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AIO – AMMONATA

AIO

ἀββᾶ Ἀϊώ

1. Dicono che nella Tebaide c’era un anziano, Abba Antiano, che da giovane aveva fatto molte opere buone, ma quando invecchiò si ammalò e divenne cieco. Poiché era malato, i fratelli lo sollevavano prendendosi molta cura di lui, mettendogli persino il cibo in bocca. Chiesero ad Abba Aio cosa ne sarebbe stato di questi sollievi. Egli rispose: “Vi dico che se quando mangia anche un solo dattero lo fa volentieri e con desiderio, Dio glielo toglie. e di buon grado, Dio lo toglie dalle sue opere; ma se lo riceve a malincuore e di malavoglia, Dio manterrà intatte le sue opere, poiché egli ha accettato di farlo contro la sua volontà. I fratelli riceveranno la loro ricompensa”.

AMMONATA

ἀββᾶ Ἀμμωναθᾶ

1. Un giorno giunse in Pelusia un magistrato per imporre ai monaci la tassa elettorale, come per la popolazione secolare. Tutti i frati si riunirono per questa imposizione e si recarono da Abba Ammonata. Alcuni dei padri pensarono di andare a parlare con l’imperatore, ma Abba Ammonata disse loro: “Non è necessario disturbare tanto. Rimanete piuttosto tranquilli nelle vostre celle, digiunate per due settimane e io solo, con la grazia di Dio, mi occuperò della questione”. Così i fratelli tornarono nelle loro celle. Il vecchio rimase nella pace della sua cella. Dopo quindici giorni i confratelli erano insoddisfatti del vecchio perché non lo avevano più visto agitarsi, e dissero: “Il vecchio non ha fatto nulla per la nostra questione”. Il quindicesimo giorno, secondo il loro accordo, i fratelli si riunirono di nuovo e il vecchio si presentò con una lettera con il sigillo dell’imperatore. Vedendola, i confratelli gli dissero, con grande stupore: “Quando l’hai avuta, Abba?”. Allora il vecchio rispose: “Credetemi fratelli, questa notte sono andato dall’imperatore, che ha scritto questa lettera; poi, recandomi ad Alessandria, l’ho fatta controfirmare dal magistrato e così sono tornato da voi”. Sentendo questo, i fratelli furono pieni di paura e fecero penitenza davanti a lui. Così i loro affari furono risolti, e il magistrato non li disturbò più.




APOLLO, ANDREA

APOLLO

ἀββᾶ Ἀπολλὼ

Apollo divenne monaco a Scete dopo essersi reso colpevole di un orrendo delitto raccontato nel secondo apoftegma. È un esempio, anche se un po’ estremo, dei rudi monaci copti che costituivano la maggior parte dei monaci d’Egitto; il contrasto tra un uomo del genere e l’erudito Evagrio o l’aristocratico romano Arsenio è molto marcato e spiega alcuni dei problemi che sorsero tra loro.

1. Nelle Celle c’era un anziano chiamato Apollo. Se qualcuno veniva a cercarlo per fargli fare un lavoro, lui si metteva in cammino con gioia, dicendo: “Oggi lavorerò con Cristo, per la salvezza della mia anima, perché questa è la ricompensa che egli dà”.

2. Di un certo Abba Apollo di Scete si diceva che era stato pastore ed era molto rozzo. Un giorno aveva visto una donna incinta nel campo e, spinto dal demonio, aveva detto: “Vorrei vedere come giace il bambino in lei”. Così la squarciò e vide il feto. Immediatamente il suo cuore fu turbato e, pieno di rimorsi, si recò a Scete e raccontò ai padri quello che aveva fatto. In quel momento li sentì cantare: «Settanta sono gli anni della nostra vita, e, se in forze, ottanta, ma la maggior parte di essi è fatica e affanno» (Sal 90,10) Disse loro: “Ho quarant’anni e non ho fatto una sola preghiera; e ora, se vivrò un altro anno, non smetterò di pregare Dio perché perdoni i miei peccati” (Sal 90,10). Infatti, non lavorava con le mani ma passava tutto il tempo in preghiera, dicendo: “Io, che come uomo ho peccato, tu, come Dio, perdona”. Così la sua preghiera divenne la sua attività di notte e di giorno. Un fratello che viveva con lui lo udì dire: “Ho peccato contro di te, Signore; perdonami, affinché possa godere di un po’ di pace”. Ora era sicuro che Dio gli avesse perdonato tutti i suoi peccati, compreso l’omicidio della donna, ma per l’omicidio del bambino era in dubbio. Allora un vecchio gli disse: “Dio ti ha perdonato anche la morte del bambino, ma ti lascia nel dolore perché questo è un bene per la tua anima”.

3. Per quanto riguarda l’accoglienza dei fratelli, lo stesso Abba disse che ci si deve inchinare davanti ai fratelli che vengono, perché non è davanti a loro, ma davanti a Dio che ci prostriamo. “Quando vedi il tuo fratello”, diceva, “vedi il Signore tuo Dio”. E aggiunse: “Abbiamo imparato questo da Abramo (Gn 18), quando ricevete i fratelli invitateli a riposare per un po’, perché questo è ciò che apprendiamo da Lot, che invitò gli angeli a farlo”. (Gn. 19,3)

ANDREA

ἀββᾶς Ἀνδρέας

1. Abba Andrea disse: “Queste tre cose si addicono a un monaco: l’esilio, la povertà e la sopportazione del silenzio”.




ARES – ALONIO – APPHY

ARES

ἀββᾷ Ἄρῃ·

1. Abba Abramo andò a trovare Abba Ares. Erano seduti insieme quando un fratello si avvicinò al vecchio e gli disse: “Dimmi cosa devo fare per essere salvato”. Egli rispose: “Vai e per tutto quest’anno mangia solo pane e sale la sera. Poi torna qui e ti parlerò di nuovo”. Il monaco partì e fece così. Quando l’anno fu finito, tornò da Abba Ares. Il caso volle che Abba Abraham fosse di nuovo lì. Ancora una volta l’anziano disse al fratello: “Vai e per tutto quest’anno digiuna per due giorni alla volta”. Quando il fratello se ne fu andato, Abba Abramo disse ad Abba Ares: “Perché prescrivi un giogo facile a tutti i fratelli, mentre imponi un fardello così pesante a questo fratello?”. L’anziano rispose: “Il modo in cui li mando via dipende da ciò che i fratelli sono venuti a cercare. Ora è per amore di Dio che questo viene ad ascoltare una parola, perché è un gran lavoratore e ciò che gli dico lo esegue con entusiasmo. È per questo che gli parlo della parola di Dio”.

ALONIO

ἀββᾶς Ἀλώνιος

1. Abba Alonio disse: “Se un uomo non dice in cuor suo: nel mondo ci siamo solo io e Dio, non otterrà la pace”.

2. Se non avessi distrutto tutto, non sarei stato in grado di ricostruire e modellare me stesso.

3. Disse anche: “Se solo un uomo lo desiderasse per un solo giorno, dalla mattina alla sera, sarebbe in grado di raggiungere una misura divina”.

4. Un giorno Abba Agatone interrogò Abba Alonio dicendo, “Come posso controllare la mia lingua in modo da non dire più bugie?”. E Abba Alonio gli disse: “Se non menti, ti prepari a commettere molti peccati”. E lui: “Come mai?”. L’anziano gli disse: “Supponiamo che due uomini abbiano commesso un omicidio davanti ai tuoi occhi e uno di loro sia fuggito nella tua cella. Il magistrato, cercandolo, ti chiede: “Hai visto l’assassino? Se non mentirai, consegnerai quell’uomo a morte. È meglio che lo abbandoniate incondizionatamente a Dio, perché lui sa tutto”.

