosto ci siamo serviti di esempi. Da un lato, del comando dato in modo generale a tutti i fedeli da parte della Scrittura, di pregare incessantemente e di aver sempre il Signore davanti agli occhi: ed è empio dire che i comandi dello Spirito siano soggetti a qualche proibizione o impossibilità, come dice il grande Basilio. Ci siamo basati sulla tradizione scritta dei Padri. Gregorio il Teologo consigliava a tutti quelli che dipendevano da lui, in generale, di rendere il ricordo di Dio più frequente del respiro. Il divino Crisostomo presenta tre discorsi interi sulla preghiera incessante e spirituale, e in innumerevoli punti degli altri suoi discorsi esorta tutti in generale a pregare continuamente. E quel mirabile Gregorio Sinaita, attraversando diverse città, insegnava la stessa attività salvifica. Ma infatti Dio stesso, mandando miracolosamente un angelo dall’alto, ratificò la medesima verità, chiudendo la bocca al monaco che contraddiceva, come si vede alla fine del presente libro.
Ma di che parole ho bisogno su questo argomento quando anche gli uomini che vivono nel mondo, che vivono nei palazzi reali, avendo – come si è detto – quale opera ininterrotta questo esercizio, a fatti confermano il discorso e bastano a chiudere la bocca ai contraddittori?
E se poi accade che taluni abbiano deviato, che c’è da stupirsi? Per presunzione, per lo più, costoro hanno subito questo, secondo Gregorio Sinaita. Io poi ritengo che il più delle volte la causa principale di simili deviazioni stia nel non aver seguito in tutto, con esattezza, l’insegnamento dei Padri intorno a questa attività. Essa è infatti santa e per suo mezzo dobbiamo essere liberati da ogni inganno: poiché anche il comandamento di Dio secondo la legge, quel comandamento che conduce alla vita, si è trovato – come dice Paolo – causa di morte per qualcuno! Eppure ciò non è avvenuto a motivo del comandamento. E come, infatti, se esso era santo, giusto e vero? È invece accaduto ciò a motivo della perversità di coloro che erano venduti sotto il peccato. E che, dunque? Bisogna accusare il divino precetto a motivo del peccato di alcuni? E per la deviazione di alcuni disprezzare quella attività salutare? In nessun modo, né per l’uno né per l’altra. Bisogna piuttosto por mano all’opera confidando in colui che ha detto: Io sono la via e la verità, con tutta umiltà e in una disposizione di afflizione spirituale. Se infatti uno si è liberato da ogni presunzione e ricerca di piacere agli uomini, anche se tutta la malvagia falange dei demoni irrompesse contro di lui, non arriverà neppure ad avvicinarsi, secondo l’insegnamento dei Padri.
Stando così le cose e poiché – come si è detto – il libro da ogni parte propone in tutte le maniere ciò che è perfetto, la cosa più opportuna resta ormai quella di prendere tra le mani quell’invito al banchetto della Sapienza, per chiamare tutti, con alto proclama, al convito di questo libro spirituale: quanti nelle cose di Dio non sono nemici del banchetto né, come quelli di cui si parla nei vangeli, prendono a pretesto campi, buoi, mogli! Venite, dunque, venite: mangiate il pane della sapienza che è in esso, questo pane sapienziale, e bevete il vino che spiritualmente allieta il cuore, vino che fa uscire da tutto ciò che è sensibile e insieme intelligibile, mediante la deificazione estatica. Inebriatevi di una ebbrezza veramente sobria! Venite, tutti quanti siete partecipi della vocazione ortodossa, monaci e laici insieme, voi che siete zelanti perché avete trovato il regno di Dio che è dentro di voi e il tesoro nascosto nel campo del cuore, che è il dolce Cristo Gesù! Venite, affinché una volta liberato il vostro intelletto dalla prigionia nelle cose di quaggiù e dal suo vagare, e purificato il cuore dalle passioni mediante l’incessante, tremenda invocazione del Signore nostro Gesù Cristo, siate unificati in voi stessi e, mediante questa unificazione interiore, a Dio, secondo l’invocazione che il Signore ha fatto al Padre dicendo: Affinché siano uno, come noi siamo uno. E così, uniti a lui e del tutto trasformati perché posseduti e tratti fuori di voi dall’amore divino, siate con ogni sovrabbondanza deificati, nel senso spirituale e con indubbia certezza e perveniate al primitivo scopo di Dio, glorificando il Padre, il Figlio e lo Spirito santo, una e tearchica Divinità.
A lui si addice ogni gloria, onore e adorazione per i secoli dei secoli. Amen.
Sant’Ignazio Bryanchaninov (1807–1867): Sulla preghiera di Gesù (II)
Apprendista. Dai un concetto di prelest (inganno) preciso e dettagliato. Cos’è il prelest?
Anziano. Il prelest è un danno alla natura umana da parte di una menzogna. Il prelest è lo stato di tutti gli uomini, senza eccezioni, prodotto dalla caduta dei nostri antenati. Siamo tutti deliranti [1]. La conoscenza di questo è la più grande protezione contro l’illusione. Il prelest più grande è riconoscersi liberi dal prelest. Siamo tutti ingannati, siamo tutti ingannati, siamo tutti in uno stato falso, tutti abbiamo bisogno di essere liberati dalla verità. La verità è il nostro Signore Gesù Cristo (Giovanni 8,32-14,6). Assimiliamo questa Verità mediante la fede in Essa, gridiamo in preghiera a questa Verità, ed essa ci trarrà fuori dall’abisso dell’autoinganno e dall’inganno dei demoni. Triste è la nostra condizione! È la prigione da cui preghiamo per portare le nostre anime a “confessare il nome” del Signore (Sal 144,10). È quella terra tenebrosa in cui la nostra vita è stata gettata dal nemico che ci ha invidiato e ci ha scacciato (Sal 142,3). È sapienza carnale (Rm 8,6) e falsa mente (1Tm 6,20), di cui è contagiato il mondo intero, non riconoscendo la sua malattia, proclamandola prospera salute. È “carne e sangue, che non possono ereditare il regno di Dio” (1 Corinzi 15,50). È la morte eterna, guarita e distrutta dal Signore Gesù, che è «la risurrezione e la vita (Gv 11,25). Questo è il nostro stato. La consapevolezza di questo è una nuova ragione per piangere. Con il pianto gridiamo al Signore Gesù che ci porti fuori dal carcere, ci tragga dagli abissi della terra, ci strappi dalle fauci della morte. Nostro Signore Gesù Cristo, dice san Simeone, il Nuovo Teologo, è sceso fino a noi perché ha voluto portarci fuori dalla prigionia e dal “peggiore inganno” [2].
Apprendista. Questa spiegazione non è del tutto accessibile per i miei concetti: ho bisogno di una spiegazione più semplice, più vicina alla mia comprensione.
Anziano. L’angelo caduto usò la “menzogna” come mezzo per distruggere la razza umana (Gn 3:13). Per questo il Signore ha chiamato il diavolo «menzogna, padre della menzogna e omicida fin dal principio» (Gv 8,44). Il Signore ha strettamente connesso il concetto di menzogna con il concetto di omicidio, perché quest’ultimo è una conseguenza indispensabile del primo. La parola “dal principio” ci fa notare che la menzogna fin dall’inizio è servita al diavolo come strumento di omicidio, e lo serve costantemente come strumento di omicidio, per la distruzione delle persone. L’inizio del male è un falso pensiero! La fonte dell’autoillusione e dell’inganno demoniaco è un falso pensiero! La causa di ogni sorta di danno e distruzione è un falso pensiero! Per mezzo di una menzogna, il diavolo ha colpito l’umanità con la morte eterna alla sua stessa radice, negli antenati. I nostri antenati furono ingannati, cioè riconobbero la menzogna come verità e, accettando la menzogna sotto il pretesto della verità, si danneggiarono con un peccato insanabile mortale, come testimoniava anche la nostra antenata. «Il serpente mi ha ingannata», disse, «e io ne ho mangiato» (Gn 3,13). Da quel momento la nostra natura, infetta dal veleno del male, tende “volontariamente” e “involontariamente” al male, che si presenta come bene e piacere a una volontà distorta, a una mente perversa, a un sentimento perverso del cuore. Arbitrario, perché abbiamo ancora un residuo di libertà nella scelta del bene e del male. Involontario, perché questo residuo di libertà non agisce come libertà totale; opera sotto l’intrinseca influenza della corruzione del peccato. Siamo nati così; non possiamo che essere così, e quindi tutti noi, senza alcuna eccezione, siamo in uno stato di auto-illusione e di illusione demoniaca. Da questo punto di vista sullo stato delle persone in relazione al bene e al male, su uno stato che appartiene necessariamente ad ogni persona, segue la seguente definizione di prelest, spiegandola con tutta soddisfazione: «L’inganno è l’assimilazione di una menzogna, accettata come verità”. Il prelest agisce inizialmente sul modo di pensare; essendo accolto e, avendo pervertito il modo di pensare, comunica immediatamente al cuore, perverte le sensazioni del cuore; avendo padroneggiato l’essenza di una persona, si diffonde su tutte le sue attività, avvelena il corpo stesso, in quanto indissolubilmente legato dal Creatore con l’anima. Lo stato di illusione è lo stato di perdizione o morte eterna.
Dal momento della caduta dell’uomo, il diavolo ha sempre avuto libero accesso a lui [3]. Il diavolo ha diritto a questo accesso: al suo potere, per obbedienza a lui, l’uomo si è assoggettato arbitrariamente, rifiutando l’obbedienza a Dio. Dio ha redento l’uomo. All’uomo redento viene data la libertà di obbedire o a Dio o al diavolo, e affinché questa libertà si manifesti senza costrizioni, l’accesso all’uomo è lasciato al diavolo. È molto naturale che il diavolo usi ogni sforzo per mantenere una persona nello stesso atteggiamento verso sé stessa, o addirittura portarla a una maggiore schiavitù. Per fare questo, usa la sua vecchia ed eterna arma: una bugia. Cerca di ingannarci facendo affidamento sul nostro stato di autoillusione; mette in moto le nostre passioni, quei desideri morbosi; richieste perniciose si rivestono di plausibilità, si intensifica per inclinarci alla soddisfazione delle passioni. Chi è fedele alla Parola di Dio non si concede questa soddisfazione, frena le passioni (Giacomo 4,7); agendo sotto la guida del Vangelo contro la propria autoillusione, domando le passioni, distruggendo così a poco a poco l’influenza degli spiriti caduti su di sé, lascia gradualmente lo stato di illusione per il regno della verità e della libertà (Gv 8,32) la cui pienezza è consegnata dall’ombra della grazia divina. L’infedele agli insegnamenti di Cristo, seguendo la sua volontà e ragione, si sottomette al nemico e dallo stato di autoinganno passa allo stato di illusione demoniaca, perde il resto della sua libertà, entra in completa sottomissione al diavolo. Lo stato delle persone nell’illusione demoniaca può essere molto diverso, corrispondente alla passione per cui una persona viene sedotta e resa schiava, corrispondente al grado in cui una persona è resa schiava dalla passione. Ma tutti coloro che sono caduti nell’illusione demoniaca, cioè attraverso lo sviluppo del proprio autoinganno, sono entrati in comunione con il diavolo e in sua schiavitù, sono nell’illusione, sono templi e strumenti di demoni, vittime di morte eterna, vita nelle segrete dell’inferno.
Apprendista. Elenca i tipi di illusione demoniaca che derivano da un esercizio improprio nella preghiera.
Anziano. Tutti i tipi di deliri demoniaci a cui è soggetto l’asceta della preghiera derivano dal fatto che il pentimento non è posto alla base della preghiera, che il pentimento non è diventato la fonte, l’anima, la meta della preghiera. “Se qualcuno”, dice san Gregorio del Sinai nell’articolo di cui sopra, “con fiducia in se stesso basata sulla presunzione [4] , sogna di raggiungere alti stati di preghiera, e ha acquisito zelo non vero, ma satanico, il diavolo opportunamente lo impiglia con le sue reti, come suo servo». Chiunque si sforza di entrare nel matrimonio del Figlio di Dio, non in abiti puliti e luminosi, disposti dal pentimento, ma proprio nei suoi stracci, in uno stato di decomposizione, peccaminosità e illusione, è scacciato, nell’oscurità totale, nell’inganno demoniaco. “Ti consiglio, – dice il Salvatore a colui che è chiamato al misterioso sacerdozio, – compra da Me oro purificato dal fuoco, per diventare ricco; di comprare la veste bianca, perché tu ti vesta, perché la vergogna della tua nudità non appaia. Ungi i tuoi occhi sensuali e gli occhi della mente con il collirio di lacrime, affinché tu possa vedere. Quelli che amo , li rimprovero e li castigo: Affrettati perrciò a pentirti» (Apocalisse 3,18-19). Il pentimento e tutto ciò in cui consiste, come ad esempio: contrizione o malattia dello spirito, pianto del cuore, lacrime, autocondanna, ricordo e pregustazione della morte, giudizio di Dio e tormento eterno, sentimento della presenza di Dio, timor di Dio – sono i doni di Dio, doni di grande valore, doni iniziali e basilari, pegni di doni superiori ed eterni. Senza prima riceverli, fare regali successivi è impossibile. “Non importa quanto siano esaltate le nostre imprese”, diceva San Giovanni della Scala, “ma se non abbiamo acquisito un cuore malato, allora queste imprese sono insieme false e vane” [5]. Il pentimento, la contrizione dello spirito, il pianto sono i segni, l’essenza è la prova della correttezza del gesto di preghiera; la loro assenza è un segno di devianza in una falsa direzione, un segno di autoillusione, illusione o sterilità. L’uno o l’altro, cioè prelest o sterilità, è la conseguenza inevitabile dell’esercizio scorretto della preghiera, e l’esercizio scorretto della preghiera è inseparabile dall’autoillusione.
La forma sbagliata e più pericolosa di preghiera è quando l’orante compone con la forza dell’immaginazione i suoi sogni o le sue immagini, apparentemente prendendoli in prestito dalla Sacra Scrittura, ma in sostanza dalla propria condizione, dalla sua caduta, dalla sua peccaminosità, dal suo sé-illuso; con queste immagini lusinga la sua presunzione, la sua vanità, la sua arroganza, il suo orgoglio, inganna sé stesso. È ovvio che tutto ciò che è stato inventato dal sognare ad occhi aperti della nostra natura caduta, pervertita dalla caduta della natura, non esiste realmente, è finzione e bugia, così caratteristico, così amato dall’angelo caduto. Il sognatore, dal primo passo sulla via della preghiera, procede dal regno della verità, entra nel regno della menzogna, nel regno di Satana, si sottomette arbitrariamente all’influenza di Satana. San Simeone, il Nuovo Teologo, descrive così la preghiera del sognatore e i suoi frutti: “Alza le mani, gli occhi e la mente al cielo, immagina nella sua mente – come Klopstock e Milton – incontri divini, benedizioni celesti, ordini di santi angeli, villaggi di santi, insomma – raccoglie nella sua immaginazione tutto ciò che ha sentito nella Divina Scrittura, la considera durante la preghiera, guarda il cielo, con tutto ciò suscita la sua anima al desiderio e all’amore divini, a volte versa lacrime e grida. Così, a poco a poco, il suo cuore è orgoglioso, senza capirlo con la sua mente; pensa che ciò che fa è frutto della grazia divina a sua consolazione, e prega Dio che lo renda degno di rimanere sempre in quest’opera. Questo è un segno di bellezza. Una tale persona, anche se tace con perfetto silenzio, non può che subire la follia. Se questo non gli accade, tuttavia, è impossibile per lui raggiungere l’intelligenza e la virtù spirituali o il distacco. Così furono ingannati coloro che vedevano la luce e lo splendore con questi occhi corporei, che odoravano l’incenso con il loro profumo, che udivano le voci con le loro orecchie. Alcuni di loro impazzirono e impazzirono da un posto all’altro; altri ricevettero un demone che si trasformò in un angelo luminoso, furono ingannati e rimasero non corretti, fino alla fine, non accettando consigli da nessuno dei fratelli; alcuni di loro, istruiti dal diavolo, si uccisero: alcuni caddero nell’abisso, altri si strangolarono. E chi può enumerare i vari inganni del diavolo, con cui inganna, e che sono imperscrutabili? Tuttavia, da quanto abbiamo detto, ogni persona ragionevole può imparare quale male deriva da questo modo di pregare. [6]
Tutti i Santi Padri, che hanno descritto l’impresa della preghiera mentale, vietano non solo di fare sogni arbitrari, ma anche di inchinarsi con volizione e simpatia ai sogni e ai fantasmi che possono presentarsi a noi inaspettatamente, indipendentemente dalla nostra volontà. E questo avviene durante l’impresa della preghiera, soprattutto nel silenzio. “Non accettare in alcun modo”, dice san Gregorio del Sinai, “se vedi qualcosa, con gli occhi o con la mente sensuali, fuori o dentro di te, sia essa l’immagine di Cristo, o un Angelo, o qualche Santo, o se ti appare una luce… Sii attento, attento! Non permetterti di fidarti di nulla, non esprimere simpatia e consenso, non fidarti frettolosamente di un fenomeno, anche se è vero e buono; rimani freddo con lui e alieno, mantenendo costantemente la tua mente senza forma, non costituendo alcuna immagine e non imprimendola con alcuna immagine. Colui che vede qualcosa nel pensiero o sensualmente, anche se proviene da Dio, e accetta frettolosamente, cade convenientemente nell’illusione, almeno rivela la sua inclinazione e capacità all’illusione, poiché accetta i fenomeni con rapidità e leggerezza. Il novizio deve prestare tutta l’attenzione a un’azione del cuore, riconoscere quest’unica azione come poco affascinante e non accettare nient’altro fino al momento di entrare nel distacco. Dio non è adirato con colui che, temendo l’illusione, si guarda con estrema circospezione, se non accetta nulla di inviato da Dio, senza esaminare con ogni cura ciò che è stato inviato; al contrario, Dio loda un tale per la sua prudenza».[7] Sant’Anfilochio, entrato nel monachesimo fin dalla giovinezza, fu onorato nella maturità e nella vecchiaia di trascorrere la sua vita da eremita nel deserto. Rinchiuso in una grotta, praticò il silenzio e ottenne un grande successo. Quando furono compiuti i “quaranta” anni della sua vita eremitica, di notte gli apparve un angelo e gli disse: Anfilochio! Vai in città e pasci le pecore spirituali. Anfilochio rimase nell’attenzione di sé stesso e non prestò attenzione al comando dell’angelo. La notte successiva l’Angelo apparve di nuovo e ripeté il comando, aggiungendo che era di Dio. E ancora Anfilochio non obbedì all’Angelo, temendo di essere ingannato e ricordando le parole dell’Apostolo che anche Satana si è trasformato in un Angelo luminoso (2 Corinzi 11:14). La terza notte apparve di nuovo un angelo e, dopo essersi confermato ad Anfilochio con la glorificazione di Dio, spiriti emarginati intolleranti, prese per mano l’anziano, lo condusse fuori dalla cella e lo condusse alla chiesa, che era qui vicino. Le porte della chiesa si aprirono spontaneamente. La chiesa era illuminata dalla luce celeste; vi parteciparono molti santi uomini in vesti bianche con facce a forma di sole. Ordinarono Anfilochio vescovo della città di Iconio [8]. Con comportamento opposto, i monaci Isacco e Nikita delle Grotte, nuovi e inesperti nella vita eremitica, subirono un terribile disastro, confidando incautamente in un fantasma che si presentava loro. Al primo apparvero splendenti molti demoni; uno dei demoni ha preso la forma di Cristo, gli altri – la forma di santi angeli. Il secondo fu sedotto da un demone, prima con un profumo e una voce, come da Dio, poi apparendogli ovviamente in forma di angelo [9]. I monaci esperti nella vita monastica, monaci veramente santi, hanno molta più paura dell’illusione, molto più diffidenti in sé stessi dei novizi, specialmente quelli dei novizi che sono pieni di eccitazione per un’impresa. Con sincero amore, il monaco Gregorio del Sinai mette in guardia dall’illusione dell’uomo silenzioso, per il quale è stato scritto il suo libro: “Voglio che tu abbia una concezione precisa dell’illusione; Voglio questo perché tu possa proteggerti dall’illusione, così che in uno sforzo che non è illuminato dalla giusta conoscenza, non ti rechi grande danno, non distrugga la tua anima. Il libero arbitrio di una persona tende convenientemente alla comunione con i nostri oppositori, specialmente il volere degli inesperti, nuovi nelle imprese, come ancora posseduti dai demoni” [10]. Quant’è vero! Il nostro libero arbitrio tende, è attratto dall’illusione, perché ogni illusione lusinga la nostra presunzione, la nostra vanità, il nostro orgoglio. “I demoni sono vicini e circondano il novizio e si sono fatti da sé, diffondendo reti di pensieri e sogni perniciosi, organizzando abissi di cadute. La città del novizio – tutto l’essere di ciascuno di loro – è ancora in possesso dei barbari… Per frivolezza, non entrare presto in ciò che ti appare, ma resta “pesante”, trattenendo il buono con molta considerazione, e rigetto del male… Sappi che le azioni di grazia sono chiare; il demone non può insegnarglielo; non può insegnare la mansuetudine, né la calma, né l’umiltà, né l’odio per il mondo; non doma le passioni e le voluttà, come fa la grazia”. Le sue azioni: “manie” – arroganza, pomposità – “arroganza, assicurazione, in una parola, ogni tipo di malizia. [11] È necessario sapere che tale considerazione è proprietà dei monaci di successo, non in alcun modo dei principianti. Il monaco del Sinai parla, anche se con un novizio, ma con un novizio di vita silenziosa, che era un vecchio sia per essere monaco che per età corporea, come si può vedere dal libro.
Apprendista. Non ti è capitato di vedere qualcuno che è entrato in un’illusione demoniaca a causa dello sviluppo del sogno ad occhi aperti durante l’esercizio della preghiera?
Anziano. È successo. Un funzionario, che viveva a San Pietroburgo, era impegnato in un’intensa impresa di preghiera e lui venne in uno stato straordinario. Ha rivelato all’allora arciprete della Chiesa dell’Intercessione della Madre di Dio, a Kolomna, la sua impresa e le sue conseguenze. L’arciprete, dopo aver visitato un certo monastero della diocesi di San Pietroburgo, chiese a uno dei monaci di quel monastero di parlare con un funzionario. “La strana posizione in cui il funzionario è addivenuto dall’impresa”, ha detto giustamente l’arciprete, “può essere spiegata più convenientemente dagli abitanti del monastero, poiché hanno più familiarità con i dettagli e gli accidenti dell’impresa ascetica”. Il monaco acconsentì. Dopo qualche tempo, il funzionario arrivò al monastero. Ero presente anche durante la sua conversazione con il monaco. Il funzionario iniziò immediatamente a parlare delle sue visioni: vede costantemente la luce delle icone durante la preghiera, sente la fragranza, sente una straordinaria dolcezza in bocca, e così via. Il monaco, dopo aver ascoltato questa storia, chiese al funzionario: “Hai mai pensato di ucciderti?” – “Come! – Rispose il funzionario, – Stavo già correndo [12] alla Fontanka, ma mi hanno tirato fuori». Si è scoperto che il funzionario ha usato l’immagine della preghiera descritta da San Simeone, ha infiammato l’immaginazione e il sangue e la persona diventa molto capace di aumentare il digiuno e la veglia. Allo stato di autoillusione, scelto arbitrariamente, il diavolo ha aggiunto la propria azione, simile a questo stato, – e l’autoillusione umana si è trasformata in un’evidente illusione demoniaca. Il funzionario vide la luce con occhi fisici; la fragranza e la dolcezza che sentiva erano altrettanto sensuali. In contrasto con ciò, le visioni dei Santi e i loro stati soprannaturali sono del tutto spirituali [13]: l’asceta ne diventa capace non prima, come dopo aver aperto gli occhi dell’anima per grazia divina, e altri sentimenti dell’anima, finora inattivi [14], anch’essi prendono vita; anche i sentimenti corporei dei Santi partecipano alla visione beata, ma solo quando il corpo passa da uno stato di passione a uno stato di mancanza di passione. Il monaco iniziò a persuadere il funzionario a lasciare il metodo di preghiera che stava usando, spiegandone sia l’erroneità del metodo che l’erroneità dello stato espresso dal metodo. Il funzionario si oppose al consiglio con amarezza. “Come posso rifiutare una grazia così ovvia!” si oppose.
Ascoltando le storie del funzionario su di me, ho provato un’inspiegabile pietà per lui e allo stesso tempo mi sembrava in qualche modo ridicolo. Ad esempio, fece al monaco la seguente domanda: “Quando la saliva nella mia bocca si moltiplica per l’abbondante dolcezza, inizia a gocciolare sul pavimento: non è un peccato?” Precisamente: coloro che sono nell’illusione demoniaca suscitano pietà di sé stessi, poiché non appartengono a sé stessi e sono, nella mente e nel cuore, in cattività di uno spirito malvagio, emarginato. Sono anche uno spettacolo divertente: si abbandonano al ridicolo da parte dello spirito maligno che si è impossessato di loro, che li ha portati in uno stato di umiliazione, seducendoli con vanità e arroganza. Gli ingannati non capiscono né la loro prigionia né la stranezza del loro comportamento, non importa quanto ovvia possa essere questa prigionia, questa stranezza di comportamento.
Ho trascorso l’inverno del 1828-1829 nell’Eremo di Ploschanskaya [15]. A quel tempo, viveva lì un vecchio, che era deluso. Si tagliò la mano, credendo che ciò avrebbe adempiuto il comandamento del Vangelo, e disse a chiunque volesse ascoltarlo che la mano mozzata divenne una sacra reliquia, che è conservata e onorata magnificamente nel monastero Simonov di Mosca, che lui, un anziano, trovandosi nell’Eremo di Ploschanskaya a cinquecento verste da Simonov, sente quando l’archimandrita Simonovsky ei fratelli gli baciano la mano. Il vecchio ebbe un brivido, e cominciò a sibilare molto forte; riconosceva in questo fenomeno il frutto della preghiera, ma all’uditorio sembrava una perversione di sé stesso, degna solo di rimpianti e risate. I bambini che vivevano nel monastero da orfani si divertivano con questo fenomeno e lo copiavano davanti agli occhi dell’anziano. L’anziano si arrabbiò, si precipitò prima su un ragazzo, poi su un altro, gli arruffò i capelli.
Quando il funzionario se ne andò, chiesi al monaco: “Perché ha avuto l’idea di chiedere al funzionario del tentato suicidio?” Il monaco rispose: “Come in mezzo al pianto per Dio vengono momenti di straordinaria pace di coscienza, che è la consolazione di coloro che piangono, così in mezzo al falso piacere sprigionato dal fascino demoniaco, vengono momenti in cui il fascino, per così dire, si smaschera e si lascia assaporare così com’è. Questi momenti sono terribili! La loro amarezza e la disperazione prodotta da questa amarezza sono insopportabili. Secondo questo stato, in cui conduce l’illusione, sarebbe più facile per l’ingannato riconoscerlo e prendere misure per guarire sé stessi. Ahimè! L’inizio dell’illusione è l’orgoglio, e il suo frutto è un orgoglio estremamente abbondante. L’ingannato, riconoscendosi vaso della grazia divina, disprezza gli avvertimenti salvifici del prossimo, come notava san Simeone. Nel frattempo, gli accessi di disperazione diventano sempre più forti; infine, la disperazione si trasforma in follia e viene coronata dal suicidio.
All’inizio di questo secolo, lo schemamonaco Teodosio lavorò nell’Eremo di Sofronia [16], attirando il rispetto sia della confraternita che dei laici con la sua vita severa ed esaltata. Un giorno gli parve di essere stato rapito in paradiso. Alla fine della visione, si recò dal rettore, raccontò in dettaglio il miracolo e aggiunse un’espressione di rammarico di aver visto solo sé stesso in paradiso, di non aver visto nessuno dei fratelli. Questa caratteristica sfuggì all’attenzione dell’abate; convocò i fratelli, contrito di spirito raccontò loro la visione dello schemamonaco, e li esortò a una vita più diligente e gradita a Dio. Dopo qualche tempo, le stranezze iniziarono ad apparire nelle azioni dello schemamonaco. Il caso si è concluso con il fatto che è stato trovato strangolato nella sua cella.
