1

Padre Justin Pârvu: La preghiera del cuore sarà la nostra unica salvezza


– E come dobbiamo pregare? In ospedale, a Cluj, mi avete detto che vi dispiaceva di non aver esortato la gente a pregare di più, di non aver insegnato loro a pregare.

– È molto importante sapere come pregare. Molte volte anche noi monaci, stiamo nei monasteri e non preghiamo, ci sembra semplicemente di pregare. Non basta andare in chiesa, alle funzioni e stare lì [con il corpo] come se avessi fatto il tuo dovere, per obbligo. Dobbiamo insistere sul lavoro interiore. Invano diciamo tante preghiere con la bocca o con la mente, se non approfondiamo, se non viviamo ciò che preghiamo.

Adesso anche i laici devono approfondire la preghiera del cuore, perché sarà la nostra unica salvezza – la preghiera del cuore.

Perché nel cuore c’è la radice di tutte le passioni ed è lì che dobbiamo lavorare.

Finora andava bene essere più superficiali, ma per i tempi a venire non sarà sufficiente.

Se non avremo una preghiera che punge il cuore [che parta dal più profondo del cuore], non resisteremo a tutti gli attacchi psicologici, perché hanno metodi invisibili per rieducare la mente.

 Oggi mi sembra che l’indifferenza sia il peccato peggiore.

Non sentiamo più nulla quando preghiamo, non abbiamo lacrime di pentimento.

Verranno tempi in cui solo coloro che saranno sensibili alla grazia di Dio saranno in grado di distinguere il bene dal male.

Con la mente umana sarà impossibile distinguere tra il bene e il male.

Ci saranno grandi inganni e solamente la grazia di Dio potrà liberarci da essi.

Perciò pregate, pregate per non cadere nella tentazione dell’inganno!

Perché solo attraverso la preghiera possiamo ricevere la grazia di Dio. Se non preghiamo e perseveriamo nella nostra pigrizia e negligenza senza pentimento, allora è possibile perdere l’istinto del ravvedimento. Che Dio ci impedisca di perdere l’istinto del ravvedimento!

– Ma non c’è il rischio che in queste ristrettezze e sullo sfondo di una grande povertà gli uomini si facciano prendere dal panico e si sollevino gli uni contro gli altri e così non esista più la buona volontà cristiana?

– Ebbene, proprio per questo avremo bisogno di imparare la preghiera interiore, per poterci controllare in queste situazioni e non perdere la grazia di Dio. Questo è ciò che cercano: l’instaurazione dell’anarchia, affinché l’odio e la divisione tra le persone prendano il sopravvento, anche tra i cristiani.

[…]

– In conclusione, vorremmo che ci raccontaste come avete superato il peso della malattia e allo stesso tempo una parola di incoraggiamento per i cristiani che attraversano gravi malattie e sofferenze fisiche.

– Desidero ringraziare ancora tutti coloro che hanno pregato per la mia indegnità e impotenza e che la Madre di Dio ricompensi la preghiera e lo sforzo di tutti.

Ma sappi che le malattie e le difficoltà sono sempre la conseguenza del peccato, da cima a fondo.

Ognuno è punito da Dio secondo la responsabilità che ha, piccola o grande che sia.

Ero nel letto all’ospedale a Cluj e pensavo: quale sarà la causa della mia sofferenza, visto che il Signore non vuole rialzarmi affatto?

E la causa ero solo io, i miei peccati. E quando ho realizzato che soffrivo di questa malattia a causa dei miei peccati, allora Dio mi ha sollevato.

 Il mio orgoglio è la causa della malattia.

 Ora Dio mi ha dato anche questa zoppia alla gamba destra – e questo ha una ragione: perché prima camminavo con superbia.

Pensavo che tutto il mondo fosse mio, e io fossi il centro del mondo.

Ma ecco, non sono altro che erba secca. Diamo allora gloria a Dio nella malattia, perché attraverso la malattia impariamo l’umiltà, la gentilezza, la pazienza ed è così che riceviamo la salvezza.

Tutte queste cose [che ci capitano] sono per la nostra umiltà e salvezza. Senza umiltà non possiamo salvarci.

(dalla rivista Atitudini, n. 11 )

FONTE: Mănăstirea Petru Vodă – https://manastirea.petru-voda.ro/2017/02/23/parintele-justin-parvu-rugaciunea-din-inima-va-fi-singura-noastra-izbavire/




PER ACQUISIRE LA PERFETTA UMILTÀ – San Serafino (Sobolev)

Omelia nella festa di San Nicola

San Serafino (Sobolev)

Ogni volta che la Santa Chiesa celebra la memoria di un santo Gerarca, ci presenta le Beatitudini di Cristo nella lettura del Vangelo durante la Liturgia. Ed è su questo che vorrei attirare la vostra attenzione oggi, carissimi fratelli e sorelle in Cristo, nella festa di San Nicola Taumaturgo: Perché il Signore benedice la povertà spirituale, cioè l’umiltà, all’inizio di queste parole?

La risposta a questa domanda si trova nelle parole del troparion a San Nicola: “Tu hai raggiunto le altezze attraverso l’umiltà, e le ricchezze attraverso la povertà”. Da queste parole risulta chiaro che l’altezza della vita morale cristiana e tutta la ricchezza della grazia dello Spirito Santo si acquisiscono con l’umiltà. È la base della nostra salvezza. Da ciò risulta chiaro perché il Signore ha posto la beatitudine dell’umiltà come fondamento di tutte le sue Beatitudini.

Senza umiltà è impossibile piangere per i nostri peccati; infatti come piangerà un orgoglioso i suoi peccati se non ne ha coscienza in se stesso, se sempre si giustifica e accusa gli altri? Senza umiltà è impossibile essere miti, perché un uomo orgoglioso non perdona gli insulti. Senza umiltà, è impossibile avere fame e sete della verità di Cristo, perché un uomo orgoglioso ha fame e sete solo che tutti considerino le proprie opinioni come verità, anche se sono false. Senza umiltà è impossibile essere misericordiosi, perché le persone orgogliose hanno un cuore crudele. Senza umiltà è impossibile avere un cuore puro, perché l’orgoglio è il ricettacolo di ogni empietà e di ogni vizio. Senza umiltà è impossibile essere costruttori di pace, perché l’orgoglio non solo non contribuisce alla pace, ma è fonte di malizia, ostilità e ogni tipo di tumulto tra le persone. Senza umiltà è impossibile intraprendere la strada della persecuzione per la verità di Cristo; e tanto più è impossibile sopportare rimproveri, esilio e qualsiasi calunnia per amore di Cristo, perché l’uomo orgoglioso può essere perseguitato e sopportare tutte le disgrazie, fino alla morte, ma solo per amore del suo orgoglio.

Pertanto, senza umiltà, è impossibile fare anche un solo passo verso il compimento di una buona azione veramente cristiana, la quale, essendo fondata sull’umiltà, se ne accompagna e si distingue come il suo tratto più caratteristico. Il Signore ha testimoniato questa verità nel Discorso della Montagna, non solo esponendo innanzitutto la Beatitudine sull’umiltà, ma anche con le parole con cui ci ha comandato di fare di nascosto l’elemosina, la preghiera e il digiuno e di compiere opere buone in modo che la nostra mano sinistra non sa quello che fa la nostra destra (Mt 6,3). Per questo i santi, veri discepoli di Cristo, cercavano di nascondere agli altri le loro buone azioni. Una volta a San Poemen il Grande fu chiesto quale fosse la virtù più alta. Ha detto: “Ciò che viene fatto in segreto”.

Tenendo presente l’insegnamento di Cristo circa il significato dell’umiltà per la vita cristiana, sapendo che la vita virtuosa dei santi fu permeata di umiltà e da essa contraddistinta come la sua proprietà più essenziale, sforziamoci anche noi, carissimi, di avere l’umiltà, senza la quale non diventeremo mai veri cristiani.

Naturalmente, acquisire l’umiltà è la cosa più difficile di tutti i podvig. Spesso, anche il Signore stesso, mandandoci grandi prove e tribolazioni, non può obbligarci a essere umili. Questo lo sappiamo, amati figli in Cristo, attraverso la nostra esperienza di vita. Tuttavia, senza umiltà, non raggiungeremo mai la salvezza. Cerchiamo quindi di acquisirla almeno in un primo momento nella sua forma più semplice e originale; cioè, siamo consapevoli della nostra peccaminosità e del nostro nulla davanti a Dio. Naturalmente, non è un grande merito essere consapevoli dei nostri peccati davanti a Dio quando sono così evidenti per noi e per gli altri. Ma se acquisiamo questa umiltà iniziale, allora ci avviciniamo anche alla sua forma più alta, che consiste nel considerarci peggiori degli altri. Questa umiltà è molto preziosa agli occhi di Dio. Per questo il Signore ha detto: Chiunque si esalta sarà abbassato (Lc 18,14).

Solo avendo raggiunto un tale grado di umiltà potremo acquisire la sua forma più alta e perfetta, che consiste nell’attribuire tutte le nostre buone azioni non ai nostri sforzi ma a Dio; e insieme al divino Salmista, diciamo dal profondo del cuore: Non a noi, Signore, non a noi, ma al tuo nome dà gloria, per la tua misericordia e la tua verità (Sal 113,9). Allora saremo in grado di adempiere perfettamente tutti i comandamenti divini. Ricordiamo le parole dell’apostolo Paolo: Tutto posso in Cristo che mi rafforza (Fil 4,13). Queste parole ci dicono che con l’aiuto di Dio possiamo compiere anche il podvig più difficile, cioè acquisire la vera, perfetta umiltà.