APPHY

ἀββᾶ Ἀπφύ

1. Di un vescovo di Ossirinco, di nome Abba Apphy, si diceva che quando era monaco si sottoponeva a uno stile di vita molto severo. Quando divenne vescovo avrebbe voluto praticare la stessa austerità anche nel mondo, ma non ne aveva la forza. Perciò si prostrò davanti a Dio dicendo: “La tua grazia mi ha forse abbandonato a causa del mio episcopato?” Allora gli fu data questa rivelazione: “No, ma quando eri nella solitudine e non c’era nessun altro, era Dio che ti aiutava. Ora che sei nel mondo, è l’uomo”.




ABRAHAM

ἀββᾶν Ἀβραὰμ

1. Di un anziano si disse che per cinquant’anni non aveva mangiato pane né bevuto vino con entusiasmo. Egli diceva: “Ho fatto morire la fornicazione, l’avarizia e la vanagloria in me stesso”. Venuto a sapere quello che aveva detto, l’Abba Abramo venne a dirgli: “Hai detto davvero così?”. Egli rispose: “Sì”. Allora Abba Abramo gli disse: “Se entrando nella tua cella, trovassi una donna distesa sulla tua stuoia, penseresti che non si tratta di una donna?” “No”, rispose, “ma dovrei lottare contro i miei pensieri per non toccarla”. Così, Abba Abramo disse: “Allora non hai distrutto la passione, ma vive ancora in te, anche se è controllata”. Di nuovo, se stai camminando e vedi dell’oro tra le pietre e le conchiglie, può il tuo spirito considerarle tutte dello stesso valore?” “No”, rispose, Ma lotterei contro i miei pensieri per non prendere l’oro”. Il vecchio gli disse: “Vedi, l’avarizia vive ancora in te, anche se è controllata”. Abba Abramo continuò: “Supponiamo che tu vieni a sapere che di due fratelli, uno ti ama e l’altro ti odia e parla male di te, se vengono a trovarti, li accoglieresti entrambi con lo stesso amore? No”, rispose, “ma lotterei contro i miei pensieri per essere gentile con colui che mi odia e con colui che mi ama”. Abba Abramo gli disse: “Vedi, le passioni continuano a vivere, solo che sono controllate dai santi”.

2. Un fratello interrogò Abba Abramo dicendo: “Se mi trovo a mangiare spesso, cosa ne verrà fuori?”. Il vecchio rispose così: “Cosa dici, fratello? Mangi così tanto? O forse pensi di essere venuto sull’aia per trebbiare il grano?”.

3. Abba Abramo raccontò di un monaco di Scete che era uno scriba e non mangiava pane. Un fratello venne a pregarlo di copiare un libro. L’anziano, il cui spirito era impegnato nella contemplazione, scrisse omettendo alcune frasi e senza punteggiatura. Il fratello, prendendo il libro e volendo punteggiarlo, si accorse che mancavano delle parole. Allora disse al vecchio: “Abba, mancano alcune frasi”. L’anziano gli disse: “Vai e fai pratica prima con quello che c’è scritto, poi torna e io scriverò il resto”.




ANOUB

ἀββᾶς Ἀνοὺβ

Anoub, come apprendiamo dal primo detto che va sotto il suo nome, era uno dei sette fratelli di Poemen che troveremo ampiamente più avanti nella raccolta. Tre dei fratelli, Anoub, Paesius e Poemen, vissero inizialmente insieme a Scete, con Poemen come capo. Dopo la prima devastazione di Scete (407-8) si recarono con i loro fratelli a Terenuthis (su un ramo del Nilo a 60 km a N.O. del Cairo), dove decisero di rimanere insieme e di vivere la vita cenobitica, con Anoub a capo. La devastazione di Scete segna un punto di svolta nella storia del primo monachesimo in Egitto; i monaci si dispersero e gradualmente il centro si spostò dall’Egitto alla Palestina. Dalla sua storia apprendiamo che la formazione delle comunità cenobitiche è dovuta anche a questione di sicurezza rispetto alle davastazioni degli invasori.

1. Abba Giovanni disse di Abba Anoub e Abba Poemen e degli altri fratelli che provengono dallo stesso grembo e sono stati fatti monaci a Scete, che quando arrivarono i barbari e misero a soqquadro quella regione per la prima volta, partirono per un luogo chiamato Terenuthis finché non decisero dove stabilirsi. Rimasero in un vecchio tempio per diversi giorni. Poi Abba Anoub disse ad Abba Poemen: “Per amore fai così: viviamo in silenzio, ognuno per conto suo, senza incontrarci per tutta la settimana”. Abba Poemen rispose: “Faremo come vuoi tu”. Così fecero. Nel tempio c’era una statua di pietra. Quando si svegliava al mattino, Abba Anoub lanciava pietre sul volto della statua e la sera le diceva: “Perdonami”. Per tutta la settimana fece così. Il sabato si riunirono e Abba Poemen disse ad Abba Anoub: “Abba, Ti ho visto per tutta la settimana lanciare pietre sul volto della statua e inginocchiarti per chiederle perdono. Un agisce così?”. Il vecchio gli rispose: “L’ho fatto per il tuo bene. Quando mi hai visto lanciare pietre sul volto della statua, essa ha parlato o si è arrabbiata?”. Abba Poemen rispose: “No”, quando mi sono chinato in segno di penitenza, si è turbata e ha detto: “Io non ti perdonerò?”. Anche in questo caso Abba Poemen rispose: “No”. Allora l’anziano vecchio riprese: “Ora siamo sette fratelli; se vuoi che viviamo insieme, facciamo così”. Se vuoi che viviamo insieme, fa’ che siamo come questa statua, che non si muove né se la si picchia né se la si lusinghi.  Se non volete diventare come questa, ci sono quattro porte qui nel tempio, che ognuno vada dove vuole”. Allora i fratelli si prostrarono e dissero a Abba Anoub: “Faremo come vuoi, padre, e ascolteremo quello che ci dirai”. Abba Poemen aggiunse: “Viviamo insieme per il resto del nostro tempo, lavorando secondo la parola che l’anziano ci ha dato”. Costituì uno come economo e tutto ciò che portava loro, mangiavano e nessuno di loro poteva dire: “Portaci qualcos’altro”, o anche “non vogliamo mangiare questo”. Così passarono tutto il tempo in tranquillità e pace.

2. Abba Anoub disse: “Dal giorno in cui il nome di Cristo è stato invocato su di me, nessuna menzogna è uscita dalla mia bocca”.




AMOUN DI NITRIA

ἀββᾶς Ἀμμοῦν ὁ Νιτριώτης

Amoun, anche se meno citato, è con Antonio e Pacomio uno dei fondatori del monachesimo nel deserto egiziano Nato all’incirca nel 295 d.C., si sposò e con la moglie vissero da asceti per tutta l’adolescenza. Nel 330 si ritirò a Nitria e vi divenne il primo monaco e poi capo dei molti monaci che lo seguirono nella lotta ascetica. Morì intorno al 353 d.C.

1. Abba Amoun di Nitria venne a trovare Abba Antonio e gli disse: “Poiché la mia regola è più severa della tua, come mai il tuo nome è più conosciuto tra gli uomini del mio?”. Abba Antonio rispose: “È perché amo Dio più di te”.

2. Di Abba Amoun si diceva che gli bastava una piccolissima quantità di grano ogni due mesi. Ora egli andò a cercare Abba Poemen e gli disse: “Quando vado nella cella del mio vicino, o quando lui viene nella mia per qualche necessità, abbiamo paura di entrare in conversazione, per timore di scivolare in argomenti mondani”. L’anziano rispose: “Hai ragione, perché i giovani devono essere prudenti”. Allora Abba Amoun continuò: “Ma i vecchi, cosa fanno?” Egli rispose: “I vecchi che sono avanzati nella virtù, non hanno nulla di mondano in loro; non c’è nulla di mondano nelle loro bocche di cui possano parlare”. “Ma”, rispose Amoun, “quando devo parlare al mio prossimo, preferisci che parli delle Scritture o dei detti dei Padri?”. Il vecchio gli rispose: “Se non puoi tacere, è meglio che parli dei detti dei Padri piuttosto che delle Scritture; non è così pericoloso”.