A me è capitato il seguente caso degno di nota. Una volta fui visitato da un monaco ieroschema dell’Athos, che era in Russia a raccogliere cibo. Ci siamo seduti nella mia cella ricevente e lui ha cominciato a dirmi: “Prega per me, padre: dormo molto, mangio molto”. Quando mi ha detto questo, ho sentito il calore che emanava da lui, per questo gli ho risposto: “Non mangi molto e non dormi molto; ma c’è qualcosa di speciale in te?” e gli ho chiesto di entrare nella mia cella all’interno. Camminando davanti a lui e aprendo la porta della cella, pregai mentalmente Dio che concedesse alla mia anima la possibilità di beneficiare lo ieroschememonaco dell’Athos, capire se fosse un vero servitore di Dio. Esatto: ho notato qualcosa di speciale in lui. Nella cella interna, ci siamo seduti di nuovo a parlare, e ho cominciato a chiedergli: “Fammi un favore, insegnami a pregare. Tu abiti nel primo luogo monastico della terra, tra migliaia di monaci: in un luogo simile e in un raduno così grande di monaci, devono esserci certamente grandi libri di preghiera che conoscono l’azione segreta della preghiera e la insegnano al prossimo, sull’esempio di Gregorio del Sinai e di Palamas, sull’esempio di molte altre Lampade dell’Athos. Lo ieroschemamonaco ha immediatamente accettato di essere il mio mentore e, oh orrore! Con la più grande eccitazione, iniziò a trasmettermi il metodo di preghiera entusiasta e sognante di cui sopra. Vedo: ha una febbre terribile! Il suo sangue e la sua immaginazione sono infiammati! È soddisfatto di sé, è felice di sé stesso, è illuso di sé, è illuso! Dopo averlo lasciato parlare, cominciai a poco a poco, in qualità di istruttore, ad offrirgli l’insegnamento dei Santi Padri sulla preghiera, indicandolo nella Filocalia e chiedendogli di spiegarmi questo insegnamento. L’Athonita era completamente disorientato. Vedo che è completamente all’oscuro dell’insegnamento dei Padri sulla preghiera! Mentre la conversazione continua, gli dico: “Guarda, vecchio! Se vivi a San Pietroburgo, non abitare all’ultimo piano, sicuramente non abitare all’ultimo piano”. “Perché così?” L’ Athonita obiettò. «Perché», risposi, «se gli angeli decidono di portarti all’improvviso da Pietroburgo all’Athos, e ti portano dal piano superiore, e ti lasci cadere, sarai ucciso: se ti portano da quello inferiore, e ti lasci cadere, farai solo del male a te stesso”. “Immaginate”, rispose l’Athonita, “quante volte già, mentre stavo in preghiera, mi è venuto in mente un pensiero vivente che gli angeli mi avrebbero portato via e mi avrebbero messo sul monte Athos!”. Si è scoperto che il monaco ieroschema indossava catene, dormiva a malapena, mangiava poco cibo, sentiva un tale calore nel suo corpo che in inverno non aveva bisogno di vestiti caldi. Verso la fine della conversazione, mi venne in mente di fare quanto segue: cominciai a chiedere all’ Athonita che, da asceta e digiunante, mettesse alla prova su di sé il metodo insegnato dai Santi Padri, che consisteva nel fatto che la mente durante la preghiera era del tutto estraneo a qualsiasi sogno, immerso tutto nel conto delle parole della preghiera, si concludeva e si racchiudeva, nelle parole di San Giovanni della Scala, nelle parole della preghiera [17]. Allo stesso tempo, il cuore di solito contribuisce alla mente con un sentimento salvifico di dolore per i peccati, come diceva San Marco l’Asceta: “La mente che non prega in modo distratto opprime il cuore: “Dio non vuole disprezzare un cuore contrito e umile» (Sal 50,19)» [18]. “Quando ti metti alla prova”, dissi all’Athonita, “allora parlami del frutto dell’esperienza; per me, un’esperienza del genere è sconveniente per la vita felice che conduco. L’Athonita acconsentì volentieri alla mia proposta. Qualche giorno dopo viene da me e mi dice: “Che cosa mi hai fatto?” – “E cosa?” – “Sì, mentre cercavo di pregare con attenzione, racchiudendo la mente nelle parole della preghiera, allora tutte le mie visioni sono scomparse, e ad esse non posso più tornare”. Inoltre, nella conversazione con l’Athonita, non ho visto quell’arroganza e quell’impudenza che erano molto evidenti in lui al primo incontro e che di solito si notano nelle persone che si ingannano, che pensano di essere sante, o sono in prosperità spirituale. L’Athonita espresse anche il desiderio di ascoltare il mio miserabile consiglio. Quando gli ho consigliato di non differire nel modo di vivere esteriore dagli altri monaci, [19] poi si tolse le catene e me le diede. Un mese dopo, era di nuovo con me e disse che la febbre nel suo corpo era cessata, che aveva bisogno di vestiti caldi e dormiva molto di più. Allo stesso tempo, ha detto che sul Monte Athos molti, anche tra coloro che godono della gloria della santità, usano il metodo di preghiera che è stato usato da lui: lo insegnano agli altri. Poco intelligente! San Simeone, il Nuovo Teologo, vissuto otto secoli prima dei nostri tempi, dice che pochissime persone praticano la preghiera attenta [20]. Il monaco Gregorio del Sinai, vissuto nel XIV secolo dopo la Natività di Cristo, quando giunse sul Monte Athos, scoprì che i suoi numerosi monaci non avevano idea della preghiera mentale, ma erano impegnati solo in gesta corporee, compiendo preghiere solo oralmente e pubblicamente [21]. Il monaco Nil Sorskij, vissuto tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo, dopo aver visitato anche il monte Athos, afferma che ai suoi tempi il numero di utili libri di preghiere era estremamente scarso [22]. L’anziano, l’archimandrita Paisius (Velichkovsky) si trasferì sul Monte Athos dalla Moldavia nel 1747. Conobbe brevemente tutti i monasteri e gli sketes, parlò con molti anziani, che furono riconosciuti dall’opinione generale della Montagna Sacra come i più esperti e santi monaci. Quando iniziò a interrogare questi monaci sui libri dei Santi Padri che scrivevano sulla preghiera mentale, si scoprì che non solo non sapevano dell’esistenza di tali Scritture, ma non conoscevano nemmeno i nomi dei santi Scrittori; quindi la Filocalia non era ancora stata stampata in greco [23]. La preghiera attenta richiede sacrificio di sé e pochi osano sacrificarsi. Chiuso nell’attenzione, in uno stato di smarrimento alla vista della sua peccaminosità, incapace di verbosità e, in generale, di effetto e di recitazione, sembra a chi non conosce la sua misteriosa impresa in qualche modo strana, misteriosa, insufficiente sotto tutti gli aspetti. È facile separarsi dall’opinione del mondo! E come può il mondo conoscere l’asceta della vera preghiera quando il risultato stesso è completamente sconosciuto al mondo? Che si tratti di affari – è in auto-illusione! Non mangia, non beve, non dorme, d’inverno cammina in una tonaca, indossa catene, ha visioni, insegna e denuncia tutti con impudente sfacciataggine, senza alcuna correttezza, senza senso né significato, con sangue, eccitazione materiale, appassionata e a causa di questo fervore doloroso e disastroso. Santo e solo! “In realtà sopportate chi vi riduce in servitù, chi vi divora, chi vi sfrutta, chi è arrogante, chi vi colpisce in faccia. Lo dico con vergogna; come siamo stati deboli! (2 Corinzi 11:20). Inoltre, il santo Apostolo dice che quando era a Corinto, non poteva comportarsi con franchezza e sfrontatezza: il suo comportamento era suggellato dalla modestia, dalla «mansuetudine e dalla calma di Cristo» (2 Cor 10:1). La maggior parte degli asceti della Chiesa occidentale, da lei proclamata per i più grandi santi – dopo essersi allontanata dalla Chiesa orientale e dopo la partenza dello Spirito Santo da lei – pregarono e ottennero visioni, ovviamente false, nel modo che ho menzionato. Questi santi immaginari erano nella più terribile illusione demoniaca. Il prelest è già naturalmente eretto sulla base della bestemmia, per la quale la fede dogmatica è stata pervertita tra gli eretici. Il comportamento degli asceti del latinismo, abbracciato dall’inganno, era sempre frenetico, a causa di un’insolita eccitazione materiale, appassionata. In tale stato si trovava Ignazio di Loyola, il fondatore dell’Ordine dei Gesuiti. La sua immaginazione era così accesa e sofisticata che, come lui stesso affermava, doveva solo volere e usare una certa tensione, poiché l’inferno o il paradiso apparivano davanti ai suoi occhi, su sua richiesta. La manifestazione del paradiso e dell’inferno non è stata compiuta da un’azione dell’immaginazione umana; a questo non basta la mera azione dell’immaginazione umana: la manifestazione è stata compiuta dall’azione dei demoni, aggiungendo la loro azione abbondante all’azione umana insufficiente, unendo azione con azione, riempiendo l’azione con azione, sulla base della libera volontà dell’umano, che ha scelto e padroneggiato una falsa direzione. È noto che le visioni sono concesse ai veri santi di Dio solo per grazia di Dio e per azione di Dio, e non per volontà di una persona e non per proprio sforzo – sono concesse inaspettatamente, molto raramente, nei casi di speciale bisogno, secondo la mirabile provvidenza di Dio, e non come se fosse voluto [24]. L’impresa intensificata di coloro che sono nell’illusione di solito si trova accanto a una profonda depravazione. La dissolutezza serve come valutazione della fiamma che accende gli ingannati. Lo confermano le leggende della storia e la testimonianza dei Padri. “Chi vede lo spirito dell’illusione nei fenomeni da lui presentati”, disse il monaco Maxim Kapsokalivi, “è molto spesso soggetto a rabbia e ira; l’incenso dell’umiltà, o la preghiera, o le vere lacrime, non hanno posto in esso. Al contrario, si vanta costantemente delle sue virtù, vanaglorie, e si abbandona sempre a passioni astute senza paura”. [25]
Apprendista. L’erroneità di questo metodo di preghiera e la sua connessione con l’autoinganno e l’illusione sono evidenti; mettetemi in guardia anche contro altri tipi di preghiera scorretta e il falso stato ad essi associato.
Anziano. Proprio come un’azione scorretta della mente conduce all’autoinganno e all’illusione, così introduce esattamente in loro un’azione scorretta del cuore. Pieno di orgoglio sconsiderato è il desiderio e l’impegno a vedere visioni spirituali con una mente non purificata dalle passioni, non rinnovata e ricreata dalla mano destra dello Spirito Santo; pieno dello stesso orgoglio e incoscienza è il desiderio e l’aspirazione del cuore di godere delle sensazioni del santo, spirituale, divino, quando è ancora completamente incapace di tali piaceri. Come una mente impura, desiderando vedere visioni divine e non potendo vederle, si crea visioni da sé, inganna e si seduce con esse, così il cuore, intensificandosi per assaporare la dolcezza divina e altre sensazioni divine, e non trovando loro in sé, li compone fuori di sé, si lusinga con loro, inganna, si inganna, si autodistrugge, entrando nel regno della menzogna, in comunione con i demoni.
Una sensazione di tutte le sensazioni del cuore, nel suo stato di caduta, può essere usata in un invisibile servizio divino: dolore per i peccati, per la peccaminosità, per una caduta, per la propria morte, che si chiama pianto, pentimento, contrizione di lo spirito. Ciò è evidenziato dalle Sacre Scritture. “Piché il sacrificio non gradisci, e, se offro l’olocausto, Tu non l’accetti” (Sal 50,18): e ogni sentimento sentito separatamente, e tutti insieme non ti sono graditi, come contaminati dal peccato, come pervertiti da una caduta. “Un sacrificio a Dio è uno spirito affranto: un cuore contrito e umile Dio non disprezzerà” (Sal 50,19). Questo sacrificio è un sacrificio negativo; con l’offerta di questo sacrificio si elimina naturalmente l’offerta di altri sacrifici; con un sentimento di pentimento, tutte le altre sensazioni tacciono. Perché le vittime di altre sensazioni diventino gradite a Dio, il beneplacito di Dio deve prima essere riversato sulla nostra Sion, prima devono essere restaurate le mura della nostra distrutta Gerusalemme. Il Signore è giusto, tutto santo; solo i sacrifici giusti e puri, di cui la natura umana è capace dopo il suo rinnovamento, sono favorevoli al Signore giusto, tutto santo. Non favorisce i sacrifici contaminati e gli olocausti. Assicuriamoci di essere purificati dal pentimento! «Allora compiaciuti del sacrificio di giustizia, dell’offerta elevata e dell’olocausto; allora offriranno vitelli sul tuo altare» (Sal 50:21): sensazioni neonate di persona rinnovata dallo Spirito Santo.
Il primo comandamento dato dal Salvatore del mondo a tutta l’umanità senza eccezione è il comandamento del pentimento: «Gesù cominciò a predicare e a dire: ravvediti, perché il regno dei cieli è vicino» (Mt 4,17). Questo comandamento abbraccia, conclude, unisce in sé tutti gli altri comandamenti. A quelle persone che non comprendevano il significato e la potenza del pentimento, il Salvatore disse più di una volta: “Andate, imparate ciò che significa, misericordia io voglio e non sacrificherò” (Mt 9,13). Questo significa: il Signore, avendo misericordia delle persone cadute e perite, ha concesso a tutti il pentimento come unico mezzo di salvezza, perché tutti sono abbracciati dalla caduta e dalla morte. Non esige, non vuole da loro nemmeno sacrifici, di cui non sono capaci, ma vuole che abbiano pietà di sé stessi, riconoscano la loro calamità, ne siano liberati con il pentimento. Alle parole citate, il Signore ha aggiunto le parole terribili: “Non sono venuto”, ha detto, “per chiamare i giusti, ma i peccatori al pentimento”… Chi sono chiamati giusti? Quegli sfortunati, accecanti peccatori che, ingannati dalla presunzione, non trovano essenziale per sé stessi il pentimento, e quindi lo rifiutano o lo trascurano. Oh disgrazia! Per questo il Salvatore vi rinuncia, perdono il tesoro della salvezza. “Guai all’anima”, dice san Macario il Grande, “non sentendo le sue ulcere e pensando a sé stessa, per il grande, incommensurabile danno della malizia, che è del tutto estranea al danno della malizia. Tale anima non è più visitata e guarita dal buon medico, come se lasciasse arbitrariamente le sue piaghe senza curarsene, e si crede sana e irreprensibile. «Non esigono », dice, «medici i sani, ma i malati» (Mt 9,12) [26]. Terribile crudeltà verso sé stessi: il rifiuto del pentimento! Terribile freddezza, antipatia per sé stessi – abbandono del pentimento. Chi è crudele con sé stesso non può che essere crudele con il prossimo. Chi ha misericordia di sé stesso, accettando il pentimento, nello stesso tempo diventa misericordioso verso il prossimo. Da ciò si può vedere tutta l’importanza dell’errore: togliere dal cuore il sentimento di pentimento comandato da Dio stesso, che è essenziale e logicamente necessario per il cuore, e intensificare per rivelare nel cuore, contrariamente all’ordine, contrariamente all’istituzione di Dio, quei sentimenti che dovrebbero manifestarsi in essa da soli secondo la purificazione mediante il pentimento, ma di un carattere completamente diverso [27]. Una persona carnale non può farsi un’idea di questo carattere spirituale, perché l’idea della sensazione si basa sempre su sensazioni già note al cuore e le sensazioni spirituali sono completamente estranee al cuore, che conosce solo le sensazioni carnali. Un tale cuore non sa nemmeno dell’esistenza di sensazioni spirituali.
Tutti sanno quale disastro spirituale sorse per gli scribi e i farisei ebrei a causa del loro umore spirituale sbagliato: divennero non solo estranei a Dio, ma anche suoi nemici frenetici, assassini di Dio. Gli asceti della preghiera sono soggetti a una simile calamità, avendo scacciato il pentimento dal loro lavoro ascetico, intensificandosi per suscitare amore per Dio nei loro cuori, intensificandosi per provare piacere, gioia; sviluppano la loro caduta, si rendono estranei a Dio, entrano in comunione con Satana, si contaminano con l’odio per lo Spirito Santo. Questo tipo di incantesimo è terribile; è ugualmente distruttivo per l’anima come il primo, ma meno ovvio, raramente finisce con la follia e il suicidio, ma corrompe in modo decisivo sia la mente che il cuore. Secondo lo stato d’animo che produce, i Padri la chiamavano “opinione” [28]. Il santo apostolo Paolo addita questo tipo di inganno quando dice: “Nessuno vi derubi a suo piacere del vostro premio, con un pretesto di umiltà e di culto degli angeli, affidandosi alle proprie visioni, gonfio di vanità nella sua mente carnale» (Col 2,18). Chi è posseduto da questo delirio pensa a sé stesso, si è fatto un “opinione” su sé stesso, che ha molte virtù, anche che abbonda nei doni dello Spirito Santo. L’opinione è formata da falsi concetti e false sensazioni: secondo questa proprietà, appartiene completamente al regno del padre e rappresenta la menzogna: il diavolo. Colui che prega, sforzandosi di rivelare le sensazioni di una nuova persona nel suo cuore, e non avendone l’opportunità, le sostituisce con sensazioni di sua stessa creazione, false, a cui l’azione degli spiriti caduti non indugia ad unirsi. Riconoscendo le sensazioni errate, sia sue che dei demoni, come vere e benedette, riceve concetti corrispondenti alle sensazioni. Queste sensazioni, costantemente assimilate al cuore e in esso intensificate, alimentano e moltiplicano falsi concetti; è naturale che l’autoinganno e l’illusione demoniaca – “opinione” – siano formati da un’impresa così scorretta.[29]”, diceva san Simeone, il Nuovo Teologo. Chi pensa di sé stesso di essere privo di passioni non sarà mai purificato dalle passioni; chi si crede pieno di grazia non riceverà mai la grazia; chi si crede santo non raggiungerà mai la santità. È semplice a dirsi: colui che si attribuisce atti spirituali, virtù, azioni, doni colmati di grazia, si lusinga e si diverte con “opinione”, blocca con questa “opinione” l’ingresso a sé e alle opere spirituali, alla virtù cristiana e alla grazia divina, – spalanca l’ingresso all’infezione peccaminosa e ai demoni. Chi è contagiato dall’“opinione” non ha più alcuna capacità di progresso spirituale: ha distrutto questa capacità, portando sull’altare della menzogna gli inizi stessi dell’attività umana e della salvezza: il concetto di verità. Un’insolita pomposità appare in coloro che sono ammalati di questo inganno: sono, per così dire, ebbri di sé stessi, del loro stato di autoillusione, vedendo in sé uno stato di grazia. Sono impregnati, pieni di arroganza e di orgoglio, apparendo però umili a molti che giudicano dai loro volti, incapaci di giudicare dai loro frutti, come ha comandato il Salvatore (Matteo 7:16, 12:33), tanto meno, secondo il sentimento spirituale menzionato dall’Apostolo (Ebrei 5:14. Il profeta Isaia descrisse vividamente l’effetto dell’illusione dell'”opinione” nell’arcangelo caduto, l’azione che sedusse e distrusse questo arcangelo. “Tu”, dice il profeta a Satana, “hai detto nella tua mente: salirò al cielo, porrò il mio trono sopra le stelle del cielo, siederò su un monte alto, su monti alti, fino a settentrione, salirò sopra le nuvole, sarò come l’Altissimo. Ora scenderai negli inferi e nelle fondamenta della terra» (Is 14,13-15). Il Signore condanna colui che è stato contagiato dall’“opinione” così: “Tu dici: ‘Sono ricco, mi sono arricchito e non ho bisogno di niente!’ Tu non sai, invece, che sei infelice fra tutti, miserabile, povero, cieco e nudo”. (Apocalisse 3:17). Il Signore ammonisce gli ingannati al pentimento, suggerisce di non comprare da nessun altro ma solo dal Signore stesso le cose necessarie al pentimento (Apocalisse 3:18). L’acquisto è urgente: senza di esso non c’è salvezza. Non c’è salvezza senza pentimento, e il pentimento è accettato da Dio solo da coloro che, per riceverlo, venderanno tutti i loro beni, cioè rinunceranno a tutto ciò che hanno falsamente assimilato per “opinione”.
Apprendista. Hai mai incontrato qualcuno infettato da questo tipo di inganno?
Anziano. Le “opinioni” infette da inganno sono molto comuni. Chi non ha spirito contrito, riconoscendosi ogni dignità e merito, chi non aderisce fermamente agli insegnamenti della Chiesa ortodossa, ma discute arbitrariamente, a propria discrezione, o secondo l’eterodossia di qualsiasi dogma o tradizione insegnamento, è in questa opinione. Il grado di illusione è determinato dal grado di evasione e persistenza nell’evasione.
Uomo debole! L’“opinione” in qualche sua forma si insinua certamente in noi e, realizzando il nostro “io”, ci sottrae la grazia di Dio. Così come non c’è una sola persona, secondo l’osservazione di san Macario il Grande, che sia completamente libera dall’orgoglio, così non c’è una sola persona che sarebbe completamente libera dall’effetto su di lui del sottile fascino chiamato “opinione”. Calunniò l’apostolo Paolo e fu guarito dalle pesanti indennità di Dio. «Non vogliamo infatti che ignoriate, fratelli», scrive l’Apostolo ai Corinzi, «come la tribolazione che ci è capitata in Asia ci ha colpiti oltre misura, al di là delle nostre forze, sì da dubitare anche della vita. Abbiamo addirittura ricevuto su di noi la sentenza di morte per imparare a non riporre fiducia in noi stessi, ma nel Dio che risuscita i morti» ( 2 Cor 1,8-9 )… Per questo bisogna vigilare per non attribuirsi alcuna buona azione, alcuna qualità meritoria o speciale capacità naturale, anche uno stato di grazia, se ad essa è elevata una persona, insomma, per non riconoscersi qualsiasi merito. «Però noi abbiamo questo tesoro in vasi di creta», dice l’Apostolo, «perché appaia che questa potenza straordinaria viene da Dio e non da noi (1 Corinzi 4:7).Da Dio abbiamo sia l’essere che il ri-essere, e tutte le proprietà naturali, tutte le capacità, sia spirituali che corporee. Siamo debitori di Dio! Il nostro debito non è pagato! Da tale visione di noi stessi, si forma uno stato per il nostro spirito, il contrario dell’”opinione”, uno stato che il Signore ha chiamato povertà dello spirito, che ci ha comandato di avere, che gli è piaciuto (Mt 5:3). È una grande calamità deviare dagli insegnamenti dogmatici e morali della Chiesa, dagli insegnamenti dello Spirito Santo con una sorta di filosofeggiare! Questa è “distruggere i ragionamenti e ogni baluardo che si leva contro la conoscenza di Dio”. Una tale mente deve essere abbattuta “soggetta all’obbedienza del Cristo» (2 Corinzi 10,5).
Apprendista. C’è qualche collegamento tra prelest del primo tipo e prelest del secondo tipo?
Anziano. C’è sicuramente una connessione tra questi due tipi di inganno. Il primo tipo di delirio è sempre connesso con il delirio del secondo tipo, con l’“opinione”. Chi compone immagini seducenti attraverso la facoltà naturale dell’immaginazione, combina queste immagini attraverso il sogno [30] in un quadro affascinante, sottopone tutto il suo essere all’influenza seducente e potente di questo dipinto, immancabilmente, per sfortunata necessità, “pensa” che questo dipinto è prodotto dall’azione della grazia divina, che le sensazioni del cuore suscitate dalla pittura sono sensazioni di grazia.
Il secondo tipo di prelest – in realtà “opinione” – opera senza comporre immagini seducenti; si accontenta di inventare sensazioni e stati contraffatti e beati, da cui nasce una concezione falsa e perversa di tutte le conquiste spirituali in generale. Chi è nel fascino dell’“opinione” acquisisce una falsa visione di tutto ciò che lo circonda. È ingannato sia dentro di sé che fuori. La réverie ha un forte effetto in coloro che sono sedotti dall'”opinione”, ma agisce esclusivamente nel regno dell’astratto. O non fa affatto, o si dedica raramente alla pittura nell’immaginazione del paradiso, chiostri e sale celesti, luce e profumo celesti, Cristo, angeli e santi; elabora costantemente stati pseudo-spirituali, stretta amicizia con Gesù [31] , conversazione interiore con Lui [32] , rivelazioni misteriose [33], voci, piaceri, costruisce su di essi un falso concetto di sé e dell’impresa cristiana, costruisce in generale un falso modo di pensare e un falso stato d’animo del cuore, porta o all’auto-rapimento, o all’eccitazione e all’entusiasmo. Queste diverse sensazioni provengono dall’azione di raffinata vanità e voluttà: da questa azione il sangue riceve un movimento peccaminoso e seducente, che sembra essere un piacere pieno di grazia. Vanità e voluttà sono eccitate dall’arroganza, questa inseparabile compagna dell’”opinione”. L’orgoglio terribile, simile all’orgoglio dei demoni, è la qualità dominante di coloro che hanno assimilato l’uno o l’altro inganno. L’orgoglio conduce coloro che sono stati sedotti dal primo tipo di illusione in uno stato di palese follia; in coloro che sono sedotti dalla seconda specie, produce anche un danno mentale, che nella Scrittura è chiamato corruzione della mente (2 Tim 3:8), meno evidente, vestito di umiltà, pietà, sapienza, è conosciuto dai suoi frutti amari. Coloro che sono contagiati da una “opinione” sui propri meriti, specialmente sulla propria santità, sono capaci e pronti a tutti gli intrighi, a tutte le ipocrisie, agli inganni, a tutte le atrocità. Respirano con inconciliabile inimicizia contro i servitori della verità, con odio furioso si precipitano contro di loro quando non si riconoscono nello stato ingannato loro attribuito e svergognano il mondo cieco per “opinione”.
Apprendista. Ci sono anche stati spirituali prodotti dalla grazia divina, come lo stato in cui si gusta la dolcezza e la gioia spirituali, lo stato in cui si rivelano i segreti del cristianesimo, lo stato in cui si sente la presenza dello Spirito Santo nel cuore, lo stato in cui all’asceta di Cristo sono concesse visioni spirituali.
Anziano. Indubbiamente esistono, ma esistono solo nei cristiani che hanno raggiunto la perfezione cristiana, precedentemente purificati e preparati al pentimento. L’azione graduale del pentimento in generale, espressa da ogni sorta di umiltà, specialmente dalla preghiera estratta dalla povertà dello spirito, dal pianto, indebolisce a poco a poco l’azione del peccato nell’uomo. Ciò richiede molto tempo. Ed è dato ai veri e ben intenzionati asceti dalla Provvidenza di Dio, vigilante su di noi. La lotta contro le passioni è straordinariamente utile: conduce soprattutto alla povertà dello spirito. Per il nostro bene essenziale, il nostro Giudice e il nostro Dio «soffre a lungo» per noi, e non «si vendica» presto (Lc 18 ,7) contro il nostro rivale – il peccato. Quando le passioni diventano molto deboli – ciò accade soprattutto verso la fine della vita [34] – allora, a poco a poco, cominciano a comparire stati spirituali, diversi per infinita differenza dagli stati composti da “opinione”. In primo luogo, il pianto pieno di grazia entra nel tempio spirituale, lo lava e lo imbianca per l’accettazione dei doni che seguono dopo il pianto per l’istituzione di una legge spirituale. Una persona carnale in nessun modo, in alcun modo, può nemmeno immaginare stati spirituali, non può avere alcuna idea rispetto al pianto pieno di grazia: la conoscenza di questi stati si acquisisce solo con l’esperienza [35]. I doni spirituali sono distribuiti con saggezza divina, che fa in modo che il vaso, che dovrebbe ricevere un dono, possa sopportare la potenza del dono senza danneggiarsi. Il vino nuovo rompe gli otri vecchi! (Matteo 9:17) Si nota che, in questo momento, i doni spirituali sono distribuiti con la massima moderazione, secondo il rilassamento con cui il cristianesimo in generale è abbracciato. Questi doni soddisfano quasi esclusivamente i bisogni della salvezza. Al contrario, “l’opinione” dilapida i suoi doni con immensa abbondanza e con la massima fretta.
Un segno comune degli stati spirituali è la profonda umiltà e povertà d’animo, unite alla preferenza per il prossimo, alla disposizione, all’amore evangelico per il prossimo, al desiderio dell’ignoto, all’allontanamento dal mondo. L’“opinione” ha poco posto qui, perché l’umiltà consiste nella rinuncia a tutte le proprie virtù, nella confessione essenziale del Redentore, nell’unione in Lui di ogni speranza e sostegno, e l’“opinione” consiste nell’appropriarsi dei meriti donati da Dio, e evidenziando per sé virtù che non esistono. È connesso con l’autosufficienza, con una confessione fredda e superficiale del Redentore. Dio è glorificato per glorificare sé stesso, come fu glorificato dal fariseo (Luca 18:11). Coloro che sono posseduti dall'”opinione” sono per la maggior parte devoti alla voluttà, nonostante si attribuiscano gli stati spirituali più elevati, ineguagliabili nel corretto ascetismo ortodosso; pochi di loro si astengono dalla grossolana schiavitù della voluttà – si astengono unicamente dal predominio del peccato dei peccati in loro – l’orgoglio.
Apprendista. Possono essere generate conseguenze sfortunate tangibili e visibili dall’illusione chiamata “opinione”?
Anziano. Da questo genere di delirio nacquero perniciose eresie, scismi, empietà, bestemmie. La sua più spiacevole conseguenza visibile è un’attività scorretta, dannosa per sé e per il prossimo: il male, nonostante la sua chiarezza e vastità, poco notato e poco compreso. Chi fa la preghiera contagiata dall’“opinione” sperimenta anche disgrazie che sono evidenti a tutti, ma raramente: perché l’“opinione”, portando la mente nell’illusione più terribile, non la porta alla frenesia, come fa un’immaginazione disordinata. – Sull’isola di Valaam, in una remota capanna nel deserto, viveva lo Schemamonaco Porfiry, che vidi anch’io. Era impegnato nell’impresa della preghiera. Che tipo di impresa fosse questa, assolutamente non lo so. Si può intuire la sua scorrettezza dalla lettura preferita dello schemamonaco: teneva di gran conto il libro dello scrittore occidentale Tommaso di Kempis, sull’”Imitazione di Gesù Cristo”, e ne era guidato. Questo libro è stato scritto dall’”opinione”. Porfiry una sera, d’autunno, visitò gli anziani del monastero, dal quale non era lontano il suo deserto. Quando ha salutato gli anziani, lo hanno avvertito dicendo: “Non provare a camminare sul ghiaccio: il ghiaccio è appena salito, ed è molto sottile”. Il deserto di Porfiria era separato dallo skete da una profonda baia del lago Ladoga, che doveva essere aggirata. Lo schemamonaco rispose a bassa voce, con apparente modestia: “Sono già diventato leggero”. Dopo poco si udì un grido disperato. Gli anziani dello Skete furono allarmati e scapparono. Era buio; non trovarono presto il luogo in cui era avvenuta la disgrazia, non trovarono presto i mezzi per riprendere l’annegato; hanno tirato fuori il corpo, già abbandonato dall’anima.
Apprendista. Dici del libro “Imitazione” che è stato scritto da uno stato di autoillusione, ma ha molti lettori anche tra i bambini della Chiesa ortodossa!
Anziano. Questi ammiratori, deliziati dalla sua dignità, parlano di questa dignità senza rendersene conto. Nella prefazione del traduttore russo al libro “Imitazione” – un’edizione del 1834, stampata a Mosca – si dice: “Un uomo altamente illuminato – russo, ortodosso – diceva: se fosse necessaria la mia opinione, allora metterei audacemente i libro di Kempis sull’Imitazione di Gesù Cristo subito dopo le Sacre Scritture” [36]. In questo verdetto decisivo, allo scrittore non ortodosso viene data la piena preferenza su tutti i Santi Padri della Chiesa Ortodossa. [36] e viene data la preferenza del suo punto di vista sulla definizione di tutta la Chiesa, che ai Santi Concili ha riconosciuto gli scritti del Santo Padri come ispirati da Dio e hanno lasciato in eredità la loro lettura non solo per l’edificazione dell’anima a tutti i suoi figli, ma anche come guida nella risoluzione dei problemi della Chiesa. Gli scritti dei Padri contengono un grande tesoro spirituale, cristiano ed ecclesiastico: la tradizione dogmatica e morale della Santa Chiesa. Ovviamente, il libro “Imitazione” ha portato il suddetto scrittore nello stato d’animo in cui si è espresso così sconsideratamente, così erroneamente, così tristemente [37]. Questa è auto-illusione! Questo è un incantesimo! Era composto da concetti falsi; false nozioni sono nate dalle sensazioni sbagliate trasmesse dal libro. L’unzione dello spirito malvagio vive nel libro e respira dal libro, lusingando i lettori, inebriandoli con il veleno delle bugie, deliziati con spezie raffinate dall’arroganza, dalla vanità e dalla voluttà. Il libro conduce i suoi lettori direttamente alla comunione con Dio, senza pre-purificazione mediante il pentimento, motivo per cui suscita una speciale simpatia per sé nelle persone appassionate, non familiari con la via del pentimento, non protette dall’autoinganno e dall’illusione, non istruite retta vita secondo gli insegnamenti dei Santi Padri della Chiesa Ortodossa. Il libro ha un forte effetto sul sangue e sui nervi, li eccita – e quindi è particolarmente apprezzato dalle persone schiave della sensualità; un libro può essere goduto senza rinunciare ai grossolani piaceri della sensualità. L’alta mente, la raffinata voluttà e la vanità sono smascherate dal libro per l’azione della grazia di Dio. Dopo aver annusato la loro fornicazione nella sua azione raffinata, le persone carnali sono deliziate dal piacere, dal rapimento consegnato senza difficoltà, senza sacrificio di sé, senza pentimento, senza “crocifissione della carne con passioni e concupiscenze” (Gal 5,24), con lusinghe allo stato di caduta. Si muovono gioiosamente, guidati dalla loro cecità e orgoglio, dal letto dell’amore bestiale al letto dell’amore più criminale, regnando nella prostituta degli spiriti emarginati. Una certa persona, che per la sua posizione terrena apparteneva alla società più alta e istruita, e in apparenza – alla Chiesa ortodossa, si espresse come segue sul defunto luterano, riconosciuto da questa persona come un santo: “Amava Dio appassionatamente; pensava solo a Dio; ha visto solo Dio; lesse solo il Vangelo e l’Imitazione, che è il secondo Vangelo» [38]. Queste parole esprimono precisamente lo stato in cui sono portati i lettori e gli ammiratori dell'”Imitazione”. – Identico, in sostanza, a questa frase è il detto della famosa scrittrice francese, Madame de Sevigne, sul famoso poeta francese, Racine il Vecchio. «Ama Dio», si permise di dire madame Sévigne, «come amava le sue concubine». [39] Il noto critico La Harpe, dapprima ateo, poi passato al cristianesimo, da lui incompreso e distorto, approvando l’espressione di Madame Sévigné, disse: «Il cuore con cui si amano il Creatore e la creatura è uno, nonostante le conseguenze e gli oggetti” [40]. Racine passò dalla dissolutezza all’inganno chiamato “opinione”. Questo inganno si esprime con tutta chiarezza nelle ultime due tragedie del poeta: in Ester e in Athalia. Gli alti pensieri e sentimenti cristiani di Racine trovarono ampio spazio per sé nel tempio delle Muse e di Apollo [41], suscitarono gioia e applausi nel teatro. “Hofalia”, riconosciuta come l’opera più alta di Racine, ricevette quaranta volte di seguito. Lo spirito di questa tragedia è tutt’uno con lo spirito dell’”Imitazione”. – Crediamo che nel cuore umano ci sia una concupiscenza bestiale, portata in esso dalla caduta, che è in relazione con la concupiscenza degli spiriti caduti; crediamo che ci sia anche un desiderio spirituale nel cuore, con il quale siamo creati, che ama Dio e il prossimo in modo naturale e corretto, che è in armonia [42] con la concupiscenza degli angeli santi. Per amare Dio e in Dio il prossimo, è necessario purificarsi dalla concupiscenza della bestialità. La purificazione si compie per opera dello Spirito Santo in una persona che esprime la volontà di purificarsi mediante la vita. In effetti, è chiamato cuore, in senso morale, lussuria e altre forze spirituali, e non un membro della carne: il cuore. Le forze sono concentrate in questo membro e il nome è trasferito per uso comune dal membro all’assemblea delle forze.