Chiediamo quindi al Signore che ci aiuti, attraverso le preghiere dei santi e del Santo Gerarca Nicola, oggi celebrati dalla Chiesa, ad acquisire questa grande, fondamentale virtù. Quando acquisiamo l’umiltà, allora sapremo per esperienza personale perché il Signore ha messo al primo posto la Beatitudine della povertà spirituale. Allora diventeremo veri seguaci di Cristo, portatori di ogni virtù cristiana, e si compiranno nella nostra vita le parole di Cristo: Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, affinché vedano le vostre buone opere e glorifichino il Padre vostro che è in cielo (Mt 5,16).

Amen.

Pronunciato nella chiesa russa di San Nicola a Sofia, Bulgaria, il 6 dicembre 1925.

San Serafino (Sobolev)




Teofane il Recluso: “Guerra invisibile, il combattimento spirituale”

Cosa definisce la perfezione cristiana? La guerra necessaria per ottenerlo. Quattro cose necessarie per riuscire in questo

Tutti noi desideriamo e ci viene ordinato di essere perfetti. Il Signore ci guida dicendo: «Siate perfetti, come è perfetto il Padre vostro celeste» (Mt 5,48). Anche san Paolo ci esorta dicendo: «Nella malizia siate piccoli, e nell’intelligenza diventate perfetti» (1 Cor 14,20). In un altro punto afferma: «Siate perfetti e completi nella volontà di Dio» (Col 4,12), e anche: «Diventiamo perfetti» (Eb 6,1). Nell’Antico Testamento si ritrova lo stesso comandamento. Quindi Dio dice a Israele in Deuteronomio: «Sarai perfetto davanti al Signore tuo Dio» (Dt 18,13). Davide consiglia anche suo figlio Salomone: «E tu, Salomone, figlio mio, conosci il Dio di tuo padre e servilo con cuore perfetto e mente ben disposta» (1 Cr 28,9). Con tutte queste cose non possiamo non vedere che Dio richiede dai cristiani la completezza della perfezione, cioè che dobbiamo essere perfetti in ogni virtù

Ma se tu, caro lettore amato da Cristo, desideri raggiungere vette così elevate, dovresti prima imparare in cosa consiste la perfezione cristiana. Perché se non lo sai, potresti allontanarti dal sentiero corretto e vagare in una direzione completamente sbagliata, supponendo di fare progressi sul sentiero della perfezione.

Ti dichiarerò chiaramente che la cosa più alta e perfetta che si spera di raggiungere è avvicinarsi a Dio e rimanere come uno con Lui.

Sono molti coloro che affermano che la perfezione cristiana è questione di digiuni, veglie, prostrazioni, dormite per terra e altri sforzi ascetici del corpo. Altri ancora sostengono che ciò comporti dire numerose preghiere a casa e frequentare lunghe funzioni religiose. Ci sono ancora altri che suppongono che la nostra perfezione sia fatta interamente di preghiera noetica, reclusione, solitudine e quiete. Tuttavia la maggior parte delle persone limita la perfezione al rispetto rigoroso di tutte le regole e i precetti enunciati nella legge, senza cedere all’eccesso o alla mancanza, ma attenendosi alla media aurea. Ma tutte queste virtù, di per sé, non costituiscono la perfezione cristiana che cerchiamo, ma sono semplicemente metodi per ottenerla.

Indubbiamente qualunque cosa facciano è un mezzo importante per raggiungere una vita di perfezione cristiana. Vediamo molte persone giuste, che esercitano queste virtù come dovrebbero, per ottenere forza e potere per combattere contro la loro natura peccaminosa e malvagia e per ottenere, attraverso questi esercizi, la forza d’animo necessaria per resistere alle tentazioni e alle lusinghe dei nostri tre principali nemici: la carne, il mondo e il diavolo. Con questi metodi si raggiunge il fondamento spirituale, così importante per tutti i servi di Dio, e in particolare per i novizi. Fanno il digiuno, per domare la loro carne indocile. Fanno veglie per rendere la loro mente interiore più acuta. Dormono per terra, per paura di essere resi molli dal sonno. Tengono la lingua in silenzio e si isolano per astenersi dalla più piccola tentazione che possa offendere il Santissimo Dio. Dicono le loro preghiere, vanno alle funzioni religiose e fanno altre pratiche devozionali simili, per mantenere la mente rivolta alle questioni celesti. Leggono la vita e la passione di Nostro Signore, unicamente allo scopo di comprendere più chiaramente le proprie mancanze e l’amore di Dio, per imparare e anche per avere il desiderio di seguire il Signore Gesù Cristo, portando con sé la propria croce con moderazione e rendere sempre più zelante il loro amore per Dio insieme al disprezzo di sé stessi. Tuttavia, queste medesime virtù possono essere più dannose della loro negligenza, per coloro che le comprendono come importanti nella loro vita e ne fanno la loro speranza, anche se non per la loro natura, perché sono virtuose e sante, ma per l’errore di coloro che impiegatele nel modo in cui non debbano essere usate, cioè quando badino solo all’esercizio esteriore di tali virtù e si lascino muovere il cuore dai propri desideri e dalla volontà del diavolo. Perché questi ultimi, accorgendosi che si sono allontanati dalla retta via, si astengono volentieri dall’intromettersi nelle loro opere fisiche e permettono loro addirittura di aumentare le loro fatiche, secondo i propri vani pensieri. Sentendo questi particolari moti e conforti spirituali, tali persone iniziano a pensare di aver raggiunto il rango di angeli e suppongono che Dio sia lì, presente con loro. In certi momenti, presi nella meditazione su alcune cose celesti e astratte, suppongono di aver trasceso questo mondo materiale e di essere stati rapiti nel terzo cielo.

Ma chiunque può vedere il modo evidentemente peccaminoso in cui si comportano queste persone e quanto siano realmente lontane dalla vera perfezione, se esamina il loro carattere. In generale vogliono sempre essere preferiti agli altri. Amano vivere secondo i propri desideri e sono sempre ostinati in ciò che decidono di fare. Sono ciechi rispetto a tutto ciò che li riguarda, ma esaminano in modo chiaro e intrusivo le parole e le azioni degli altri. Se qualcun altro è tenuto in grande considerazione dagli altri, non può accettarlo e diventa chiaramente ostile nei suoi confronti. Se qualcuno interferisce con le loro occupazioni devote e le fatiche ascetiche, in particolare con gli altri (Dio non voglia!), si arrabbiano immediatamente, ribollono di furia e diventano piuttosto diversi da loro essere normalmente.

Se Dio manda loro sofferenze e malattie, con lo scopo di portarli alla consapevolezza di sé e guidarli sulla via della vera perfezione, o permette che siano afflitti, tutte cose con le quali mette regolarmente alla prova i suoi autentici servitori, queste prove dimostrano immediatamente cosa è nascosto nei loro cuori e quanto profondamente sono contaminati dall’orgoglio. Poiché qualunque difficoltà possa turbarli, rifiutano di abbassare il collo per prendere il giogo della volontà di Dio e per confidare nei suoi giusti e nascosti giudizi. Non desiderano seguire l’esempio del Signore nostro Gesù, il Figlio di Dio, che si umiliò e soffrì per causa nostra, e rifiutano l’umiltà, per ritenersi la più vile di tutte le bestie e per guardare verso coloro che li affliggono e considerarli buoni amici, strumenti di una generosità celeste mostrata loro e che possono aiutarli per la loro salvezza.

Quindi è chiaro che corrono un grave pericolo. Il loro occhio più profondo, che è il loro nous, è oscurato dalle tenebre ed essi così si guardano e si vedono male. Supponendo che le loro opere devote esteriori siano buone, credono di aver già raggiunto la perfezione e, gonfiandosi, cominciano a giudicare gli altri. Dopo che ciò accade, non è possibile per nessuno cambiare queste persone, se non con l’intervento di Dio. Un peccatore evidente si volgerà al bene più facilmente di uno nascosto, nascosto sotto una veste di virtù manifeste.

Avendo ora dimostrato che la vita spirituale e la stessa perfezione non sono costituite soltanto da queste virtù manifeste, di cui abbiamo parlato, dovete comprendere che essa consiste unicamente nell’avvicinarsi a Dio e nell’unirsi a Lui, come si è affermato all’inizio di questo lavoro. A ciò si aggiunge una sincera comprensione della giustizia e della maestà di Dio, insieme alla comprensione della nostra stessa inutilità e della nostra predisposizione a tutti i mali; amore di Dio e disprezzo di noi stessi; sottomissione non solo a Dio ma anche a tutta la creazione, a causa del nostro amore per Dio; rinuncia completa alla nostra volontà e obbedienza alla volontà di Dio; ma anche il nostro desiderio di tutte queste cose e il loro compimento con cuore puro per la gloria di Dio, con un desiderio assoluto di gratificare Dio e solo perché Lui lo desidera e perché noi Lo amiamo e fatichiamo per Lui.

Questa è la legge dell’amore, scritta dal dito di Dio nei cuori dei suoi autentici servitori. Questa è la rinuncia a noi stessi che Dio ci richiede. Questo è il sacro giogo di Gesù Cristo e il Suo fardello leggero. Questa è la sottomissione della nostra volontà alla volontà di Dio, che il nostro Salvatore e Maestro ci richiede dalla sua parola e dal suo esempio. Perché il nostro Maestro e Salvatore, nostro Signore Gesù Cristo, non ci ha detto di dire mentre preghiamo il Padre nostro: «Padre nostro… sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra» (Mt 6,10)? Non ha forse gridato proprio prima della sua passione: «Non sia fatta la mia volontà, ma la tua» (Lc 22,42). Non ha dichiarato Egli, riguardo a tutta la Sua vita: «Sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di Colui che mi ha mandato» (Gv 6,38)?