3. Un fratello venne da Scete per vedere Abba Amoun e gli disse: “Il Padre mio mi manda a fare una commissione, ma ho paura della lussuria”. L’anziano rispose: “Qualunque sia l’ora in cui la tentazione ti assalirà, dì così: “Dio di ogni virtù, per le preghiere del Padre mio, salvami da essa”. Così un giorno, quando una ragazza chiuse la porta dietro di lui, cominciò a gridare con tutte le sue forze: “Oh Dio del Padre mio, salvami!”, e subito si ritrovò sulla strada per Scete.

APPROFONDIMENTO:

Sant’Amoun di Nitria, fondatore di Kellia (Kellia, Le Celle), Eremita (348)

 Kellia (“le celle”), indicato come “il deserto più interno”, era una comunità monastica cristiana egiziana del IV secolo che si estendeva per molti chilometri quadrati nel deserto di Nitria. Era uno dei tre centri di attività monastica della regione, gli altri due erano Nitria e Scete (Wadi El Natrun). Viene detta al-Muna in arabo e fu abitata fino al IX secolo. 

Amoun per primo abitò questo deserto che Cassiano colloca a cinque miglia dalla città di Nitria. Alla fine del IV secolo, Cassiano contava cinquanta monasteri sul monte Nitria, abitati da cinquemila eremiti.
I primi discepoli di sant’Amoun vissero dispersi in celle separate, finché sant’Antonio il Grande gli consigliò di fondare un monastero e di radunare la maggior parte di loro sotto la sorveglianza di un attento superiore.

Nei Detti dei padri del Deserto (Apophtegmata Patrum – Gerontikon) che apprendiamo della fondazione di Kellia:

“ Una volta Abba Antonio andò a visitare Abba Amoun sul Monte Nitria e quando si incontrarono, Abba Amoun disse: ‘Grazie alle tue preghiere, il numero dei fratelli aumenta, e alcuni di loro vogliono costruire più celle dove possano vivere in pace. Quanto lontano da qui pensi che dovremmo costruire le celle? Abba Anthony disse: “Mangiamo all’ora nona e poi usciamo a fare una passeggiata nel deserto ed esploriamo il paese”. Così uscirono nel deserto e camminarono fino al tramonto e poi Abba Antonio disse: ‘Preghiamo e piantiamo qui la croce, affinché coloro che lo desiderano possano costruire qui. Poi quando quelli che restano là vogliono visitare quelli che sono venuti qui, possono prendere un po’ di cibo all’ora nona e poi partire. Se fanno così, saranno in grado di tenersi in contatto tra loro ma senza distrazioni mentali’”. La distanza era di 12 miglia.

Si stima che la fondazione di Kellia sia avvenuta intorno al 338 d.C. Kellia (le Celle) è in realtà un’enorme area di rovine monastiche situata non lontana da Nitria su una linea retta che collega Damanhur a Sadat City.

Kellia era per i monaci avanzati, per coloro che “vivevano una vita più remota, spogliata fino ai nudi rudimenti”, come è stato registrato nella Historia Monachorum in Aegypto greca da Flavio Rufino che la vide personalmente. Le celle erano disposte abbastanza distanti in modo che “nessuno può scorgere l’altro né si può sentire una voce”. Era solo per i monaci che per primi avevano imparato l’arte del deserto vivendo a Nitria. Si riunivano sabato e domenica per condividere un pasto insieme, alcuni percorrendo 3 o 4 miglia dalla loro cella alla Chiesa. 

Il Padre Amoun visse in grande austerità, quando si ritirò per la prima volta nel deserto, prendeva solo per ristorarsi del pane e dell’acqua una volta al giorno. Questo pasto poi lo ha diradato a due, e talvolta a tre o anche quattro giorni di distanza. Il deserto di celle in cui Abba Amoun estendeva i suoi eremi, distava dieci o dodici miglia dal monte Nitria.

Abba Amoun ha operato molti miracoli. Ciò che segue parve a sant’Atanasio contenere un’istruzione così importante, da meritare di essere inserita nella sua vita di Sant’Antonio, dove l’ha registrata. Ne parlano anche gli autori delle storie dei Padri del deserto e della vita di Abba Amoun. Un giorno, mentre stava per attraversare un fiume chiamato Lico, quando le rive erano straripate, in compagnia del suo discepolo Teodoro, lo pregò di ritirarsi, affinché non fossero visti nudi mentre nuotavano. Ammoun, sebbene solo, stava pensieroso sulla riva, essendo riluttante e vergognoso, per modestia; non voleva spogliarsi, riflettendo che non si era mai visto nudo. Dio si compiacque di ricompensare con un miracolo il suo verginale amore per la purezza, e mentre stava così, si trovò improvvisamente trasportato dall’altra parte del fiume. Teodoro avvicinandosi, e vedendo che era passato senza essersi bagnato, gli domandò come avvenne, e lo incalzò con tanta insistenza, che egli gli confessò il miracolo, facendogli prima promettere di non dirlo a nessuno se non dopo la sua morte. Abba Ammoun morì all’età di sessantadue anni; e sant’Antonio, sebbene a distanza di tredici giorni di viaggio da lui, conosceva l’ora esatta della sua morte, avendo visto la sua anima, in una visione, ascendere al cielo.

Fonte dell’approfondimento: https://iconandlight.wordpress.com/2018/10/03/25475/




Monaco Proclo (Nicau): Il gusto delle gioie spirituali

IL GUSTO DELLE GIOIE SPIRITUALI

fonte: https://orthochristian.com/152709.html

Monaco Proclo (Nicau)

Parte 1

Sul pentimento nella vita

Dio a volte copre i buoni doni

Lo Spirito Santo non permette a un uomo che è debole nell’umiltà di sentirlo.

Anche se alcune persone vogliono essere salvate, il buon Dio non rivela loro i doni dell’eternità perché ha pietà di queste anime. In loro si compie la parola del Salterio: Quanto è grande, o Signore, la moltitudine della tua bontà che hai nascosto per coloro che ti temono (Sal 30,19).

Anche se un uomo non è progredito nell’umiltà, lo Spirito Santo copre le sue buone azioni in modo che non venga derubato. Alcune persone mormorano e dicono: “Ho passato tanto tempo in monastero e non ho sentito per niente l’aiuto di Dio”. Tali persone dovrebbero rallegrarsi, perché Dio ha nascosto i loro buoni doni in modo che non li vedano, e quindi non devono temere i ladri.

Il diavolo attacca la mente che non è occupata dalla preghiera

Nella lotta per l’umiltà, il diavolo a volte si mescola alla mente dell’uomo. Finché la mente è in preghiera, non può mescolarsi con essa; sta a distanza, ma attende il momento in cui la mente è vuota, non occupata. Poi il diavolo si scaglia e attacca dove l’uomo è più debole. Ad esempio, ti dice che sei migliore di qualcun altro.

Una volta, quando volevo piangere per i miei peccati, il diavolo mi disse: “Perché ti denigri? Conosco i tuoi peccati, ma sei un po’ meglio delle persone cattive. Non ha detto “meglio”, perché sapeva che non gli avrei creduto. Questo è stato un duro colpo per me.

Queste tentazioni arrivano quando cerchi di raccogliere la tua mente; se sto pregando, la mia mente viene portata in chiesa o fuori per strada, o vola da qualche altra parte, allora il diavolo comincia a combattermi con molte tentazioni carnali. Allora non puoi vedere la tua vita interiore, perché è oscura.