Contrariamente al sentimento delle persone carnali, gli uomini spirituali, annusando il fetore del male fingendosi buoni, si sentono subito disgustati dal libro che emette questo fetore da sé stesso. All’anziano Isaia, un monaco che rimase in silenzio nell’Eremo di Nikiforovskaya [43], che riuscì nella preghiera mentale e fu onorato di un’ombra benedetta, fu letto un estratto dall’Imitazione. L’anziano intuì immediatamente il significato del libro. Rise ed esclamò: “Oh! Questo è scritto da un’opinione. Non c’è niente di vero qui! Tutto qui è immaginario! Quali stati spirituali sembravano a Tommaso e come li pensava, non conoscendoli per esperienza, così li descrisse. L’inganno, come la sventura, è uno spettacolo triste; come un’assurdità, è uno spettacolo divertente. Noto per la sua vita rigorosa, Archimandrita del Monastero di Kirillo-Novoezersky [44] Teofane, che nella semplicità del suo cuore era impegnato quasi esclusivamente nell’impresa fisica, e aveva il concetto più moderato dell’impresa spirituale, per primo suggerì che coloro che si consultavano con lui ed erano sotto la sua guida leggessero il libro “Imitazione”; pochi anni prima della sua morte, cominciò a proibirne la lettura, dicendo con santa semplicità: «Prima riconoscevo questo libro come benefico per l’anima, ma Dio mi ha rivelato che è pieno di inganno». Lo Ieroschemamonaco Leonid, famoso per la sua attiva esperienza monastica, aveva la stessa opinione sull’“Imitazione”, che gettò le basi per il miglioramento morale nell’Eremo di Optina [45]. Tutti gli asceti menzionati mi erano familiari personalmente. – Qualche proprietario terriero, cresciuto nello spirito dell’Ortodossia, che ha conosciuto brevemente il cosiddetto grande mondo, cioè il mondo, nei suoi strati superiori, una volta ha visto il libro “Imitazione” nelle mani di sua figlia. Le proibì di leggere il libro, dicendo: “Non voglio che tu segua la moda e flirti con Dio”. La valutazione più accurata del libro.
Apprendista. Ci sono altri tipi di fascino?
Sambuco. Tutti i tipi particolari di autoinganno e di inganno da parte dei demoni appartengono ai due tipi principali sopra menzionati e derivano da un’azione sbagliata della mente o da un’azione sbagliata del cuore. L’azione di “opinione” è particolarmente ampia. Non a caso attribuiscono allo stato di autoillusione e delusione lo stato d’animo spirituale di quei monaci che, avendo rifiutato l’esercizio della Preghiera di Gesù e facendo generalmente i furbi, si accontentano di una preghiera esterna, cioè di una partecipazione costante alle funzioni religiose e l’imperdibile adempimento della regola della cella, costituita esclusivamente dalla salmodia e dalla preghiera orale e vocale. Non possono sottrarsi all’“opinione”, come spiega il già citato anziano Basilio nella prefazione al libro di san Gregorio del Sinai, riferendosi principalmente agli scritti dei monaci, questo Gregorio e Simeone, il Nuovo Teologo. [46]. La preghiera orale e vocale è poi fruttuosa quando è associata all’attenzione, cosa molto rara, perché l’attenzione si apprende principalmente attraverso l’esercizio della Preghiera di Gesù [47].
1) L’inizio della 3a Parola di San Simeone, il Nuovo Teologo. Edizione di Optina Pustyn 1852.
2) Inizio della 3a Parola.
3) Una citazione di san Simeone, il nuovo teologo, nella Parola di Niceforo il monaco. Filocalia, parte 2. – Il reverendo Macario il Grande. Parola 7, cap. 2.
4) Nell’originale si dice: “se qualcuno sogna in alto con un’opinione, maturerà”. Viene qui utilizzata un’espressione esplicativa per mostrare più chiaramente il significato della parola opinione.
5) Scala. Parola 7a.
6) Sulla prima immagine dell’attenzione e della preghiera. Filocalia, parte 1.
7) Il suddetto articolo.
8) Cheti-Minei. 23 novembre.
9) Paterik delle Grotte.
10) Il suddetto articolo.
11) Filocalia, parte 1. A proposito di ciondoli e così via.
12) La figura retorica usata dagli abitanti di San Pietroburgo.
13) Sant’Isacco di Siria. Parola 55.
14) Venerabile Simeone, il Nuovo Teologo. Parola sulla Fede. Filocalia, parte 1.
15) Diocesi di Orël.
16) Diocesi di Kursk.
17) Scala. Parola 28, cap. 17.
18) La parola su coloro che pensano per opere sarà giustificata, cap. 34, Filocalia, parte 1.
19) Scala. Parola 4, cap. 82, 83. San Barsanofio il Grande. Risposta 275. Vita e insegnamenti del monaco Apollo. Alfabeto Paterico.
20) Sul terzo tipo di preghiera. Filocalia, parte 1.
21) Vita di S. Gregorio del Sinai. Filocalia, parte 1.
22) Prefazione alla Tradizione o Regola dello Skete.
23) Un estratto da una lettera dell’anziano Paisios all’anziano Theodosius. Scritture di Paisius. Edizione di Optina Pustyn.
24) Sant’Isacco di Siria. Parola 36.
25) Intervista di San Massimo a San Gregorio del Sinai.
26) Parola 6 sull’amore, cap. 16.
27) Sant’Isacco di Siria. Parola 55.
28) Venerabile Gregorio del Sinai. sl. 108, 128. Filocalia, parte 1. San Giovanni di Carpazia, cap. 49. Filocalia, parte 4.
29) Parola IV, alla fine; anche Parola 3.
30) Fantasia.
31) Imitazione di Tommaso a Kempis, libro 2, cap. otto.
32) Imitazione di Tommaso il Kempian libro 3, cap. uno.
33) Imitazione, libro 3. cap. 3.
34) La vita di Teofilo, Pimen il malato, Giovanni il Sofferente. Paterik delle Grotte.
35) Sant’Isacco di Siria. Parola 55.
36) Paese. XXXVII.
37) L’“imitazione” nella sua prima apparizione fu condannata anche dalla sua stessa Chiesa latina, e perseguitata dall’Inquisizione. La persecuzione fu successivamente interrotta e trasformata in mecenatismo quando si vide che il libro serviva come un buon strumento di propaganda tra le persone che avevano perso la vera comprensione del cristianesimo e conservavano un atteggiamento superficiale nei suoi confronti. Sotto il nome di propaganda pontificia si intende la diffusione di quel concetto di Papa, che il Papa vuole ispirare all’umanità su di sé, cioè il concetto del potere supremo, autocratico, illimitato del Papa sul mondo. La propaganda, avendo questo scopo, presta poca attenzione alla qualità dell’insegnamento che insegna; tutto ciò che contribuisce al suo scopo è nelle sue mani, anche la fede in Cristo senza abbandonare la fede negli idoli.
38) Un detto entusiasta si pronuncia in francese, tanto capace per il palcoscenico: “Elle aimait Dieu avec passion; elle ne pensait qu’a Dieu; elle ne voyait que Dieu; elle ne lisait que l’Evangile et l’Imitation qui est un second Evangile.
39) “Il aime Dieu, comme il aimait ses maitresses”.
40) “C’est avec le meme coeur, qu’on aime le Créateur, ou la créature, quoique les effets soient aussi différents, que les objets.”
41) Muse e Apollo – le divinità degli antichi pagani, greci e romani; a questi demoni i pagani attribuivano il patrocinio alle belle arti.
42) In armonia, in armonia.
43) Olonets o Eparchia di Petrozavodsk.
44) Diocesi di Novgorod.
45) Diocesi di Kaluga.
46) Sulla seconda immagine dell’attenzione e della preghiera. Filocalia, parte 1.
Gli ortodossi russi ricordano come santo Ignatij Brjančaninov, monaco nei pressi di San Pietroburgo e poi vescovo del Caucaso. Di famiglia nobile, Dimitrij Aleksandrovic Brjančaninov era nato nella regione di Vologda, e seguendo la tradizione familiare era stato avviato alla carriera militare. Fu proprio all’accademia, mentre compiva gli studi da ingegnere, che Dimitrij venne a contatto con i fermenti religiosi dell’epoca, disseminati ovunque dai discepoli del grande starec Paisij Veličkovskij. Influenzato forse dallo starec Leonida, che sarà il primo grande padre spirituale del monastero di Optina, Dimitrij si fece monaco, ricevendo il nome di Ignatij e quindi anche l’ordinazione presbiterale. Il monaco Ignatij unì in pochi anni alla lucida comprensione del mondo contemporaneo che aveva maturato in accademia un forte radicamento nella tradizione ascetica ortodossa. Fu così in grado, a soli 27 anni, di assumere la guida del monastero della Trinità San Sergio, nei pressi di San Pietroburgo, dove per 23 anni egli spezzò quotidianamente per i suoi fratelli il pane della Parola, iniziandoli con discernimento alla preghiera del cuore e alla lotta spirituale secondo la tradizione dei padri della chiesa. Eletto vescovo del Caucaso e del Mar Nero nel 1857, Ignatij si ritirò dopo due anni in monastero a Kostroma, per motivi di salute. Dedicherà gli ultimi anni della sua vita alla redazione di testi spirituali, con i quali seguiterà a istruire soprattutto i monaci. La sua popolarità, tuttavia, è dovuta al fatto che le sue opere risuoneranno come un appello rivolto a tutti gli uomini affinché scoprano la bellezza di una vita radicalmente fedele al vangelo e la grandezza della vocazione universale alla divinizzazione. Ignatij morì il 30 aprile del 1867.
Sulla preghiera di Gesù.
Sezione I. Sulla preghiera di Gesù in generale
La conversazione di un anziano con uno studente [1].
Apprendista. È possibile per tutti i fratelli in un monastero impegnarsi nella preghiera di Gesù?
Anziano. Non solo è possibile, ma dovrebbe esserlo. Durante i voti monastici, quando alla persona appena tonsurata viene dato un rosario, che è chiamato la spada spirituale, gli viene lasciato in eredità la preghiera incessante giorno-notte con la preghiera di Gesù [2]. Pertanto, l’esercizio della preghiera di Gesù è il voto di un monaco. L’adempimento di un voto è un dovere irrinunciabile.
I vecchi monaci mi hanno detto che all’inizio di questo secolo nell’Eremo di Sarov, e probabilmente in altri monasteri russi ben organizzati, a tutti coloro che entravano nel monastero veniva immediatamente insegnata la preghiera di Gesù. Il beato anziano Seraphim, che lavorò in questo deserto e ottenne un grande successo nella preghiera, consigliava costantemente a tutti i monaci di condurre una vita attenta e di impegnarsi nella preghiera di Gesù [3]. Ricevette la visita di un giovane che aveva completato un corso di studi in un seminario teologico, e rivelò all’anziano la sua intenzione di entrare nel monachesimo. L’anziano diede al giovane le istruzioni più salva-anima. Tra loro c’era un testamento per imparare la preghiera di Gesù. Parlandone, l’anziano ha aggiunto: “La sola preghiera esteriore non basta. Dio ascolta la mente, e quindi quei monaci che non combinano la preghiera esterna con la preghiera interna non sono monaci” [4]. La definizione è molto corretta! Monaco significa appartato: chi non si è ritirato in sé stesso non è ancora isolato, non è ancora monaco, anche se ha vissuto nel monastero più appartato. La mente dell’asceta, non isolata e non rinchiusa in sé stessa, è necessariamente tra le voci e la ribellione prodotte da innumerevoli pensieri che ad essa hanno sempre libero accesso, ed egli stesso dolorosamente, senza alcun bisogno e beneficio, vaga dannosamente per l’universo. La solitudine dell’uomo in sé stesso non può realizzarsi se non attraverso la preghiera attenta, ma anzitutto attraverso la preghiera attenta di Gesù.
Apprendista. Il giudizio dell’anziano Seraphim mi sembra troppo severo.
Anziano. Appare così solo a uno sguardo superficiale; sembra essere una comprensione così insufficiente dei grandi tesori spirituali nascosti nel cristianesimo. Il beato Serafino non ha espresso la propria opinione, ha espresso un’opinione che appartiene ai santi padri in generale, che appartiene alla Chiesa ortodossa. Dice sant’Esichio di Gerusalemme: «Coloro che rinunziarono a tutto ciò che è mondano, moglie, proprietà e simili, fecero monaco solo la persona esteriore e non quella interiore, che è la mente. È un vero monaco che ha rinunciato ai pensieri parziali: convenientemente può fare anche dell’uomo esteriore un monaco, quando vuole. Non è cosa da poco fare dell’uomo interiore un monaco. C’è un monaco nella generazione moderna che si è completamente liberato dei pensieri parziali e si è degnato di una preghiera pura, immateriale, incessante.[5] Il monaco Agatone, monaco dello Skete egiziano, alla domanda su cosa sia più importante, se un’impresa fisica o interiore, rispose: “Un uomo è come un albero; un’impresa corporea è come una foglia di un albero, ma quella interiore è come un frutto. Ma come dice la Scrittura che «ogni albero che non fa buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco» (Lc 3,9), allora da ciò si evince che tutta la nostra diligenza deve riguardare il frutto, cioè, sul mantenere la mente. Occorre anche che l’albero sia coperto e decorato di foglie, ciò che raffigura l’impresa corporea” [6]. “Oh miracolo! – esclama il beato Niceforo dell’Athos, citando le parole di sant’Agatone nel suo saggio sulle conquiste spirituali, – che discorso ha pronunciato questo Santo contro tutti coloro che non tengono la mente, ma si affidano a un atto corporeo! “Ogni albero che non produce buoni frutti”, cioè l’osservazione della mente, ma che ha una sola foglia, cioè un’impresa corporea, “viene tagliato e gettato nel fuoco ” . Terribile, padre, il tuo dire! [7]
Tenere la mente, guardare la mente, sobrietà, attenzione, fare intelligente, preghiera intelligente, questi sono nomi diversi per la stessa impresa spirituale, nelle sue varie modificazioni. Il talento mentale passa, a tempo debito, in uno spirituale. L’impresa spirituale è la stessa opera mentale, ma già oscurata dalla grazia divina. I Padri definiscono questa impresa mentale o spirituale come segue: «L’attenzione è sentita, silenzio incessante, invocando sempre e continuamente Cristo Gesù, Figlio di Dio e Dio, respirandolo, prendendo coraggiosamente con Lui le armi contro i nemici, confessandolo, colui che ha il potere di rimettere i peccati” [8]. È più facile il dire che il fare interiore, il fare mentale, spirituale, la preghiera mentale, la sobrietà, il mantenere e osservare la mente, l’attenzione sono la stessa cosa: esercizio riverente e completo nella Preghiera di Gesù. Il beato Niceforo dell’Athos paragonò questi nomi a un pezzo di pane tagliato, che, secondo il suo aspetto, può essere chiamato pezzo, fetta e okruh [9]. La Divina Scrittura dell’Antico Testamento legifera: “Con ogni vigilanza custodisci il cuor tuo, perché da questo viene la vita.” (Pr 4,23). «Guardatevi, che una parola d’iniquità non sia nascosta nel vostro cuore» (Dt 15,9) [10]. La vigilanza sul cuore e la sua purificazione è comandata soprattutto dal Nuovo Testamento. Tutti i comandamenti del Signore sono diretti a questo. «Purifica prima», dice il Signore, «l’interno della giara e del piatto, perché anche il loro esterno sia puro» (Mt 23,26). Il Signore ha chiamato qui le persone vasi fatti di vetro fragile e argilla di scarso valore. “Ciò che viene da una persona contamina una persona: dall’interno, dal cuore umano provengono pensieri malvagi, adulteri, fornicazione, omicidi, debiti, cupidigia, risentimento, inganno, lusinga, azioni, malocchio, bestemmia, orgoglio, stoltezza. Tutto questo male viene da dentro e contamina l’uomo» (Mc 7,20-23). Dice san Barsanufio il Grande: «Se l’opera interiore presso Dio, cioè adombrata dalla grazia divina, non aiuta una persona, allora invano lotta con l’esterno, cioè con un’impresa corporale» [11]. Sant’Isacco di Siria: «senza opera spirituale, privo di doni spirituali» [12]. In altre parole, questo grande maestro dell’ascesi cristiana paragona le lotte corporee, senza la lotta per purificare la mente, a letti sterili e capezzoli inariditi: «Essi», disse il Santo, «non possono avvicinarsi alla mente di Dio». Sant’Esichio di Gerusalemme: «Chi non ha una preghiera pura di pensieri, non ha arma per la battaglia: parlo di preghiera che è sempre attiva nell’intimo dell’anima, di preghiera in cui l’avversario che combatte segretamente è colpito e bruciato dall’invocazione di Cristo» [13]. «Non è possibile purificare il cuore e scacciare da esso gli spiriti ostili senza una frequente invocazione di Gesù Cristo» [14]. “Così come è impossibile trascorrere la vita terrena senza cibo e bevande, così è impossibile senza conservare la mente e la purezza del cuore, che è sobrietà e ciò che si chiama sobrietà, raggiungere l’anima in qualcosa di spirituale, o essere liberati dal peccato mentale, anche se si teme il tormento eterno e si è costretti a non peccare» [15]. “Se proprio vuoi svergognare i tuoi pensieri, taci nella pace della tua anima, sii libero di essere sobrio (vigile) nel tuo cuore: allora che la Preghiera di Gesù sia unita al tuo respiro, e vedrai questo accade dopo pochi giorni” [16]. «È impossibile che una nave navighi senz’acqua: e la vigilanza della mente non può aver luogo senza sobrietà, unita all’umiltà e alla preghiera ininterrotta di Gesù» [17]. “Se hai un desiderio nel Signore non solo di presentarti come un monaco buono e mite e costantemente unito a Dio, se hai il desiderio di essere veramente un tale monaco, con tutte le tue forze passa attraverso la virtù dell’attenzione, che consiste nel custodire e nell’osservare la mente, nel far silenzio accorato, in uno stato d’animo beato, estraneo al fantasticare, che in molti non si trova» [18]. “Veramente ed essenzialmente, un monaco è colui che vive la sobrietà; e veramente vive la sobrietà chi è monaco (solitario) nel suo cuore” [19]. Tale insegnamento dei Santi Padri serve come fondamento, come un edificio, la pietra angolare, l’insegnamento del Signore stesso. «I veri adoratori», proclamò il Signore, «adoreranno il Padre in Spirito e verità, perché il Padre cerca coloro che lo adorano. Lo Spirito è Dio, e chiunque voglia adoralo, deve adorarlo in Spirito e Verità» (Giovanni 4,23–24).
Ricordo: nella mia giovinezza moderna, alcuni devoti laici, anche della nobiltà, che conducevano una vita molto semplice, erano impegnati nella preghiera di Gesù. Questa preziosa consuetudine, ora, con l’indebolimento generale del cristianesimo e del monachesimo, è quasi andata perduta. La preghiera nel nome del Signore Gesù Cristo richiede una vita sobria, rigorosamente morale, vita da viandante, richiede l’abbandono delle dipendenze, che diventiamo senza distrazione, con conoscenza approfondita, senza soddisfazione dei nostri tanti capricci, benefattori, «Gesù infatti si era allontanato perché vi era folla in quel luogo» (Gv 5,13).
Apprendista. La conseguenza di quanto detto non sarà la conclusione che senza l’esercizio della Preghiera di Gesù non si ottiene la salvezza?
Anziano. I padri non lo dicono. Al contrario, il monaco Nil Sorsky, riferendosi allo ieromartire Pietro di Damasco, afferma che molti, non essendo pervenuti al distacco, poterono ricevere la remissione dei peccati e la salvezza [20]. Sant’Esichio, dicendo che senza sobrietà non c’è possibilità di evitare il peccato “con il pensiero”, chiamava beati coloro che si astengono dal peccato “con i fatti”. Li chiamò violatori del regno dei cieli [21] . Il raggiungimento del distacco, della santificazione o, che è lo stesso, della perfezione cristiana, senza l’acquisizione dell’orazione mentale è impossibile, tutti i Padri concordano su questo. L’obiettivo della residenza monastica non è solo raggiungere la salvezza, ma soprattutto raggiungere la perfezione cristiana. Questa meta è destinata dal Signore: “se tu vuoi, – disse il Signore, – va’, vendi i tuoi beni e dallo ai poveri, … prendi la croce e seguimi”(Mt 19,21; Mc 10,21). I Padri, confrontando l’impresa di pregare nel nome del Signore Gesù con altre gesta monastiche, affermano quanto segue: «Sebbene ci siano altre modalità e tipi di percorsi, o, se così si vuole chiamare, buone azioni che portano a salvezza e la producono in coloro che sono impegnati in essa; sebbene vi siano imprese ed esercizi che portano allo stato di schiavo e di mercenario (come disse il Salvatore: «Il Padre mio ha molte dimore» (Gv 14,2) ma la via della preghiera noetica è la via del re, l’eletto. Questa è tanto più elevata e graziosa di tutte le altre imprese, di quanto l’anima è più eccellente del corpo, eleva dalla terra e dalla cenere all’adozione di Dio [22].
Apprendista. La direzione del monachesimo moderno, in cui l’esercizio della Preghiera di Gesù è molto raro, può servirmi di scusa e di giustificazione se non la pratico?
Anziano. Un dovere resta un dovere e un obbligo un obbligo, anche se il numero degli inadempienti aumenta ancora di più. Il voto è pronunciato da tutti. Né la moltitudine di trasgressori, né l’usanza di infrangere un voto, danno legittimità alla rottura. Non basta il gregge al quale il Padre celeste si è compiaciuto di concedere il regno (Lc 12,32). Ci sono sempre pochi viaggiatori sul sentiero stretto e molti su quello largo (Matteo 7,13–14). Negli ultimi tempi quasi tutti lasceranno il sentiero stretto, quasi tutti prenderanno il sentiero largo. Non ne consegue che l’ampio perderà la capacità di condurre alla distruzione, che lo stretto diventerà superfluo, non necessario per la salvezza. Chi vuole essere salvato deve certamente attenersi alla stretta via lasciata positivamente dal Salvatore.
Apprendista. Perché chiami l’esercizio del sentiero angusto la preghiera di Gesù?
Anziano. Perché non è un sentiero stretto? Un sentiero stretto, nel vero senso della parola! Chi vuole impegnarsi con successo nella Preghiera di Gesù deve proteggersi sia dall’esterno che dall’interno con il comportamento più prudente, più cauto: la nostra natura decaduta è pronta a tradirci ogni ora, a perderci; gli spiriti caduti con particolare furore e inganno calunniano l’esercizio con la Preghiera di Gesù. Spesso, per negligenza apparentemente insignificante, per negligenza e arroganza inosservate, nasce una conseguenza importante che ha un impatto sulla vita, sull’eterno destino dell’asceta – «e se il Signore non ci avesse soccorso, per poco l’anima mia avrebbe dimorato nell’Ade. Se dicevo: “È stato scosso il mio piede”, la tua misericordia, Signore, mi soccorreva» (Sal 93, 17-18).
La base per praticare la preghiera di Gesù è un comportamento prudente e cauto. In primo luogo, devi rimuovere da te stesso l’effeminatezza ed i piaceri della carne in tutte le forme. Ci si deve accontentare del cibo e del sonno costantemente moderato, commisurato alla forza e alla salute, affinché il cibo e il sonno forniscano al corpo il giusto rinforzo, senza fare movimenti drastici, che sono di eccesso, senza produrre stanchezza, che è da mancanza. L’abbigliamento, l’alloggio e tutti i beni materiali in genere devono essere modesti, a imitazione di Cristo, a imitazione dei suoi Apostoli, nel seguire il loro spirito, in comunione con il loro spirito. I Santi Apostoli ed i loro veri discepoli non fecero alcuna concessione alla vanità, secondo i costumi del mondo, non entrarono in alcuna comunione con lo spirito del mondo. Correttamente, l’effetto colmo di grazia della Preghiera di Gesù può solo vegetare dallo Spirito di Cristo; vegeta e cresce esclusivamente su questo terreno, da solo. La vista, l’udito e gli altri sensi devono essere rigorosamente custoditi in modo che attraverso di essi, come attraverso un cancello, gli avversari non irrompano nell’anima. Bocca e lingua devono essere frenate, come legate dal silenzio; discorsi oziosi, verbosità, soprattutto ridicolo, pettegolezzo e calunnia sono i peggiori nemici della preghiera. Devi rifiutare di accogliere i fratelli nella tua cella, di camminare nella loro cella: devi rimanere pazientemente nella tua cella, come in una tomba, con il tuo morto – con la tua anima, tormentato, ucciso dal peccato – per pregare il Signore Gesù per ottenere misericordia. Dalla tomba – la cella – la preghiera sale al cielo; nella tomba in cui è nascosto il corpo dopo la morte, e nella tomba dell’inferno in cui è gettata l’anima del peccatore, non c’è più spazio per la preghiera. Si dovrebbe rimanere come un ospite in un monastero, non entrare negli affari del monastero di propria iniziativa, non fare amicizia con nessuno, proteggersi durante le fatiche monastiche con il silenzio, visitare il tempio di Dio senza distrazione, visitare la cella del padre spirituale in caso di necessità, valutando ogni via d’uscita dalla propria cella, uscendo solo quando indicato da un bisogno essenziale. La curiosità e la vana curiosità vanno decisamente abbandonate, trasformando ogni curiosità e ogni ricerca in ricerca e studio del cammino della preghiera. Questo percorso ha bisogno della ricerca e dello studio più approfonditi: non è solo che “la via è angusta”, ma anche che la via “conduce alla vita” ( Mt 7,14 ); è scienza dalle scienze e arte dalle arti. Così la chiamano i Padri [23].
La via della vera preghiera si fa incomparabilmente più stretta quando l’asceta la percorre attraverso l’attività dell’uomo interiore. Quando entra in queste gole, e sente la correttezza, il risparmio, la necessità di una tale posizione; quando il lavoro nella gabbia interna diventerà desiderabile per lui, allora diventerà desiderabile anche la ristrettezza dell’abitazione esterna, poiché funge da dimora e deposito dell’attività interna. “Colui che è entrato nell’impresa della preghiera con la sua mente deve rinunciare, e costantemente rinunciare, sia a tutti i pensieri e sensazioni della natura decaduta, sia a tutti i pensieri e le sensazioni portati dagli spiriti decaduti, non importa quanto plausibili questi e altri pensieri e le sensazioni possono essere; deve seguire costantemente lo stretto sentiero della preghiera più attenta, non deviando né a sinistra né a destra. Per deviazione a sinistra, chiamo l’abbandono della preghiera da parte della mente per un colloquio con pensieri vani e peccaminosi; Io chiamo deviazione a destra l’abbandono della preghiera da parte della mente per dialogare con pensieri apparentemente buoni. Quattro tipi di pensieri e sentimenti agiscono su colui che prega: alcuni vegetano per grazia di Dio, piantati in ogni cristiano ortodosso dal santo battesimo, altri sono offerti dall’Angelo custode, altri sorgono da una natura caduta; infine, altri sono inflitti da spiriti caduti. I pensieri dei primi due tipi, più correttamente, ricordi e sensazioni contribuiscono alla preghiera, la ravvivano, aumentano l’attenzione e il senso di pentimento, producono tenerezza, pianto del cuore, lacrime, espongono davanti agli occhi della preghiera la vastità della sua peccaminosità e la profondità della caduta umana, annunciano l’inevitabile morte di tutti, sull’oscurità della sua ora, sull’imparziale e terribile giudizio di Dio, sull’eterno tormento, per la sua ferocia eccedente la comprensione umana. Nei pensieri e nelle sensazioni della natura decaduta, il bene è mescolato al male, e nel demoniaco il male è spesso coperto dal bene, sebbene a volte agisca come un male aperto. I pensieri e le sensazioni degli ultimi due tipi agiscono congiuntamente, a causa della connessione e della comunicazione degli spiriti caduti con la natura umana caduta, e il primo frutto della loro azione è l’arroganza – nella preghiera – la distrazione. I demoni, recando presunte comprensioni spirituali ed elevate, li distraggono dalla preghiera, producono vanagloria, delizia, autocompiacimento, come dalla scoperta del più misterioso insegnamento cristiano. Seguendo la teologia e la filosofia demoniache, pensieri e sogni vani e appassionati invadono l’anima, depredano, distruggono la preghiera e distruggono la buona dispensazione dell’anima.
Oh, come giustamente i Padri chiamano lotta la Preghiera di Gesù e il sentiero angusto, e l’abnegazione, e la rinuncia al mondo! [24] Queste virtù appartengono a qualsiasi preghiera attenta e riverente, ma principalmente alla preghiera di Gesù, che è estranea a quella diversità nella forma e a quella poliedrica proprietà della salmodia e delle altre preghiere [25].
Apprendista . In quali parole consiste la preghiera di Gesù?
Anziano . Si compone delle seguenti parole: “Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore”. Alcuni Padri [26] dividono la preghiera, per i principianti, in due metà, e comandano dalla mattina, fino a mezzogiorno, di dire: «Signore Gesù Cristo, abbi pietà di me», e dopo pranzo: «Figlio di Dio, abbi pietà di me.” Questa è un’antica pratica. Ma è meglio abituarsi, se possibile, alla pronuncia di un’intera preghiera. La separazione è consentita dalla condiscendenza alla debolezza dei deboli e dei nuovi arrivati.
Apprendista . La preghiera di Gesù è menzionata nella Scrittura?