Capisci adesso cosa significa tutto questo, fratello mio? Presumo che tu mostri il tuo entusiasmo e il tuo desiderio di raggiungere l’apice di tale perfezione. Gloria al tuo zelo! Tuttavia preparati al lavoro, al sudore e alla fatica fin dai primi passi sul cammino. Devi sacrificare tutte le cose a Dio e compiere solo la Sua volontà. Ma incontrerai in te tanti desideri diversi quanti sono i tuoi talenti e le tue volontà, le quali lottano tutte per essere soddisfatte, senza riguardo per ciò che concorda con la volontà di Dio. Quindi, per raggiungere l’obiettivo desiderato, è necessario prima di tutto sopprimere i propri desideri e alla fine estinguerli e distruggerli completamente. E per riuscire in questo obiettivo, dovresti sempre opporti a qualsiasi male in te stesso e spingerti verso ciò che è giusto. In altre parole, dovresti sempre lottare contro te stesso e contro tutto ciò che asseconda la tua volontà, che la incoraggia e la sostiene. Quindi, preparati per questo combattimento e guerra e comprendi che la corona [cioè il raggiungimento del tuo obiettivo] non è concessa a nessun altro se non ai coraggiosi tra i combattenti e i lottatori. Ma se questa è la più difficile di tutte le battaglie, perché combattendo contro noi stessi è dentro di noi che incontriamo l’opposizione, la vittoria è la più meravigliosa di tutte e, soprattutto, è la più gratificante per Dio. Perché se incoraggiato dallo zelo, vinci e distruggi le tue passioni e concupiscenze selvagge, gratificherai di più Dio e lavorerai per Lui in modo più magnifico che se ti flagellassi fino a far uscire sangue o ti stancassi con il digiuno più di qualsiasi anziano eremita del deserto. Perché anche se redimessi centinaia di schiavi cristiani dai miscredenti e li liberassi, ciò non ti salverebbe, se continui ad essere schiavo delle tue passioni. E qualunque lavoro tu svolga, per quanto meraviglioso, e con qualunque fatica e sacrificio tu possa realizzarlo, esso non ti guiderà verso il tuo obiettivo, se non presti attenzione alle tue passioni, dando loro la libertà di vivere e lavorare in te.

Infine, dopo aver compreso ciò che costituisce la perfezione cristiana e compreso che per raggiungerla devi combattere un’aspra guerra senza fine con te stesso, se vuoi davvero vincere questa guerra invisibile e meritare una corona, dovresti piantare nel tuo cuore queste quattro inclinazioni e le opere spirituali, armandoti di armi invisibili. Queste armi più affidabili e invincibili sono: 1) non dipendere mai da te stesso; 2) porta sempre nel tuo cuore una fiducia perfetta e audace solo in Dio; 3) lottare sempre; e d) rimanere saldi nella preghiera.




L’Anziano Giuseppe Vatopedinos (II)

dell’Anziano Ephraim, Igumeno del Monastero di Vatopedi

Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è gheron_iosif_vatopedinul.webp

Sebbene il beato anziano Giuseppe fosse uno straordinario esicasta, considerava la virtù dell’obbedienza il fondamento del monaco. Ecco perché ha disciplinato il suo discepolo in un modo che ad alcuni può sembrare troppo duro, per ottenere lo spirito e i frutti della vera obbedienza. Egli stesso esclamò ed esortava i suoi figli: “O beata obbedienza – e ancora obbedienza – a te appartengono senza dubbio gli scettri. Figlio mio, noi ed il vecchio Arsenio, per gustare questi beni celesti, spargemmo molto sangue nella lotta. Tu solo se sarai diligente nell’obbedienza godrai di uguale grazia con noi. Obbedite figli miei con tutta l’anima. Non c’è altra via più facile e più alta di questa”. Il beato Anziano considerava «veramente grande il mistero dell’obbedienza». Scrive nella sua lettera: “L’obbedienza o la disobbedienza non si fermano all’Anziano, ma attraverso lui egli guarda a Dio… Con altrettanto amore deve guardare all’Anziano come se vedesse un tipo di Cristo”.

Il nostro anziano Giuseppe era molto abile nel lavoro manuale. Costruì la nuova cella del suo Anziano alla piccola Sant’Anna, si impegnò a fare qualsiasi costruzione necessaria per la manutenzione di quel luogo. Una mattina avrebbe costruito una stufa per il grande Anziano, perché ormai il freddo di quell’inverno era diventato insopportabile e l’Anziano era anche molto debole. Ma per qualche inspiegabile motivo tutto andava al contrario, c’era una forte energia demoniaca. Allora il nostro Anziano andò dal grande Anziano per chiedergli cosa stesse succedendo. E gli riferì la cosa: Appena mi ha visto agitato, si è messo a ridere. “Anziano, ho detto, cosa sta succedendo qui? E perché stamattina mi hai detto come una profezia: ‘se finisci? Ma tu sai che per me questo lavoro era un gioco da ragazzi”. “Come hai concluso che fosse”, disse ridacchiando. “tentazione o energia maligna”. “Ecco cos’era”, rispose. E ascolta per conoscere ciò che a te sembra un mistero. La sera, durante la mia preghiera, quando avevo finito e volevo riposare, vidi Satana, che minacciava di portare ostacoli e tentazioni al compimento del lavoro che avevi progettato. Allora dissi al nostro Cristo: “Signore mio, non ostacolarlo, affinché possa dimostrargli che ti amo e che sopporterò il freddo finché lo permetterai”. E questa è stata la ragione, figlio mio, per cui tutto questo è stato fatto, affinché non avessi presto il calore, come Tu avresti voluto preparare per me”.

Il sabato di Lazzaro del 1948, padre Sofronio divenne monaco megaloschema e fu ribattezzato Giuseppe. Ricevette il nome del suo Anziano come onore e benedizione speciale. Il grande Anziano stesso confessò del suo neo-ordinato e omonimo discepolo che era “pieno di Grazia” in quanto “lottatore nell’obbedienza”. Padre Ephraim Katounakiotis celebrò la cerimonia come cappellano. Dopo che il beato anziano Giuseppe l’Esicasta si addormento, il Padre Efraim diventò il nostro gheronda Giuseppe e un amore spirituale inesprimibile univa i due asceti sotto la stessa paternità spirituale.

L’anziano Giuseppe l’Esicasta confidava le sue alte esperienze spirituali al suo discepolo per rafforzarlo spiritualmente e non farsi scoraggiare nella sua lotta. Così gli raccontò della visita ricevuta dalla Santa Theotokos nella cappella di Timios Prodromos nella piccola Sant’Anna, quando era molto depresso a causa di varie tentazioni esterne e calunnie. La Theotokos stessa gli apparve e gli disse: “Non ti avevo detto di porre la tua speranza in me? Perché ti scoraggi? Ecco, prendi Cristo!”. E allora Cristo, il divino Bambino, lo accarezzò tre volte sulla fronte e sul capo e lo riempì di incomparabile fragranza e gioia spirituale. Un’altra volta gli disse di aver visto con la visione della sua anima, come in un televisore, Padre Atanasio che veniva dal Santo Monastero di San Paolo al luogo della loro ascesi. Gli descrisse anche nei dettagli la teoria, le visioni divine rivelategli dalla Grazia di Dio, come la città di Dio, il cielo, il paradiso, ecc.

Diventare sottomessi a un anziano come l’anziano Giuseppe l’Esicasta non era un compito facile. Molti ci hanno provato, hanno fallito e se ne sono andati. Per questo motivo, all’inizio l’anziano non voleva accettare p. Sofronio. Ma una volta accettato, dopo le informazioni divine di cui sopra, fu esigente nei confronti del suo discepolo. E questo, naturalmente, non per motivi egoistici, ma sempre per il beneficio e il progresso spirituale del suo figlio spirituale. Lo educava con severità e con amore, con rimproveri e con ammonizioni. Gli praticava le incisioni necessarie per purificare il suo cuore dalle passioni, affinché potesse iniziare a sperimentare la Grazia di Dio, la santificazione.

Il nostro anziano Giuseppe visse per dodici anni come discepolo dell’esicasta Giuseppe. Nella Piccola Sant’Anna ha vissuto per sei anni. Le condizioni di vita lì erano molto dure e gli orari molto rigidi, nonostante tutti i problemi di salute che erano anche pericolosi per la sua stessa vita, poiché aveva emorragie gastriche ed altre emorragie, tuttavia il giovane monaco mantenne la fede e non si ritirò, lasciando anche la sua salute alla paterna Provvidenza di Dio, seguendo l’esempio del suo Anziano, che vedeva tutto con la fede e non con la ragione. Quando iniziò l’emottisi del nostro Anziano, allora il grande Anziano disse: “Arsenio, è finita. Dobbiamo andarcene. Se anche Giuseppe è malato, cosa faremo qui dentro?”. Charalambos era un sacerdote, il Padre Ephraim era malato, il vecchio Arsenio aveva 70 anni, ora avevano un problema di manutenzione, chi avrebbe svolto i compiti quotidiani, visto che il nostro anziano Giuseppe era quello che li svolgeva?

Nel settembre del 1953, in una notte di luna, presero le loro poche cose e scesero a Nea Skiti in alcune capanne isolate intorno alla torre della chiesa. Lì a Nea Skiti il nostro anziano Giuseppe per un anno, dal maggio 1957 al maggio 1958, servì anche come Dikaios [1]. Già prima della morte del grande Anziano, aveva acquisito una ricchezza spirituale che, per il suo grande amore, diffondeva a chi aveva bisogno di consigli e consolazione. Ci sono lettere di quel periodo che mostrano la grande altezza dell’esperienza spirituale del monaco sottomesso Giuseppe, mentre la sua teologia non derivava da conoscenze accademiche, che peraltro non aveva, ma era la sua esperienza personale.