Qualunque obbedienza tu faccia, anche quando porti un secchio d’acqua, la tua mente deve lavorare, perché se non hai occupazione, il diavolo ti darà la sua occupazione e non potrai stare nel monastero molto a lungo. Se pensi al cibo, o alla pioggia, o ai vestiti, o a qualsiasi altra cosa terrena, è come vivere nel mondo.

Alcuni sognano il deserto e non si rendono conto di averlo nelle loro celle. Di notte, quando preghi il buon Dio, sei come in un deserto; ma se dormi tutta la notte, allora è proprio come vivere in una città: non avrai ricompense.

Se ti addormenti con la preghiera nella tua mente, il diavolo non può avere successo

Tutti coloro che cercano di entrare nel sonno direttamente dalla preghiera, cioè, che cercano di addormentarsi con la preghiera nella loro mente, la aumenteranno notevolmente.

Se non puoi rimanere vigile tutta la notte, fatti benedire dal tuo padre spirituale e vai nella tua cella. E dopo aver completato la tua regola di preghiera e vuoi dormire, fai il segno della croce sulla testata del letto e sul viso e dì: “Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore”. Se non riesci a che il sonno ti sorprenda direttamente dalla preghiera, significa che durante il giorno mentre eri occupato nella tua obbedienza, la tua mente era distratta e non stavi ripetendo la preghiera: “Signore Gesù Cristo …” Questo significa che tu devi cercare di non parlare con nessuno quando vai alla tua obbedienza, a meno che non ti sia stato chiesto qualcosa. Allora rispondi in modo che non pensino male di te se non rispondi; non dare loro motivo di sospetto e rispondi esattamente su quanto è stato chiesto. Se inizi a moltiplicare le tue parole, allora attiri a te la colpa. Tale è la vita silenziosa.

Se ti addormenti con la preghiera “Signore Gesù Cristo…”, il diavolo comincia a svegliarti così che ti addormenti in uno stato di distrazione. È la sua gelosia, in modo che tu non ti addormenti in preghiera per diverse notti di seguito.

Questo è il successo più grande: se il sonno succede direttamente alla preghiera: “Signore Gesù Cristo…” Non importa quanto gli spiriti combattano con te e non importa quanto siano difficili le tentazioni, lo Spirito Santo entrerà nel tuo cuore e il diavolo non avrà più alcun potere; non potrà più avere successo.

Quando il diavolo vede che un uomo vuole purificare il suo cuore, appare con ogni sorta di prove

Quando un uomo cerca di dire la preghiera: “Signore Gesù Cristo…” si verificano prove di ogni genere. Prima il diavolo cerca di attaccare attraverso i cinque sensi. Nella misura in cui cerchi di non essere schiavo di questi cinque sensi, lo Spirito Santo ti aiuta nella preghiera del cuore. E nella misura in cui cerchi di lavorare asceticamente, lo Spirito Santo aiuta la mente (il nous) ad acquisire la preghiera del cuore (preghiera che sgorga da sola).

Lo Spirito Santo porta la mente nel cuore. Sappi che ci sono momenti in cui concede all’uomo di sentirlo.

Fr. Cleopa (Ilie) ha detto:

“Quando inavvertitamente ti svegli o ti giri dall’altra parte… e sopraggiunge l’umiltà, il pentimento, le lacrime, la calma della mente e la sete di Dio, allora un monaco deve, per quanto può, non permettere che pensieri di molte preoccupazioni entrino nella sua mente. Questa gioia non dura a lungo, dieci o quindici minuti. Lascia che la mente ripeta quindi la preghiera: “Signore Gesù Cristo …” E se un monaco raccoglie la sua mente e le preghiere, una grande gioia può scendere nella sua anima”.

E il diavolo fa il contrario: quando senti umiltà, raccoglimento mentale, lacrime, allora ti dà preoccupazioni: o devi finire di leggere la tua regola di preghiera, o devi andare in chiesa, o devi fare qualcosa con urgenza, e quindi può capitare di arrenderti (a lui).

Quando il diavolo vede che un uomo vuole purificare il suo cuore, cerca di confonderlo con visioni. E se il diavolo ti inganna, avrai bisogno di tre o quattro giorni per liberarti di lui e tornare nel punto da cui sei caduto.

Quando viene il diavolo, digli: “Se sei da Dio, ripeti dopo di me: ‘Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore'”. Con queste tentazioni, lo Spirito Santo illumina inizialmente la tua mente, ma non ti aiuta; Si alza e aspetta di vedere con chi ti unirai. E se ripeti: “Signore Gesù Cristo…”, nella misura in cui preghi e implori aiuto da Dio, lo Spirito Santo castiga il diavolo e te lo rivela.

Qualunque cosa accada nelle visioni, non pensare, non riflettere sulle rivelazioni e sulle azioni che si sono verificate nell’inganno.

Le tentazioni del diavolo sono così pesanti che sarebbe meglio se qualcuno ti tagliasse vivo con un coltello, un’ascia… Se il buon Dio permettesse al diavolo [di fare quello che vuole], l’uomo non potrebbe resistere alle tentazioni. Ma Dio non permette tentazioni al di là delle forze di un uomo.

La caduta o l’ascesa di un monaco deriva dai suoi pensieri

Sospetti, condanne, calunnie, mormorii… Quando un uomo vuole piangere i suoi peccati, queste tentazioni si allontanano da lui. E anche se vive in un monastero comunitario, anche nella residenza fraterna è come nel deserto. Ma quando ti unisci a qualcuno o balli in sintonia con qualcuno, perdi.

Coloro che sono andati a vivere nei monasteri con il pensiero: “Vado in monastero a morire”, sono quelli che sono progrediti. Coloro che vanno a morire in un monastero faranno grandi progressi. Ma quelli che vanno per vivere più a lungo hanno ancora molto da sopportare, non perché lo vogliano loro o qualcun altro, è solo così: soffrono molto e non ottengono nulla in cambio.

Ci sono quelli che non fanno particolari sforzi negli edifici monastici, ma cercano di non addolorare nessuno, né l’abate né nessun altro, e sono in pace con tutti; pregano nel loro cuore, non hanno niente a che fare con nessuno e vogliono essere salvati. Superano tutti. La caduta e la risurrezione di un monaco derivano dai suoi pensieri, da ciò che occupa la sua mente. Chi ha gelosie o opinioni, ovviamente, è in pericolo.

La pace più profonda che abbia mai avuto è stata quando vivevo negli alloggi dei fratelli ed evitavo di interessarmi a qualsiasi cosa. Se qualcuno chiedeva un consiglio, io lo davo. Se parli senza che ti venga chiesto, o rispondi più del necessario, perdi.

Come preservare le gioie spirituali

Raggiungi gioie spirituali sia durante il sonno, se la mente è al lavoro, sia quando sei sveglio.

Quando il buon Dio si compiace di farlo, lo Spirito Santo ferma la natura: non hai né fame né sete; niente può farti del male. Col tempo, lo Spirito Santo prende la preghiera di un uomo, sia che sia sveglio o addormentato. Così, dovunque lo porti, si sente felice; e appena lo conduce, gli restituisce la preghiera che ha tolto, e non si affanna più con la mente. E durante il giorno, quando lo Spirito Santo raccoglie la sua mente nel suo cuore e prega Dio con tanta sete, allora ovunque lo Spirito Santo lo conduce, si sente come se fosse in Paradiso.

Solo chi ha assaporato queste gioie può capirlo. Se il buon Dio lo avesse lasciato in queste gioie, vi sarebbe rimasto eternamente. Ma se hai avuto una di queste gioie, sappi che non è tua. Sarebbe tua se, non importa quante volte ti alzi per la preghiera, ce l’hai ogni volta; allora sarebbe tua. Tuttavia, Dio ti ha rivelato queste gioie in modo che tu possa sapere per cosa stai combattendo.