Anziano. Se ne parla nel Santo Vangelo. Non pensate che sia un’istituzione umana: è un’istituzione divina. Nostro Signore stesso, Gesù Cristo, stabilì e comandò la più sacra preghiera di Gesù. Dopo l’Ultima Cena, in cui è stato creato il più grande dei misteri cristiani, la Santa Eucaristia, il Signore, in un colloquio di commiato con i suoi discepoli, prima di discendere nella terribile sofferenza e morte sulla Croce per la redenzione dell’umanità perduta da parte loro, insegnò la dottrina più elevata e i comandamenti finali più importanti. Tra questi comandamenti ha concesso il permesso e il comandamento di pregare nel suo nome [27] . «Amen, amen vi dico», disse agli Apostoli, «quanto chiedete al Padre nel mio nome, egli ve lo darà» (Gv 16,23). “Se chiedi qualcosa al Padre nel mio nome, lo farò; perché sia glorificato il Padre nel Figlio. E se mi chiedi qualcosa nel mio nome, io la farò» (Gv 14,13-14). “Finora non avete chiesto nulla nel mio nome: chiedete e riceverete, affinché la vostra gioia sia piena” (Gv 16,24). La grandezza del nome del Signore Gesù Cristo è stata predetta dai Profeti. Indicando la redenzione degli uomini da parte del Dio-uomo, che sta per avvenire, Isaia grida: “Ecco il mio Dio, il mio Salvatore!… Attingete acqua con letizia alla fonte della salvezza! E nel giorno suo dirai: loda il Signore, canta il suo nome: … proclamate che il suo nome è eccelso; Cantate il nome del Signore, perché ha compiuto cose grandiose» (Is 12,2-5). «Si, nella via dei tuoi giudizi, o Signore, speriamo in te! Il tuo nome e la tua memoria sono ciò che l’anima nostra desidera» (Is 26,8). Secondo Isaia, Davide predice: “Esultiamo per la tua salvezza, e nel nome del Signore, nostro Dio, saremo esaltati… Invochiamo il nome del Signore, nostro Dio” (Sal 19,6-8). Beate le persone che conoscono l’acclamazione, che hanno imparato la preghiera mentale: “Signore, alla luce del tuo volto cammineranno, e nel tuo nome si rallegreranno tutto il giorno, e nella tua giustizia si innalzeranno» (Sal 88,16-17).
Apprendista . Qual è il potere della preghiera di Gesù?
Anziano. Nel nome divino del Dio-Uomo, Signore e nostro Dio, Gesù Cristo. Gli apostoli, come vediamo dal libro dei loro Atti e dal Vangelo, fecero grandi miracoli nel nome del Signore Gesù Cristo: guarirono malattie incurabili con mezzi non umani, risuscitarono i morti, comandarono ai demoni, li cacciarono fuori da persone da loro possedute. Una volta, poco dopo l’ascensione del Signore al cielo, quando tutti i dodici apostoli erano ancora a Gerusalemme, due di loro, Pietro e Giovanni, andarono a pregare nel tempio di Gerusalemme. Alle porte del tempio, dette rosse, si portava ogni giorno lo zoppo dalla nascita, e lo si adagiava sulla pedana: lo zoppo non poteva né camminare né stare in piedi. Abbattuto, al cancello, il sofferente pregò coloro che entravano nel tempio per l’elemosina, che, a quanto pare, otteneva. Quando gli Apostoli si avvicinarono alla porta rossa, lo zoppo li fissò con gli occhi, aspettandosi di ricevere l’elemosina. Allora San Pietro gli disse: “Non ho né argento né oro; ma quello che ho questo io ti do: nel nome di Gesù Cristo di Nazareth alzati e cammina» (At 3,6). L’uomo storpio fu guarito all’istante, salì al tempio con gli apostoli e glorificava Dio ad alta voce. Il popolo, colpito dalla sorpresa, fuggì dagli Apostoli. “Uomini d’Israele!” – San Pietro disse al popolo radunato: – “perché vi meravigliate di questo e perché ci state guardando come se per nostro potere o per la nostra religiosità avessimo fatto camminare quest’uomo? Il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, il Dio dei nostri padri, ha glorificato il suo servo Gesù… e per la fede riposta in lui, il nome di Gesù ha dato vigore a quest’uomo che voi vedete e conoscete… (At 3,12–13,16). La notizia del miracolo si diffuse presto nel Sinedrio ostile al Signore Gesù [28]. Il Sinedrio, allarmato dalla notizia, prese gli Apostoli, li mise in custodia e il giorno successivo li convocò in tribunale prima della loro assemblea piena. Fu chiamato anche lo zoppo guarito. Quando gli Apostoli si trovarono in mezzo a una schiera di deicidi, che di recente si erano bollati con l’esecuzione del Dio-uomo, nel cui nome si compiva ora un miracolo stupefacente davanti a molti testimoni oculari, fu fatta richiesta agli Apostoli: “Con quale potenza, o in quale nome fate questo?” , – Pietro, ripieno di Spirito Santo, rispose con le parole dello Spirito Santo, che furono le seguenti: “sia noto a tutti voi e a tutto il popolo d’Israele: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, il crocifisso, il risorto dai morti, costui vi sta innanzi in buona salute … non c’è altro nome sotto il cielo, dato negli uomini nel quale è stabilito che noi siamo salvati» (At 4:7;10;12) Le labbra dei nemici di Dio furono sigillate con il silenzio davanti al potere irresistibile delle parole della verità celeste; non c’era una grande schiera di persone sagge e forti, cosa dire e come obiettare alla testimonianza dello Spirito Santo, proclamata da due pescatori ignoranti, sigillata con un sigillo celeste: un miracolo di Dio. Il Sinedrio ricorre al suo potere, alla violenza. Nonostante l’evidente miracolo, nonostante l’evidenza data alla verità da Dio stesso, il Sinedrio vieta rigorosamente agli Apostoli di insegnare il nome di Gesù, anche di pronunciare questo nome. Ma gli Apostoli risposero coraggiosamente: «se è giusto davanti a Dio, ascoltare voi più di Dio, giudicate: perché non possiamo, perché abbiamo visto e udito, non parlare» (At 4 ,19-20). Il Sinedrio ancora una volta non trova obiezioni, ricorrendo ancora una volta esclusivamente alla propria autorità, ripetendo un severo divieto. Congedò gli Apostoli senza far loro nulla, sebbene volesse riversare su di loro una malizia frenetica: per un miracolo di tutto il popolo, il suo stato d’animo e l’azione erano collegati. Pietro e Giovanni, tornati tra i propri, trasmisero loro le minacce e il divieto della suprema corte. Quindi i dodici Apostoli e tutti i membri della neonata Chiesa di Gerusalemme hanno rivolto all’unanimità un’ardente preghiera a Dio: si sono opposti con la preghiera al potere e all’odio dei governanti del mondo: umani e demoni. Questa preghiera consisteva nella seguente petizione: “Signore! Guarda i loro rimproveri e fa’ che i tuoi servi pronuncino la tua parola con tutta franchezza, stendi sempre la tua mano affinché si compiano guarigioni, segni e prodigi nel nome del tuo santo servo Gesù” (Atti 4,29–30).
Apprendista. Alcuni sostengono che l’illusione procederà sempre, o quasi sempre, dalla pratica della preghiera di Gesù, ed è molto sconsigliato impegnarsi in questa preghiera.
Anziano. Nell’assimilazione di un tale pensiero e in una tale proibizione sta una terribile bestemmia, una deplorevole illusione. Nostro Signore Gesù Cristo è l’unica fonte della nostra salvezza, l’unico mezzo della nostra salvezza; Il suo nome umano ha preso in prestito dalla Divinità il suo illimitato, tutto santo potere di salvarci, come può questo potere che opera per la salvezza, questo unico potere che dona la salvezza, essere pervertito e agire per la distruzione? Questo non ha senso! Questa è un’assurdità, triste, blasfema, che distrugge l’anima! Coloro che hanno assimilato un tale modo di pensare sono sicuramente in un inganno demoniaco, ingannati da una falsa mente uscita da Satana. Satana si è ribellato a tradimento contro il nome santissimo e magnifico di nostro Signore Gesù Cristo, usa la cecità e l’ignoranza umana come sua arma, ha calunniato il nome, “Più di qualsiasi altro nome. Nel nome di Gesù si piegherà ogni ginocchio, nei cieli, sulla terra e sotto la terra» (Fil 2,9-10). A chi vieta di recitare la Preghiera di Gesù si può rispondere con le parole degli apostoli Pietro e Giovanni a un simile divieto fatto dal sinedrio ebraico: “Giudica: È giusto davanti a Dio, ascoltare te piuttosto che Dio?”. Il Signore Gesù ha comandato di pregare nel suo nome santissimo, ci ha fatto un dono inestimabile; qual è il significato dell’insegnamento umano, che è contrario all’insegnamento di Dio, della proibizione umana, che si sta intensificando per eliminare e distruggere il comandamento di Dio, per togliere un dono inestimabile? È pericoloso, molto pericoloso, predicare una dottrina contraria a quella predicata dal Vangelo. Tale impresa è una scomunica arbitraria di sé dalla grazia di Dio secondo la testimonianza dell’Apostolo (Gal 1,8).
Apprendista . Ma gli anziani, di cui ho espresso il parere, godono di una fama speciale, sono riconosciuti da molti come i mentori più esperti nella vita spirituale.
Anziano . L’Apostolo comandò – più correttamente lo Spirito Santo comandò per bocca dell’Apostolo – di respingere ogni insegnamento che fosse in contrasto con l’insegnamento che gli Apostoli “proclamarono” ; rifiutare anche allora, quando «un angelo dal cielo annunziasse un vangelo» questo insegnamento discordante. “Orbene, se anche noi stessi o un angelo dal cielo vi predicasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo predicato, sia anàtema! L’abbiamo già detto e ora lo ripeto: se qualcuno vi predica un vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia anàtema!” (Gal 1:,8–9). Così si è espressa la Sacra Scrittura, non perché alcuno dei santi angeli abbia tentato di contraddire gli insegnamenti di Cristo, ma perché gli insegnamenti di Cristo, gli insegnamenti di Dio, predicati dagli Apostoli, sono completamente autentici, completamente santi, non soggetti a qualsiasi cambiamento, non importa quanto possano sembrare fondamentali ad una conoscenza insufficiente e perversa e a una saggezza carnale. L’insegnamento di Cristo, essendo al di sopra del giudizio sia degli uomini che degli angeli, è accettato da un’unica fede umile e serve esso stesso come la pietra mediante la quale tutti gli altri insegnamenti vengono messi alla prova.
L’opinione popolare sul mentore del monachesimo non ha importanza se l’insegnamento di questo mentore contraddice le Sacre Scritture e gli scritti dei Santi Padri; se contiene bestemmie. Il monachesimo è una scienza delle scienze: bisogna conoscerlo per valutare correttamente chi lo insegna. San Macario il Grande disse: “Molti che sembrano giusti in apparenza sono reputati veri cristiani; ma è comune per alcuni artisti e tra coloro che sono completamente formati nell’arte, scoprire se questi giusti hanno la conoscenza e l’immagine del Re, o se un segno può essere coniato e impresso su di loro falsamente da persone malintenzionate? Artisti esperti li approveranno o li rifiuteranno? Se non ci sono artisti abili, allora non c’è nessuno che indaghi sui lavoratori astuti, perché anche loro sono vestiti di sembianze di monaci e cristiani”[29]. Il Beato Teofilatto di Bulgaria, spiegando le parole dell’Arcangelo Gabriele su Giovanni il Precursore del Signore, che «sarà grande davanti al Signore» ( Lc 1,15 ), dice: “L’angelo promette che Giovanni sarà grande, ma davanti al Signore, perché molti sono chiamati grandi davanti agli uomini, non davanti a Dio, ma sono ipocriti”. Se il mondo non riconosce una vita viziosa e un intento malizioso, coperto di ipocrisia, e la prende per virtù, tanto più incomprensibile per essa è la conoscenza insufficiente, la conoscenza superficiale, la conoscenza perversa. Il mondo apprezza molto gli exploit e le difficoltà corporali, non analizzando se sono usati correttamente, se sono utili o se sono usati peccaminosamente e con gravi danni mentali; il mondo rispetta soprattutto ciò che funziona bene sui sentimenti corporei, che corrisponde ai concetti del mondo di virtù e monachesimo; il mondo ama ciò che lo lusinga e gli piace; il mondo ama il suo», disse il Salvatore. Piuttosto, l’odio del mondo, la calunnia del mondo, la persecuzione che ne deriva possono essere segni di un vero servo di Dio, e questo è testimoniato dal Salvatore (Gv15,18-25). I Santi Padri hanno lasciato in eredità la scelta di un mentore poco attraente, la cui natura poco attraente deve essere riconosciuta dall’accordo del suo insegnamento e del suo vivere con le Sacre Scritture e con l’insegnamento dei Padri portatori di spirito [30]. Mettono in guardia contro i maestri incapaci, per non essere contagiati dal loro falso insegnamento [31]. Essi comandano di confrontare gli insegnamenti dei maestri con gli insegnamenti delle Sacre Scritture e dei Santi Padri, consigliando, se non fossero d’accordo a respingere [32]. Affermano che coloro che non hanno un occhio spirituale purificato e non sono in grado di conoscere l’albero dal suo frutto riconoscono l’insegnamento e lo spirito vanitoso, vuoto e ipocrita, ma non prestano alcuna attenzione ai veri santi, trovandoli che non sanno nulla quando tacciono, superbi e crudeli, quando dicono [33] . Considera tutta la Sacra Scrittura: vedrai che in essa è esaltato e glorificato ovunque il nome del Signore, è esaltata la sua potenza, salvifica per gli uomini. Considera gli scritti dei Padri: vedrai che tutti, nessuno escluso, consigliano e comandano l’esercizio della Preghiera di Gesù, la chiamano arma che non c’è di più forte né in cielo né in terra [34], la chiamano donata da Dio, eredità inalienabile, uno degli ultimi e sommi testamenti del Dio-uomo, amorosa e dolcissima consolazione, affidabile pegno [35] . Infine, torniamo allo statuto della Chiesa Ortodossa Orientale: vedrai che ha stabilito per tutti i suoi figli analfabeti, sia monaci che laici, di sostituire la salmodia e la preghiera della regola della cella con la Preghiera di Gesù [36]. Cosa significa davanti alla testimonianza unanime della Sacra Scrittura e di tutti i Santi Padri, davanti allo statuto di diritto della Chiesa Universale sulla Preghiera di Gesù, l’insegnamento contraddittorio di alcuni ciechi, glorificati da altri ciechi come loro.
L’anziano moldavo, lo schemamonaco Vasily, vissuto alla fine del secolo scorso, espose con particolare soddisfazione la dottrina della preghiera di Gesù nelle sue osservazioni sugli scritti dei monaci Gregorio del Sinai, Esichio di Gerusalemme e Filoteo del Sinai. Lo schemamonaco ha chiamato le sue osservazioni prefazioni. Il titolo è molto corretto! La lettura delle osservazioni prepara alla lettura dei Padri citati, i cui scritti si riferiscono soprattutto a monaci che hanno già compiuto notevoli progressi. Le osservazioni furono pubblicate da Optina Hermitage insieme agli scritti di Paisius Nyametsky, di cui Vasily era mentore, collaboratore e amico [37]. Nella prefazione al libro di san Gregorio del Sinai, l’anziano Basilio afferma: «Alcuni, che non hanno esperienza con il lavoro mentale e che pensano di avere il dono del ragionamento, si giustificano, o, per meglio dire, deviano dall’apprendere quest’opera sacra con tre pretesti: in primo luogo, riferendo questa attività a uomini santi e impassibili, pensando che appartenga a loro e non a chi subisce le passioni. In secondo luogo, rappresentando il completo impoverimento di mentori e insegnanti a tale condizione e percorso. In terzo luogo, l’illusione che segue a questa pratica. Di questi pretesti, il primo è indecente e ingiusto, perché il primo grado di successo per i monaci novizi consiste nel diminuire le passioni con la sobrietà della mente e la vigilanza del cuore, cioè con la preghiera intelligente, adatta all’avvio. Il secondo è sconsiderato e irragionevole, perché in assenza di un mentore e di un insegnante, la Scrittura è la nostra insegnante. Il terzo include l’autoinganno: coloro che lo portano, leggendo le Scritture sull’illusione, inciampano con la stesse Scritture, spiegandole storte. Invece di imparare l’illusione e una pratica contro di essa dalle Scritture, trasformano queste Scritture e le presentano come una base per eludere il lavoro razionale. Ma se hai paura di questo lavoro e lo impari dalla mera riverenza e semplicità di cuore, allora io, su questa base, temo, e non sulla base di favole vuote, secondo le quali “se hai paura del lupo, allora non andare nella foresta”. E Dio deve essere temuto, ma non per scappare o allontanarsi da Lui a causa di questo timore”. Inoltre, lo schemamonaco spiega la differenza tra la preghiera compiuta con la mente con simpatia del cuore e che si addice a tutti i pii monaci e cristiani, dalla preghiera di grazia, compiuto dalla mente nel cuore o dal cuore e che costituisce il patrimonio dei monaci che si sono succeduti. Per coloro che hanno ricevuto e assimilato uno sfortunato pregiudizio contro la Preghiera di Gesù, che non sono affatto estranei ad essa per il suo corretto e lungo esercizio, sarebbe molto più prudente, molto più sicuro astenersi dal giudicarla, riconoscere la loro decisa ignoranza di questa impresa più sacra, piuttosto che assumersi il dovere di predicare contro l’esercizio della Preghiera di Gesù, per proclamare che questa preghiera santissima è la causa dell’illusione demoniaca e della distruzione dell’anima. Come monito per loro, ritengo necessario dire che la bestemmia della preghiera nel nome di Gesù, l’attribuzione di un’azione maligna a questo nome, sono bilanciate dalla bestemmia che i farisei pronunciarono contro i miracoli compiuti dal Signore. (Matteo 12,31.34-36) L’ignoranza può essere scusata al giudizio di Dio molto più convenientemente del pregiudizio ostinato e delle proteste e delle azioni basate su di esso. Ricordiamoci che al giudizio di Dio dobbiamo rendere conto di ogni parola oziosa [38] ; tanto più terribile è il resoconto della parola e delle parole blasfeme sul dogma principale della fede cristiana. La dottrina della potenza divina del nome di Gesù ha la piena dignità del dogma principale e appartiene al numero e alla composizione santissima di questi dogmi. Il ragionamento blasfemo ignorante contro la Preghiera di Gesù ha tutto il carattere del ragionamento eretico.
Apprendista . Tuttavia, i Santi Padri avvertono fortemente coloro che sono impegnati nella preghiera di Gesù dall’illusione.
Anziano . Si lo fanno. Avvertono, contro l’illusione, coloro che sono nell’obbedienza, e il silenzio e il digiuno – in una parola, chiunque pratichi qualsiasi tipo di virtù. La fonte dell’illusione, come ogni male, è il diavolo e non una specie di virtù. “Con ogni prudenza bisogna osservare”, dice san Macario il Grande, “gli intrighi, gli inganni e le azioni maligne organizzate dal nemico (il diavolo) da ogni parte. Come lo Spirito Santo, per mezzo di Paolo, serve a tutti per tutti (1 Corinzi 9,22) così lo spirito maligno cerca di essere malvagiamente tutto a tutti, per portare tutti alla distruzione. Con coloro che pregano, finge anche di pregare, per indurlo all’arroganza della preghiera; digiuna con coloro che digiunano per ingannarli con presunzione e portarli alla frenesia; con coloro che sono versati nella Sacra Scrittura, e si precipita nello studio della Scrittura, apparentemente cercando la conoscenza, ma in sostanza cercando di condurli a una comprensione perversa della Scrittura; con la luce che è stata ricompensa dell’illuminazione, sembra avere anche lui questo dono, come dice Paolo: «Satana si è trasformato in angelo di luce» (2 Cor 11,14), sedurre con un fantasma, per così dire, di luce, attirare a sé. È semplice a dirsi: prende su di sé ogni sorta di forme per tutti, così che con un’azione simile all’azione del bene rende schiavo di sé l’asceta e, coprendosi di plausibilità, lo rovescia nella distruzione ”[39]. Mi è capitato di vedere anziani impegnati in un’impresa fisica eccezionalmente migliorata, e da essa è venuta la più grande presunzione, la più grande autoillusione. Le loro passioni spirituali – rabbia, orgoglio, astuzia, disobbedienza – ricevettero uno sviluppo insolito. L’egoismo e la superbia hanno prevalso in loro definitivamente. Respinsero risolutamente e con veemenza tutti i consigli e gli avvertimenti più salutari dei confessori, dei rettori, anche dei santi: essi, violando le regole non solo dell’umiltà, ma anche della modestia, della stessa decenza, non smettevano di disprezzare queste persone nel modo più insolente.
Qualche monaco egiziano all’inizio del IV secolo divenne vittima della più terribile illusione demoniaca. Inizialmente, cadde nell’arroganza, poi, a causa dell’arroganza, cadde sotto l’influenza speciale di uno spirito malvagio. Il diavolo, basandosi sull’arroganza arbitraria del monaco, si preoccupò di sviluppare in lui questa malattia, in modo che attraverso il mezzo di un’arroganza matura e rafforzata potesse finalmente soggiogare il monaco a sé stesso, attirarlo alla morte dell’anima. Aiutato da un demone, il monaco ottenne un successo così disastroso che rimase a piedi nudi su carboni ardenti e, in piedi su di essi, lesse l’intera preghiera del Signore, il “Padre nostro”.
Naturalmente, le persone che non avevano un ragionamento spirituale hanno visto in questa azione un miracolo di Dio, la straordinaria santità del monaco, la potenza della preghiera del Signore e hanno glorificato il monaco con lodi, sviluppando l’orgoglio in lui e aiutandolo a distruggersi. Non c’era né il miracolo di Dio, né la santità del monaco; il potere del Padre Nostro non ha agito qui, Satana ha agito qui, sulla base dell’autoillusione di una persona, sulla sua volontà falsamente diretta, il fascino demoniaco ha agito qui. Ti chiederai: qual era il significato della preghiera del Signore nell’azione demoniaca? Dopotutto, gli ingannati lo lessero e attribuirono il miracolo alla sua azione. Ovviamente, il Padre Nostro non ha preso parte a questo: ingannato dalla sua stessa volontà, dalla sua stessa autoillusione e dalla seduzione demoniaca, ha usato contro se stesso la spada spirituale, donata agli uomini per la salvezza. L’errore e l’autoinganno degli eretici sono sempre stati coperti dall’uso improprio della Parola di Dio, erano coperti con raffinata astuzia e, nel caso narrato, l’errore umano e l’illusione demoniaca, allo stesso scopo, erano astutamente coperti dalla preghiera del Signore. Lo sfortunato monaco credeva di stare in piedi sui carboni ardenti con i piedi nudi secondo l’azione della preghiera del Signore, per la purezza e l’altezza della sua vita ascetica, ma si fermò su di loro secondo l’azione dei demoni. Allo stesso modo, l’autoillusione e l’illusione demoniaca sono talvolta coperte, per così dire, dall’azione della preghiera di Gesù, e l’ignoranza attribuisce all’azione di questa santissima preghiera ciò che dovrebbe essere attribuito all’azione combinata di Satana e dell’uomo; una persona che si è consegnata a Satana. Il menzionato monaco egiziano passò dalla santità immaginaria alla voluttà sfrenata, poi alla perfetta follia, e, precipitandosi nella stufa accesa di un bagno pubblico, bruciò. Probabilmente o fu colto dalla disperazione, o gli apparve nel forno qualche fantasma ingannevole. [40]
Apprendista. Che cosa in una persona, quale condizione in sé stessa, la rende capace di delusione?
Anziano. Dice san Gregorio del Sinai: «In generale, c’è un solo motivo di prelest: l’orgoglio» [41] . Nell’orgoglio umano, che è autoillusione, il diavolo trova un comodo rifugio per sé stesso e aggiunge il suo inganno all’autoinganno umano. Ogni persona è più o meno incline all’illusione: perché «la più pura natura umana ha in sé qualcosa di orgoglioso» [42].
Gli avvertimenti dei padri sono sani! Bisogna essere molto cauti, bisogna guardarsi molto dall’autoinganno e dall’illusione. Nel nostro tempo, con il completo impoverimento dei mentori ispirati da Dio, è necessaria una particolare cautela, una vigilanza speciale su sé stessi. Sono necessari in tutte le gesta ascetiche monastiche, più necessarie nella prodezza di preghiera, che di tutte le prodezze è la più esaltata, salva-anime, e la più calunniata dai nemici [43]. “Vivi con timore… vivi” (1 Pt 1,17), lascia in eredità l’Apostolo. La pratica della Preghiera di Gesù ha un suo inizio, una sua gradualità, una sua fine senza fine. È necessario iniziare l’esercizio dall’inizio, e non dalla metà e non dalla fine. Sua Santità Kallistos, Patriarca di Costantinopoli, descrivendo i frutti spirituali di questa preghiera, dice: non osare toccarla. Un tentativo così prematuro è proibito. Coloro che la invadono, e che cercano prematuramente ciò che viene a tempo debito, che si sforzano di ascendere al rifugio del distacco in una dispensazione che non corrisponde ad essa, i Padri li riconoscono solo come folli. È impossibile leggere libri a chi non ha imparato a leggere e scrivere” [44].
Apprendista. Cosa significa iniziare l’esercizio con la Preghiera di Gesù dalla metà e dalla fine, e cosa significa iniziare questo esercizio dall’inizio?
Anziano. Dal mezzo iniziano quei principianti che, dopo aver letto negli scritti dei Padri l’istruzione per l’esercizio nella Preghiera di Gesù, data dai Padri ai silenziosi, cioè ai monaci che hanno già fatto grandi progressi nell’impresa monastica, sconsideratamente accettano questa istruzione come guida della loro attività. Dal mezzo cominciano coloro che, senza alcuna preparazione preliminare, si sforzano di ascendere con la mente nel tempio del cuore, e da lì di innalzare la preghiera. Coloro che cercano di scoprire immediatamente in sé stessi la dolcezza piena di grazia della preghiera e le sue altre azioni piene di grazia iniziano dalla fine. Devono partire dall’inizio, cioè pregare con “attenzione” e “reverenza” , con lo scopo del “pentimento” preoccupandosi solo che queste tre qualità siano costantemente presenti con la preghiera. Così San Giovanni della Scala, questo grande operatore di accorata preghiera di grazia, prescrive una preghiera attenta a coloro che sono nell’obbedienza, e una preghiera accorata a coloro che sono maturi per il silenzio. Per il primo riconosce come impossibile una preghiera estranea alla distrazione, e dal secondo esige tale preghiera [45] . Nella società umana si dovrebbe pregare con una sola mente, e in privato, con la mente e con la bocca, un po’ ad alta voce solo per se stessi [46]. Particolare cura, la più attenta cura deve essere riservata al miglioramento della moralità secondo gli insegnamenti del Vangelo. L’esperienza non tarderà a rivelare alla mente di chi prega il più stretto legame tra i comandamenti del Vangelo e la preghiera di Gesù. Questi comandamenti sono per questa preghiera ciò che l’olio è per una lampada accesa; senza olio non si può accendere una lampada; quando l’olio è esaurito, non può bruciare: si spegne versando intorno fumo fetido. La morale si forma secondo gli insegnamenti del Vangelo molto convenientemente durante il passaggio delle obbedienze monastiche, quando le obbedienze sono passate nella mente in cui è comandato di trasmetterle dai Santi Padri. La vera obbedienza è il fondamento, la porta legale per il vero silenzio [47]. Il vero silenzio consiste nella Preghiera di Gesù, assimilata al cuore, e alcuni Santi Padri hanno compiuto la grande impresa del silenzio del cuore e della solitudine, circondati dal silenzio umano [48]. Solo sulla moralità, portata a perfezione dai comandamenti evangelici, solo su questa solida pietra del Vangelo, può essere eretto un tempio maestoso, sacro, immateriale della preghiera gradita a Dio. Invano è il lavoro di chi costruisce sulla ‘volpe artica’: su una morale leggera e vacillante (Mt 7,26). La moralità, portata in un ordine armonioso e magnifico, vincolata dall’abilità nell’adempiere i comandamenti evangelici, può essere paragonata a un vaso indistruttibile d’argento o d’oro, che, da solo, è capace di accogliere degnamente e di conservare fedelmente in sé un mondo spirituale inestimabile: la preghiera.
San Simeone il Nuovo Teologo, discutendo dell’occasionale fallimento dell’impresa orante e della zizzania del prelest che ne deriva, attribuisce la causa sia del fallimento che del prelest al mancato mantenimento della correttezza e della gradualità nell’impresa. «Coloro che vogliono salire», dice il Teologo, «alle vette del successo orante, non comincino ad andare dall’alto in basso, ma salgano dal basso verso l’alto, prima al primo gradino della scala, poi al secondo, poi al terzo, infine al quarto. Così tutti possono alzarsi dalla terra e salire al cielo. “In primo luogo”, deve sforzarsi di domare e sminuire le passioni. “In secondo luogo”, dovrebbe praticare la salmodia, cioè la preghiera orale; quando le passioni si placano, allora la preghiera, che porta naturalmente gioia e dolcezza alla lingua, è imputata a Dio gradita. “In terzo luogo, deve impegnarsi nella preghiera noetica”. Qui si intende la preghiera compiuta dalla mente nel cuore; Preghiera attenta del novizio, con simpatia del cuore, i Padri raramente onorano il nome di preghiera noetica, accostandola di più a quella orale. “Quarto”, deve tornare alla visione. La prima costituisce l’affiliazione del novizio; il secondo – aumento della prosperità; il terzo – coloro che hanno raggiunto l’estrema prosperità; il quarto è perfetto”. Inoltre, il Teologo dice che coloro che lottano per diminuire le passioni dovrebbero essere educati a custodire il proprio cuore e all’attenta Preghiera di Gesù, che è adeguata alla loro dispensazione. [49] Nei dormitori di Pacomio il Grande, che produsse i più eccelsi operai della preghiera noetica, ogni nuovo venuto al monastero, in primo luogo, fu occupato per tre anni in lavori corporali sotto la guida di un anziano. Con le fatiche del corpo, con le frequenti istruzioni dell’anziano, con la confessione quotidiana dell’attività esterna e interna, con il taglio della volontà, le passioni furono potentemente e rapidamente represse e alla mente e al cuore fu trasmessa una purezza significativa. Durante l’esercizio delle fatiche, al novizio veniva insegnato a fare la preghiera, corrispondente alla sua dispensazione. Trascorso il triennio, ai principianti era richiesto di studiare a memoria l’intero Vangelo e i salmi, e ai capaci, l’intera Sacra Scrittura, che sviluppa insolitamente un’attenta orazione orale. Dopodiché iniziò l’insegnamento segreto della preghiera noetica; è stato ampiamente spiegato sia dal Nuovo che dall’Antico Testamento [50]. In questo modo i monaci furono introdotti alla corretta comprensione della preghiera noetica e al suo corretto esercizio. Dalla forza della fondazione e dalla correttezza nell’esercizio – il successo fu meraviglioso [51].
Apprendista. C’è un modo sicuro per proteggersi dall’illusione in generale, durante tutte le gesta del monachesimo e, in particolare, quando si esercita la preghiera di Gesù?
Anziano. Proprio come l’orgoglio è la causa dell’illusione in generale, così l’umiltà – una virtù direttamente opposta all’orgoglio – serve da sicuro avvertimento e protezione contro l’illusione. San Giovanni della Scala chiamava l’umiltà «la distruzione delle passioni» [52]. È ovvio che in qualcuno in cui le passioni non agiscono, in cui le passioni sono represse, nemmeno il fascino può agire, perché “il fascino è la deviazione appassionata o parziale dell’anima verso la menzogna sulla base dell’orgoglio”.