Quando l’anziano Giuseppe l’Esicasta si ammalò di insufficienza cardiaca nel gennaio 1959, il nostro anziano prese l’iniziativa di curarlo. In una lettera scrive: “Senza consultarlo, perché non me lo permetteva, ho pregato con padre Ephraim e abbiamo portato subito un medico da fuori e, grazie a Dio, sembra che abbiamo vinto la battaglia. Il medico era un bravo scienziato e la diagnosi ha avuto successo. Ora stiamo facendo il trattamento con la prescrizione e i risultati sono buoni. La malattia è del cuore ed è in forma avanzata, ma speriamo di ottenere buoni risultati dove tutto sembrava perduto”.

Infine, l’anziano Giuseppe l’Esicasta si spense il giorno della Dormizione della Vergine Maria, da lui tanto venerata, il 15 agosto 1959, all’età di 62 anni. Dall’ottobre 1959, motivato dai figli spirituali del grande Anziano, il nostro Anziano iniziò a scrivere la sua vita e nel 1963 aveva completato la prima biografia in forma epistolare.

Si stima che più di 1000 monaci e monache discendano direttamente dalla “radice” dell’anziano Giuseppe l’Esicasta. Poiché aveva previsto questo, l’anziano non permise ai suoi seguaci di vivere insieme dopo la sua morte, ma li separò, cosa insolita, ovviamente, nell’ordine athonita. Prevedeva che sarebbero diventati igumeni e gheronda di grandi comunità. Quando si trovava nelle grotte della piccola Sant’Anna, aveva ricevuto la visita di Giovanni Bitsios di Ouranoupolis, nel momento in cui l’anziano aveva acquisito i suoi tre subordinati, l’anziano Giuseppe Vatopedinos, l’anziano Efraim Philotheitis e l’anziano Charalambos Dionysiatis. Il signor Bitsios chiese all’anziano se questi tre giovani monaci facessero parte del suo seguito e l’anziano Giuseppe rispose profeticamente: “Vedi questi ferri di cavallo, Giovanni? Verrà il tempo in cui questi piccoli cavalli riempiranno il Monte Athos di monaci”. Questa profezia si è avverata per Grazia di Dio, nonostante le condizioni e le circostanze logicamente avverse e impossibili. L’anziano Giuseppe l’Esicasta inizialmente era con gli zeloti, ma dopo una visione apocalittica e una voce divina che gli disse che “la Chiesa vivente è nel Patriarcato Ecumenico”, tornò alla comunione con la Chiesa canonica nonostante la guerra e le calunnie ricevute dagli zeloti. Tutto era diretto dalla Divina Provvidenza.

Il fatto che l’obbedienza e il silenzio vadano di pari passo nelle odierne comunità del Monte Athos, che ci sia questo binomio tra obbedienza e silenzio, pensiamo sia dovuto principalmente al beato anziano Giuseppe l’Esicasta e ai suoi seguaci. Il nostro anziano Giuseppe ha ricevuto come autentico sottomesso lo spirito sottomesso e contemplativo del beato anziano Giuseppe l’Esicasta. Anche noi abbiamo ricevuto questo spirito dal nostro defunto anziano Giuseppe e stiamo cercando, con i nostri umili sforzi, di conservarlo e trasmetterlo ai posteri.

NOTA:

[1] Nelle Skiti non c’è la figura dell’Igumeno ma del Dikaios che è un responsabile che è eletto pro tempore dagli altri asceti. Si occupa della Chiesa centrale dove si riuniscono per la Domenica e le grandi feste.




L’Anziano Giuseppe Vatopedinos (I)

dell’Anziano Ephraim, Igumeno del Monastero di Vatopedi

Il venerabile Giuseppe Vatopedinos fece la sua professione all’età di 16 anni, nell’estate del 1937, nel Santo Monastero di Stavrovouni a Cipro. Il motivo del suo ritiro fu il seguente evento. Dopo aver visto un film comico, sentì un grande vuoto esistenziale e una profonda avversione per il mondo. Si trovava da solo su una collina della città di Paphos in quell’ora serale, quando improvvisamente in una luce soprannaturale apparve la figura amorevole e pacifica del Signore.

Cristo stesso gli apparve e gli disse: “È per questo che ho creato l’uomo? L’uomo è immortale”. Dopo questa visione prese la decisione di rinnegare la vita mondana e di farsi monaco. Nella sua cella solitaria prese il nome di Sofronio e visse nel monastero per circa 10 anni. In occasione della questione del calendario che aveva diviso il monastero in due campi, ma essenzialmente guidato dalla provvidenza di Dio e su sollecitazione e benedizione del padre spirituale del monastero, padre Kyprianos, si diresse verso il Monte Athos per una vita spirituale più elevata.

All’inizio del 1947 fu temporaneamente ospitato nel santuario ascetico della Divina Ascensione sotto il Kyriakon della Skete di Agia Anna dal venerabile anziano Nicodemo e dal suo seguito di sei persone. Il gruppo ascetico si impegnava in lavori di falegnameria. La provvidenza di Dio fece in modo che, quando l’anziano Giuseppe l’esicasta ebbe bisogno di una porta di legno per la cappella, che era dedicata al Santo Battista, ne ordinò la costruzione alla squadra dove P. Sofronios alloggiava temporaneamente, ad Agia Anna.

L’anziano Giuseppe l’Esicasta a quel tempo riposava ad Agia Anna Minore con il suo co-praticante Padre Arsenios e Padre Athanasios, suo fratello nella carne, nelle ripide grotte del deserto. Era particolarmente rispettato dai devoti monaci athoniti come maestro di silenzio e di preghiera, come maestro dello stato monastico. Padre Sofronio rimase talmente colpito dalla forma e dalle parole dell’anziano Giuseppe che il giorno dopo chiese all’anziano di prenderlo nel suo seguito, ma l’anziano rifiutò. L’insistenza dell’allora giovane Sofronio convinse il Santo Anziano a promettergli che avrebbe prima pregato e poi sarebbe tornato il giorno dopo per dargli una risposta, che alla fine fu positiva. In seguito si seppe quale rivelazione venne al venerabile Anziano per convincerlo ad accettare il giovane Sofronio come suo primo subordinato. Vide un uccellino che volava e si sedeva sulla sua spalla e, mentre l’anziano lo guardava stupito, questo uccellino aprì la bocca e invece di cantare cominciò a teologizzare. In questo modo Dio gli comunicò che il giovane Sofronio sarebbe maturato spiritualmente sotto la sua guida, sarebbe diventato un vaso della Grazia di Dio e avrebbe ricevuto il dono della teologia.

Si adeguò subito al nuovo stile di vita degli anziani, che era appunto contemplativo. Dalla mattina a mezzogiorno lavoravano per vivere, di regola non potevano prolungare il loro ministero oltre l’ora stabilita di mezzogiorno, poi i vespri con il komboschini – tutti soli – o anche un po’ di lettura. Seguiva il pranzo, o meglio la cena, che terminava alle nove ora bizantina (cioè verso le tre o le quattro del pomeriggio), quindi ricevevano la benedizione dell’anziano e andavano a dormire brevemente. Dopo il riposo si preparavano, se c’era bisogno di qualcosa per il giorno successivo, e poi vegliavano pregando ciascuno nella propria cella fino a mezzanotte. Se avevano la Messa, era dopo mezzanotte; altrimenti facevano un momento di studio spirituale. Poi c’era il momento della comunicazione dei pensieri. Il nostro anziano Giuseppe ci ha raccontato questo: “Così restavamo da soli e dopo la mezzanotte o anche prima andavo dall’anziano, la cui capanna era più lontana da noi, e gli dicevo i miei pensieri e tutto quello che mi succedeva, lui mi rispondeva spiritualmente con tutto quello che era utile per la mia correzione e vita spirituale. Abbiamo mantenuto questa regola e l’hanno mantenuta anche gli altri fratelli quando siamo diventati più numerosi. Ma prima di allora l’anziano non accettava nessuno, e questo, come mi disse, lo mantenne fin dall’inizio”.

Vicino all’anziano Giuseppe, p. Sofronio imparò empiricamente che il monachesimo non è altro che trovare in questa vita un segno del regno dei cieli: l’esperienza della Grazia divina. Egli ha sottolineato di non aver mai dimenticato quei giorni e l’entusiasmo generato da questo stile di vita spirituale che ha rapidamente elevato gli atleti a un alto stato spirituale.

Il desiderio di padre Sofronio era la sua formazione spirituale da un anziano esperto nella vita esicasta, era particolarmente interessato all’acquisizione dell’orazione mentale. «Quando andai, fin dal primo giorno – racconta – l’Anziano mi spiegò dettagliatamente il senso della vita spirituale. In particolare, ha cercato di spiegare il tema della Grazia, che è il fattore principale che deve preoccuparci, perché senza di essa l’uomo non può realizzare nulla. A poco a poco “afferrai” il senso delle sue parole, perché mi avvalevo dell’aiuto di studi e consigli precedenti, ma praticamente ignoravo il modo e il tipo di questo atto. Un pomeriggio, pieno di ilarità e di gioia, l’anziano Giuseppe gli disse: “Vai e stasera ti manderò un “pacchetto” e vedrai quanto è dolce il nostro Gesù”. Dopo essersi riposato, come sempre, iniziò la veglia e si preparò, secondo il suo consiglio, a pregare, concentrando quanto più poteva la mente. Quanto al “pacchetto”, se n’era completamente dimenticato.