Quando hai una tale gioia, dovresti fare questo: quando Egli ti ha tolto la preghiera e ti sei rallegrato nella gloria di Dio, e ti ha riportato indietro e di nuovo ti ha dato la preghiera, allora prega incessantemente, sempre, sempre, così brevemente e così spesso il più possibile, quindi la tua mente non è dispersa. E se avrai molta umiltà, lo Spirito Santo ti rapirà ancora. E così via per tre o quattro giorni, e forse anche di più. Durante questo periodo non dormi, non hai fame e non hai affatto in mente questa epoca. Non hai più in mente questa epoca, solo l’altra.

Dopo che queste gioie se ne sono andate, il diavolo viene attraverso la tentazione. Prima con piccole, minuscole, minuscole sciocchezze, e se reciti la preghiera: “Signore Gesù Cristo…”, allora si fa da parte e aspetta in agguato. E si precipita dentro quando vede che il mulino gira invano, senza macinare nulla. Poi versa la sua zizzania e prepara la sua macinazione.

Parte 2

Riscattarsi con le lacrime

Quando entri nei luoghi monastici, sei come una roccia con bordi taglienti e frastagliati, ma nel monastero, il bordo frastagliato inizia a consumarsi. Quando qualcuno ti rimprovera, se non ti arrabbi, vuol dire che gli spigoli si sono consumati un po’ di più. Finché sei sopraffatto dalla rabbia, i tuoi spigoli non si sono ancora consumati e la reclusione non porterà alcun risultato. Un monaco raggiunge quindi una grande pace spirituale quando i bordi frastagliati sono consumati; allora non ti preoccupi più e non desideri questa epoca; tu cerchi l’altro. Ma è graduale, graduale…

I maggiori vincitori sono coloro che adempiono la loro obbedienza a Dio e obbediscono a tutti nella fratellanza. Devi essere gentile con tutti, perché così sarai in pace con tutti. Non fare distinzioni.

Se qualcosa è rotto nel monastero e riveli chi l’ha rotto, ciò porta all’inimicizia. L’altra persona proverà odio per te. Se riesci a prendertela con te, va molto bene. Sarà un po’ difficile, ma chi prende questo su di sé ha una grande pace. Arriva a una grande pace. Se non puoi prenderlo su di te, almeno non metterlo sulle spalle dell’altro. È molto importante desiderare che tutti siano salvati.

Quando condanni, lo Spirito ti lascia

Soprattutto, ho fatto progressi (sette anni) quando riflettevo e mi dicevo: onorerò i sacerdoti come Santi Apostoli, l’abate come Cristo e tutti gli altri come discepoli dei Santi Apostoli. Ed ebbi tanta gioia che mi venne il desiderio di baciare le piante e i piedi di tutti i monaci. Tuttavia, nel tempo, ho iniziato a essere sopraffatto dalla condanna e ho iniziato a raffreddarmi.

Molti acquisiscono lo Spirito Santo quando vengono al monastero. Quindi consideri tutti santi. Così scoppi di gioia; non vuoi nemmeno sentire parlare del mondo. Ma non appena inizi a indulgere in conversazioni con gli altri, con quelli esperti, per condannare e calunniare gli altri, lo Spirito Santo ti lascia immediatamente.

Poi, se ti confessi e anche piangi, ma non dici al tuo padre spirituale: “Padre, ho condannato tal dei tali per questo e quello…”, ma dici solo: “Ho condannato”, ma non vuoi dire come hai condannato, lo Spirito Santo ti lascia abbandonato.

Per tutti coloro che si confessano con precisione, con lacrime e pentimento, con l’obbedienza che rendono, lo Spirito Santo viene di nuovo in aiuto. Il pentimento è necessario per acquisire di nuovo lo Spirito Santo.

Lo Spirito Santo è così buono e misericordioso! È buonissimo. Ma il pentimento è necessario. È solo attraverso il pentimento che Egli ritorna di nuovo.

Lo Spirito Santo non viene subito, ma gradualmente, gradualmente, nella misura in cui noi corriamo dal buon Dio: “Signore, non lasciarmi…” E quando preghiamo così, lo Spirito Santo si rivela a noi gradualmente , gradualmente.

Quando il diavolo mi ha attaccato e ho pregato, ho sentito di nuovo il suo aiuto, ha espulso il diavolo. E in molti casi senti come lo Spirito Santo ti aiuta. Ma quando incontriamo dei fratelli, possiamo facilmente cadere. Tutto quello che faccio è iniziare a condannare o brontolare e basta: ho perso. È come su una scala: saliamo, saliamo e cadiamo di nuovo. E se la morte mi trova in piedi, questa è la gioia più grande, ma se mi trova caduto, guai a me, sono perduto.

Se ho provato a vincere il peccato, è un guadagno, ma se i miei peccati mi hanno vinto, allora sono soggetto al Giudizio di Dio. Se me ne sono sbarazzato, è un guadagno. Ma se i miei peccati mi hanno sopraffatto, allora il diavolo verrà con me al giudizio, dicendo: “Signore, hai detto che non possiamo servire due padroni…” Il diavolo ammette che anche tu hai servito Dio, ma dice: “Signore , ma non si è nemmeno sbarazzato di me. Allora avrò ciò che merito.

Come vediamo gli altri, così Dio ci vede

Prima di tutto, quando mi appresto ad andare nella mia cella, devo congedarmi da coloro con cui lavoravo nella mia obbedienza, e se ho qualcosa contro qualcuno o no, devo dire: “Benedici e perdona me peccatore. Forse ti ho turbato in qualche modo. E dicono: “Che Dio ti perdoni”. E quando vado in cella, se non ho niente contro nessuno, questo è il mio guadagno.

Consideravo l’abate del monastero come un santo; e quando non potevo considerarlo un santo, accadeva così: crollavo, perdevo tutto. Perché è detto: Il Signore ti conceda secondo il tuo cuore (Sal 19,4). Se li consideravo santi, allora sentivo la gioia dello Spirito Santo. Il modo in cui sento loro è ciò che Dio mi dà. A coloro che desiderano la salvezza per tutti, Dio dà loro ciò che è utile. E quelli che volevano cose cattive hanno trovato cose cattive.

Il pentimento porta la pace

Alcune persone sono venute da me sopraffatte dalle tentazioni e dalle difficoltà, dicendo che si sentivano all’inferno. E ho chiesto loro: “Non offenderti, ma quanto tempo è passato dall’ultima volta che hai confessato?” Si scopre che non si confessavano da cinque o sei anni. E ho detto loro: “Sì, hai tutto il diritto di sentirti come se fossi all’inferno”. E li ho mandati a confessarsi, e sei mesi dopo sono tornati e hanno detto che non si sentivano più all’inferno; ora si sentivano come se fossero in paradiso.

Lo Spirito Santo permette all’uomo di sentirlo nella misura in cui conduce una vita nel pentimento. Se sento di avere pensieri puri, di poter superare facilmente le tentazioni, e ho molta umiltà, molto pentimento, molta concentrazione mentale, e non voglio più sentir parlare di questa epoca, ma voglio iniziare bene, e la mia mente è pulita, trasparente, allora sono adombrato dallo Spirito Santo.

E se succede il contrario (perché lo Spirito Santo a volte parte, ci lascia nell’abbandono), allora viene lo spirito di abominio, con ogni sorta di sporcizia. Allora sii attenta e chiedi alla tua coscienza: “Coscienza, dimmi la verità: se dovessi morire in questo momento, mi salverei? A Dio piaccio? E così lo Spirito Santo lo scaccerà.