Nell’esercitare la preghiera di Gesù, e la preghiera in generale, conserva completamente e con tutta fedeltà quella forma di umiltà chiamata “pianto”. Il pianto è un sincero sentimento di pentimento, che salva il dolore per la peccaminosità e le varie e numerose infermità dell’uomo. Il pianto è «uno spirito contrito, un cuore affranto e umiliato, che Dio non disprezzerà» (Sal 50,19), cioè, non si tradirà al potere e non rimprovererà ai demoni, poiché un cuore orgoglioso, pieno di presunzione, arroganza, vanità, viene da loro tradito. Il pianto è l’unico sacrificio che Dio accetta dallo spirito umano decaduto, fino al rinnovamento dello spirito umano per opera dello Spirito Santo di Dio. Possa la nostra preghiera essere intrisa di un senso di pentimento, possa essere combinata con il pianto e l’illusione non ci colpirà mai. San Gregorio del Sinai, nell’ultimo articolo della sua opera [53], in cui espose per gli asceti preghiere di avvertimento contro l’illusione distruttiva dell’anima, dice: “il diavolo per mostrare, soprattutto prima dei nuovi inizi, la sua illusione sotto forma di verità, diede al male un tipo di spiritualità. Per questo, chi si sforza nel silenzio di raggiungere la pura preghiera deve percorrere il sentiero mentale della preghiera con molto tremore e pianto, chiedendo guida agli abili, sempre piangendo per i propri peccati, addolorandosi e temendo, per non essere sottoposto al tormento, o allontanarsi da Dio, per non essere separato da Lui in questa o nella prossima epoca. Se il diavolo vede che l’asceta vive nella miseria, allora non sta con lui, non sopportando l’umiltà che viene dal pianto… Una grande arma è avere il pianto nella preghiera”. Una preghiera senza pretese consiste nel calore con la Preghiera di Gesù, che (Preghiera di Gesù) accende anche il fuoco nel fondo del nostro cuore, nel calore, catturando la passione come spine, producendo gioia e quiete nell’anima. Questo calore non viene dal lato destro o sinistro, e non dall’alto, ma nasce nel cuore stesso, come una sorgente d’acqua dallo Spirito vivificante.[54] Ama trovarlo e acquisirlo da solo nel tuo cuore, mantenendo la tua mente sempre non sognante, estranea alle comprensioni e ai pensieri, e non aver paura. Colui che ha detto: “Sii allegro, io sono con te, non temere” (Mt 14,27), Egli è con noi. È lui che stiamo cercando. Ci proteggerà sempre – e non dovremmo avere paura o sospirare, invocando Dio. Se alcuni si sono smarriti, dopo aver subito la follia, allora sappi che lo hanno subito per ostinazione e arroganza. Ora, a causa del completo impoverimento dei mentori spirituali, l’asceta della preghiera è costretto a lasciarsi guidare esclusivamente dalle Sacre Scritture e dagli scritti dei Padri [55]. Questo è molto più difficile. Un nuovo motivo di puro pianto!
1) Nei monasteri il monaco chiamato anziano guida e istruisce altri monaci.
2) Prefazione dello schemamonaco Basilio di Polyanomerulsky sui capitoli del beato Filoteo del Sinai. Vita e scritti dell’anziano moldavo, Paisius (Velichkovsky), edizione Optina Pustyn. Mosca. 1847
3) Istruzione 32. Edizione del 1844, Mosca. L’anziano Seraphim nacque nel 1759, si unì alla confraternita dell’Eremo di Sarov nel 1778 e morì il 2 gennaio 1833.
4) Questa informazione è stata ricevuta dalla persona che si è consultato, ora Archimandrita Nikon, rettore del Monastero di Balaklava di prima classe di San Giorgio (1866).
5) Una parola sulla sobrietà, cap. LXXX e LXXXI. Filocalia, parte 2.
33) S. Simeone, il nuovo teologo, cap. 70, 71, 72. Filocalia, parte 1.
34) Scala. Parola 21, cap. 7. Parola 15, cap. 55. – Una parola sulla sobrietà di sant’Esichio, cap. 28, 39, 62 ecc. – Rev. Nil Sorsky. Parola 5. Sul pensiero prodigo.
35) Santi Callisto e Ignazio, cap. X. Filocalia, parte 2.
37) Optina Hermitage rese il più grande servizio al monachesimo russo traducendo dal greco in russo, e in parte pubblicando in slavo, molti degli scritti del Padre sull’impresa monastica spirituale. Possa essere qui menzionato, tra la benedizione, il nome del beato anziano riposato del suddetto deserto, Hieroschemamonak Macario, che stava a capo di quest’opera.
44) Capitoli sulla preghiera, cap. 8. Filocalia, parte 2.
45) Scala. Parola 4, cap. 93 e Parola 27, cap. 6, 46, 60, 61, 62.
46) di Sua Santità Kallistos “O Preghiera in Breve”. Filocalia, parte 4.
47) Santi Kallistos e Ignatius Xanthopoulos, cap. 15. Filocalia, parte 2.
48) Questi erano: Alessio l’Uomo di Dio (17 marzo), San Giovanni Kuschnik (15 gennaio), il monaco Vitaly il monaco e altri. – Scala a pioli. Parola 4, cap. 36.
49) Una parola sulle tre immagini dell’attenzione e della preghiera, nell’articolo sulla terza immagine, a fine articolo. – Scala a pioli. Parola 27, cap. 33.
50) Ciò risulta dagli scritti di san Cassiano il Romano, di sant’Orsisio, di sant’Isaia l’Eremita e di altri santi monaci che ricevettero l’educazione monastica nei monasteri egizi.
51) Tratto dalle storie di San Cassiano il Romano. quindici.
54) Il calore spirituale è proprietà di monaci di grande successo che lavorano in silenzio, per i quali è stato scritto l’intero libro di S. Gregorio del Sinai, e non è affatto proprietà dei nuovi inizi. I principianti dovrebbero accontentarsi a pregare con attenzione e tenerezza. Per il calore, vedere la “Parola sulla preghiera di Gesù”. Esperienze ascetiche, volume 2.
55) Rev. Nil di Sorsk, prefazione alla tradizione.
19, 1. Un uomo chiamato Mosè, di origine etiopica e di pelle nera, faceva da domestico a un funzionario. A causa di una grave tendenza al male e di molte ruberie il suo padrone lo scacciò: si diceva addirittura che si spingesse sino ad uccidere. Devo necessariamente esporre le opere della sua malvagità, per manifestare la santità della sua conversione. Si raccontava dunque che era a capo di una banda di ladroni; fra le sue imprese banditesche spicca questo episodio: serbava rancore verso un pastore che con i suoi cani l’aveva ostacolato in una azione. 2. Deciso ad ucciderlo, si mette a percorrere la zona in cui egli teneva lo stabbio delle pecore. Gli fu detto che si trovava al di là del Nilo; il fiume era in piena e si estendeva per quasi un miglio, ma Mosè, serrata fra i denti la daga e avvolta al capo la tunica, nuotando riuscì in tal modo a raggiungere l’altra riva. Or dunque, mentre costui attraversava a nuoto il fiume, il pastore trovò modo di sfuggirgli, seppellendosi nella sabbia. Uccise allora i quattro migliori arieti, li legò con una fune e riattraversò a nuoto. 3. Giunto in un piccolo cortile li scuoiò, e mangiate le carni migliori vendette le pelli in cambio di vino, e dopo avere bevuto un saite (come a dire ben diciotto sestieri italici) se ne andò lontano cinquanta miglia, là dove aveva la sua banda.
Questo grande peccatore tardivamente fu toccato dal pentimento in seguito a un qualche rovescio; si consacrò alla vita dell’eremo e così intensamente si accostò alla pratica della penitenza da indurre a riconoscere apertamente il Cristo persino colui che condivideva la sua colpa, quel demone che era stato complice dei suoi misfatti sin dalla giovinezza!. Per esempio, si racconta che dei ladri fecero irruzione una volta nella sua cella mentre era seduto, ignorando chi fosse. Erano quattro; 4. ed egli li legò tutti assieme e caricatili sulle spalle come un sacco di paglia li portò alla chiesa dei suoi confratelli dicendo: «Poiché non mi è consentito fare del male a nessuno, che cosa volete che si faccia di costoro?». Allora essi si confessarono colpevoli e, avendo saputo che si trattava di quel Mosè tanto famoso un tempo fra i ladroni, glorificarono Dio e rinunziarono anch’essi al mondo imitando il suo cambiamento. Questo fu il loro pensiero: «Se costui, così forte e valente nelle imprese ladresche, ha potuto sentire il timore di Dio, perché noi rimandiamo la salvezza?».
5. Questo Mosè fu assalito dai demoni che lo spingevano alla sua [antica] consuetudine di sfrenata lussuria; com’egli raccontava, fu tentato fino al punto da venir quasi sviato dal suo proposito. Perciò raggiunse il grande Isidoro, l’abitatore della Scete, e gli raccontò la guerra che conduceva. Isidoro gli disse: «Non addolorarti: è la tua iniziazione, e per questo ti hanno assalito con più violenza cercando di sfruttare la tua antica abitudine. 6. Come il cane di una macelleria non se ne allontana a causa dell’abitudine, ma se il negozio viene chiuso, e nessuno gli dà nulla, non si avvicina più, così sarà per te: se saprai resistere, il demonio scoraggiato dovrà allontanarsi da te». Dunque egli ritornò indietro e da quel momento si dedicò più intensamente all’ascesi, astenendosi specialmente dai cibi: non mangiava nulla, tranne pane secco nella misura di dodici once, e ciò mentre realizzava una grande quantità di lavoro e portava a compimento cinquanta preghiere. Ebbene, pur avendo macerato il suo miserabile corpo, continuava a bruciare, e a essere perseguitato da cattivi sogni. 7. Consultò allora un altro santo e gli chiese: «Che cosa devo fare? I sogni della mia anima mi ottenebrano la mente, seguendo il suo abituale istinto di lussuria». E quegli rispose: «Tu non hai liberato la tua mente dal fantasticare su questi temi: ecco perché sei assoggettato a questo tormento. [Rifugiati nella veglia, prega rimanendo digiuno e presto ne sarai liberato]». Udita anche questa esortazione si ritirò, e nella sua cella si ripromise di non dormire per tutta la notte e di non piegare il ginocchio. 8. Rimasto sei anni nella cella, tutte le notti stava in piedi in mezzo alla cella e pregava, senza chiudere gli occhi; ma non riuscì ad averla vinta. Allora s’impose un’altra disciplina: usciva di notte e se ne andava nelle celle dei vecchi e degli asceti più progrediti, e prendendo di nascosto le loro brocche le riempiva d’acqua. Infatti, essi hanno l’acqua lontana, chi due miglia, chi cinque migliaia, chi mezzo miglio. 9. Or dunque una notte il demonio lo spiò e, perduta la pazienza, lo colpì alle reni con un bastone mentre si chinava sul pozzo, e lo lasciò come morto, inacapace di avvertire che cosa avesse subito e da parte di chi. Il giorno seguente, un tale venuto ad attingere acqua lo trovò a giacere lì, e ne diede notizia a Isidoro, il presbitero della Scete. Questi lo prese e lo portò nella chiesa; per un anno stette male, e a stento il suo corpo e la sua anima ripresero forza. 10. Il grande Isidoro gli disse dunque: «Cessa di contendere con i demoni, Mosè, e non insultarli; c’è un limite anche per il coraggio che si esprime nell’ascesi».
Ed egli rispose: «Non potrò cessare finché non cesseranno le visioni prodotte dai demoni». E l’altro disse: «In nome di Gesù Cristo, i tuoi sogni sono cessati; prendi dunque con fiducia la comunione: sei stato oppresso in questo modo per il tuo bene, perché non ti vantassi di aver vinto una passione.» 11. Se ne ritornò quindi nella cella. Interrogato di nuovo da Isidoro dopo circa due mesi, disse di non avere più provato nessuna tentazione. Egli fu giudicato degno di ricevere il carisma contro i demoni, al punto che temeva il demonio meno di quanto noi temiamo le mosche. Questa fu la vita di Mosè l’Etiope: anch’egli annoverato fra i padri, come uno dei grandi. Morì dunque a settantacinque anni nella Scete, dopo essere divenuto presbitero; lasciò anche settanta discepoli.
Apoftegmata
ἀποφθέγματα τῶν ἁγίων γερόντων
1. Un giorno il padre Mosè fu fortemente tentato di fornicazione e, poiché non riusciva più a resistere in cella, andò a manifestarlo al padre Isidoro, e l’anziano [ 36 ] gli consigliò di ritornare nella sua cella. Ma egli non accettò e diceva: «Non ci riesco, padre». Questi allora lo prese con sé, lo condusse sul tetto e gli disse: «Guarda verso occidente». Guardò, e vide una moltitudine innumerevole di demoni, che si agitavano e rumoreggiavano in assetto di guerra. «Guarda anche a oriente – gli disse poi il padre Isidoro –, questi sono gli inviati di Dio in aiuto dei santi. A occidente ci sono coloro che ci fanno guerra; ma quelli che sono con noi sono più numerosi» [ 37 ]. Così il padre Mosè, ringraziando Dio, prese coraggio, e ritornò nella sua cella (281bc; PJ XVIII, 12).
2. Un giorno peccò un fratello a Scete; e i padri, radunatisi, mandarono a chiamare il padre Mosè. Ma, poiché egli non voleva venire, il presbitero gli mandò a dire: «Vieni, la gente ti aspetta!». Egli allora si mosse e venne, portando sulle spalle una cesta forata piena di sabbia. Gli andarono incontro dei fratelli e gli chiesero: «Padre, cos’è mai questo?». Disse loro l’anziano: «Sono i miei peccati che scorrono via dietro di me senza che io li veda. E oggi sono venuto qui, per giudicare i peccati degli altri». A queste parole non dissero nulla al fratello, e gli perdonarono (281d-284a; PJ IX, 4).
3. Una volta in cui si teneva un raduno a Scete, i padri disprezzarono il padre Mosè, per metterlo alla prova. Dissero: «Perché anche questo etiope s’intromette in mezzo a noi?». A queste parole egli rimase in silenzio. Dopo che se ne furono andati, qualcuno gli chiese: «Padre, non ti sei turbato?». «Sì – dice loro – mi sono turbato, ma non ho detto nulla [ 38 ]» (PJ XVI, 7).
4. Del padre Mosè, raccontavano che, quando divenne chierico e gli imposero l’efod [ 39 ], l’arcivescovo gli disse: «Ecco, padre Mosè, sei diventato tutto bianco». Ed egli: «L’esterno forse, signor papa, ma l’interno?». Per metterlo alla prova, l’arcivescovo disse ai chierici: «Quando il padre Mosè entra nel santuario, cacciatelo e quindi seguitelo per udire ciò che dice». L’anziano entrò nel santuario, ed essi lo insultarono e lo cacciarono dicendo: «Va’ fuori, etiope!». Egli uscì dicendo a se stesso: «Ben ti sta, o moro dalla pelle color di terra! Dato che non sei un uomo, perché vuoi andare in mezzo agli uomini?» (284ab; PJ XV, 29).
5. Un giorno fu dato ordine ai monaci di Scete di digiunare per quella settimana. E accadde che dall’Egitto [ 40 ] venissero dei fratelli in visita al padre Mosè, ed egli fece per loro un po’ di brodo. Vedendo il fumo, i vicini dissero ai chierici: «Ecco, il padre Mosè ha infranto il precetto e si è fatto un brodo». Essi dissero: «Ne parleremo con lui quando verrà». Quando giunse il sabato, i chierici, vedendo il nobile atteggiamento del padre Mosè, gli dissero di fronte a tutti: «Padre Mosè, hai infranto il precetto degli uomini, ma hai custodito quello di Dio» (284bc; PJ XIII, 4).
6. Un fratello si recò a Scete dal padre Mosè per chiedergli una parola. L’anziano gli disse: «Va’, rimani nella tua cella, e la tua cella ti insegnerà ogni cosa» [ 41 ] (PJ II, 9).
7. Il padre Mosè disse: «Un uomo che fugge agli uomini assomiglia a una vite matura; ma quello che rimane in mezzo agli uomini è come uva acerba» (284c-285a).
8. Il magistrato sentì parlare del padre Mosè e andò a Scete per vederlo; ma alcuni avvisarono l’anziano, ed egli fuggì verso la palude. Quelli lo incontrarono per strada e gli chiesero: «Dicci, anziano: dov’è la cella del padre Mosè?». Egli chiese loro: «Cosa volete da lui? È uno stolto!». Quando giunse alla chiesa, il magistrato disse ai chierici: «Poiché ho sentito parlare molto del padre Mosè, sono venuto per vederlo [ 42 ]; ma abbiamo incontrato ora un anziano in cammino verso l’Egitto, e gli abbiamo chiesto: – Dov’è la cella del padre Mosè?, e ci ha detto: – Che volete da lui? È uno stolto! [ 43 ]». A queste parole i chierici si rattristarono e chiesero: «Com’era l’anziano che ha parlato in tal modo contro quel santo?». Risposero: «Era un anziano vestito con vecchi indumenti, alto e scuro di pelle». Ed essi: «Ma questi è il padre Mosè! Vi ha risposto così perché non voleva incontrarsi con voi!». Il magistrato se ne andò molto edificato (285ab; PJ VIII, 10).
9. A Scete il padre Mosè soleva dire: «Se custodiamo i precetti dei nostri padri, vi garantisco davanti a Dio che i barbari non verranno qui; ma se non li custodiamo, questo luogo sarà devastato» [ 44 ] (PJ XVIII, 13).
10. Il padre Mosè disse un giorno ai fratelli, che erano seduti attorno a lui: «Ecco, oggi verranno i barbari a Scete. Alzatevi e fuggite!». Gli dicono: «Ma tu non fuggi, padre?». Dice loro: «Aspetto da tanti anni questo giorno perché si adempia la parola di Cristo Signore che ha detto: Tutti quelli che prenderanno la spada, periranno di spada [ 45 ]». Essi dissero: «Nemmeno noi fuggiremo, ma moriremo con te!». Ed egli: «Questo non mi riguarda; consideri ognuno da sé come comportarsi». Erano sette fratelli; e disse loro: «Ecco, i barbari sono vicini alla porta». Entrarono e li uccisero. Uno di essi fuggì spaventato dietro a un mucchio di corde, e vide sette corone scendere a incoronarli (285bc; PJ XVIII, 14).
11. Un fratello interrogò il padre Mosè: «Vedo davanti a me ciò che devo compiere, ma non ci riesco». Gli disse: «Se non diventi morto come coloro che sono sepolti [ 46 ], non puoi venirne a capo».
12. Il padre Poemen raccontò di un fratello che chiese al padre Mosè in che modo si diviene morti al prossimo. L’anziano gli disse: «Se l’uomo non si pone nel cuore di essere già da tre giorni [ 47 ] nella tomba, non giunge a questo stato» (285d; PJ X, 63).
13. A Scete dicevano che un giorno il padre Mosè, andando a Petra, si stancò molto lungo la strada. E disse fra sé: «Come potrò qui raccogliere l’acqua per me?». E venne a lui una voce che disse [ 48 ]: «Entra e non preoccuparti». Entrò allora e incontrò alcuni padri. Ma aveva soltanto una piccola brocca d’acqua. Preparò un po’ di lenticchie e così la consumò tutta. L’anziano, angustiato, entrava e usciva [ 49 ] da quella cella pregando Dio. Ed ecco che una nube, carica di pioggia, venne su Petra e riempì tutti i suoi otri. Chiedono quindi all’anziano: «Perché entravi e uscivi?». Ed egli dice loro: «Ho intentato causa a Dio con queste parole: – Ecco, tu mi hai portato qui e io non ho acqua da dar da bere ai tuoi servi. Per questo entravo e uscivo, pregando Dio finché egli ce l’ha mandata» (285d-288a).
Sette capitoli che il padre Mosè inviò al padre Poemen [ 50 ]
Colui che li metterà in pratica sfuggirà a ogni castigo e vivrà nella pace, sia che viva nel deserto sia in mezzo a dei fratelli.
1 (14). Bisogna che l’uomo sia morto al suo prossimo, per non giudicarlo in nulla (288b).
2 (15). Prima di uscire dal corpo, l’uomo deve rendersi morto a ogni azione malvagia, così da non fare male a nessuno.
3 (16). Se l’uomo non conserva nel cuore il pensiero di essere peccatore, Dio non lo esaudisce. Disse il fratello: «Che cosa significa avere nel cuore il pensiero di essere peccatore?». Dice l’anziano: «Significa che chi porta il peso dei propri peccati non guarda quelli del prossimo».
4 (17). Se l’azione non concorda con la preghiera, l’uomo si affatica invano [ 51 ]. Disse il fratello: «Che cosa significa l’accordo dell’azione con la preghiera?». Dice l’anziano: «Significa non commettere più quei peccati per i quali preghiamo [ 52 ]. Infatti, quando l’uomo ha rinunciato alle proprie volontà, Dio si riconcilia con lui e accoglie la sua preghiera». (18) E il fratello chiese: «Che cosa aiuta l’uomo in ogni sua fatica?». Gli dice l’anziano: «È Dio che aiuta; sta scritto infatti: Dio è nostro rifugio e nostra forza, aiuto nelle tribolazioni che sopravvengono con violenza [ 53 ]» (288bc).
5 (18). Disse il fratello: «A cosa servono i digiuni e le veglie dell’uomo?». Dice a lui l’anziano: «Servono a umiliare l’anima. Sta scritto infatti: Guarda la mia umiliazione e la mia fatica, e perdona tutte le mie colpe [ 54 ]. Se l’anima produce questi frutti, per essi il Signore si impietosisce su di lei».
6 (18). «Che cosa bisogna fare – chiese il fratello – al sopraggiungere di ogni tentazione e di ogni pensiero suggerito dal nemico?». Gli dice l’anziano: «Bisogna piangere di fronte alla bontà di Dio perché ci aiuti; e troveremo presto la quiete, se la nostra invocazione sarà compiuta con conoscenza [ 55 ]. Sta scritto infatti: Il Signore è il mio aiuto e non temerò quel che può farmi l’uomo [ 56 ]».
7 (18). Il fratello chiese: «Se un uomo colpisce il suo servo per una colpa da lui commessa, cosa deve dire il servo?». L’anziano rispose: «Se è un servo buono, dirà: – Abbi pietà, ho peccato». «Non dirà nient’altro?». Dice l’anziano: «No. Dal momento in cui prende su di sé il rimprovero e dice: – Ho peccato, il suo padrone ha subito pietà di lui. Conclusione di tutto questo è: non giudicare il prossimo. Infatti, quando la mano del Signore uccise ogni primogenito in terra d’Egitto, non rimase casa in cui non vi fosse un morto» [ 57 ]. Dice a lui il fratello: «Che cosa significa questo?». «Significa – dice l’anziano – che, se prestiamo attenzione a guardare i nostri peccati, non vediamo quelli del prossimo. Sarebbe follia se un uomo che ha in casa il proprio morto, lo lasciasse, per andare a piangere quello del prossimo. Morire al prossimo significa che tu porti i tuoi peccati e non ti preoccupi di nessuno, se questo è buono, o quest’altro cattivo. Non fare del male a nessuno, e non pensare contro alcuno nulla di male nel tuo cuore. Non disprezzare chi commette il male, non accondiscendere a chi fa del male al suo prossimo [ 58 ] e non gioire con chi fa del male al suo prossimo. Non dire male di nessuno; di’ invece: – Il Signore conosce ogni uomo [ 59 ]. Non essere complice di chi fa maldicenza, non rallegrarti di ciò che egli dice, ma non odiare chi parla male del prossimo [ 60 ]. Questo è non giudicare. Non avere ostilità verso nessuno, non conservare inimicizia nel tuo cuore e non odiare chi nutre inimicizia contro il suo prossimo. La pace è questo. In tutto ciò consolati con il pensiero: la fatica dura breve tempo e il riposo per sempre, grazie al Verbo di Dio. Amen» (288c-289c).
San Silvano dell’Athos: La conoscenza di Dio
San Silvano dell’Athos: La conoscenza di Dio
Perché uno conosca il Signore non ha bisogno di essere ricco o sapiente, ma deve essere obbediente, sobrio, avere uno spirito umile e amare il prossimo. Il Signore amerà una simile anima, ed Egli stesso le si rivelerà e le insegnerà il divino amore e l’umiltà, e le darà tutto ciò che è necessario per trovare riposo in Dio.
Per quanto noi possiamo essere sapienti, tuttavia è impossibile conoscere il Signore, se non vivremo secondo i suoi comandamenti, perché il Signore si conosce non per mezzo della scienza, ma per opera dello Spirito Santo. Molti filosofi e sapienti giunsero fino alla fede nell’esistenza di Dio.
Anche noi monaci meditiamo la legge di Dio giorno e notte, ma non tutti, nonostante questo, hanno conosciuto Dio sebbene abbiano fede. Altro è credere che Dio esista, altro è conoscere Dio.
E’ un mistero: ci sono anime che hanno conosciuto Dio; ci sono anime che non hanno conosciuto Dio, ma credono; ma ce ne sono anche altre che non solo non hanno conosciuto Dio, ma neppure credono; e fra queste ci sono anche sapienti ed intellettuali.
L’incredulità proviene dall’orgoglio. L’uomo orgoglioso pretende di conoscere tutto con la sua propria mente e scienza, ma la conoscenza di Dio gli rimane inaccessibile, perché Dio si conosce solo mediante la rivelazione dello Spirito Santo. Il Signore si rivela alle anime umili. Il Signore mostra alle anime umili le sue opere, incomprensibili alla nostra mente. Con la nostra intelligenza umana non ci è possibile che la conoscenza delle cose terrene, e anche questo in modo parziale, mentre Dio e tutte le realtà celesti si conoscono per mezzo dello Spirito Santo.
Alcuni si affaticano tutta la vita ad imparare che cosa c’è in cielo, nel sole o nella luna o altrove; ma in questo non si trova alcun vantaggio per l’anima. Se invece ci sforzassimo di conoscere che cosa c’è dentro il cuore umano, ecco che allora vedremo nell’anima del Santo il Regno dei cieli e nell’anima del peccatore tenebra ed inferno. […]
Chi ha conosciuto il Signore per mezzo dello Spirito Santo diventa simile al Signore, perché, come disse Giovanni il Teologo: “Saremo simili a lui perché lo vedremo come è”, e contempleremo la sua gloria.
Discepolo di Antonio il Grande che, alla morte di quest’ultimo, prima di diventare Vescovo, pare che passò a dirigere la colonia di monaci di Pispir. Non ci sono dati certissimi ed il dubitativo lo mettiamo perché all’epoca in Egitto il nome Ammonas era abbastanza diffuso. A lui sono state attribuite 14 lettere che rappresentano un’ottima fonte – una delle più importanti dopo gli Apoftegmi – per conoscere il monachesimo primitivo fiorito nel deserto egiziano.
La nostra traduzione e la numerazione sono basate sul testo siriaco tradotto in francese e spagnolo:
Lettres des Pères du désert. Ammonas, Macaire, Arsène, Sérapion de Thmuis, Abbaye de Bellefontaine 1985, pp. 3-54 , publicada por D. Bernard Outtier y D. Lucien Regnault (monjes de Solesmes) in (Spiritualité orientale, nº 42)
Cuadernos Monásticos n. 113 (1995), Introducción a las Cartas de Ammonas
La traduzione del testo greco è disponibile in italiano nel volume: R. Cherubini, Conoscere Dio, Lettere ed altri scritti di Ammonas, Urbaniana University Press, 2011.
Lettera I1[Salute]
1. Prima ditutto, carissimi fratelli, prego per la vostra salute spirituale. Perché le cose visibili sono temporanee, ma le cose invisibili sono eterne (2 Cor 4,18). Ora vedo che il vostro corpo è spirituale e pieno di vita2. Ora, se il corpo ha la vita, Dio gli darà un’eredità3. e sarà considerato erede di Dio. Dio gli pagherà la ricompensa per tutto il suo lavoro, perché ha avuto cura di conservare in vita tutto il suo frutto, per essere considerato erede di Dio. Ora sono felice per voi e per il vostro corpo, perché è pieno di vita. D’altra parte, colui il cui corpo è morto non sarà considerato erede di Dio; inoltre, Dio lo accusa quando parla per mezzo del profeta, in questi termini: Grida forte, non fermarti, alza la voce come una tromba! Fai conoscere al mio popolo i suoi peccati e alla casa di Giacobbe le sue iniquità! Mi cercano giorno dopo giorno e vogliono avvicinarsi a Dio, dicendo: “E allora? Abbiamo digiunato e tu non l’hai visto. Abbiamo umiliato la nostra anima e tu non lo sapevi» (Is 58,1-3).
Ecco cosa risponde loro: Perché nei giorni del loro digiuno si sono trovati a fare la propria volontà, e opprimono tutti i loro operai e maltrattano i loro nemici; digiuni per citare in giudizio e combattere. Non è così che la tua voce sarà ascoltata in alto oggi! Questo non è il digiuno che ho scelto, dice il Signore; Ora puoi chinare il collo come un asino e sdraiarti su sacco e cenere, ma non chiamarlo digiuno accettabile (Is 58,3-5). Questo è un corpo morto4; Per questo il Signore non li ascolta quando pregano Dio, ma, al contrario, li accusa. E inoltre, riguardo a questi, nel Vangelo si dice: Se la luce che è in te è tenebra, quante tenebre ci saranno! (Mt 6,23). Il profeta aggiunge severamente su di loro: Tutta la sua giustizia è come il lino macchiato di una donna (Is 64,6). Quindi ora è un corpo morto. 2. Ma voi, carissimi fratelli, non avete nulla in comune con quel cadavere, perché il vostro corpo è pieno di vita. Prego Dio per voi, perché vegli su di voi, che il vostro corpo non cambi, ma anzi cresca con voi e cresca in grazia e gioia, nell’amore fraterno e nell’amore per i poveri, nei buoni costumi e in tutti i frutti della giustizia, finché non lasceremo questa vita e ci ricevano in quella magione5 dove non c’è tristezza, né pensiero cattivo, né malattia, né tribolazione, ma gioia e felicità6 gloria e luce eterna, paradiso e frutto che non passa; e che arriviamo7 alle dimore degli angeli e all’assemblea dei primogeniti, i cui nomi sono scritti nei cieli (Eb 12,22-23), e a tutte le promesse di cui non possiamo parlare ora. 3. Vi ho scritto queste cose per amor vostro, affinché i vostri cuori si rafforzino. Ci sono ancora molte (altre) cose che vorrei scrivervi, però da un’opportunità al saggio, ed egli diverrà più saggio (Pr 9,9). Possa Dio preservarti da questo mondo malvagio, affinché tu possa essere sano nel corpo, nello spirito e nell’anima; ti dia intelligenza in tutto (2 Tm 2,7), perché tu sia libero dall’errore di questo tempo.
Comportatevi bene nel Signore, miei carissimi fratelli. Ogni corpo morto viene all’uomo per amore della vanagloria e dei piaceri8.
NOTE:
1 È conservato solo in siriano (n. 1), georgiano (n. 13, inedito), arabo (con n. 15) e armeno (con n. 2).
2 Il testo siriaco porta corpo, mentre il georgiano, l’arabo e l’armeno leggono frutti.lettura corpo è la “lectio difficilior”, prediletta da D. Outtier e D. Regnault. Deve essere inteso come «il rinnovamento dello stesso corpo per opera dello Spirito Santo, anticipazione della condizione risorta» (Lettres, p. 17, nota 1).