Lui stesso scrive di questa esperienza nel libro che scrisse sull’Anziano Giuseppe l’Esicasta: “Non ricordo come cominciò, ma so bene che una volta cominciato non ebbi il tempo di pronunciare il nome del nostro Cristo molte volte che il mio cuore era pieno di amore per Dio. All’improvviso si moltiplicò così tanto che non pregai più, ma mi meravigliai con stupore per questa effusione d’amore. Volevo abbracciare e adorare tutta la gente e tutta la creazione e nello stesso tempo pensavo così umilmente che mi sentivo sotto tutti il creato. Ma la pienezza e la fiamma del mio amore era verso il nostro Cristo, che sentivo presente, ma non potevo vederlo, per correre ai suoi piedi pieni di grazia e chiedergli come fa a infiammare così i cuori e a rimanere nascosto e sconosciuto. Ho avuto, allora, una sottile informazione che questa è la Grazia dello Spirito Santo e questo è il Regno dei Cieli, che Nostro Signore dice essere dentro di noi e ho detto: “lasciami restare, mio ​​Signore, non ho bisogno di nient’altro”. Ciò durò per un bel po’ di tempo e lentamente ritornai al mio primo stato. Aspettavo con ansia, con impazienza, il momento giusto per andare dall’Anziano per chiedergli cosa fosse successo e come fosse successo. Era il 20 agosto e splendeva la luna. Corsi e lo trovai fuori dalla sua cella che camminava nel suo piccolo cortile. Appena mi vide, cominciò a sorridere e prima che mi confidassi con lui, mi disse: “Hai visto quanto è dolce il nostro Cristo? Capisci ora praticamente quello che continui a chiedere? Ora affrettati a fare di questa grazia la tua proprietà e a non lasciartene derubare per negligenza”

L’anziano Giuseppe l’Esicasta aveva raggiunto il livello di essere in possesso della Grazia divina e di poterla trasmettere ai suoi discepoli. L’anziano Ephraim di Katounaki confessò che “non si poteva mai avere abbastanza della Grazia che l’anziano ti dava”. Qualcosa di insolito, impossibile anche per molti anziani contemplativi. Qualcosa che dimostra la massima fierezza davanti a Dio e rivela l’autentica, vera paternità spirituale in tutto il suo splendore. L’anziano che possiede ricchezze spirituali le consegna al discepoli, e quest’ultimo riceve questa eredità divina nel timore di Dio, affinché la conservi e la trasmetta a sua volta ai posteri. Questa è la quintessenza della tradizione athonita.

Dio ha sigillato le parole dell’anziano Giuseppe l’Esicasta nel suo buon subordinato. Il nostro anziano Giuseppe ce ne ha parlato. Inoltre, in quelle cose in cui esitava e tuttavia cedeva, per evitare che sorgesse una lite o una lotta da parte nostra, incontrammo così tanti ostacoli che era impossibile portarle a termine senza eccessivi sforzi e problemi”.

L’anziano Giuseppe si prese sempre cura spiritualmente dei suoi figli, non perse l’occasione di insegnare loro la carità, l’abnegazione, l’umiltà, l’obbedienza, il silenzio, la preghiera mentale e la quiete. In un’occasione mandò padre Sofronio carico di un sacco di grano da Mikra Agia Anna al Santo Monastero di Esfigmenou per macinarlo e riportarlo senza parlare per strada, senza mangiare o restare da nessuna parte. In totale avrebbe camminato almeno 16 ore. I padri lo servirono e insieme alla farina gli donarono un sacchetto di pesce salato per la benedizione dell’Anziano. Quando tornò al loro eremo, l’anziano Giuseppe gli disse: “Ho una lettera per la Lavra. Siediti, mangia e vai subito a prenderla. Il nostro Anziano compì senza riluttanza questo martirio. Altre otto ore di cammino.

Tuttavia, il nostro anziano Giuseppe testimonia i frutti di questa obbedienza e di questa sapienza: “Di notte andavamo a dire la nostra preghiera. Non avevamo il tempo di fare la nostra croce e di dire l’introduzione “Adoriamo” che subito la mente era presa. La mente era presa e così per quasi due ore non c’era più, non sentivamo la legge di gravità. E lentamente questa situazione si è ripresentata. E quello è stato il frutto di questo piccolo amore e prontezza per la fatica, non possiamo mentire. Questa è la realtà. Non ragioniamo… Quanta nostalgia ho di quei giorni, in cui abbiamo sopportato tanto esercizio di obbedienza e di abnegazione e il Signore «ha riversato il torrente della sua misericordia» sulla nostra anima umile! Con quanta ansia aspettavo di sentire il comando dell’Anziano e mi precipitavo avanti con tutta la mia ansia, senza mai alcun giudizio, dubbio, commento, timidezza, il “se” o il “forse”! Non esagero quando dico che per molti giorni e mesi ero costantemente pieno di sudore, senza provare alcun disagio o ansia per questo, poiché molte volte anche la legge di gravità era impercettibile, perché tutto era integrato e alleviato dalla testimonianza della grazia, dell’obbedienza e dell’abnegazione; abbiamo sentito costantemente il profumo della risurrezione e dell’eternità».

Testo originale in greco




La Regola di San Pacomio il Grande

Per le preghiere dei nostri santi Padri, Signore Gesù Cristo, nostro Dio, abbi pietà di noi. 

Amen. Gloria a te, nostro Dio, gloria a te. 

Re celeste, Consolatore, Spirito di Verità, che sei ovunque presente e riempi ogni cosa, Tesoro dei beni e Datore di vita: vieni ad abitare in noi, purificaci da ogni macchia e salva, o Buono, le anime nostre.

Santo Dio, Santo Forte, Santo Immortale, misericordia di noi. (Tre volte)

Gloria al Padre, al Figlio e al Santo Spirito, ora e sempre, e nei secoli dei secoli. Amen.

Santissima Trinità, abbi pietà di noi. Signore, cancella i nostri peccati. Sovrano, perdona le nostre iniquità. Santo, visita e guarisci le nostre infermità per amore del Tuo nome.

Signore, abbi pietà. (Tre volte)

Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo, ora e sempre, e nei secoli dei secoli. Amen.

Padre nostro, che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome. Venga il tuo Regno, sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra. Dacci oggi il nostro pane sovrasostanziale e rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori; e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal maligno. Amen.

O Signore, Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di noi. Amen.  

Kyrie eleison. (Dodici volte)

Gloria al Padre, al Figlio e al Santo Spirito, ora e sempre, e nei secoli dei secoli. Amen.

Venite, adoriamo Dio nostro Re.

Venite, adoriamo e prostriamoci davanti a Cristo nostro Re e Dio.

Venite, adoriamo e prostriamoci davanti a Cristo stesso, nostro Re e Dio.

Salmo 50

Abbi pietà di me, o Dio, secondo la tua grande misericordia; e secondo la moltitudine delle tue compassioni cancella la mia trasgressione. Lavami completamente dalla mia iniquità e purificami dal mio peccato. Poiché conosco la mia iniquità e il mio peccato è sempre davanti a me. Contro te solo ho peccato e ho fatto questo male davanti a te, affinché tu sia giustificato nelle tue parole e prevalga quando sei giudicato. Poiché ecco, io sono stato concepito nelle iniquità, e mia madre mi ha generato nei peccati. Poiché ecco, tu hai amato la verità; le cose nascoste e segrete della Tua saggezza mi hai manifestate. Mi aspergerai con issopo e sarò puro; Mi laverai e sarò reso più bianco della neve. Mi farai sentire gioia e letizia; le ossa umiliate si rallegreranno. Distogli il tuo volto dai miei peccati e cancella tutte le mie iniquità. Crea in me, o Dio, un cuore puro e rinnova dentro di me uno spirito retto. Non respingermi dalla tua presenza e non privarmi del tuo Santo Spirito. Restituiscimi la gioia della Tua salvezza e confermami con il Tuo Santo Spirito. Insegnerò le tue vie ai trasgressori e gli empi torneranno a te. Liberami dal sangue versato, o Dio, Dio della mia salvezza; la mia lingua si rallegrerà della tua giustizia. Signore, apri le mie labbra e la mia bocca proclamerà la tua lode. Perché se tu avessi desiderato il sacrificio, lo avrei dato; degli olocausti non ti compiacerai. Un sacrificio a Dio è uno spirito affranto; un cuore spezzato e umiliato Dio non lo disprezzerà. Fa’ del bene, o Signore, nel tuo beneplacito a Sion, e siano riedificate le mura di Gerusalemme. Allora gradirai il sacrificio di giustizia, l’oblazione e gli olocausti. Allora offriranno vitelli sul tuo altare.

Il Credo

Credo in un solo Dio, Padre Onnipotente, Creatore del cielo e della terra e di tutte le cose visibili e invisibili. E in un solo Signore Gesù Cristo, il Figlio di Dio, l’Unigenito, generato dal Padre prima di tutti i secoli; Luce della Luce, Dio vero da Dio vero; generato, non creato; di una sola essenza con il Padre, dal quale tutte le cose sono state fatte; Il quale per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo, si incarnò nello Spirito Santo e nella Vergine Maria, e si fece uomo; E fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, patì e fu sepolto; E risuscitò il terzo giorno secondo le Scritture; E salì al cielo e siede alla destra del Padre; E verrà di nuovo, con gloria, per giudicare sia i vivi che i morti e il suo regno non avrà fine. E nello Spirito Santo, che è Signore è dà la vita, e procede dal Padre e con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato e ha parlato per mezzo dei profeti. Credo nella Chiesa Una, Santa, Cattolica e Apostolica. Confesso un solo battesimo per la remissione dei peccati. Aspetto la risurrezione dei morti e la vita nel mondo che verrà. Amen.

La preghiera di Gesù:

          O Signore, Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore.   ( 100 volte)

Il licenziamento

È davvero doveroso benedire te, Oh Theotokos, sempre benedetta e irreprensibile, e Madre del nostro Dio. Più venerabile dei Cherubini e senza paragone, più gloriosa dei Serafini, Tu che senza corruzione hai partorito il Verbo Dio, quale vera Theotokos, noi ti magnifichiamo.

Gloria al Padre, al Figlio e al Santo Spirito, ora e sempre, e nei secoli dei secoli.   Amen.