Ci sono momenti in cui siamo presi dall’oscurità, e ci sono momenti in cui siamo presi dalla luce e dalla pace. E un uomo sente la pace dello Spirito Santo quando comincia a piangere, a sospirare, e non riesce a smettere di piangere. Quindi tutti i diavoli fuggono, ha una sana comprensione e comprende tutto in modo spiritualmente sano. Un uomo può ricevere queste consolazioni che vengono attraverso le lacrime solo se conduce una vita di pentimento e ha acquisito una profonda umiltà. Se potessi trovare un lucchetto da appendere alle mie labbra, troverei la salvezza.

Riscattati con le lacrime. Aiuta con amore e misericordia

Quando arrivano lo sconforto o la disperazione, allora è così che devi agire. Diciamo a questo spirito: “Cristo è venuto per amore dei peccatori, dei quali io sono il primo!” E nella misura in cui conduco una vita nel pentimento, lo Spirito Santo mi pacifica. Ma prima, per poter sentire la misericordia di Dio, dobbiamo unire il pentimento all’umiltà. In quel momento non ho inimicizia con nessuno; non voglio più sentire parlare di nessuno, e se sento parlare di qualcuno, non voglio sentire niente di male. Quando sento parlare della bontà, della gioia, della prosperità spirituale di qualcuno, allora la mia anima si rallegra e si calma.

E quando vedo che alcune persone non capiscono l’importanza della pace, dell’amore e dell’umiltà, e la mia anima vede che tutti cercano solo vendetta: “Me l’ha detto e glielo dirò!”, allora io stesso divento più piccolo e cerco di uscire da lì con ogni mezzo possibile. Pertanto, un Santo Padre dice: “Se Dio e io non siamo nel mio cuore, non sarò salvato”.

Sappi che dobbiamo essere consapevoli di una cosa; un Santo Padre dice: “Se nel fuoco della tua ira hai ucciso l’anima di qualcuno, quell’anima sarà richiesta dal fuoco della tua ira”. Dobbiamo guardarci da queste tentazioni. Queste sono tentazioni molto forti e pesanti che perseguitano e rosicchiano la nostra coscienza. A volte è necessario rimproverare qualcuno, se corrisponde al consiglio dei Santi Padri; ma soprattutto possiamo aiutare l’anima in un altro modo.

Un monaco, l’abate del monastero, dopo la fine del servizio, mi raggiunse ai margini della foresta e disse: “Aspetta un po’, ho qualcosa da dirti”. E mi ha raccontato di qualche problema con alcuni fratelli che non lo ascoltavano. E lui mi ha chiesto: “Cosa devo fare? Come posso vendicarmi con loro?

E gli ho detto che ho trovato in un vecchio libro, Dio sa dove: “Se vuoi vendicarti dei peccatori, fallo attraverso le lacrime”. E se ti vendichi con le lacrime, lo Spirito Santo ti aiuterà. Nella misura in cui ti vendicherai con le lacrime, lo Spirito Santo li rimprovererà senza che tu li rimproveri con le parole. È molto importante, perché il comandamento di Dio è di fare tutto per amore: insegnare per amore, aiutare un altro per amore.

Non è più utile fare come alcuni Padri anticamente facevano, sottoponendo a grandi prove altri monaci e monache. In quei giorni, le persone facevano grandi progressi [nella vita spirituale]. Ma ora, ai nostri tempi, è come andare al fronte, ed i soldati che combattono lì sono feriti, coperti da ogni sorta di ferite. E poi inizi a usare sempre più misericordia. E se applichi misericordia, allora lo Spirito Santo ti aiuterà, ti pacificherà e la parola della tua santità avrà potere. Perché attraverso la parola misericordiosa della tua santità, lo Spirito Santo, e non la tua santità, li rimprovererà.

Monaco Proclo (Nicau)
Traduzione in inglese di Jesse Dominick

Traduzione in Italiano, Teandrico.it

FONTE: Pravoslavie.ru




AMMÓE

ἀββᾶ Ἀμμώη

L’Abba Ammóe, quello che visitò l’abate Achille in compagnia di Bitimius, era delle Celle. Anch’egli viveva con rigore e non badava agli altri, specialmente al suo discepolo Giovanni o ai suoi visitatori che chiedevano invano una parola. È perché egli, che vedeva i suoi peccati come un muro di tenebra tra lui e Dio, pensava che cercando di piacere agli uomini sarebbe stato respinto dal Signore.

1. Di Abba Ammóe si diceva che, quando andava in chiesa, non permetteva al suo discepolo di camminare accanto a lui, ma solo a una certa distanza. e se quest’ultimo veniva ad interrogarlo circa alcuni suoi pensieri, si allontanava da lui non appena gli aveva risposto, dicendogli: “È per timore che, dopo le parole edificanti, si insinui una conversazione irrilevante, che io non ti tengo con me”.

2. All’inizio, Abba Ammóe disse ad Abba Isaia: “Come mi vedi tu in questo momento?” Egli gli rispose: “Come un angelo, Padre”. In seguito poi gli disse: “E ora, come mi vedi?” E lui rispose: “Sei come Satana”. Anche quando mi dici una parola buona, ella è per me come acciaio”.

3. Di Abba Ammóe si diceva che, per la malattia che lo teneva a letto per molti e lunghi anni, non si permetteva mai di pensare alla sua cella o di guardare cosa contenesse. Perché la gente gli portava molte cose, a causa della sua malattia. Quando Giovanni, il suo discepolo, entrava o usciva, chiudeva gli occhi, per non vedere ciò che c’era. Perché si sapeva che era un monaco fedele.

4. Abba Poemen racconta che un fratello andò a cercare Abba Ammóe per chiedergli una parola. Rimase con lui per sette giorni senza che il vecchio gli rispondesse. Poi, mandandolo via, quest’ultimo gli disse: “Vai e veglia su di te; quanto a me, i miei peccati sono diventati un muro di tenebre tra me e Dio”.

5. Di Abba Ammóe si diceva che aveva da parte cinquanta misure di pane per quando ne avesse avuto bisogno e che le aveva messe al sole. Prima che si asciugassero per bene, vide in quel luogo qualcosa che gli sembrò dannoso, così disse ai servi: “Andiamocene da qui”. Ma essi ne furono addolorati. Vedendo il loro sgomento, disse loro: “È a causa dei pani che siete tristi? In verità, ho visto monaci che fuggivano, lasciando le loro celle imbiancate e anche le loro pergamene, e non chiudevano le porte, ma le lasciavano aperte”.




Padri del deserto

In questa pagina tutti gli apoftegmi (gerontikon) e gli articoli riguardanti i Padri del deserto.

Collezione alfabetica:

Orthos del Sabato dei latticini

Canone dei Santi Padri

Innalziamo un canto.

Concordi celebriamo tutti con cantici spirituali, i nostri divini padri  che hanno brillato per l’ascesi: quelli che ci hanno dato l’Egitto, Tebe e la Libia, e ogni altro luogo, città e regione.

Gioisci, principe dei monaci, Antonio gloriosissimo: tu Ammun teòforo, gloria di Nitria, tu angelico Arsenio forza dell’esichia, e tu Ammonas pneumatòforo.

Tripudia, vero vaso di Dio, Agatone dall’anima santa, e voi Achilla e Amoe, fiori del deserto, Anub e Alonio, Ammonata e Antimio, lucenti perle di virtù.

Quali lampade di discernimento si celebrino oggi Ares e il grande Apollo, e come luci di ubbidienza, Athros e Acacio; insieme a loro risplende Abbaciro quasi stella del mattino.

Monte di eccelsa vita si è mostrato Aussenzio; atleta della castità, il grande Abramo; con loro Afrodisio si è di­mostrato colonna di continenza, insieme ad Atenodoro.

Brilla come astro nel cielo Ammonio tra gli asceti, e pure il divino Anina: con loro rifulge anche il grande Antioco, il sommo Agapito, quant’altri mai, insieme a costoro risplende.

Con sacri inni celebriamo il grande Atanasio, sommo luminare di tutta la terra, che ha splendidamente esercita­to l’ascesi sul monte Athos: per la sua intercessione veniamo tutti salvati.