3 Antonio, Epistola 5,4.
4 Quello che segue, fino alla fine del paragrafo, manca alla versione siriaca.
5 Il siriaco recita: “Dio ci riceva ciascuno in quella magione”.
6 Antonio, Epistola 4,12.
7 Siriaco: “E possa Egli riceverci.”
8 Georgiano, arabo e armeno portano: “E dai piaceri del corpo”.
Lettera II9[Forza]
1. A coloro che sono cari nel Signore, un gioioso saluto!
Se uno ama il Signore con tutto il suo cuore e con tutta la sua anima (Dt 6,5; Mt 22,37), e rimane nel timore con tutte le sue forze10, il timore produrrà il pianto, e le lacrime gli daranno la sua felicità. La gioia produrrà forza e, attraverso di essa, l’anima porterà frutto in ogni cosa. E Dio, vedendo che il suo frutto è così bello, lo riceve come un profumo gradevole. In tutte queste cose si rallegrerà Dio in lei [=l’anima] con i suoi angeli11; e le darà un guardiano che la custodirà in tutte le sue vie (Sal 90,11) per condurla al luogo di riposo12, affinché Satana non la governi. Perché quando il diavolo vede il guardiano, cioè la forza che è intorno all’anima, fugge e non osa avvicinarsi all’uomo, temendo la forza che è intorno a lui. Per questo, amatissimi nel Signore, voi che la mia anima ama, so che siete amici di Dio. Acquisite, dunque, questa forza per voi stessi, affinché Satana vi tema e possiate agire con saggezza in tutte le vostre azioni. Così la dolcezza della grazia verrà su di te e farà crescere il tuo frutto13. Perché la dolcezza della grazia spirituale è più dolce del miele e del favo (Sal 18,11), e pochi14 monaci e vergini hanno conosciuto questa grande dolcezza della grazia15, tranne pochi in certi luoghi, perché non hanno ricevuto la forza divina16. Non hanno coltivato quella forza, e perciò il Signore non gliela ha data; perché a tutti coloro che la coltivano, Dio la dona. Dio non ha riguardo per le persone (At 10,34), ma la dona di generazione in generazione a coloro che la coltivano.
2. Ora, carissimi, so che siete amici di Dio e che, dal momento in cui siete venuti a quest’opera [=vita monastica], amate Dio con tutto il vostro cuore, con la sincerità dei vostri cuori. Acquisite dunque quella forza divina, per trascorrere tutta la vostra vita nella libertà, nella gioia e nella felicità17, affinché l’opera di Dio18 si renda facile per voi. E quella forza che è data all’uomo quaggiù, lo farà riposare, finché non avrà superato tutte le potenze dell’aria (Ef 2,2). Poiché nell’aria ci sono potenze che ostacolano il cammino degli uomini e non vogliono che salgano verso Dio19. Perciò ora preghiamo Dio incessantemente, affinché queste potenze non ci impediscano di ascendere verso Dio, perché finché i giusti hanno con sé la forza divina, nessuno può ostacolarli. Affinché quella forza dimori nell’uomo, ecco come coltivarla20: disprezzare tutti gli oltraggi e gli onori umani, odiare tutti i vantaggi di questo mondo che sono considerati preziosi21 e tutti i piaceri del corpo, purificare il cuore da tutti i pensieri impuri e da tutta la vuota saggezza di questo mondo, e chiedere (forza) giorno e notte, con lacrime e digiuni. E Dio, che è buono, non tarderà a darteli, e quando ve li avrà dati, trascorrerete tutto il tempo della vostra vita in pace e tranquillità; troverete la libertà davanti a Dio ed Egli esaudirà tutte le vostre richieste, come sta scritto (Sal 36,4; Mt 21,22)22.
Ci sono tante altre cose che vorrei scriverti, ma questo poco vi ho scritto per il grande amore che ho per voi. Con tutto il cuore siate buoni nel Signore, onorevoli fratelli, amici di Dio23
NOTE:
9 È conservato in Siriaco (n. 2), georgiano (n. 1), greco (n. 2) e arabo (n. 9).
10Siriaco e arabo: “E con tutte le sue forze acquista paura”.
11 Vedi Lc 15,10; Antonio, Epistola 3,1.
12 Il Siriaco dice: “Finché non sia entrato nel luogo della vita”. L’inizio di questa lettera è conservato in copto, in una raccolta di Apothegms: Annales du Musée Guimet, t. 25, pag. 25 (Lettres, p. 19, nota 2).
13 Siriaco: “La dolcezza di Dio, per quanto è possibile, produrrà forza in te.” Greco: “Affinché la dolcezza della grazia progredisca e faccia crescere il suo frutto”.
14 Greco: “La maggior parte”.
15 Siriaco: “Dolcezza della divinità”; Arabo: “Dolcezza dell’amore divino”.
16 Greco: “Perché non hanno ricevuto la forza celeste”.
17 Siriaco: “In modo che tu possa lavorare in ogni momento con facilità e gioia.” Il greco omette “gioia e letizia”.
18 Siriaco: “Tutta l’opera di Dio”.
19 Cfr Atanasio di Alessandria, Vita di Antonio 65.
20 Siriaco: “L’effetto dell’opera divina”; Georgiano: “Le sue opere”.
21 Il siriaco e l’arabo omettono “che sono considerati preziosi”.
22 Il greco continua con la lettera 3, che è la 4 del siriaco. “Se dopo averlo ricevuto, il fervore divino si allontana e ci abbandona, domandatelo di nuovo e tornerà. Infatti il fervore divino è come fuoco e trasforma il freddo nella propria stessa potenza. Se vedete il vostro cuore ad un certo momento appesantito, mettete la vostra anima davanti a voi ed esaminatela mentalmente con un santo ragionamento, così che per forza si scalderà di nuovo e brucerà in Dio. Il profeta Davide stesso, quando vide il suo cuore appesantito disse: Ho versato la mia anima su di me (Sal 41,5), ho ricorsato i giorni passati e ho meditato su tutte le tue opere (Sal 142,5), e così via. In questo modo ha fatto si che il suo cuore si riscaldasse di nuovo ed ha ricevuto la dolcezza del Santissimo Spirito”
23 “Onorevoli fratelli, amici di Dio”, è la lezione del georgiano; Siriaco: “In ogni opera dell’amore di Dio”.
Lettera III 24 [Umiltà]
Agli onoratissimi fratelli nel Signore, un gioioso saluto!25
1. Vi scrivo questa lettera come grandi amici di Dio, che lo cercano con tutto il cuore. È a loro, infatti, che Dio ascolta quando pregano, li benedice in tutto ed esaudisce tutte le richieste della loro anima quando lo invocano. Ma in quanto a coloro che si accostano a Lui, non con tutto il cuore, ma dubitando e compiendo le loro opere per essere glorificati dagli uomini (Mt 6,2), Dio non ascolta le loro richieste, ma anzi si adira con loro, perché sta scritto: Dio disperderà le ossa di coloro che cercano di piacere agli uomini (Sal 52,6)26. 2. Vedi come Dio è adirato con le loro opere e non esaudisce nessuna delle loro richieste; anzi, li resiste, poiché fanno le loro opere non con fede, ma secondo l’uomo. Per questo la forza divina non abita in loro, sono malati in tutte le opere che compiono. Per questo non conoscono la potenza della grazia, né la sua facilità né la sua gioia, ma la loro anima è ostacolata in tutte le sue opere come da un peso. Tale è la maggioranza dei monaci27, non hanno ricevuto la forza della grazia che anima l’anima, la dispone alla gioia e le dona ogni giorno quella gioia che fa ardere il suo cuore in Dio28. Perché quello che fanno, lo fanno secondo l’uomo; così la grazia non è scesa su di loro. La forza di Dio, infatti, odia chi opera per piacere agli uomini29.
3. Perciò, diletti, che amate la mia anima e i cui frutti sono presi in considerazione da Dio, combattete in tutte le vostre opere lo spirito di vanagloria per vincerla in tutto. In modo che tutto il tuo corpo sia gradevole e rimanga vivo con il Creatore, e che tu riceva la forza della grazia, che supera tutte queste cose. Sono convinto, fratelli, che fate di tutto per questo, resistendo allo spirito di vanagloria e combattendolo sempre. Per questo il vostro corpo ha vita. Perché quello spirito maligno si manifesta davanti all’uomo in ogni opera di giustizia che l’uomo inizia, vuole corromperne il frutto e renderlo inutile, per non permettere30 che gli uomini compiano l’opera della giustizia secondo Dio. In effetti, questo spirito malvagio combatte coloro che vogliono essere fedeli. Se alcuni sono lodati dagli uomini come fedeli o umili o misericordiosi, immediatamente questo spirito malvagio si impegna contro di loro; e certamente è vittorioso, dissolve e distrugge i loro corpi31, perché li incita a compiere le loro azioni virtuose con la preoccupazione di piacere agli uomini e così perde i loro corpi32. Finché gli uomini credono di avere qualcosa, davanti a Dio non hanno nulla33. Per questo Dio non dà loro forza, ma li lascia vuoti, poiché non ha trovato i loro corpi pronti per essere saziati, e li priva della grandissima dolcezza della grazia.
4. Ma voi, carissimi, combattete contro lo spirito di vanagloria e pregate sempre, per vincerlo in tutto; affinché la grazia di Dio sia sempre con voi. Chiederò a Dio, nella sua bontà, di darvi questa forza e questa grazia34 in ogni momento, perché niente è più eccellente di questo35. Se vedi il fervore divino allontanarsi e abbandonarti, chiedilo ancora e ti tornerà. Perché quel fervore è come un fuoco che cambia il freddo nella sua stessa natura. Se vedi il tuo cuore improvvisamente addormentato in certi momenti, poni la tua anima davanti a te, sottoponila alla prova di un pio interrogatorio, e così, necessariamente, sarà di nuovo calda e infiammata in Dio. Perché anche il profeta Davide, vedendo la sua anima travolta dal dolore, parlò così: Ho riversato l’anima su me stesso (Sal 41,6), ho ricordato i tempi antichi, ho meditato tutte le tue opere, ho disteso verso di te le mie mani L’anima mia, come terra arida, sospirò per te (Sal 142,5-6). Così agì Davide quando sentì il suo cuore sopraffatto e freddo, finché non restituì il calore e ricevette la dolcezza della grazia divina36.
Notte e giorno osservava e supplicava. Fai anche tu questo, amatissimo, e crescerai e Dio ti rivelerà i suoi grandi misteri.
Il Signore ti conservi irreprensibile e sano nell’anima, nello spirito e nel corpo, finché non ti conduca alla sua propria dimora37 con i tuoi padri38 che hanno combattuto bene e hanno terminato la loro corsa in Cristo, al quale sia la gloria nei secoli dei secoli.
NOTE:
24 Questa epistola può essere letta nelle versioni siriaca (n. 3), georgiana (n. 2), greca (n. 6), araba (n. 10).
25 Questo saluto manca in siriaco e arabo. In greco si legge solo: “Saluti”.
26 Nell’Epistola Arsenio (nº 68) si trova la stessa citazione biblica (tutto il versetto); vedere Lettere, pag. 112.
27 Siriaco e arabo aggiungono: “Del nostro tempo”.
28 Siriaco: “La dolcezza che rende il cuore ardente per Dio.”
29 Greco: “Fa le sue azioni per rispetto umano”.
30 Siriaco aggiunge: “Per quanto può.”
31Siriaco: “Ma come fa a distruggere (i loro corpi) e sottometterli in modo che perdano il loro modo di vivere e la loro virtù? Quando li incita…”
32 Siriaco: “Quando pensano di possedere qualcosa dall’uomo.”
33Da “prima”, questa frase manca in siriaco.
34Invece di forza e grazia, il siriano porta “gioia”.
35Questo pezzo da “Ma voi” a “eccellente” manca dal greco.
36Da: “Se vedi…”, la traduzione corrisponde all’epistola 2,3 del testo greco. Questa versione non include la citazione dal versetto 6 del Sal 142; e termina dicendo: “Così il suo cuore si infiammò di nuovo e ricevette la dolcezza dello Spirito santissimo”. Ciò che segue non si trova in greco.
37Il siriaco aggiunge: “Nel regno”.
38Il siriaco conclude così: “Che hanno posto fine alla loro vita per sempre. Amen”.
NOTE:
39N. 4 in siriaco e georgiano, n. 3 in greco e n. 11 in arabo.
40 Questo saluto manca in siriano.
41Gal 4.28 .
42Cfr. l’ Apotegma, dalla serie alfabetica, Pastor 52; PG 65.333.
43Il siriaco porta: “E l’illuminazione degli occhi”.
44Siriaco: “figli adottivi”; vedere Rm 8.15.
45“Né uomo né diavolo” non si legge in georgiano e nemmeno in greco.
46Greco: “Conoscerlo”.
47Siriaco: “Affinché conoscano le ricchezze dell’eredità dei santi.
48Siriaco: “Possa questa discrezione essere definitivamente radicata in te.”
49Il siriaco e l’arabo leggono: “tuo padre”, invece di “umile”.
50Greco: “Pochi numerosi benedetti da Dio”.
51Greco: “Dal menzionare tra voi il nome di un monaco…”.
52Siriaco: “Dalla comunità.”
Lettera V 53 [Paternità spirituale]
All’amato nel Signore.
1. Tu sai che l’amore di Dio esige l’amore del prossimo incessantemente. Ora, il prossimo è colui che è stato chiamato alla vocazione celeste. Il servo di Dio prega notte e giorno per il prossimo, come per se stesso. E poiché sei anche il mio prossimo, ti ricordo notte e giorno nelle mie preghiere, affinché la tua fede cresca e tu acquisisca maggiore forza54. Lo faccio per voi, perché in Dio siete considerati figli. Timoteo era considerato un figlio da Paolo, e gli scrisse quanto segue: Ti ricordo notte e giorno nelle mie preghiere e desidero vederti. Ricordo le tue lacrime e sono pieno di gioia, perché ricordo la fede sincera che hai55 (2 Tm 1,3-5). 2. Ora, mio carissimo, come fece Paolo con Timoteo, anche il mio cuore desidera vederti, ricordando i tuoi gemiti e il dolore del tuo cuore.
Ma so che anche tu vuoi vedermi e che è molto redditizio per te. Paolo, infatti, ha detto: voglio andare a vederli, per dare loro qualche grazia spirituale che li rafforzi (Rm 1,11). Perciò, sebbene siano molto istruiti dallo Spirito Santo, se vado a visitarli, li affermerò molto con la dottrina dello stesso Spirito, e farò loro conoscere anche altre cose che non posso scrivere loro con lettera.
Comportati bene nel Signore, nello Spirito di bontà.
NOTE:
53È conservato in siriaco (n. 5), georgiano (n. 5) e arabo (n. 12).
54Cfr. Lettera 2 di Ammonas.
55Siriaco: “Libero dal rispetto delle persone”.
Lettera VI56 [La paternità spirituale. Preghiera per i vostri figli]
1. Notte e giorno prego perché cresca in voi la forza di Dio e vi riveli i grandi misteri della divinità, dei quali non posso parlare con la mia lingua, perché sono grandi; non sono di questo mondo e si rivelano solo a coloro il cui cuore è purificato da ogni macchia e da ogni vanità di questo mondo; coloro che hanno preso la loro croce e che insieme a questo si odiano e sono stati obbedienti a Dio in tutto. In questi dimora la divinità e lei nutre la sua anima. Infatti, come gli alberi non crescono se non sono raggiunti dalla forza dell’acqua, così l’anima non può crescere se non riceve la gioia celeste. E tra coloro che la ricevono, ve ne sono alcuni ai quali Dio rivela i misteri celesti, mostra loro il loro posto57, mentre sono ancora nel corpo, ed esaudisce tutte le loro richieste.
2. Ecco dunque la mia preghiera notte e giorno: che tu raggiunga quel grado e che tu conosca le infinite ricchezze di Cristo (Ef 3,8), poiché sono pochi quelli che sono stati resi perfetti. E sono coloro per i quali sono stati preparati i troni, affinché siedano con Gesù per giudicare gli uomini58. Perché in ogni generazione ci sono uomini giunti a quella misura, per giudicare ciascuno della sua generazione59. Questo è ciò che ti chiedo incessantemente in virtù dell’amore che ho per te. Il beato Paolo disse a coloro che amava: Io voglio dare loro non solo il vangelo di Cristo, ma anche la nostra vita, perché ci sono diventati molto cari (1Ts 2,8 ). Ho mandato a te mio figlio, finché Dio non mi conceda di venire corporalmente a te, per aiutarti a progredire ancora di più. Perché quando i genitori ricevono figli, Dio è in mezzo a loro da entrambe le parti.
Resta in pace e comportati bene nel Signore.
NOTE:
56È conservato solo in siriaco (n. 6), georgiano (n. 6) e arabo (n. 13).
57 Nel senso di dimore celesti.
58 Siriaco: “A chi sono le grandi promesse del Figlio; ricevono grazie e aiutano gli uomini”.
59 Siriaco: “E ciascuno di questi è un esempio per la sua generazione, affinché colui che è considerato perfetto sia un esempio per gli uomini”.
Lettera VII60[Il carisma dei Padri]
1. All’amato nel Signore, che ha una parte nel Regno dei cieli. Allo stesso modo in cui cerchi Dio imitando tuo padre61, credo che anche tu riceverai le stesse promesse, perché sei stato annoverato nel numero dei suoi figli. Perché i figli ereditano la benedizione dei genitori62, imitando il loro zelo. Per questo il beato Giacobbe, imitando in tutta la pietà63 dai suoi genitori ricevette da loro la benedizione; e quando fu benedetto dai genitori, vide subito alzarsi la scala e salire e scendere gli angeli (Gn 22,1-12). Ora, dal momento in cui alcuni sono benedetti dai genitori e vedono le forze divine, nulla può disturbarli. Perché il beato Paolo quando vide quelle stesse forze divine, rimase impassibile64 e gridò dicendo: «Chi mi separerà dall’amore di Cristo?65La spada, la fame, la nudità? Ma né angeli né principati né potenze, né altezza né profondità, né altra creatura potrà separarmi dall’amore di Dio?».66 (Rm 8,35-39).
2. Ora dunque, mio caro, preghiamo incessantemente notte e giorno affinché le benedizioni dei nostri padri e le mie67 vengano a te; e così le forze degli angeli restino con te68, affinché tu trascorra il resto dei tuoi giorni con tutta la gioia del cuore. Se, infatti, qualcuno raggiunge quel grado, la gioia di Dio sarà sempre con lui, e allora farà tutto senza fatica. Perché sta scritto: La luce dei giusti non si spegne mai, ma la luce degli empi si spegnerà (Pr 13,9)69. Chiedo anche che dovunque io vada, venga anche tu70, e lo faccio per la tua obbedienza. Quando il Signore vide l’obbedienza dei suoi discepoli71, pregò per loro il Padre dicendo: «Perché dove sono io siano anche questi, perché hanno ascoltato le mie parole» (Gv 17,24 ). E chiede ancora che siano preservati dal Maligno (Gv 17,15), fino a raggiungere il luogo di riposo. Anch’io prego e chiedo allo stesso Signore che siate preservati dal Maligno fino al vostro arrivo nel luogo del riposo di Dio, e che otteniate la benedizione. Giacobbe infatti dopo la scala vide il capo degli angeli faccia a faccia (Gn 28,12), (poi) combatté con l’angelo e lo sconfisse (Gn 32,24-29). Dio ha fatto questo per benedirlo ancora di più.
Dio, che servo fin dalla mia giovinezza, ti benedica (ancora di più)72, e tu, mio prediletto, comportati bene.
NOTE:
60È conservato in siriano (n. 7), georgiano (n. 7) e arabo (n. 14).
61Siriano: “Ai loro padri nella fede”.
62Siriaco: “I figli ricevono la benedizione dei genitori…”
63Siriaco: “La misericordia di Dio”.
64Siriaco: “E’ stato reso incapace di passione.”
65Cfr Vita di Antonio 8 e 35.
66Georgiano: “Dall’amore di Cristo”; Arabo: “Dall’amore di Dio nel Signore nostro Gesù Cristo”. Viene adottata la lettura siriaca.
67 Siriaco: “Le benedizioni dei miei padri…” 68 Siriaco: “Gli eserciti degli angeli si rallegreranno di te in ogni cosa”. 69 Il testo siriaco omette la seconda parte della citazione dei Proverbi (“ma la luce dei malvagi…”). 70Siraco: “Chiedo che anche tu possa raggiungere la magione della vita.” 71Siriaco: “Verso di Lui”. 72Da qui alla fine, disperso nel siriaco.
Lettera VIII 73[Il carisma che abbiamo ricevuto dai nostri padri]
All’amato nel Signore.
1. Ti scrivo come a figlio carissimo, perché i genitori carnali amano più i figli che gli somigliano. Vedo anche te (così), perché tu progredisci imitando me; e chiedo a Dio che ciò che ha dato a me, tuo padre74, lo dia anche a te. Prego che75 possa comunicarti gli altri misteri che non mi è possibile scriverti per lettera. Siate forti nella pace della misericordia del Padre, affinché il carisma che hanno ricevuto i vostri padri, lo riceviate anche voi76. Se volete riceverlo77, dedicatevi all’opera del corpo e all’opera del cuore, rivolgete i vostri pensieri al cielo notte e giorno, chiedete con tutto il cuore lo Spirito di fuoco78, e vi sarà dato. Perché quello stesso Spirito si ha con Elia il Tesbita, con Eliseo e gli altri profeti. Ma guarda che pensieri di dubbio non si insinuano nel tuo cuore, dicendo: “Chi può riceverlo?” Non permettere che ci entrino79, ma chiedi con retta intenzione e riceverai. 2. Io stesso, tuo padre, prego per te80, perché tu riceva lo Spirito, perché so che hai dato la vita per riceverlo81. Chi lo coltiva di generazione in generazione lo riceverà, e questo Spirito abita nei retti di cuore. Ti assicuro82 che cerchi Dio con cuore retto. Quando riceverai quello Spirito, Egli ti rivelerà tutti i misteri celesti. Perché ti rivelerà molte cose che non posso scrivere su carta. Allora sarai libero da ogni paura, una gioia celeste ti circonderà e ti sentirai come se fossi già stato portato nel regno (dei cieli), mentre sei ancora nel corpo. Non avrai più bisogno di pregare per te stesso, ma solo per il prossimo83. Perché Mosè, dopo aver ricevuto lo Spirito, pregò per il popolo, dicendo: «Se lo distruggi, cancellami dal libro dei viventi» (Es 32,32). Vedi quale preoccupazione che hanno dovuto pregare per gli altri, quando avevano raggiunto quel grado? Anche molti altri raggiunsero quel grado e pregarono per gli altri.
3. Di tutto questo non posso scriverti ora, ma tu sei saggio e capirai tutto. Quando verrò a visitarti, ti spiegherò più approfonditamente lo Spirito di fuoco84, come deve essere realizzato e ti mostrerò tutte le ricchezze che ora non posso affidare alla carta.
Comportati bene in quello Spirito di fuoco85, progredisci e affermati di giorno in giorno.
NOTE:
73È conservato in siriaco (n. 8); georgiano, con n. 8-9; parzialmente in greco con n. 4; e in arabo col numero 8.
74Siriaco: “Ai nostri benedetti genitori.”
75Siriaco aggiunge: “Posso farti visita in modo che…”
76 Seguiamo la lettura siriaca. Il georgiano è ben diverso: “Sii forte nella pace di quel grande fuoco che ha acceso tuo padre, perché anche tu possa accenderlo”.
77Georgiano: “Coprilo”. Qui inizia il testo greco (comma 8 della lettera IV), che recita: «Se vuoi acquistare la grazia spirituale…»
78Il siriaco porta “Spirito Santo”.
79Greco (lettera IV,9): “Non lasciarti dominare da questi pensieri…”
80Il greco omette “per te”; mentre il georgiano porta: “Prego sempre per te”.
81Il siriaco dice letteralmente: “Hanno rinunciato all’anima…” La frase manca in greco e georgiano.
82 Letteralmente: “Vi attesto…”
83Ciò che segue manca nel greco che pone qui la conclusione della lettera: “Gloria al buon Dio, che favorisce con tali misteri coloro che lo servono con sincerità; a Lui gloria eterna. Amen”.
84Siriaco: “Spirito di allegria”.
85 “Della vita”, porta il siriano.
NOTE:
86 Siriano: “In una grande tentazione”.
87 Siriaco: “Lo scettro del peccatore non rimarrà nella porzione del giusto” (Sal 124,3).
88Siriaco: “Ho aspettato, ho pregato, ero forte e il mio Signore mi ha liberato”. Georgiano: “Ho sopportato la volontà di Dio nella speranza e nella preghiera, e mi ha salvato”.
89Dal siriano manca “Sopportatele”.
90“tutte” manca dalla versione siriaca.
91“grande” manca anche al siriano.
92Il greco aggiunge: “E Giacobbe e Giobbe e molti altri furono tentati…”
93Siriaco: “E l’atleta è apparso come il vincitore”.
94Greco: “Allora, quindi, è al giusto che sopraggiunge la comparsa delle tentazioni”.
95Il siriaco recita: “Non sono scelti (o: autenticati)”; e il georgiano: “Non sono saldi nella fede”.
96Dynamin (“virtutem”). Cfr 2 Tim 3.5. Questa stessa citazione è usata da sant’Antonio nelle sue Lettere, III,3; V,4; VI,3
97Apoftegma Antonio 5; HP 65.77.
98Letterale: “pesante”.
99 Il siriaco e il greco aggiungono: “senza movimento”.
100 Georgiano: “Amare”.
101 Siriano: “Sono ciechi ai loro occhi”.
102 Il siriaco dice: «Della tentazione dell’anima dell’uomo che è progredita, e che discende dal grado di perfezione spirituale…».
103 Il georgiano e il greco aggiungono: “Elia”.
104 Siriaco: “Primo grado” (o: ordine).
105 Citazione dall’opera apocrifa chiamata Ascensione di Isaia, VIII,21. Il siriano aggiunge: “Rispetto a questo” (= il secondo cielo).
106 Il siriaco recita: “Al più alto grado di perfezione”.
107 Il siriaco legge ancora: “Al più alto grado di perfezione”. Nel testo greco manca quanto segue nel finale della frase.
108 “Uomini”, dice il siriano.
109 Siriaco: “Al palazzo della vita.”
Lettera X 110[La tentazione è segno di progresso]
1. Lo Spirito soffia dove vuole (Gv 3,8). Soffia sulle anime pure e rette, e se gli obbediscono, dà loro, all’inizio 111, timore e fervore. Quando ha piantato questo in loro, fa loro odiare tutte le cose di questo mondo112, siano oro, argento, ornamenti; che si tratti di padre, madre, moglie o figlio. E l’opera di Dio rende l’uomo più dolce del miele e del favo (Sal 18,10), sia che si tratti dell’opera di digiuni, veglie, solitudine o elemosina. Tutto ciò è113 di Dio gli sembra dolce114, e gli insegna tutto (Gv 14,26).
2. Quando gli ha insegnato tutto, allora concede all’uomo115 di essere tentato. Da quel momento in poi, tutto ciò che prima era dolce per lui diventa pesante. Ecco perché molti, quando sono tentati, rimangono nello sconforto116 e diventano carnali. Sono quelli di cui dice l’Apostolo: Tu cominciasti con lo spirito e ora finisci con la carne; patirono tutto ciò invano (Gal 3,3-4).
3. Se l’uomo resiste a Satana117 nella prima tentazione, e la vince, Dio gli concede un fervore stabile, calmo e indisturbato118. Perché il primo fervore è agitato e instabile119, mentre il secondo fervore è migliore. Questo genera la visione delle cose spirituali e gli fa fare molta strada120 con implacabile pazienza. Come una nave con un buon vento è spinta forte dai suoi due remi e percorre una grande distanza, così che i marinai sono allegri e riposano, così il secondo fervore concede ampio riposo. 4. Ora dunque, figli miei prediletti, acquistate il secondo fervore per essere saldi in tutto. Perché il fervore divino estirpa tutte le passioni (che vengono) dalle seduzioni, distrugge la vetustà del vecchio uomo e fa diventare l’uomo il tempio di Dio, come sta scritto: Io abiterò e camminerò in essi (2 Cor 6,16). 5. Se vuoi che torni a te il fervore che è andato via, ecco cosa deve fare l’uomo: faccia un patto con Dio121 e dica davanti a lui: “Perdonami per ciò che ho fatto con negligenza, non sarò più disobbediente”. E quell’uomo non cammini più come vuole122, per soddisfare la propria volontà fisicamente o spiritualmente, ma perché i suoi pensieri siano vigili davanti a Dio notte e giorno, e che pianga in ogni momento davanti a Dio addolorandosi, rimproverandosi e dicendo: «Come sei stato (così) negligente fino ad ora e sterile ogni giorno?” Si ricordi tutti i tormenti e il regno eterno, rimproverandosi e dicendo: “Dio ti ha gratificato di tutto questo onore e sei negligente! Il mondo intero ti ha soggiogato e sei negligente! Quando qualcuno si accusa così notte e giorno e a tutte le ore, il fervore di Dio ritorna in quell’uomo, e il secondo fervore è migliore del primo.
6. Il beato Davide quando vede arrivare lo sconforto123 dice: “Ho ricordato gli anni eterni, ho meditato e ricordato i giorni dell’eternità, ho meditato su tutte le tue opere, ho meditato sulle opere delle tue mani. Ho alzato le mani verso di te. L’anima mia ha sete di te come terra asciutta» (Sal 76,6; 142,5-6)124. E dice anche Isaia: «Quando avrai di nuovo gemito, allora sarai salvato e tornerai come eri» (Is 30,15).
NOTE:
110È conservato in siriaco (n. 10b), georgiano (n. 12), greco (n. 8), armeno (n. 1) ed etiope (n. 1). I traduttori francesi (Lettres, p. 12), danno questa epistola numero 10b, nel testo siriaco, poiché la lettera precedente (che sarebbe quindi IX e Xa) copre la prima parte di quella attuale (paragrafi 1, completo, e 2, fino alla citazione dal Vangelo di Gv, escluso).
111 “All’inizio”: aggiunge il siriaco.
112 Il siriaco suona un po’ più radicale: “Il mondo intero”.
113 Siriaco: “Tutto ciò che è fatto per Dio”; Georgiano: “Ogni volontà di Dio”.
114 Passaggio citato in copto, sotto il nome di Antonio, dal Besa; CSCO 157, pag. 100 e CSCO 158, pag. 96-97 (Lettres, p. 35).
115 “All’uomo”, aggiunge il siriaco.
116 Siriaco: “Pesantezza”; vedere Lettera IX, 4-5
117 Non si legge “Satana” in siriaco.
118 Siriaco: “Pacifico, saggio (razionale) e paziente”; georgiano: “Tranquillo e una pazienza senza turbamento”; Etiope: “fermo, costante e senza turbamento”; Armeno: “fermo e una pazienza senza turbamento”.
119Siriaco: “Senza saggezza.”
120Siriaco: “Ingaggia una grande battaglia.”
121 Siriaco: “E ho gridato con il dolore nel cuore.”
122 Il georgiano porta: “nel riposo del corpo”, invece di “a sua volontà”.
123Siriaco: “La pesantezza.”
124 Il siriano omette l’aggettivo “asciutta” (o arida).
Lettera XI125 [Discernere la volontà di Dio. Stabilità]
Ai carissimi nel Signore.