Kyrie eleison. (Tre volte)      

O Signore, benedici.

O Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, per le preghiere della tua purissima Madre, dei nostri santi e teofori padri e di tutti i santi, abbi pietà di noi e salvaci, perché tu sei buono e amante dell’uomo.   Amen.




San Giustino (Polyansky): La preghiera

1. Cos’è la preghiera?

La preghiera è il dialogo tra il nous e il cuore del cristiano e Dio, rivolto a Lui per glorificare il suo santo nome, o per rendergli grazie, o per implorare da Lui tutto ciò di cui abbiamo bisogno per la vita spirituale e corporea. Esistono quindi tre tipi di preghiera: dossologia, ringraziamento e supplica.

L’opera della preghiera è la prima, la più importante nella vita di un cristiano. La preghiera è il respiro e la vita del nostro spirito, tale che se abbiamo preghiera, allora il nostro spirito è vivo; e se non abbiamo la preghiera, non c’è nemmeno vita nello spirito.

La preghiera è molto benefica per l’anima, per il corpo e per il benessere esteriore del cristiano: avvicinando l’anima a Dio, la preghiera la illumina, guarisce le sue infermità e la riempie di gioia spirituale; la preghiera rafforza la salute del corpo, guarisce le malattie e invoca la benedizione di Dio sulle fatiche dell’uomo e su tutte le sue attività terrene.

La preghiera è sia interna che esterna: la preghiera interna è quella che si compie nell’anima di un uomo; la preghiera esterna è quella accompagnata da segni esterni ed eseguita visibilmente.

Abbiamo una moltitudine di preghiere scritte, sia nella parola di Dio che nelle opere dei Santi Padri, e soprattutto nei libri liturgici della Chiesa. L’esempio più alto di tutte le preghiere è la Preghiera del Signore, il “Padre Nostro”.

E non ci è proibito pregare con preghiere brevi, la principale delle quali è: “Signore, Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore!” È anche possibile che ciascuno di noi reciti le proprie preghiere, secondo le proprie necessità, a condizione che queste preghiere siano dette con vera pietà e siano permeate di amore per Dio.

Tutta la nostra preoccupazione quando preghiamo dovrebbe essere che sentimenti di riverenza verso Dio sorgono nel nostro cuore uno dopo l’altro: sentimenti di umiliazione, fedeltà, gratitudine, dossologia, supplica, contrizione, sottomissione alla volontà di Dio, caduta con zelo ai Suoi piedi , e così via, affinché la nostra anima possa essere piena di questi sentimenti e il nostro cuore non sia vuoto. Quando proviamo questi sentimenti, diretti verso Dio, allora la nostra regola di preghiera è la preghiera, e quando non li abbiamo, la nostra regola di preghiera non è ancora la preghiera. La preghiera, ovvero il desiderio del cuore per Dio, deve essere risvegliato, e una volta risvegliato deve essere rafforzato; o, in altre parole, dobbiamo acquisire e coltivare uno spirito orante.

Il metodo e i mezzi per acquisire uno spirito orante si trovano nelle stesse preghiere che preghiamo come dovremmo. Leggi o ascolta la regola di preghiera come stabilito, e certamente susciterai e rafforzerai l’ascesa a Dio nel tuo cuore; cioè, entrerai in uno spirito di preghiera. Una grande forza orante è all’opera nelle preghiere dei Santi Padri, e chi vi entra con tutta la sua attenzione e zelo, certamente assaggerà questa forza orante nella misura in cui il suo stato d’animo converge con il contenuto della preghiera. Per fare della nostra regola di preghiera un vero mezzo per coltivare la preghiera, dobbiamo pregare affinché sia ​​il pensiero che il cuore percepiscano il contenuto delle preghiere che compongono la nostra regola di preghiera, dice il vescovo [San] Teofane [il Recluso], un famoso, grande ed esperto uomo di preghiera.

Ma tale preghiera non deve essere affrontata con leggerezza, senza pensare, a casaccio: da tale preghiera non verrà nulla, tranne il solo peccato. No, amati, per la preghiera corretta e salvifica dobbiamo prepararci con cura, con tutta l’attenzione.

Amen.

2. Come prepararsi alla preghiera?

San Dmitrij di Rostov insegna:

La preghiera è il volgere la mente e i pensieri a Dio. Pregare significa stare davanti a Dio con la mente, fissarlo fissamente con il pensiero e conversare con Lui con riverente timore e speranza. Se dunque vuoi pregare, raccogli tutti i tuoi pensieri, metti da parte tutte le preoccupazioni esterne e terrene, presenta la tua mente a Dio e guardalo.

Ne consegue che prima di iniziare a pregare e leggere la tua regola di preghiera, alzati un po’ o cammina un po’, fai smaltire la sbornia della tua mente, allontanandola da tutti gli affari e gli oggetti terreni, e pensa: Chi sei tu, chi desideri pregare, e chi è Colui che vuoi pregare? E suscita nella tua anima una corrispondente disposizione di autoumiliazione e il senso di stare davanti a Dio penetrato da riverente timore reverenziale. Per questo, devi immaginare nel modo più vivido possibile la grandezza sconfinata del Dio eterno, onnipotente, onnipresente e onniveggente, per il Quale il Cielo è il Suo trono e la Terra il Suo sgabello; immaginalo così vividamente come se Egli fosse in piedi davanti a te, guardandoti e ascoltandoti.

Dio rivelò il Suo nome a Mosè, il sempre esistente e vivente, e Mosè si prostrò davanti a Lui con grande timore e tremore. Dio disse ad Abramo: “Io sono Dio onnipotente, esistente sempre e ovunque; cammina davanti a me e sii irreprensibile”, e Abramo si confessò polvere e cenere davanti a Lui. Il venerabile Isaia vide il Signore sul trono alto e sovraesaltato, circondato da arcangeli e angeli, in una luce inavvicinabile, e si confessò peccatore. Il re Davide era così in sintonia che vide Dio alla sua destra e definì se stesso un verme, non un uomo. Questi sono esempi di come immaginare Dio e sintonizzarsi quando ci si prepara alla preghiera!

Poi, preparandosi alla preghiera, è necessario:

a) purificare la coscienza da ogni pensiero impuro e peccaminoso; 

b) raccoglierti e concentrare tutti i tuoi pensieri su Dio; 

c) eliminare soprattutto ogni inimicizia verso il prossimo, invidia e malizia. 

La preghiera stessa non deve essere detta altrimenti che nel nome del Signore Gesù Cristo, con indubbia fede e speranza di ricevere ciò che chiedi, con profonda umiltà, con disposizione sincera.

Dobbiamo sapere che oggetto delle nostre preghiere sia ciò che è gradito a Dio e santo, come: glorificare il nome di Dio, la salvezza nostra e quella del prossimo, e tra i beni temporali, solo ciò che è essenzialmente necessario per noi e per i nostri vicini. Inoltre, dobbiamo essere costanti nella preghiera, anche se a volte non riceviamo per molto tempo ciò che chiediamo. Sappiate infine anche che stare davanti a un’icona e fare prostrazioni non è preghiera, ma solo un accessorio della preghiera; recitare preghiere a memoria, o da un libro, o ascoltarle non è ancora preghiera, ma solo uno strumento della preghiera, o un mezzo per scoprirla e suscitarla. La preghiera stessa è, come abbiamo detto, l’emergere uno dopo l’altro di sentimenti di riverenza verso Dio nel nostro cuore: umiliazione, devozione, gratitudine, lode, supplica, contrizione, sottomissione alla volontà di Dio, prostrazione zelante davanti a Lui, e altri di questi sentimenti. Con questi pensieri e sentimenti, inizia le tue preghiere.

Amen.

3. Come pregare?

Dopo essersi adeguatamente preparato per la preghiera, il cristiano si alza per la preghiera con beata speranza: accende una candela o una lampada davanti alle sante icone, si protegge con il segno della croce, si prostra davanti a Dio e inizia la consueta regola della preghiera. Nell’adempimento della sua regola di preghiera, deve leggere senza fretta, penetrare in ogni parola, portare nel suo cuore il pensiero di ogni parola e accompagnare tutto questo con le prostrazioni e il segno della croce. Questa è l’essenza di una regola di preghiera gradita a Dio e fruttuosa .

Assorbi ogni parola della preghiera, portando nel tuo cuore il significato di ogni parola; cioè comprendi ciò che leggi e senti ciò che hai capito. Ad esempio, leggi: “Purificami da ogni impurità”: senti tutta la tua impurità, sii contrito al riguardo, desideri la purezza e supplicala dal Signore con completa speranza. Leggi: “Sia fatta la tua volontà” e, nel tuo cuore, affida completamente il tuo destino al Signore, con piena disponibilità ad affrontare bonariamente tutto ciò che il Signore ti manda. Leggi: “E rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori” – e nella tua anima perdona tutto a tutti, implorando così perdono per te stesso dal Signore Dio.

Se lo fai con ogni versetto della tua preghiera, quella sarà una regola di preghiera adeguata. E per realizzarla con maggior successo in questo modo, devi:

a) avere una regola di preghiera ben nota, non grande, in modo che con i tuoi affari abituali tu possa adempierla senza fretta; 

b) leggi e medita attentamente le preghiere della tua regola nel tuo tempo libero, comprendi e senti ogni parola della preghiera, per sapere in anticipo cosa dovrebbe esserci nel tuo cuore e nella tua anima con ogni parola, così sarà facile per te capire e sentire cosa stai leggendo durante la tua regola di preghiera.