Con le vostre vite divinamente ispirate, siete realmente diventati paradiso della Chiesa di Cristo, padri beati: tutti, uno per uno, intercedete incessantemente per noi presso il Signore.

[…]

Con inni, o fedeli, glorifichiamo la mitezza e la purezza di Antonio, la grandezza e la straordinarietà di Eutimio, l’incontaminata solitudine ed esichia di Paolo ed Arsenio,  la gloria di Teoctisto, e le schiere di tutti gli altri santi monaci; insieme a loro inneggiamo alla vergi­ne Euprasia,  come pure a tutte le donne sapienti in Dio, ‘- e concordi gridiamo: * Intercedete presso il Cristo Dio, e concordi gridiamo: Intercedete presso il Cristo Dio perché doni la remissione delle colpe a quanti festeggiano con amore la vostra santa memoria.

Gloria.

Spezzàti i vincoli delle passioni, avete aderito all’amore del bene; vi siete rivestiti in Cristo di gloria ultramondana, trovando il riposo grazie alle vostre fatiche, giungendo alla vita superna con le pene della continenza. Per questo giustamente fate festa insieme alle potenze superne, stando gioiosamente davanti a Dio tra i canti. O padri nostri teòfori, chiedete la remissione delle colpe per quanti festeggiano con amore la vostra santa memoria.

[…]

Meravigliosi i nostri venerabilissimi padri: a loro le divine battaglie, a loro i prodigi, a loro le guarigioni. Chi infatti, all’infuori di loro, ha manifestato la forza dei prodigi?

Siano celebrati il mirabile Rabula, e con lui Rufo, e ancora Sisoes, che è pari agli angeli, e con loro il divino Serido e Silvano.

Un cielo con quattro stelle è apparso sulla terra: la doppia coppia dei Simeoni omonimi; tre sono gli stiliti, e uno è il folle per Cristo.

Come sole tra gli astri, di cui era principe, ha brillato Saba il santificato; e con lui brilla per le sue opere Serapione, insieme a Silvano.

Siano celebrati Sarmata e Timoteo, e insieme Titoes con Iperechio, come pure Farmuzio, Foca, Caritone e Psoi, e il sapiente Or.

O santa e gloriosa assemblea dei padri, di quelli ricordàti e di quelli sconosciuti: libera dai pericoli quanti celebrano con amore la tua memoria.

[…]

Tu hai reso splendente la folla dei teòfori che illumina la terra, perché essi sono araldi della pietà hanno chiuso la bocca all’empietà. Per le loro preghiere custodisci in pace perfetta quanti ti glorificano e ti magnificano, affinché a te salmeggino e cantino: Alleluia.

Tu solo sei immortale.

Ho ben considerato i piaceri della vita, scrutando col pensiero ciò che avviene, e osservandone l’affanno ho detto infelice la vita dei mortali: voi soli ho proclamato beati, voi che avete scelto la parte buona: amare Cristo, stare a lui vicini e soavemente salmeggiare col profeta Davide: Alleluia.

[…]

Lo stesso giorno si fa memoria di tutti i santi, uomini e donne, che hanno brillato nell’ascesi.

Per l’intercessione di tutti i tuoi santi asceti, o Cristo Dio nostro, abbi pietà di noi. Amen.

[…]

Venite, offriamo i dovuti inni alle donne che piamente hanno vissuto e al modo degli angeli; per le loro preghiere, gridiamo: O Dio, salvaci tutti.

Si onori Briene, portatice di Cristo, insieme alla divina Febronia, a Tomaide e Geria, e si canti Platonide, e insieme a loro, con fede, anche Melania.

Lode alle Euprasie dall’angelico sentire, insieme alle due Teodore; inno e gloria incessante alle felicissime Anastasie che mirabilmente hanno reso culto a Dio.

Maria egiziaca è divenuta luce nel mondo, e colei che fu detta Marino, un astro per la terra, ed Eufrosina un sole sfolgorante di virtù.

Tutta raggiante è Teodula nella sua vita, Teodota e Giulitta brillano nell’ascesi, e con loro risplende per le opere la felicissima Isidora.

Si onori ora Marina dal celeste sentire, insieme alla grande Matrona; e con canti si celebrino pure Sincletica, Sarra e insieme Giustina, per la loro sapienza.

Si cantino insieme Pelagia, angelo del Signore, Taisia, fiaccola di penitenza, e ogni altra donna che abbia brilla­to nell’ascesi.

[…]
Magnifichiamo con inni.

Chi potrà esprimere la franchezza di Ambrogio? E chi dirà la sapienza di Geroteo? E la fermezza a di­fesa della fede degli Alessandri, padri sapienti in Dio?

Si celebrino come astri divini il divino Fedimo, Spiridone il teeiforo insieme ad Antipatro, Pambone, Palladio e Nonno, Geronimo e il venerabilissimo Germano.

Come iniziato alle realtà celesti, sia onorato Dionigi sommo nelle cose divine, e così pure il grande lottatore Clemente, Flaviano e il grande Paolo, araldi della confessione.

Si celebri Michele Synadon con Tarasio; * e ancora Niceforo col sommo Teodoro, e Teofane e Geronimo, difensore della figura di Cristo espressa in immagini.

Si celebrino Pietro e Ignazio, veri teòfori, quali apostoli di Cristo e sacri atleti, insieme a Policarpo e a Cipriano martire di Cristo

Santi padri e pontefici del Signore, insieme agli iero­martiri e alle sante donne, tutti, noti e sconosciuti, pregate per la salvezza delle anime nostre.

[…]

Exapostilarion. Udite, donne.

Voi che avete rinnegato il mondo e preso la croce, moltitudine dei santi padri insieme ai cori dei martiri, assemblea dei pontefici e schiera delle donne, illuminateci, perché possiamo degnamente celebrare la vostra luminosissima memoria.

Un altro.  Con i discepoli conveniamo.

Gioiosamente celebriamo con inni i padri e i ponte­fici teòfori che hanno brillato per l’ascesi, e insieme le sante donne e i cori degli ieromartiri, perché possiamo venire santificati, e per le loro preghiere e l’intercessione della Madre-di-Dio portiamo a compimento senza difficol­tà la corsa del digiuno.

[…]

Con cantici, o fedeli, facciamo tutti l’elogio della moltitudine dei padri che hanno santamente praticato l’ascesi; con sentimenti divini, fratelli, e con un’ani­ma sola, lodiamo tra gli inni i pontefici di Cristo; hanno infatti vissuto con continenza e con digiuno puro, e ci hanno spiegato il vangelo di Cristo; con loro celebriamo le luminose donne teòfore, emulando la loro condotta con tut­ta l’anima, in modo degno di Dio, per ottenere nell’aldilà il perdono delle colpe.

Facciamo glorioso elogio, fratelli, di quanti hanno radiosamente brillato nell’ascesi e santamente vissuto. Essi hanno ben diretto la loro esistenza e sono piamente passati, nella gioia, alla vita eterna, all’eredità indistruttibile e beata dell’aldilà, avendo rettamente compiuto la loro corsa con virtù e santità: onoriamoli dunque degnamente, per ottenere da Dio misericordia, gloria e gioia eterne, grazie alla loro supplica, ed essere strappa­ti agli inesorabili castighi dell’aldilà.

O coro di tutti i pontefici, assemblea dei giusti, degli asceti e delle sante donne piamente vissuti, lasciatevi graziosamente commuovere e supplicate il solo buono e pie­tosissimo Signore, di aver compassione anche di noi; per le vostre preghiere, o sapienti, possiamo noi essere per sempre liberati dalla condanna dell’aldilà, e godere con­tinuamente del gaudio futuro, per i secoli dei secoli, anche noi esultanti, gridando incessantemente tra gli inni una lode al datore di vita.