1. Voi sapete che quando la vita dell’uomo cambia e lui inizia anche una nuova vita gradita a Dio e superiore alla precedente, cambia anche il suo nome. Perché, infatti, quando i nostri santi padri andavano avanti nella perfezione cambiava anche il loro nome e ad essi si aggiungeva un nome nuovo, scritto sulle tavole del cielo. Quando Sara progredì gli disse: Non ti chiamerai più Sara, ma Sarra (Gn 17,15), e Abram fu chiamato Abraham;; Isac, Isaac e Giacobbe, Israele; Saulo, Paolo; e Simone, Cefa, poiché le loro vite sono state cambiate e sono diventati più perfetti che prima. Per questo, anche voi siete cresciuti in Dio ed è necessario che i vostri nomi siano cambiati a causa del vostro progresso secondo Dio. Orbene, carissimi nel Signore, che amo di tutto cuore, io cerco il vostro profitto come il mio, perché mi siete stati dati come figli secondo Dio126.
Ho sentito dire che la tentazione li preme, e temo che derivi da una loro colpa: perché ho sentito che vogliono lasciare il loro posto127, e mi sono rattristato, anche se è passato molto tempo da quando mi sono sentito preso dalla tristezza. Perché so benissimo che se ora lasciate il vostro posto, non farete alcun progresso, perché non è la volontà di Dio. Se farete questo e ve ne andrete per vostra stessa decisione, Dio non vi aiuterà né uscirà con voi, e temo che cadrete in una moltitudine di mali. Se seguiamo la nostra volontà, Dio non ci manderà la sua forza, che fa prosperare tutte le vie degli uomini. Se un uomo fa qualcosa pensando che piace a Dio128, mentre ci mescola la sua volontà129, Dio non lo aiuta e il cuore dell’uomo è triste e senza forza in tutto ciò che intraprende. Perché i fedeli si sbagliano, lasciandosi catturare dall’illusione del progresso spirituale. All’inizio, Eva non fu ingannata se non con il pretesto del bene e del progresso. Infatti, avendo udito: Sarete come dèi (Gen 3,5), non ha fatto discernimento della voce di colui che gli parlava130, ha trasgredito il comandamento di Dio e non solo non ha ricevuto il bene, ma è anche caduta sotto la maledizione.
2. Salomone dice nei Proverbi: Ci sono modi che sembrano buoni agli uomini, e conducono negli abissi dell’Ades (Pr 14,12). Dice questo di coloro che non comprendono la volontà di Dio, ma seguono la propria volontà. Coloro che seguono la propria volontà131 e non comprendono la volontà di Dio132, ricevono da Satana, dapprima, un fervore simile alla gioia, ma che non è gioia; e poi porta tristezza e vergogna. Chi invece segue la volontà di Dio prova un grande dolore all’inizio e alla fine trova riposo e gioia. Quindi non fare niente133 finché non vengo a trovarti per parlarti.
3. Ci sono tre volontà che accompagnano costantemente l’uomo, ma pochi monaci le conoscono, tranne quelli che sono diventati perfetti; l’Apostolo dice di loro: Il cibo solido è per i perfetti, per coloro che attraverso la pratica134hanno i sensi allenati a discernere il bene e il male (Eb 5,14). Quali sono queste tre volontà? Una è quella suggerita dal Nemico; l’altra è quella che sgorga nel cuore dell’uomo; e la terza è quella che Dio semina nell’uomo. Ma di queste tre, Dio accetta solo la suo.
4. Esaminatevi dunque: quale di queste tre vi spinge a lasciare il vostro posto? Non partite prima che io vi visiti. Perché conosco la volontà di Dio in questa (materia)135 meglio di te. È difficile, infatti, conoscere in ogni momento la volontà di Dio136. Perché se l’uomo non rinuncia a tutte le sue volontà e si sottomette ai suoi padri secondo lo Spirito, non può comprendere la volontà di Dio. Anche se l’avesse capito, gli mancherebbe la forza per portarlo a termine.137
5. È cosa grande conoscere la volontà di Dio, ma è più grande adempierla. Giacobbe aveva quei punti di forza perché obbediva ai suoi genitori. Quando gli dissero: «Va’ in Mesopotamia, insieme a Labano» (Gn 27,43; 28,2), lui prontamente obbedì, sebbene non volesse lasciare i suoi genitori. Ma poiché ha obbedito, ha ereditato la benedizione dei suoi genitori138. E io, vostro padre, se prima non avessi obbedito ai miei genitori spirituali, Dio non mi avrebbe rivelato la sua volontà. Infatti sta scritto: La benedizione dei padri stabilisce la casa dei figli (Si 3,11). E poiché ho sopportati molti travagli nel deserto e sul monte139, chiedendo a Dio notte e giorno, finché Dio mi abbia rivelato la sua volontà; ora anche voi ascoltate vostro padre per ottenere riposo e progresso.
6. Ho sentito che dici: “Nostro padre non conosce il nostro dolore”, e: “Giacobbe fuggì da Esaù”; ma sappiamo che non è scappato ma è stato inviato dai genitori140. Quindi imita Giacobbe e aspetta che tuo padre ti mandi e ti benedica quando te ne vai, affinché Dio ti faccia prosperare. Comportatevi bene nel Signore, miei cari.
NOTE:
125 Si conserva in siriaco (n. 11), georgiano (n. 10), greco (n. 5) e arabo (n. 20).
126 In siriaco e arabo manca questa prima parte del paragrafo. 127 Cfr. l’Apotegma Ammonas 1. 128 Siriaco: “Questo è da Dio”; Greco: “Se un uomo fa qualcosa per se stesso”; Arabo: “Questa è la volontà del Signore”. 129 Questa frase è omessa in greco e arabo. 130 Siriaco e arabo: “Quello che gli è stato detto”. 131 Questa frase non è né nel greco né nel georgiano né nell’arabo.
132 Questo non compare nel georgiano e arabo. 133 Il siriaco aggiunge: «Per sua propria volontà». 134 Il siriaco legge: A causa della sua coscienza. 135 Siriaco: “Su di te.” 136 “In ogni momento” non si legge in siriaco. 137 Greco: “Quando l’avrà capito, allora chiederà a Dio la forza per poterlo fare”. 138 “Dei suoi genitori” mancante in greco.
139 Cfr. apotegma Ammonas 9; Vita di Antonio 11, 12, 14, 41, ecc.: “l’associazione” deserto-montagna (Lettres, p. 38). 140 Il testo greco è piuttosto confuso su questa parte.
Lettera XII 141[Solitudine]
1. Agli amati nel Signore, un gioioso saluto!142
Miei carissimi fratelli, sapete anche voi che dopo la caduta, l’anima non può conoscere Dio143, se non si allontana dagli uomini e da ogni distrazione. Perché allora potrà vedere l’attacco dei nemici che la combattono; ma quando vede il nemico combattere contro di lei e trionfa sui suoi attacchi, che di tanto in tanto le vengono addosso, allora lo Spirito di Dio dimorerà in lei e tutto il suo dolore si trasformerà in gioia ed esultanza. Se viene sconfitto di nuovo in combattimento, allora gli vengono la tristezza, il disgusto e molte altre varie afflizioni144.
2. Perciò i Santi Padri145 vivevano solitari in luoghi deserti: Elia il Tesbita, Giovanni Battista e gli altri Padri. Non pensate che fu quando furono in mezzo agli uomini che i giusti progredirono, insieme a loro, nella virtù146, ma piuttosto che prima vivevano in grande solitudine, per far abitare in loro la potenza di Dio147. Allora Dio li mandò in mezzo agli uomini, quando già possedevano le virtù, a servire per l’edificazione degli uomini148 e curare le loro malattie, poiché erano i dottori delle anime e potevano curare le loro malattie 149. Per questo dunque, strappati dalla solitudine, furono mandati agli uomini; ma non furono mandati finché tutte le loro malattie non fossero guarite. È impossibile, infatti, che Dio li mandi a servire per l’edificazione degli uomini se sono ancora malati. Ma coloro che se ne vanno prima di essere perfetti, se ne vanno per volontà propria e non per volontà di Dio. E Dio dice di questi: «Io non li ho mandati, ma sono corsi» (Ger 23,21), ecc. Per questo non possono né custodire se stessi né servire l’edificazione di un’altra anima.
3. Al contrario, coloro che sono inviati da Dio non vogliono abbandonare la solitudine150, perché sanno che è grazie ad essa che hanno acquisito la forza divina; ma per non disobbedire al loro Creatore, escono a servire per l’edificazione degli altri, imitando il Signore, perché il Padre ha mandato dal cielo il suo vero Figlio perché guarisse tutte le debolezze e tutte le malattie degli uomini151. Sta scritto: Ha preso le nostre debolezze e ha portato le nostre malattie (Is 53,4). Per questo tutti i santi che vanno dagli uomini per guarirli, imitano in tutto il Creatore, per diventare degni di farsi figli adottivi di Dio e per vivere, anche loro, come il Padre e il Figlio, nei secoli dei secoli152.
4. Ecco, diletti, vi ho mostrato la forza153 della solitudine, come guarisce in tutti gli aspetti154 e come piace a Dio155. Ecco perché ho scritto loro per essere forti in ciò che intraprendono. Sappilo, è attraverso la solitudine che i santi progredirono e la forza divina abitò in loro, facendo loro conoscere i misteri celesti, e fu così che cacciarono tutta la vetustà di questo mondo. Chi vi scrive ha raggiunto anche quella meta lungo lo stesso cammino.
5. Siriaco Molti sono i monaci del nostro tempo che non hanno saputo perseverare in solitudine, perché non hanno potuto vincere la loro volontà. Per questo vivono sempre tra gli uomini, non potendo rinunciare, fuggire dalla compagnia degli uomini e impegnarsi in combattimento. Rinunciando alla solitudine, si accontentano di confortarsi con i loro simili per tutta la vita. Per questo non raggiungono la dolcezza divina né abita in loro la forza divina. Perché quando si presenta loro quella forza, li trova a cercare la loro felicità nel mondo presente e nelle passioni dell’anima e del corpo. E non può discendere su di loro. L’amore per il denaro, la vanagloria, tutte le altre malattie e distrazioni dell’anima impediscono alla forza divina di discendere su di loro.
5. Greco La maggior parte non hanno potuto progredire in questo, perché sono rimasti in mezzo agli uomini e non sono riusciti, per questo, a vincere tutte le loro volontà. Non hanno voluto, infatti, superarsi fino a sfuggire alle distrazioni provocate dagli uomini, ma restano distratti l’uno con l’altro. Perciò non hanno conosciuto la dolcezza di Dio e non sono stati giudicati degni di far dimorare in loro la sua forza e di conferire loro il carattere celeste. Così, la forza di Dio non abita in loro, poiché sono monopolizzati dalle cose di questo mondo, arresi alle passioni dell’anima, alle glorie umane e alle volontà del vecchio uomo. È così che Dio ci testimonia ciò che deve accadere.
6. Rafforzatevi, quindi, in quello che fate. Perché chi abbandona la solitudine non può vincere la propria volontà né prevalere nella lotta che si fa contro il proprio avversario. Per questo non hanno più la forza di Dio che abita in loro. Non si sofferma su coloro che servono le loro passioni156. Però avete vinto le passioni e la forza di Dio verrà da sola a voi157.
Comportati bene nello Spirito Santo.
NOTE:
141 È conservato nel siriaco (n. 12), georgiano (n. 3), greco (n. 1), arabo (n. 18), armeno (n. 3) ed etiope (n. 2).
142 Questo saluto manca in greco.
143 Il greco aggiunge: “a seconda dei casi” (o: è necessario). Altre versioni aggiungono: “Facilmente”.
144 Il greco porta un testo un po’ diverso: “Durante quelle lotte, ti infliggeranno afflizioni e dolori con molti altri vari guai, ma non temere, perché non prevarranno contro chi vive nella solitudine”.
145 Greco: “I nostri santi padri”; Georgiani ed etiopi aggiungono: “I primi santi padri”.
146 La traduzione segue il testo greco, la versione siriaca sembra un po’ più cupa: “Non considerare che erano giusti perché facevano opere di giustizia dimorando tra gli uomini…”.
147 “Se vuoi che la forza di Dio scenda su di te, ama il digiuno e fuggi dagli uomini”; Lettera di Arsenio, 32 (Lettres, p. 41).
148 Il testo siriaco dice: “Essere dispensatori di Dio”; si segue la lettura del georgiano, del greco e dell’armeno.
149 Cfr Vita di Antonio 87: Antonio “medico di tutto l’Egitto” (Lettres, p. 41).
150 Vita di Antonio 85.
151 Cfr. le Lettere di S. Antonio: III, 2; IV,2-3; V,2; VI,2.
152 Da “imitare il Signore” alla fine di questo paragrafo, il testo manca in georgiano, greco, armeno ed etiope.
153 georgiano e armeno: “Il frutto”; Etiope: “I frutti”.
154 Lettura siriaca, che manca in georgiano, greco, armeno ed etiope.
155 Quanto segue, fino alla fine del paragrafo, non si trova in georgiano, greco, armeno ed etiope.
156 Tale è il testo delle versioni georgiana, greca, armena ed etiope. Il siriaco recita: “Perché coloro che abbandonano la solitudine non possono vincere le loro volontà né prevalere nel combattimento che si fa contro il loro avversario, poiché sono soggetti alle loro passioni”. Invece di “passioni”, il georgiano porta: “Chi fa la propria volontà”; e l’etiope: “Che siano soggetti alla legge dei loro membri”.
157 Siriano: “Lui è con te”; Etiope aggiunge: “E abiterà in te”.
Lettera XIII158 [Lo Spirito di penitenza e lo Spirito Santo]
1. Carissimi nel Signore, vi saluto nello Spirito di dolcezza, che è pacifico e profuma le anime159 dei giusti. Questo Spirito viene solo alle anime totalmente purificate dalla vecchiaia, perché è santo e non può entrare nell’anima impura (Sap 1,4-5)160. 2. Nostro Signore l’ha dato agli apostoli solo dopo che si sono purificati. Per questo ha detto loro: «Se vado, vi manderò il consolatore, lo Spirito di verità, ed Egli vi farà conoscere ogni cosa» (Gv 16,7.13). Perché questo Spirito, da Abele ed Enoc fino ad oggi, è dato alle anime dei giusti che sono totalmente purificate. Ma quello che raggiunge le altre anime non è quello, ma lo Spirito di penitenza161; arriva alle altre anime per chiamarle tutte alla purificazione dalla loro impurità. E quando li ha totalmente purificati, li consegna162 allo Spirito Santo, affinché incessantemente diffonda su di loro un soave profumo, come disse Levi: «Chi ha conosciuto il profumo dello Spirito se non coloro nei quali abita?».163. Pochi sono favoriti anche dallo Spirito di penitenza, ma lo Spirito di verità, di generazione in generazione, abita a malapena solo in poche anime.
3. Come una perla preziosa non si trova in ogni casa, ma talvolta solo nei palazzi reali164, così questo Spirito si trova solo nelle anime dei giusti divenuti perfetti. Dal momento in cui Levi fu gratificato con Lui, offrì un grande ringraziamento a Dio e disse: «Ti canto, Signore, perché mi hai dato lo Spirito che dai ai tuoi servi»165. E tutti i giusti ai quali era stato mandato resero un grande ringraziamento a Dio. Perché è la perla di cui parla il vangelo, comprata da colui che ha venduto tutti i suoi averi (Mt 13,46). Ebbene, è il tesoro nascosto in un campo, che un uomo trovò e per il quale fu molto felice (Mt 13,44). Alle anime in cui abita, rivela grandi misteri; per loro la notte è come il giorno. Ecco, io ti ho fatto conoscere l’azione di quello Spirito. 4. Voglio166 far loro sapere che dal giorno in cui li ho lasciati, Dio mi ha fatto prosperare in ogni cosa, finché sono venuto al mio posto. E quando sono nella mia solitudine, Egli rende il mio cammino ancora più prospero167 e mi aiuta, segretamente o apertamente. E avrei voluto che tu mi fossi vicino per le rivelazioni che mi furono date168, perché ogni giorno ne concede nuove (rivelazioni)169.
5. Quindi voglio che tu sappia qual è la tentazione. Sai che la tentazione non viene sull’uomo se non ha ricevuto lo Spirito. Quando ha ricevuto lo Spirito, viene consegnato al diavolo per essere tentato. Ma chi lo consegna se non lo Spirito di Dio? Perché è impossibile che il diavolo tenti un credente, se Dio non lo libera.
6. Infatti, nostro Signore prendendo la carne è diventato per noi un esempio in tutto. Quando fu170 battezzato, lo Spirito Santo scese su di lui in forma di colomba (Mt 3,16), perché lo Spirito lo condusse nel deserto171 per essere tentato (Mt 4,1), e il diavolo non poteva fare nulla contro di Lui. Ma la potenza dello Spirito, dopo le tentazioni, aggiunge ai santi un’altra grandezza e una forza maggiore172.
È necessario che tu conosca173 la mia tentazione, che mi ha reso simile a nostro Signore. Quando discese dal cielo vide un’atmosfera diversa, tenebrosa, e di nuovo mentre stava per scendere nell’Ade, vide un’aria più densa e disse: “Ora l’anima mia è turbata” (Gv 12,27). Allo stesso modo io, in modo simile, ho subito recentemente questa tentazione che mi turbava da tutte le parti174. Tuttavia, ho lodato Dio, che servo con tutto il cuore fin dalla mia giovinezza e al quale obbedisco, sia in onore che in umiliazione. Mi ha portato fuori da quell’ariatenebrosa e mi ha riportato alla prima altezza. E penso che questa tentazione sia l’ultima175.
7. Quando il beato Giuseppe sopportò l’ultima tentazione in carcere (Gn 29,20), fu più afflitto anche da tutte le altre tentazioni. Ma dopo la prigione, che è l’immagine dell’Ade, ricevette tutti gli onori, perché divenne re (Gn 41,40). Da quel momento in poi la tentazione non lo tentò più. Ti ho fatto conoscere quali tentazioni ho incontrato e come sono ora176.
8. Dopo aver scritto questa lettera mi è venuta in mente la parola scritta in Ezechiele, che presenta l’immagine delle anime divenute perfette. Vide una creatura vivente sul fiume Chobar, che aveva quattro facce, quattro piedi e quattro ali. Un volto di cherubino, uno di uomo, uno di aquila e uno di toro (Ez 1,1-10). Il volto dei Cherubini è lo Spirito di Dio, che riposa in un’anima e la dispone a lodare con voce soave e bella177. E quando vuole, scende ed edifica gli uomini, poi assume il volto di un uomo. E quella del toro, è quando l’anima fedele è in combattimento: lo Spirito di Dio l’aiuta e le dà la forza di un toro, perché possa incornare il diavolo. E l’aquila, perché l’aquila vola più in alto di tutti gli altri uccelli. E quando l’anima dell’uomo vola in alto, lo Spirito Santo viene ad essa, insegnandole a stare in alto e ad essere vicino a Dio.
9. Ti ho fatto sapere poco di questo essere. Ma se pregate e lo visitate, entrerò nella Betel, che è la casa di Dio (Gn 28,19), e adempirò i miei voti (Sal 65,13), quelli che le mie labbra hanno promesso178. Allora ti parlerò più chiaramente179 su questo180.
10. Betel, infatti, significa la casa di Dio (Gn 28,19). Dio combatte, dunque, per la casa su cui è invocato il suo nome. E fu Ezechiele a vedere quell’essere vivente.
Salutate tutti coloro che sono stati associati al lavoro e al sudore dei padri nella tentazione, come dice altrove Giovanni: «Dio è glorificato dal sudore dell’anima»181. Così, per il seme di sudore che semina, l’anima è associata a Dio. E anche quelli sono legati alla sua messe, poiché sta scritto: Se soffriamo con lui, vivremo con lui (Rm 8,17), ecc. Il Signore disse anche ai suoi discepoli: «Voi avete sofferto con me nelle mie tentazioni, io stabilirò con voi un contratto regale, come il Padre mi ha promesso che vi sareste seduti alla mia mensa» (Lc 22,29), ecc.
11. Vedo che coloro che condividono le fatiche condividono anche il resto, e chi partecipa all’umiliazione, partecipa ugualmente all’onore. Sta scritto, infatti, nei Padri: «Il figlio buono eredita la primogenitura e le benedizioni paterne»182. È così con ciò che seminiamo. Sono i semi di Dio e i buoni figli che ereditano il diritto di primogenitura e le nostre benedizioni. Quando sarò via, al mio posto, l’arrivo dei frutti mi ricorderà questi raccolti.
Ma tu, da buon maestro, esortali con cura. Dio ti conceda di lasciare questa dimora183 lasciando un buon raccolto! Perché sappiamo che sei un buon padre e un ottimo educatore. Tuttavia, vi ricordo che è a causa di questo raccolto che Dio vi ha lasciato in questa dimora.
Comportatevi bene nel Signore, nello Spirito dolce e pacifico che abita le anime dei giusti.
NOTE:
158 È conservato in siriaco (n. 13), georgiano (n. 11), greco (n. 7) e arabo (n. 19). 159 Invece di quanto segue (fino alla “vecchiaia”), il siriaco porta: “Di coloro che sono completamente purificati dalle loro passioni”.
160 Cfr Lettere di S. Antonio, VII.
161 Anche sant’Antonio nelle sue Lettere (I,2 e 4) parla di spirito di penitenza o di conversione (Lettres, p. 45).
162 È la lezione del georgiano; Il greco e l’arabo leggono: “trasmette”; il siriaco: “conduce” (o: guida).
163 Citazione non identificata.
164 Dice solo il greco: “Come una perla di gran prezzo…”.
165 Citazione non identificata.
166 Questo paragrafo manca del tutto nella versione greca.
167 Seguo il testo siriaco.
168 Georgiano: “Fai loro sapere quante rivelazioni ci sono”; Arabo: “Affinché io vi faccia conoscere tutto ciò che lo Spirito Santo mi ha rivelato in ogni momento”.
169 georgiano: “Poiché di giorno in giorno avranno una gioia ancora più grande”; L’arabo omette questa frase.
170 Questa prima parte, fino a qui, manca nel georgiano.
171 Il siriaco aggiunge: “E lo consegnò a Satana…”
172 Al siriaco manca “E una forza maggiore”.
173 È la lettura georgiana; dispersa nel siriaco. L’arabo porta: “Carissimi figli, vorrei che mi foste vicino perché sapeste…”
174 Il testo greco omette “è necessario” fino a qui.
175 Tutta quest’ultima parte è diversa nel greco: «In ogni cosa, dunque, lodiamo Dio e rendiamolo grazie, sia in onore che in umiliazione, perché Egli ci ha tratto da quell’aria oscura e ci ha restaurati nella nostra prima altezza. Quindi quanto segue non esiste nella versione greca curata da F. Nau.
176 Georgiano: “Ecco, ti ho fatto conoscere la grandezza delle tentazioni che ho sopportato”.
177 La versione francese in questa parte sembra seguire la versione georgiana; il testo siriaco è piuttosto vario: “Una faccia del Cherubino era quella di un leone, una di uomo, una di aquila e una di toro (Ez 1,1-10). Ora, la faccia leonina di Cherubino, che cos’è? Infatti, quando lo Spirito di Dio si posa sull’anima di un uomo, gli dona la forza di Dio, lo incoraggia fortemente e gli insegna un canto con una voce dolce e bella.
178 Il siriaco dice: “Entreranno alla Betel e lì adempiremo i nostri voti e offriremo i nostri sacrifici di pace, che le nostre labbra hanno promesso”.
179 È la lettura georgiana. Il siriaco porta: “Per quanto possibile, vi diamo la spiegazione…”.
180 Qui il georgiano sembra finire, aggiungendo solo il saluto: “Sii forte in Cristo e comportati bene”.
181 Citazione non identificata.
182 Citazione non identificata.
183 Il siriaco dice: “Questo mondo”.
Lettera XIV 184 [Giustizia] 1. Ecco la lettera che tuo padre ti ha scritto; questa è l’eredità dei padri giusti185, che lasciano in eredità giustizia ai loro figli186. I genitori secondo la carne lasciano l’oro e l’argento in eredità ai loro figli; però i giusti187 lasciano questo ai loro figli: la giustizia188. I patriarchi erano ricchissimi d’oro e d’argento e, prossimi alla morte, non diedero loro alcun ordine, se non per quanto riguarda la giustizia, poiché essa rimane per sempre. 2. L’oro e l’argento sono corruttibili (1P 1,18), appartengono alla misera scorta di questo breve tempo. Ma la giustizia appartiene alla dimora in alto e rimane con l’uomo per sempre. Perché l’eredità che danno loro i genitori è giustizia189. 3. Comportati bene nel Signore e nella buona volontà della giustizia che Dio ti dona giorno dopo giorno, fino alla tua partenza da quaggiù.
NOTE: 184 È conservato solo nel siriaco (n. 14) e nell’arabo (n. 19). 185 L’arabo porta “spirituale”. 186 Arabo: “La benedizione”. 187 Arabo: “Padri spirituali”. 188 Arabo: “La benedizione”. 189 Arabo: “La benedizione”.
PADRI DEL DESERTO: AMMONAS (Ammone) – Introduzione
Discepolo di Antonio il Grande che, alla morte di quest’ultimo, prima di diventare Vescovo, pare che passò a dirigere la colonia di monaci di Pispir. Non ci sono dati certissimi ed il dubitativo lo mettiamo perché all’epoca in Egitto il nome Ammonas era abbastanza diffuso. A lui sono state attribuite 14 lettere che rappresentano un’ottima fonte – una delle più importanti dopo gli Apoftegmi – per conoscere il monachesimo primitivo fiorito nel deserto egiziano.
Alcune brevi note biografiche possono essere tracciate esaminando gli scritti che ci sono pervenuti a suo nome. Abbracciò la vita monastica in gioventù (XIII,6)1, svolse «molti lavori nel deserto e sui monti» (XI,5); fu discepolo di sant’Antonio e come sia diventato anche un padre spirituale. Nelle lettere, infatti, si rivolge autorevolmente ai suoi corrispondenti, chiamandoli “figli carissimi” (IV,1). Visse per qualche tempo con i suoi discepoli, ma poi li lasciò per vivere in maggiore solitudine: «Voglio che tu sappia che dal giorno in cui ti ho lasciato, Dio mi ha fatto prosperare in ogni cosa, fino a quando sono venuto al mio posto. E quando sono solo, Egli rende il mio cammino ancora più prospero e mi aiuta, segretamente o apertamente». (XIII,4). Questo non gli ha impedito di continuare a mantenere uno stretto rapporto con loro e, a quanto pare, li visitava periodicamente: “ … Se vado a visitarli, li affermerò molto con la dottrina dello stesso Spirito, e farò conoscere loro anche altre cose che non posso scrivere loro per lettera» (V,2).
L’ Historia Monachorum e gli Apotegmi della serie alfabetica attribuita ad Ammonas Offrono alcune informazioni che consentono di confermare e ampliare i dati sulla vita dell’autore delle lettere:
– fu discepolo di Antonio (Ammonas 7 e 8; Historia Monachorum 15);
– visse 14 anni nel deserto di Scete nell’ascesi (Ammonas 3);
– dovette subire varie prove, per un tempo abbastanza lungo, nei deserti (Ammonas 9);
– Alla morte di sant’Antonio, gli succedette alla guida della comunità da lui diretta a Pispir, sulla sponda destra del fiume Nilo, nel basso Egitto (cfr Historia Monachorum 15);
– si distinse per la sua grande gentilezza, tranquillità e dolcezza (Ammona 6, 8 e 10);
– ad un certo momento, che non possiamo precisare, lasciò il suo posto, a capo della comunità semianacoretica del Pispir, venendo succeduto in quel ministero da un certo Pityrion (cfr Historia Monachorum 15); forse è a lui che si rivolge nella lettera XIII.
– fu nominato vescovo.
– Non conosciamo la data precisa della morte di Ammonas. Dobbiamo comunque porla sicuramente prima della stesura dell’Historia Monachorum, cioè alla fine del IV secolo (396?). Ammonas quindi visse, molto presumibilmente, nella seconda metà del IV secolo.
La Chiesa greca lo ricorda il 26 gennaio e il sabato prima del cinquantesimo (dedicato agli “asceti”). La Menologia della Chiesa siriana lo celebra il 10 giugno.
GLI APOFTEGMI (detti)
“IL CAMMINO DI UN PELLEGRINO” E IL VESCOVO IGNAZIO (BRIANCHANINOV) INSEGNAMENTO SULLA PREGHIERA
Basandosi sull’eredità di sant’Ignazio del Caucaso, Alexey Ilyich Osipov, il noto professore dell’Accademia teologica di Mosca, riflette sulle questioni delle pratiche spirituali nelle tradizioni cristiane orientali e occidentali, nonché sul posto del libro ‘Racconti di un pellegrino russo’ nella vita spirituale cristiana.
Ieromonaco Adrian (Pashin): Alexey Ilyich, il tuo opuscolo sulla preghiera di Gesù è stato pubblicato di recente. Cosa ti ha spinto ad affrontare questo argomento esclusivamente (come potrebbe sembrare) monastico?
Alexey Ilyich Osipov: Il fatto è che sono stato invitato a tenere una conferenza in Italia, nel famoso monastero di Bose, dove ogni anno si tengono conferenze su vari argomenti. Sono invitati rappresentanti di diverse Chiese, non solo della Chiesa cattolica, ma anche delle Chiese ortodosse e persino protestanti. Era il settembre 2004. L’argomento della conferenza era la preghiera e, credo, anche la preghiera di Gesù, ma non ricordo con certezza. Come è venuto fuori il tema del mio intervento? Il Rettore di uno dei Pontifici Istituti di Roma ha visitato la nostra Accademia circa vent’anni fa. Durante il suo discorso in sala conferenze ha detto, in particolare, che i monaci cattolici sono attualmente molto interessati alle pratiche di meditazione indù e ai Racconti di un pellegrino, dove viene esposto un insegnamento del tutto peculiare sulla preghiera di Gesù. Per questo ho deciso di scrivere una relazione sul tema: “L’insegnamento sulla preghiera di Gesù secondo il vescovo Ignazio (Brianchaninov) e i Racconti di un pellegrino”. Ho pensato che l’argomento sarebbe stato di interesse sia per i cattolici che per me perché avevo letto i Racconti di un pellegrino che avevo 16 o 17 anni e all’epoca mi aveva lasciato un’impressione di grande ispirazione. Ricordo di aver provato a praticare la Preghiera di Gesù per un giorno o due, usando il metodo del Pellegrino – non potevo farlo ancora per molto; più tardi, quando ho iniziato a lavorare sul mio discorso, ho capito che era stata una fortuna. Ho tenuto il mio discorso alla conferenza. Gli ortodossi hanno mostrato interesse mentre il pubblico cattolico lo ha ricevuto in silenzio. Tuttavia, uno dei famosi (non lo nominerò) studiosi secolari di San Pietroburgo (non un teologo), partecipante regolare a tutte le conferenze di Bose, ha espresso il suo dispiacere per il mio intervento. Il talk è stato poi tradotto in italiano e pubblicato sia in Italia che in Russia. Questo è lo sfondo in cui è maturato il libro.
Hierom. Adrian: Quindi sembra che The Way of a Pilgrim, un libro di un autore sconosciuto che è piuttosto popolare qui in Russia, sia noto anche all’estero?
AI Osipov: Non è semplicemente noto all’estero, ma, come ha detto quel cancelliere, i monasteri cattolici vi prestano molta attenzione. Viene letto, studiato, seguito come guida.
Hierom. Adrian: Perché pensi che i cattolici siano così interessati al libro?