Se durante la preghiera i tuoi pensieri volano verso altri argomenti, sforzati di mantenere l’attenzione e riporta il pensiero all’argomento della preghiera; e di nuovo vola via, di nuovo riportalo indietro. Ripeti la lettura finché ogni parola della preghiera non sarà letta con comprensione e sentimento. Questo ti aiuterà a liberare la mente dalla distrazione nella preghiera. Ma San Basilio Magno si chiede: “Come possiamo ottenere la non distrazione nella preghiera?” E lui risponde: «Essere indubbiamente convinto che Dio è davanti ai tuoi occhi. Chi prega con questa convinzione avrà la mente che non si allontana da Colui che mette alla prova il cuore e le reni… Per questo non bisogna permettere che l’anima resti inoperosa nella contemplazione di Dio e delle sue opere e dei suoi doni. come dalla confessione e dalla gratitudine per tutto”.

E se qualche parola di preghiera ha un forte effetto sulla tua anima, devi fermarti su di essa, senza andare oltre. Rimani in questo luogo con attenzione e sentimento, nutri la tua anima con esso, o con i pensieri che esso produce. Non interrompere questo stato finché non passa da solo. Ciò significa che lo spirito di preghiera comincia a radicarsi nel cuore di chi prega in questo modo; e questo stato è il mezzo più affidabile per nutrire e rafforzare in noi lo spirito di preghiera.

Amen.

4. Cosa fare dopo la preghiera?

Avendo imparato a rivolgerti a Dio con il cuore e la mente leggendo le preghiere scritte, devi poi insegnare a te stesso a rivolgerti a Lui con i tuoi sospiri di preghiera il più spesso possibile.

Dopo aver terminato la regola di preghiera, soprattutto al mattino, dì con san Dmitrij di Rostov: “Procediamo, santa contemplazione, e immergiamoci nella riflessione sulle grandi opere di Dio”. Durante questo, siediti e comincia a riflettere, ora su una, domani su un’altra delle proprietà e delle opere di Dio, e produci la disposizione corrispondente nella tua anima; tocca il tuo cuore con questo e inizierai a riversare la tua anima in preghiera.

Inizia, ad esempio, a riflettere sulla bontà di Dio e vedrai che sei circondato dalla misericordia di Dio sia fisicamente che spiritualmente, e cadrai davanti a Dio in un’effusione di sentimenti di gratitudine. Inizia a riflettere sul Dio onnipresente e capirai che sei davanti a Dio ovunque e Dio è davanti a te, e non puoi fare a meno di essere pieno di riverente stupore. Inizia a ragionare sulla verità di Dio e sarai certo che nessuna azione malvagia rimarrà impunita, e sicuramente deciderai di purificare tutti i tuoi peccati con sincera contrizione davanti a Dio e pentimento. Comincia a riflettere sull’onniscienza, e saprai che nulla in te è nascosto agli occhi di Dio, e certamente ti risolverai ad essere severo con te stesso e attento in ogni cosa, per non offendere Dio che tutto vede. Questo è il primo mezzo per insegnare all’anima a rivolgersi a Dio con la preghiera, cioè con la contemplazione divina, il più spesso possibile.

Il secondo mezzo è volgere ogni opera alla gloria di Dio. Se ti imponi come regola, secondo il comandamento apostolico (1 Cor 10,31), di fare ogni cosa, anche mangiare e bere, alla gloria di Dio, allora sicuramente, in ogni azione, grande o piccola, ricorda Dio; e non ricordare semplicemente, ma, con timore, per non agire in modo sconveniente in qualsiasi situazione o offendere Dio con qualsiasi azione. Questo ti porterà a rivolgerti a Dio con timore e a chiedergli in preghiera aiuto e ammonimento. E poiché stiamo quasi sempre facendo qualcosa, ci rivolgeremo quasi sempre a Dio in preghiera. Possiamo così insegnare alla nostra anima a rivolgersi a Dio il più spesso possibile durante la giornata.

Il secondo mezzo per insegnare all’anima a rivolgersi puramente a Dio è invocare spesso Dio di cuore con parole brevi, secondo i bisogni dell’anima e le circostanze attuali. Quando inizi a fare qualcosa, dì: “Signore, benedici!” Quando lo finisci, dì non solo con la lingua, ma con il sentimento del cuore: “Gloria a te, Signore!”. Quando sorge una passione, dì: “Salvami, Signore, perché sto morendo!” Quando sei nell’oscurità dei pensieri confusi, grida: Porta la mia anima fuori dal carcere! (Salmo 141,10). Quando ti trovi di fronte ad azioni ingiuste e sei trascinato nel peccato, prega: Guidami, o Signore, nella Tua via (Salmo 85,10) oppure: “Non lasciar vacillare il mio piede!” (cfr Sal 120,3). Quando il peccato ti opprime e ti conduce alla disperazione, grida con la voce del pubblicano: Dio, abbi pietà di me peccatore! (Lc 18,13). E così via in ogni situazione. O semplicemente dire più spesso: “Signore, abbi pietà! Mia Signora, Santissima Theotokos, salvami! Angelo di Dio, mio ​​santo custode, custodiscimi e proteggimi!” Oppure gridare con altre parole simili. Soltanto, fai questi appelli il più spesso possibile, e sforzati in ogni modo affinché escano dal tuo cuore, come se ne fossero spremuti; e così acquisirai l’abilità della conversazione noetica con Dio.

E così, in aggiunta alla regola della preghiera, prosegui in divina contemplazione: volgiamo ogni nostra azione alla gloria di Dio; facciamo brevi e accorati appelli a Dio che sono lo strumento più efficace per acquisire un costante spirito di preghiera e una preghiera propriamente gradita a Dio e benefica.

Oh, miei diletti, se fossimo disposti a pregare secondo quanto sopra, allora con l’aiuto della grazia dello Spirito Santo, acquisteremmo uno spirito orante e una vera preghiera! Allora svilupperemmo una seconda ala della preghiera, sana e forte, e ascenderemo facilmente a Dio sulle ali del digiuno e della preghiera.

Amen.

5. Sulla Preghiera di Gesù

Ogni vero cristiano deve sempre ricordare e non dimenticare mai che ha bisogno di essere unito al Signore e Salvatore con tutto il suo essere: dobbiamo permettere a Lui (il Signore) di dimorare nei nostri cuori e nelle nostre menti; dobbiamo imparare a vivere la sua vita tutta santa. Egli ha ricevuto la nostra carne e noi dobbiamo ricevere la Sua carne e il Suo Spirito Santo: riceverli e custodirli per sempre. Solo una tale unione con nostro Signore ci porterà quella pace e quella grazia, quella luce e vita che abbiamo perso nel primo Adamo e che ora ci vengono restituite nel volto del Secondo Adamo, il Signore Gesù Cristo. E per tale unione con il Signore, dopo la Comunione del Suo Corpo e Sangue, il mezzo migliore e più affidabile è la Preghiera noetica di Gesù, che è la seguente: “Signore, Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me!”

Molti Santi Padri ci insegnano questa preghiera in vari modi. San Giovanni Climaco dice:

Sforzati di racchiudere la tua mente nelle parole della preghiera di Gesù: prega ad alta voce, con la mente e con attenzione, il cuore non può che partecipare alla preghiera attenta. Quindi, chi prega in questo modo, pregherà con la bocca, la mente e il cuore. E riuscendo nella preghiera, acquisterà la preghiera del cuore e del nous, attirando a sé la grazia divina.

Questo metodo di San Giovanni Climaco è il più semplice, il più comprensibile e il migliore.

Tra i nostri asceti russi, San Nilo di Sora consiglia il silenzio dei pensieri, non pensare a nulla durante la preghiera, sia esso buono o cattivo. Invece di ogni pensiero, ci invita a guardare costantemente nel profondo del cuore e a dire: “Signore, Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore!” Si può pregare, secondo l’insegnamento di San Nilo di Sora, sia in piedi che seduti o sdraiati, senza costringere il corpo affinché lo spirito possa agire liberamente in esso, trattenendo solo il respiro in modo da respirare tranquillamente e di rado. (nota: Altri Padri russi, come Sant’Ignazio (Brianchaninov), avvertono, tuttavia, che praticare la Preghiera di Gesù in questo modo, con una respirazione speciale, può essere dannoso senza una guida esperta o un padre spirituale)

San Serafino di Sarov consiglia ai principianti di praticare continuamente la Preghiera di Gesù. Quando preghi, dice, presta attenzione a te stesso, cioè raccogli la mente e uniscila all’anima. All’inizio, per un giorno o due o più, recita questa preghiera solo con la mente, separatamente, prestando particolare attenzione ad ogni parola. Quando il Signore riscalderà il tuo cuore con il calore della Sua Grazia e ti unirà in un solo spirito, allora questa preghiera scorrerà incessantemente dentro di te e sarà sempre con te, deliziandoti e nutrendoti. All’inizio dovresti dire la Preghiera di Gesù con la tua voce, cioè con la bocca, la lingua e le parole, udibili da te stesso. Quando la bocca, la lingua e i sensi sono sazi della preghiera pronunciata ad alta voce, la preghiera udibile cessa e comincia a essere pronunciata sottovoce.

“Allora”, dice il santo monaco russo Dorotheos, (nota 2: Il giardino fiorito del santo monaco Dorotheos  è un monumento dell’antica tradizione russa dell’inizio del XVII secolo, ed è una guida alla vita monastica) “la preghiera del cuore e della mente inizierà a muoversi da sola, a lavorare incessantemente, circolando e agendo, in qualsiasi momento, durante qualsiasi lavoro, in qualsiasi luogo”.

Per non perdersi nei vari metodi e definizioni della Preghiera di Gesù, basta seguire questi maestri: San Giovanni Climaco, San Nilo di Sora, San Serafino di Sarov e Dorotheos. Quindi, che tu stia in piedi, seduto, camminando o sdraiato, allena i tuoi pensieri a distaccarti da tutto, fai tacere la tua mente (San Nilo di Sora); presta attenzione a te stesso, raccogli la mente e uniscila all’anima. All’inizio, per un giorno o due o più, recita questa preghiera solo con la mente, separatamente, prestando particolare attenzione a ogni parola (San Serafino di Sarov); sforzati di racchiudere la tua mente nelle parole della Preghiera di Gesù: prega ad alta voce e con la mente, e con attenzione, con la partecipazione del cuore (San Giovanni Climaco); prima di’ la preghiera ad alta voce a te stesso, poi sottovoce, e impara a dirla con la mente (Dorotheos).