Con magnificenza celebriamo oggi, o fedeli, una solennità degna di Dio, nella memoria dei santi pontefici, e ieromartiri e delle sante e pie donne: essi hanno infatti disprezzato le cose corruttibili ed effimere, le hanno realmente considerate come tela di ragno e come rifiuti, per guadagnare Cristo e il suo regno e le realtà divine che occhio non vide né orecchio mai udì. Per la loro intercessione, o Dio, strappa alla corruzione le anime nostre.

Gloria. Idiolmelon. Tono pl.4

Padri santi, per tutta la terra è uscita la voce delle vostre belle azioni: per questo nei cieli avete trovato la ricompensa delle vostre fatiche. Avete annientato le falangi dei demoni, avete raggiunto le schiere degli angeli, di cui, irreprensibili, avete emulato la vita. Poiché dunque avete confidenza col Signore, chiedete pace per le anime nostre.

Ora e sempre. Theotokion. Stesso tono.

O Madre-di-Dio, tu sei la vera vite che ha prodotto il frutto della vita. Noi ti imploriamo: intercedi, o Sovrana, insieme con i tuoi asceti e tutti i santi, perché sia fatta misericordia alle anime nostre.

VITA E DETTI DEI PADRI DEL DESERTO

Traduzione Teandrico.it, utilizzabile liberamente.




ACHILLE

ἀββᾷ Ἀχιλᾷ

Secondo un detto conservato solamente nella lingua armena, il padre Teodoro di Ferme disse del padre Achille che visse come un leone a Scete. Lo stesso  padre Achille diceva: “Vivi come una bestia selvatica, per non essere conosciuto in alcun modo”. (Eth. Coll. 13,65) Non stupiamoci quindi di sapere così poco di questo vecchio rude che, tuttavia, non poteva nasconderci completamente la diligenza e la profondità della sua carità. Nella memoria dei santi asceti che la Chiesa Ortodossa pone all’inizio della grande celebrazione quaresimale, si menzionano Achille e Amoe chiamandoli «i fiori del deserto»[1].

1. Tre anziani, di cui uno aveva una cattiva reputazione, vennero un giorno da Abba Achille. Il primo gli chiese: “Padre, fammi una rete da pesca”. “Non la farò”, rispose. Allora il secondo disse: “Per la tua carità fanne una, così avremo un ricordo di te nel monastero”. Ma lui rispose: “Non ho tempo”. Allora il terzo, che aveva una cattiva reputazione, disse: “Fammi una rete da pesca, così potrò avere qualcosa dalle tue mani, Padre”. Abba Achille gli rispose subito: “Per te la farò”. Allora gli altri due vecchi gli domandarono in privato: “Perché non hai voluto fare quello che noi ti abbiamo chiesto, ma hai promesso di fare quello che ti ha chiesto lui?”. L’anziano rispose loro: “Vi avevo detto che non l’avrei fatta, e non siete rimasti delusi, perché pensavate che non avessi tempo. Ma se a lui non l’avessi fatta, avrebbe detto: “Il vecchio ha saputo del mio peccato e per questo non vuole farmela”, e così il nostro rapporto si sarebbe interrotto. Ma ora ho rincuorato la sua anima, così che non sarà sopraffatto dal dolore”.

2. Abba Bitimius disse: “Un giorno, mentre scendevo a Scete, qualcuno mi diede della frutta da portare agli anziani. Così bussai alla porta della cella di Abba Achille per dargliene un po’. Ma lui mi disse: “Fratello, d’ora in poi non voglio che tu bussi alla mia porta con alcun tipo di cibo e non andare a bussare nemmeno in altre celle”. Così mi ritirai nella mia cella e portai la frutta in chiesa”.

3. Abba Achille si recò un giorno nella cella di Abba Isaia a Scete e lo trovò che mangiava qualcosa. Lo aveva mescolato con acqua e sale su un piatto. L’anziano, vedendo che lo nascondeva dietro a delle canne intrecciate, gli disse: “Dimmi, cosa stai mangiando?” Egli rispose: “Perdonami, padre, stavo tagliando delle foglie di palma e sono uscito al caldo; ho messo in bocca un boccone, con un po’ di sale, ma il caldo mi ha bruciato la gola e il boccone non è andato giù. Così sono stato costretto ad aggiungere un po’ d’acqua al sale, per poterlo inghiottire. Perdonatemi, padre”. Il vecchio disse: “Venite tutti a vedere Isaia che mangia la salsa a Scete. Se volete mangiare la salsa, andate in Egitto”.

4. Un anziano venuto a trovare Abba Achille lo trovò a sputare sangue dalla bocca. Gli chiese: “Cosa c’è, padre?”. L’anziano rispose: “La parola di un fratello mi ha addolorato, ho lottato per non dirglielo e ho pregato Dio di liberarmi da questa parola. Così è diventata come sangue nella mia bocca e l’ho sputata. Ora sono in pace, avendo dimenticato la questione”.

5. Abba Ammoes disse: “Con Abba Bitimius siamo andati a trovare Abba Achille. Lo abbiamo visto meditare su questo detto: “Non temere, Giacobbe, di scendere in Egitto”. (Gen 46,3) Per molto tempo rimase a fare questa meditazione. Quando bussammo, ci aprì la porta e ci chiese da dove venivamo. Avendo paura di dire che venivamo dalle Celle, rispondemmo: dalla montagna di Nitria. Allora ci disse: “Cosa posso fare per voi che venite da così lontano?”. Ci disse di entrare. Abbiamo notato che aveva lavorato tutta la notte e aveva tessuto molto e gli abbiamo chiesto di dirci una parola. Ci disse: “Da ieri sera fino ad ora ho tessuto venti misure, anche se non ne ho bisogno; ma è per paura che Dio si arrabbi e mi accusi dicendo: “Perché non hai lavorato, quando avresti potuto farlo. Ecco perché mi impongo questo lavoro e faccio il più possibile”. Così ce ne andammo, molto edificati”.

6. Un’altra volta, un grande anziano venne nella Tebaide a trovare Abba Achille e gli disse: “Padre, tu sei una tentazione per me”. Ed egli gli rispose: “Anche tu, vecchio, sei ancora tentato a causa mia? Nella sua umiltà, l’anziano rispose: “Sì, Padre”. Ora c’era un vecchio cieco e zoppo seduto vicino alla porta. Il vecchio gli disse: “Avrei voluto rimanere qui diversi giorni, ma non posso a causa di questo vecchio”. A queste parole, Abba Achille si meravigliò dell’umiltà dell’anziano e disse: “Questa non è fornicazione, ma odio verso i demoni maligni”.


[1] È molto bello il fatto che, accingendosi al grande digiuno quaresimale, la Chiesa celebri nella preghiera liturgica il ricordo di molti santi, e prima di tutto degli asceti. La vigilia della prima domenica di Quaresima, le grandi odi (composizioni inniche che costituiscono la parte principale dell’ufficio del mattino) menzionano uno dopo l’altro gran parte degli anziani di questa raccolta, aggiungendo per molti un attributo: Antonio «gloriosissimo», Ammonio «teoforo», cioè portatore di Dio, Arsenio «gloria del digiuno», Ammone «pneumatoforo», cioè portatore dello Spirito, Agatone «veramente vaso di Dio», ecc. La Chiesa ortodossa vuole porre dinanzi agli occhi gli esempi delle loro lotte e delle loro fatiche e invocare la loro intercessione all’inizio del cammino quaresimale, perché essi siano guide, maestri e sostegni nella lotta (vedi Triodio, sabato τῆς τυρίνης, orthros, odi 1-8. L’ode nona e ultima celebra la memoria dei Padri Atanasio, Basilio, i due Gregorio, Giovanni Crisostomo, ecc.). Nota tratta da: Vita e detti dei Padri del deserto, Città Nuova