AI Osipov: Ecco come stanno le cose. In primo luogo, il Pellegrino ha raggiunto l’incessante Preghiera di Gesù e ha raggiunto speciali stati dell’anima e del corpo a una velocità sorprendente – in poche settimane, beh, forse in pochi mesi, mentre il Vescovo Ignazio scrive che secondo l’insegnamento del Santo Padri “ci vogliono molti anni”. Il Pellegrino afferma che quando all’inizio l’anziano gli diede l’obbedienza di dire tremila preghiere al giorno, sentì che la preghiera diventava facile e desiderabile in soli due giorni. Dopodiché, l’anziano gli ordinò di dire seimila preghiere e, dopo soli dieci giorni, dodicimila. E “terminava facilmente le dodicimila preghiere la sera presto” e “in circa tre settimane . . . Ho cominciato a sentire. . . quel piacere ribolliva nel mio cuore… e io stesso mi trasformai in estasi. [AZJ] ha raggiunto lo stesso stato nello stesso modo fulmineo – in meno di una settimana (!); iniziò a seguire il metodo mostratogli dal Pellegrino. “In circa cinque giorni ho iniziato a sentire un calore intenso e… . . cominciavo a vedere la luce di tanto in tanto. . . a volte, quando entrava nel suo cuore nella sua immaginazione, era come se la fiamma potente di una candela accesa si accendesse di dolcezza nel suo cuore e, saltandogli fuori dalla gola, lo illuminasse; alla luce di quella fiamma poteva vedere anche cose lontane.
Un metodo così facile e veloce, rispetto alla rigorosa impresa della lotta con le passioni intrapresa per molti anni dai Santi Padri, è molto allettante per tutti coloro che vorrebbero evitare la via «senza pene, senza guadagni».
Il secondo e non meno stimolante motivo di interesse per questo libro è la vanità e l’orgoglio che attirano le persone a raggiungere immediatamente stati elevati, senza compiere i passi preliminari del viaggio spirituale. Queste passioni trasformano un asceta in un sognatore ad occhi aperti, con conseguenze abbastanza logiche e spesso terribili per la sua vita.
Il Vescovo Ignazio caratterizza molto chiaramente tali aspirazioni degli asceti cattolici: “Sono subito attirati e attirano i loro lettori ad altezze inaccessibili al novizio, diventano essi stessi presuntuosi e rendono gli altri presuntuosi. Un sogno acceso, spesso frenetico, sostituisce tutto ciò che è spirituale per loro: non hanno idea della vera spiritualità. Considerano questo sogno come grazia. «Li riconoscerete dai loro frutti» (Mt 7,16) disse il Salvatore. Sappiamo tutti fin troppo bene attraverso quali crimini, torrenti di sangue e comportamenti decisamente anticristiani i fanatici occidentali hanno espresso il loro brutto modo di pensare, il loro brutto sentimento del cuore”.
Queste sono le ragioni nascoste dell’interesse per I Racconti .
Hierom. Adrian: Pensi che un modo così rapido sia pericoloso?
AI Osipov: In questo caso non voglio assolutamente parlare per me, perché non ho alcuna esperienza in materia. La mia comprensione si basa sullo studio teorico dei Santi Padri della vita ascetica e, soprattutto, sugli scritti del santo Vescovo Ignazio (Brianchaninov).
Perché mi sono rivolto in particolare alle sue opere? Come è noto, i resoconti orali e scritti di lui da parte di tutti gli Anziani di Optina e di molti altri pii asceti russi non sono semplicemente positivi, ma piuttosto, direi, sono pieni di ammirazione. Parlavano e scrivevano di lui come di un vero maestro che aveva una profonda comprensione della vita spirituale e nei suoi scritti esponeva il cammino dei Santi Padri. Citerò le loro affermazioni. San Macario di Optina lo definì “una grande mente”. San Barsanufio di Optina scrisse: “Quando leggo i suoi scritti, mi meraviglio della sua mente veramente angelica, della sua comprensione sorprendentemente profonda delle Sacre Scritture. Per qualche ragione, sono particolarmente favorevole ai suoi scritti; in qualche modo hanno un appello speciale per il mio cuore e la mia mente, illuminandolo di una luce veramente evangelica”. “Il quinto volume degli scritti del Vescovo Ignazio contiene l’insegnamento dei Santi Padri applicato al monachesimo moderno e insegna come devono essere letti gli scritti dei Santi Padri. Il Vescovo Ignazio aveva una visione profonda ed era, a questo riguardo, probabilmente anche più profondo del Vescovo Teofane [il Recluso – AZJ]. La sua parola ha un potente effetto sull’anima perché procede dall’esperienza. L’abate Nikon (Vorobyev) esprime lo stesso pensiero cinquant’anni dopo: “Come gli sono grato per i suoi scritti! Non capirlo e non apprezzarlo significa non capire nulla della vita spirituale. Oserei dire che gli scritti del vescovo Teofane (possa il santo Vladyka perdonarmi) sono opere di uno scolaro paragonate a quelle di un professore: gli scritti del vescovo Ignazio (Brianchaninov). San Nikon (Belyaev) di Optina definì l’opera del vescovo Ignazio “l’ABC della vita spirituale” – la teneva in così alta considerazione. E sono gli scritti di Sant’Ignazio che tutti gli altri Anziani di Optina raccomandarono di studiare, in particolare il suo insegnamento sulla preghiera, vera guida alla vita spirituale.
Troviamo parole notevoli sul vescovo Ignazio negli scritti della badessa Arsenia (Sebryakova): “L’ho letto con grande piacere, con conforto ed edificazione della mia anima. Le parole dello stesso Vladyka mi sono care”. Giovanni di Valaam si riferisce al vescovo Ignazio e offre il consiglio del vescovo ai suoi figli spirituali come il più autorevole per i nostri tempi. (A questo proposito, vorrei sottolineare tra parentesi che qualsiasi predicatore o scrittore della Chiesa che, parlando di vita spirituale nei suoi scritti, non si rivolga agli scritti di Sant’Ignazio, dà una chiara testimonianza di «di quale spirito è” [Lc 9,55 – AZJ] Tuttavia, il ricorso a quelle opere non è di per sé indice della spiritualità dello scrittore). Quindi, tenendo conto di questa moltitudine di indubbie testimonianze spirituali, ho deciso di confrontare l’insegnamento sulla preghiera di Gesù ne I Raccinti di un pellegrino con quello del vescovo Ignazio.
Hierom. Adrian: È necessaria una guida nella pratica della preghiera di Gesù; senza di essa, come scrivi, possiamo cadere nell’illusione spirituale (prelest). Ma cosa dobbiamo fare oggi, quando, nelle parole del Vescovo Ignazio (e voi siete d’accordo con loro), la guida spirituale e la paternità spirituale sono diventate così scarse? Come possiamo allora imparare a pregare correttamente?
AI Osipov: Prima di tutto, vorrei ricordarti ancora una volta che quando si tratta dei miei consigli sull’attenta pratica della Preghiera di Gesù, non parlo da me stesso. È noto che gli Anziani di Optina davano questo consiglio a chi aveva più zelo che buonsenso perché, come scrive sant’Isacco di Siria, «Tutto è reso bello dalla moderazione. Anche qualcosa considerato bello diventerà dannoso se fatto senza moderazione”. A questo punto le persone che non capiscono le condizioni richieste per praticare la Preghiera di Gesù e che hanno lo scopo sbagliato nel praticarla, generalmente cadono nella presunzione, nell’illusione spirituale e nell’orgoglio. Il vescovo Ignazio avanza la stessa idea. Quale dovrebbe essere il nostro atteggiamento nei confronti della preghiera di Gesù oggigiorno? Dipende da chi la pratica.
Per quanto riguarda i maestri portatori di spirito, il vescovo Ignazio ha dato quel nome a coloro che avevano realizzato l’incessante preghiera di Gesù data da Dio, raggiunto il distacco e ricevuto da Dio il raro dono di vedere nell’anima umana. Tali insegnanti potrebbero davvero evidenziare quelle passioni nascoste e le loro cause che le persone non potevano vedere in se stesse. Tuttavia, parlando del suo tempo, il vescovo Ignazio ha pronunciato parole estremamente offensive per coloro che si consideravano padri spirituali: “Non abbiamo insegnanti ispirati da Dio!” E non lo ha detto semplicemente, lo ha detto con un punto esclamativo. E conosceva abbastanza bene lo stato del monachesimo del suo tempo.
Tuttavia, in assenza di consiglieri ispirati da Dio, il vescovo Ignazio offre alcuni consigli molto importanti a coloro che cercano la vita spirituale.
Il primo consiglio è di lasciarsi guidare soprattutto dagli scritti e dall’esperienza di quegli antichi Padri e asceti russi che davano consigli a persone dello stesso livello spirituale del cristiano moderno. Naturalmente a questi scritti vanno aggiunte tutte le opere dello stesso Vescovo Ignazio, poiché egli perseguì la sua vocazione monastica e scrisse in un periodo spiritualmente molto simile a quello moderno – ecco perché è il miglior consigliere spirituale del nostro tempo .
Il secondo consiglio è di consultare coloro che sono del nostro stesso spirito, che cercano sinceramente la vita spirituale, studiano e conoscono gli scritti dei Santi Padri e, cosa molto importante, hanno il dono del discernimento. Rispetto all’ultima condizione (il discernimento), il vescovo Ignazio avverte che vi erano anche santi che avevano raggiunto stati spirituali elevati, ma, non possedendo il dono del discernimento, talvolta offrivano consigli che danneggiavano gravemente l’anima. Monsignor Ignazio cita a questo proposito il pensiero dei santi Macario il Grande e Isacco il Siro: “San Macario il Grande diceva che . . . ci sono anime che, divenute partecipi della grazia divina. . . allo stesso tempo dimorano come nell’infanzia, a causa della mancanza di esperienza reale. . . in uno stato che è molto insoddisfacente per la vera lotta ascetica”. Hanno un detto su tali anziani nei monasteri – “santi ma non abili” – e si prendono cura di consultarli. . . per evitare di affidarti frettolosamente e sconsideratamente alla guida di tali anziani. Sant’Isacco il Siro dice addirittura che un tale anziano «non è degno di essere chiamato santo». È con tale cura, si scopre, che dovremmo avvicinarci alla scelta di coloro che possiamo consultare.
Ecco perché nel nostro tempo le persone che vogliono imparare a pregare e vivere rettamente, senza delusioni spirituali, devono studiare gli scritti del Vescovo Ignazio molto meticolosamente, poiché conosceva molto bene l’insegnamento dei Padri e seguiva la via della preghiera in modo esperienziale. Ma, naturalmente, se riusciamo a trovare una persona esperta, comprensiva e ragionevole, dovremmo anche chiedere il suo consiglio. Tuttavia, dovremmo consultarlo come consulteremmo gli amici, non come leader di una setta “ortodossa” assolutista che richiede obbedienza incondizionata. Data l’assenza di maestri oggi ispirati da Dio, non si può parlare di obbedienza completa anche nei monasteri; e quanto alla vita nel mondo, tale obbedienza non è mai esistita, tranne forse nel rapporto tra falsi padri spirituali e falsi figli spirituali, soprattutto false figlie spirituali. È vero, però, che dobbiamo distinguere tra l’obbedienza nelle questioni amministrative (secondo il grado), che è utile per la vita spirituale, e l’obbedienza spirituale, che il vescovo Ignazio chiama grande atto monastico.
Scrisse: “Invano desideri essere completamente obbediente a un insegnante esperto. Questo tipo di lotta ascetica non è stata concessa ai nostri tempi. È assente non solo tra i cristiani che vivono nel mondo, ma anche nei monasteri”.
“E molti pensavano che stessero operando in obbedienza, ma in realtà si è scoperto che avevano assecondato i propri capricci e si erano lasciati trasportare dal loro zelo. Felice è l’uomo che nella sua vecchiaia avrà il tempo di versare una lacrima pentita sulle passioni della sua giovinezza. Il Signore ha detto dei capi ciechi e di quelli da loro condotti: «E se il cieco guida il cieco, entrambi cadranno nel fosso» (Mt 15,14).
Hierom. Adrian: Tuttavia, alcuni potrebbero obiettare che ai tempi del vescovo Ignatius (Brianchaninov) c’erano gli anziani di Optina e ora ci sono parecchi padri spirituali e anziani che sono stimati tra la gente. Molti cercano la loro guida spirituale e sono disposti a consegnare completamente la loro volontà nelle loro mani. Le persone semplici non possono fare lo stesso adesso?
AI Osipov: Secondo l’insegnamento dei Santi Padri, dovremmo esercitare molta cautela in questa materia. Lo avvertono tutti i santi, a cominciare dai tempi antichi, quando fiorirono gli asceti. Per esempio, san Giovanni Cassiano da Roma scriveva nel V secolo: «È utile rivelare ai padri il nostro pensiero; non a chiunque si trovi lì, però, ma piuttosto agli anziani spirituali che hanno discernimento, che sono anziani non solo a causa dell’età dei loro corpi e dei capelli grigi. Molti, essendo stati attratti dall’apparenza della vecchiaia e avendo espresso i loro pensieri [a tali anziani – AZJ], sono stati danneggiati invece di ricevere un rimedio”. E guarda con quanta enfasi San Giovanni della Scala (sec. VI) ne parla: «Quando noi… desideriamo… affidare la nostra salvezza ad un altro, allora, anche prima di intraprendere questa strada, se abbiamo solo un po’ di perspicacia e discernimento, dobbiamo studiare, provare e mettere questa guida alla prova, per così dire. Dobbiamo farlo per non procurarci un semplice vogatore invece di un timoniere, invece di un medico – un malato, invece di un uomo spassionato – uno posseduto dalle passioni, invece di un rifugio – un abisso, – così, per evitare di trovare la nostra distruzione pronta per noi” (La scala. Sermone 4, cap. 6). Il vescovo Theophan (Govorov) era solito mettere in guardia: “Nel determinare chi diventerà [il nostro padre spirituale – AO], dovremmo esercitare molta cautela e usare un giudizio rigoroso, per evitare di fare del male invece del bene, per evitare di provocare devastazione invece di fare un lavoro costruttivo”.
Ma come predicevano gli antichi Padri e ripetevano costantemente i Padri degli ultimi giorni, la Chiesa sta assistendo al processo per cui gli insegnanti stanno diventando scarsi: gli insegnanti che possono vedere nell’anima e possono realizzare ciò che San Serafino di Sarov chiamava acquisire lo Spirito di Dio. Chiaramente, secondo le stesse parole del vescovo Ignazio, tali maestri erano già scomparsi ai suoi tempi.
Se torniamo ora agli anziani di Optina, sono pienamente d’accordo con il vescovo Ignatius su questo tema. Ciò è evidente dall’alta stima in cui tenevano il suo insegnamento e dalla ua guida spirituale. Nessuno di loro indicherebbe in questo modo qualcun altro, il suo predecessore o padre spirituale: «Non è p. Macario, p. Ambrose, o p. Barsanuphius, o… un maestro ispirato da Dio?». Essi infatti comprendevano bene il senso delle parole dell’apostolo Paolo: «Una è la gloria del sole, un’altra la gloria della luna e un’altra quella delle stelle: perché una stella differisce dall’altra in gloria» (1 Cor 15: 41). Quindi, anche se stiamo parlando di persone spirituali e persino sante, comprendiamo comunque che un uomo spirituale differisce da un altro in gloria.
La ricerca di persone spirituali è del tutto naturale e comprensibile. Ma quando quella ricerca si trasforma in miti creatori, quando spesso sacerdoti piuttosto dubbiosi vengono costituiti come anziani, o quando alcuni padri spirituali iniziano a comportarsi come se fossero anziani, allora arrivano i guai. Monsignor Ignatius ha detto di loro in modo molto enfatico e preciso: “Quegli anziani che accettano su di sé il ruolo [di anziano – AO]. . . (se possiamo usare quella parola sgradevole ‘ruolo’) . . . sono essenzialmente attori che distruggono l’anima e i più tristi tra i comici. Che quegli anziani che assumono su di sé il ruolo degli antichi Anziani, privi dei loro doni spirituali, sappiano che la loro stessa intenzione, i loro stessi pensieri e nozioni di questo grande atto monastico – l’obbedienza – sono falsi; il loro stesso modo di pensare, la loro mentalità e la loro conoscenza sono l’autoillusione e l’illusione spirituale demoniaca”. Sfortunatamente, la gente comune non ha una comprensione di questo. Vogliono un anziano, un chiaroveggente di natura, un taumaturgo, un guaritore, si inseriranno nel gregge come pecore senza alcun discernimento verso chiunque sia loro menzionato. Da qui derivano tante disgrazie, sia di ordine spirituale che di vita quotidiana.
Ho incontrato persone le cui vite sono state completamente rovinate dopo aver creduto in un falso anziano. Approfittando della sua autorità morale, un tale anziano dà letteralmente l’ordine – scusate, “dà una benedizione” – a coloro che si avvicinano a lui di compiere passi così decisi che ne rovinano il corpo e l’anima. Egli “dà una benedizione” per cambiare casa, per abbandonare i buoni lavori, precipitando così la famiglia nella più assoluta povertà e provocando la disintegrazione dei rapporti familiari. Egli “le dà una benedizione” per vendere il suo appartamento e i suoi beni ed entrare in un monastero. Quando tra un anno ne viene licenziata, invece di aiutarla, l’anziano le dice: avresti dovuto pensarci tu, ora vai dove vuoi. Conosco una famiglia la cui madre ha ricevuto “una benedizione” da un anziano per assegnare tutte le sue giovani figlie e il figlio ai monasteri. Il figlio divenne uno ieromonaco, ma poi tre anni dopo si sposò. La stessa cosa accadde alle figlie e solo una delle quattro rimase monaca; gli altri, dopo aver vissuto in convento, si sono sposati.
Perché parlo di questo? Innanzitutto, per mostrare fino a che punto possono spingersi la fiducia indiscriminata dei semplici credenti, così come la cecità spirituale e l’insensibilità morale degli stessi “anziani”: essi continuano a credere e a dare queste benedizioni anche dopo aver assistito alle loro catastrofiche conseguenze. È ovvio che un anziano chiaroveggente non avrebbe potuto benedire un atto che avrebbe portato allo svincolo e al licenziamento dal monachesimo. E se non è chiaroveggente ma continua comunque a incoraggiare tali atti, allora qual è il livello morale (o lo stato psichico) di quell’ “anziano”?! A questa seria domanda risponde Sant’Ignazio: “La vanità e la presunzione amano insegnare e dare indicazioni. Non si preoccupano della qualità dei loro consigli! Non gli viene in mente che potrebbero infliggere una ferita incurabile al loro prossimo con il loro consiglio incongruo. Il novizio inesperto accetta i loro consigli con credulità acritica, con eccitazione in carne e ossa! Desiderano il successo, indipendentemente dalla sua qualità e dalla sua origine! Devono impressionare il novizio e farne il loro suddito morale! Desiderano la lode dell’uomo! Desiderano la reputazione di santi, anziani e insegnanti intelligenti e chiaroveggenti! Devono soddisfare la loro insaziabile vanità, il loro orgoglio!”
Questo è esattamente ciò che i Padri chiamavano illusione spirituale (prelest). E l’illusione spirituale è l’illusione che porta a disturbi mentali.
Quindi ai nostri giorni dovremmo affrontare il rapporto con un anziano con estrema cautela, seguendo la saggia regola comandata dai nostri grandi vescovi sant’Ignazio e san Teofane: vivere di consiglio, non di obbedienza. Il Vescovo Ignazio ci esorta ad ascoltare san Nilo di Sora, vissuto nel XV secolo e che già allora comandava: «Oggi, vista l’estrema scarsità di guide spirituali, un’asceta praticante la preghiera deve essere guidata esclusivamente dal Sacre Scritture e dagli scritti dei Padri”. E san Pimen il Grande ci ha comandato di allontanarci subito da un anziano che si è rivelato dannoso per l’anima». Altrimenti, «la fede nell’uomo, – dice il vescovo Ignazio, – porta a un frenetico fanatismo».
Il vescovo Ignazio scrive che il consiglio non implica l’obbligo di seguirlo. Se vedi qualcosa di strano, poco chiaro o contraddittorio nel consiglio, allora hai il pieno diritto morale di rivolgerti a qualcun altro, di dissentire o di rivolgerti ai Santi Padri. E se un padre spirituale è veramente intelligente e umile, ringrazierebbe anche suo figlio spirituale per aver agito correttamente e disobbedendogli. «In nessun modo – scrive il vescovo Ignazio – fate il male con l’obbedienza, anche se vi capita di soffrire qualche tribolazione per dispiacere a qualcuno e per essere saldi. Consulta padri e fratelli virtuosi e intelligenti, ma segui i loro consigli con la massima cura e discrezione. Non lasciarti trasportare dalla prima impressione che ti fanno i loro consigli!”
Ai nostri tempi dovremmo vivere di consiglio, non di obbedienza. A questo proposito il Vescovo Ignazio risponde alla più diffusa contro argomentazione: “Si obietteranno: la fede di chi compie un’obbedienza può sostituire l’inadeguatezza dell’anziano. Questo è falso: il credere alla verità salva, mentre il credere alla menzogna e l’illusione demoniaca distrugge, secondo l’insegnamento dell’Apostolo» (2Ts 2,10-12). [Qui, il Vescovo Ignazio parafrasa le parole di Paolo “E con ogni ingannevolezza dell’ingiustizia in quelli che muoiono; perché non hanno ricevuto l’amore della verità, per essere salvati. E per questo Dio manderà loro una forte illusione, affinché credano a una menzogna; affinché fossero dannati tutti coloro che non credevano alla verità, ma si compiacevano dell’ingiustizia” – AZJ] Cristo disse ai suoi discepoli: «D’ora in poi non vi chiamo servi . . . ma vi ho chiamati amici» (Gv 15,15). Gli amici possono ricevere ordini? Non credo.
Hierom. Adrian: Un’altra domanda. Perché alcune persone collegano la preghiera di Gesù ad altre pratiche, ad esempio ai mantra e alla meditazione indù e buddisti? Molte persone non capiscono la differenza tra quelle pratiche ascetiche e la preghiera noetica di Gesù, la preghiera cristiana.
AI Osipov: Se rivolgiamo la nostra attenzione all’essenziale, i tipi di meditazione di cui parli sono riflessioni, discussioni interne. Non portano con sé la condizione principale per la preghiera: il pentimento. Il pentimento è supplica. Supplica per cosa? Per la nostra peccaminosità, la nostra inadeguatezza, la nostra incapacità di vivere come comanda il Vangelo. La preghiera, come scrive il vescovo Ignazio, va recitata con attenzione, timore reverenziale e sentita contrizione. Queste cose non sono richieste dalla meditazione. La meditazione, lo ripeto, è una riflessione concentrata su una grande varietà di argomenti: teologici, quotidiani, spirituali e morali, di ogni genere.
Esiste un atto molto importante e vitale nella pratica cristiana: la contemplazione di Dio. Tuttavia, questo differisce anche dai suddetti tipi di meditazione. Questa contemplazione delle questioni della fede e della vita cristiana va di pari passo con l’umiltà, la corretta preghiera e la riverente sottomissione interiore della nostra possibile comprensione di qualsiasi questione alla volontà di Dio.
Questa è la cosa principale che distingue la preghiera e la contemplazione di Dio dalla meditazione.
Ora per la seconda cosa. Passando ai mantra, entriamo nell’ambito di un insegnamento che è decisamente, potremmo dire, diverso da quello cristiano o, più esattamente, ortodosso. I mantra, in qualche modo esteriormente somiglianti alle preghiere o piuttosto alle preghiere incantatrici, sono di natura completamente diversa. Intrinsecamente implicano la fede nell’efficacia delle stesse parole pronunciate, spesso indipendentemente dalla comprensione del loro significato. Lo vediamo nella pratica indù, ad esempio, nel Japa mantra, che invita le persone a ripetere il nome di un dio il più spesso e il più rapidamente possibile, poiché il nome stesso purifica l’uomo e lo porta allo stato di Samadhi. I mantra, se lo si desidera, sono uno degli elementi della magia e sono usati nei riti delle religioni misteriche pagane.
Un’idea simile è stata promossa dagli adoratori di nomi russi. Tuttavia, non è il Nome di Dio in sé che santifica. Il Nome di Dio è simile a un’icona: è un collegamento per rivolgere le nostre preghiere all’Archetipo. E la purificazione umana si compie non mediante il Nome stesso, ma mediante la retta preghiera dove in essa è pronunciato il nome di Dio, come insegnavano i Santi Padri. Quando la preghiera viene ripetuta meccanicamente, quante più volte e il più rapidamente possibile, allora «non è affatto preghiera. È pratica morta! È inutile, dannosa per l’anima e offensivo a Dio”, ha scritto il vescovo Ignatius (Brianchaninov).
Anche oggi possiamo vedere questa tendenza a intendere la preghiera come un mantra. Vengono pubblicati libri che raccomandano di recitare la preghiera di Gesù – “Signore Gesù Cristo, abbi pietà di me” – un numero enorme di volte (14.400 preghiere in una volta!) fin dall’inizio. Consigliano di dirlo molto, molto velocemente: 3.600 preghiere all’ora, cioè una preghiera al secondo (“la sua lingua, come un motorino, ripeteva senza sosta la breve preghiera di Gesù”). Questa pratica è assolutamente contraria all’esperienza dei Santi Padri, che dice che dobbiamo dire qualsiasi preghiera, inclusa la Preghiera di Gesù, senza fretta, prestando attenzione alle parole della preghiera, con timore reverenziale e un sentimento di pentimento.
Hierom. Adrian: In Occidente c’è un’opinione secondo cui il divieto di usare l’immaginazione nella preghiera che esiste nell’Ortodossia, in Oriente, è solo a causa della maggiore emotività degli orientali, e in Occidente, dove le persone sono presumibilmente meno emotive, tale immaginazione non è pericolosa.
AI Osipov: Questa è autogiustificazione. Guarda gli spagnoli, i portoghesi, gli italiani: quelle persone sono così focose che devi stare costantemente all’erta. Non è stato in Italia che le stimmate sono emerse per la prima volta nella storia del cristianesimo, con Francesco d’Assisi? Non è affatto l’emotività che conta. La ragione per cui il cattolicesimo protegge così ardentemente la possibilità e persino il bisogno di immaginazione è ben diversa. La psicologia, lo yoga e l’esperienza ascetica cattolica testimoniano in modo convincente il fatto che sviluppare l’immaginazione e concentrarsi costantemente sulle immagini mentali è un modo efficace per le persone di raggiungere stati speciali esaltati molto facilmente. Ad esempio, compassione per Cristo (сompassio)– una conquista ascetica dello stesso Francesco – consistette nell’immaginare mentalmente e nel tentare di entrare in empatia con le sofferenze di Cristo e il suo amore per il mondo intero, nonché con le sofferenze e le esperienze della Madre di Dio e degli altri santi.
Quando gli asceti immaginano sognanti scene di amore, sofferenza, ecc., i loro nervi e la loro psiche si eccitano molto, la loro immaginazione si infiamma e di conseguenza si verificano allucinazioni e apparizioni demoniache. Tali asceti sviluppano un’altissima opinione di se stessi come pieni della grazia divina e vicini a Cristo e ai santi. Gli asceti occidentali considerano quegli stati dati da Dio. Ma non c’è né Dio, né la grazia in questo fenomeno. Scrive il Vescovo Ignazio: “I Santi Padri vietano rigorosamente di usare la facilità dell’immaginazione; ci comandano di mantenere la mente senza forma, non sigillata da nulla di materiale”. “Durante la preghiera, dobbiamo avere la mente senza forma e prestare particolare attenzione a mantenerla tale, rifiutando tutte le immagini fantasticate attraverso la facilità dell’immaginazione. . . Le immagini, se consentite dalla mente in preghiera, diventerà una cortina impenetrabile, un muro tra la mente e Dio”. Al contrario, avverte, “gli spiriti caduti cercano di incitare la nostra immaginazione”. “Sangue e nervi, – ha scritto, – sono attivati da molte passioni: rabbia, cupidigia, lussuria e vanità. Queste ultime due passioni infiammano enormemente il sangue degli asceti che intraprendono le loro lotte illegalmente e li trasformano in fanatici deliranti.
Il vescovo Ignazio racconta di un impiegato d’ufficio di San Pietroburgo che cadde in un’illusione spirituale e tentò il suicidio: “Si è scoperto che l’impiegato aveva usato l’immagine della preghiera descritta da san Simeone; aveva infiammato la sua immaginazione e il suo sangue, il che rende l’uomo abbastanza capace di digiunare rigorosamente e di vigilare. . . L’impiegato aveva visto la luce con i suoi occhi corporei, profumo e calore che aveva sentito altrettanto tangibilmente”.
“I cristiani occidentali si sono sforzati di ravvivare i loro sentimenti, sangue e immaginazione; ci riuscirono presto e presto raggiunsero lo stato di delusione e di frenesia spirituale, che chiamarono santità. Tutte le loro visioni provengono da quel regno. I cristiani orientali e tutti i figli della Chiesa universale camminano verso la santità e la purezza in un modo che è esattamente l’opposto di quello sopra menzionato: sottomettendo i loro sentimenti, sangue, immaginazione e persino ‘le loro opinioni’.
Il motivo principale della triste situazione degli asceti occidentali è che hanno smesso di seguire la guida dei Padri asceti della Chiesa antica e hanno iniziato a vivere secondo la propria comprensione, riproducendo “film” nella loro immaginazione e adorando le immagini in essi contenute. Hanno sostituito fantasie d’amore per Cristo alla lotta contro le passioni.
Vorrei citare qui un breve passo da La storia di un’anima , libro di una grande santa cattolica, dottore della loro Chiesa, Teresa di Lisieux (sec. 19), affinché sia chiaro ciò di cui stiamo parlando: era davvero un abbraccio d’amore. Mi sono sentito amato e ho detto: “Ti amo e mi do a te per sempre”. Gesù non mi chiese nulla e non pretese alcun sacrificio; Lui e la piccola Teresa da tempo si conoscevano e si capivano. Quel giorno il nostro incontro è stato più di un semplice riconoscimento, è stato un connubio perfetto. Non eravamo più due. Teresa era scomparsa come una goccia d’acqua persa nell’immensità dell’oceano. [Capitolo 4. “Prima Comunione e Cresima” – AZJ ]. Questo tipo di “amore” non ha bisogno di commenti.
Tale “spiritualità” è molto contagiosa, si conforma ai gusti del “vecchio”, alla sua ricerca della dolcezza spirituale, alla sua vanità, al suo orgoglio. Sfortunatamente, anche il Pellegrino dei Racconti ha seguito questo facile sentiero, attirando via con sé cristiani inesperti che cercavano il piacere spirituale. A questo proposito il suo consiglio che segue è abbastanza rivelatore: “Con la tua immaginazione, trova il punto in cui si trova il tuo cuore, sotto il tuo capezzolo sinistro (la nostra sottolineatura – А.О.), e fissa lì la tua attenzione. Mentre il Vescovo Ignazio avverte: “Chi si sforza di attivare e riscaldare la parte inferiore del cuore, attiva la forza della lussuria…” Questo è uno dei motivi per cui Teofane ha scritto: “Non guardare nel libro – I Racconti. Ci sono consigli in esso che non ti fanno bene e possono sfociare in un’illusione spirituale.
Hierom. Adrian: Grazie mille per l’intervista e per averci parlato del tuo libretto, Alexey Ilyich. Il nostro sito web “Bogoslov.ru” ti augura l’aiuto divino nel tuo lavoro di insegnamento e teologia. Attendiamo con impazienza i tuoi nuovi libri.