Sulla base di tutto ciò che è stato detto sulla Preghiera di Gesù possiamo farci un’idea della sua prassi. «Quando inspiri, dì: ‘Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio’, e così porta mentalmente il Signore nel tuo cuore; e quando espiri, continua: ‘abbi pietà di me peccatore!’ ed espellere così mentalmente la tua peccaminosità nel nome del Salvatore”. Questo metodo di recitare la Preghiera di Gesù è il più semplice da imparare e può essere utilizzato giorno e notte.

Cos’è la corda da preghiera? Cosa significa? La corda da preghiera che portiamo ci ricorda il nostro dovere di pregare la Preghiera di Gesù senza sosta; ma serve anche come aiuto per contare le preghiere, soprattutto quando si legge la regola di San Pacomio il Grande,3 che richiede 1.200 preghiere di Gesù durante il giorno e 1.200 di notte: 2.400 in totale, con 100 preghiere all’ora.

La Preghiera di Gesù è necessaria anche per i laici e non solo per i monaci? È assolutamente necessario, perché ogni cristiano, come è stato detto all’inizio di questo insegnamento, deve essere unito al Signore nel suo cuore: e il mezzo migliore per questa connessione è la preghiera di Gesù.

Amen.

6. Sull’asceta che prega Dio nel cuore.

Dice il Salmo 83: Beato l’uomo… che ha fatto ascese nel suo cuore (v. 6). Cos’è questa salita? In termini di preghiera, questo non è altro che raccogliere insieme i tuoi pensieri e i tuoi sensi e presentarli a Dio, in preghiera. E i libri ecclesiastici includono modi per farlo. Nei vecchi libri queste sono chiamate preghiere di ingresso o preghiere di congedo, e nei nostri libri rappresentano il consueto inizio.

Le preghiere d’ingresso sono usate ancora oggi dai Vecchi Credenti. Si leggono così: “O Dio, purifica me peccatore! Dio, abbi pietà di me peccatore! Tu mi hai creato, Signore, abbi pietà di me! Innumerevoli volte ho peccato, Signore, perdonami! È davvero doveroso benedirti, o Theotokos… E il congedo: Gloria a Te, o Cristo nostro Dio e nostra speranza, gloria a Te!” e il resto. Qual è il senso e il significato di questo inizio? Può, tra le altre cose, servire come un ottimo modo per raccogliere i nostri pensieri che divagano su vari argomenti, concentrarli sull’economia incarnata della nostra salvezza, e immergere così tutta la nostra esistenza peccaminosa nell’abisso della sconfinata misericordia di Dio.

Così, le preghiere penitenziali di questo inizio, “O Dio, purificami”, e le altre ricordano al lettore attento i tempi dell’Antico Testamento, quando l’umanità caduta sospirava verso il Cielo, che gli era chiuso, chiedendo misericordia. L’inno della Theotokos, “E’ davvero un incontro”, ricorda la porta celeste che ci ha aperto il Regno della grazia mediante l’incarnazione del Figlio di Dio, nostro Salvatore. Il congedo, “Gloria a te, o Cristo nostro Dio”, indica il tempo salvifico del Nuovo Testamento e ci spinge a ringraziare e glorificare il Signore Dio per averci concesso la salvezza. In questo modo, le preghiere d’ingresso raccolgono i nostri pensieri dispersi e li concentrano sull’economia incarnata della nostra salvezza e ci preparano alla preghiera salvifica. Si usa all’inizio delle preghiere, e l’inizio si rilegge anche alla fine, anche se qui si chiamano preghiere di congedo; e sia la preghiera d’ingresso che quella di congedo sono necessariamente accompagnate da una prostrazione.

Per noi l’inizio della preghiera è quello abituale: “Benedetto è il nostro Dio;. Gloria a te, nostro Dio; O Re Celeste; Santo Dio (3x); Gloria; O Santissima Trinità; Signore, abbi pietà (3x); Gloria; Padre Nostro.

Qual è il significato e il senso di questa regola? Ha un significato profondo, un alto significato.

L’uomo cristiano, come creazione di Dio per la sua origine e come figlio di Dio per la grazia della redenzione, è sempre obbligato a benedire il suo Creatore e Salvatore, se non vuole essere escluso dal genere umano. E così, sull’esempio del santo Salmista, che disse di sé: Benedirò il Signore in ogni tempo, la sua lode sarà sempre sulla mia bocca (Sal 33,1), lo farà sempre, e soprattutto quando comincerete a pregare, gridate: “Benedetto è il nostro Dio, ora e sempre e nei secoli dei secoli. Amen.”




Regole del digiuno previste nel capitolo 33 del Typicon

È bene sapere che durante il digiuno dei Santi Apostoli e della Natività di Cristo, il martedì e il giovedì, non mangiamo pesce, ma solo olio e vino.

Il lunedì, il mercoledì e il venerdì non gustiamo né olio né vino, ma digiuniamo fino all’ora nona, e in questi giorni mangiamo cibi secchi.* Il sabato e la domenica mangiamo pesce.

Se un Santo che ha la [Grande] Dossologia cade di martedì o di giovedì, mangiamo pesce.
Se di lunedì, allo stesso modo.
Se di mercoledì o venerdì è consentito solo olio e vino; mangiamo una volta al giorno.
Se un Santo che ha la veglia che [cada] di mercoledì o di venerdì, permettiamo olio, vino e pesce.
Se la memoria del Santo a cui è il tempio è dedicato cade di mercoledì o di venerdì, facciamo altrettanto.

Un’istruzione fornita nel Typicon alla data del 14 novembre

“È opportuno sapere che da domani inizieremo il digiuno per la Natività di Cristo, i santi quaranta giorni. Durante questi quaranta giorni, dobbiamo osservare tre giorni in ogni settimana, digiunando dall’olio e dal vino: lunedì, mercoledì e venerdì.

Solo se ricorre un grande Santo, permettiamo [un allentamento] per la sua memoria, e lo facciamo [questo] per amore del Santo [e] per amore della sua festa, che [durante] questo mese [di novembre] sono i [giorni] 16, 25 e 30, [e in] dicembre [sono] i giorni 4, 5, 6, 9, 17 e 20. Infatti, in questi giorni, se di martedì e di giovedì, mangiamo pesce. Il lunedì, il mercoledì e il venerdì permettiamo solo olio e vino; non mangiamo pesce, se non [nella festa del] Tempio. Se una di queste [è la festa del] Tempio del monastero, permettiamo pesce e vino. All’ingresso della Theotokos [nel Tempio], in qualunque giorno accada, [anche] se di mercoledì o venerdì, permettiamo anche il pesce.

Alcuni tipici ci comandano di digiunare dal 9 dicembre e non permettono il pesce, tranne il sabato e la domenica e [nella festa del] Tempio o di un santo. Dal 20° giorno, anche fino al 25, se capitano sabato e domenica, non è consentito il pesce.”

Di seguito una sintesi delle prescrizioni di cui sopra:

  1. Il pesce è consentito tutti i sabati e le domeniche, esclusi il 20 e 21 dicembre.
  2. Il pesce è consentito nei seguenti giorni feriali: 21 novembre/4 dicembre (ingresso della Theotokos nel Tempio), 25 novembre/8 dicembre (Apodosi dell’ingresso della Theotokos nel tempio), 4/17 dicembre (Grande-martire Barbara), 22/9 (Concezione della Theotokos).
  3. Vino e olio sono ammessi tutti i martedì e giovedì.
  4. Vino e olio sono consentiti anche nei seguenti giorni feriali: 24 novembre/7 dicembre (Grande martire Caterina), 5/18 dicembre (Venerabile Sabbas il Consacrato), 12/25 dicembre (San Spiridione), 17/30 dicembre (Profeta Daniele).
  5. Nei giorni di lunedì, mercoledì e venerdì, salvo quanto indicato ai precedenti commi 2 e 4, non sono ammessi pesce, vino e olio.
    *Il termine “cibo secco” si riferisce alla “xerofagia”, che significa cibo non bollito crudo, essiccato, salato o in salamoia, nonché pane semplice.
    **Il permesso per olio e vino nella festa della grande martire Caterina (4/17 novembre) non è menzionato nel Typicon, ma è menzionato nel Menologion che è allegato al Grande Horologion.
    ***Se viene servita una veglia per il Venerabile Sabbas il Consacrato (18 dicembre), allora è consentito il pesce.
    Si precisa che le prassi locali potrebbero richiedere la modifica delle disposizioni di cui sopra. Ad esempio, se una commemorazione locale, come quella di Sant’Innocenzo di Irkutsk (26 novembre/9 dicembre) o l’icona di Kursk (27 novembre/10 dicembre), si svolge in un giorno feriale e viene servita una veglia, in quel giorno è consentito il pesce.
    In alcune località non viene rispettata la prescrizione di astenersi dal pesce nei giorni feriali successivi al 9/22 dicembre. Se questo è il caso, allora, quando si svolge una commemorazione locale, come quella di Sant’Herman dell’Alaska (12/25 dicembre), e viene servita una veglia, il pesce è consentito in quel giorno.

Fonte: https://www.orthodox.net/ustav/nativity-fast.html




San Giustino (Polyansky): Il Digiuno

DIGIUNIAMO SUL SERIO

Sul digiuno e la preghiera

San Giustino di Ufa e Menzelinsk fu ordinato sacerdote nel settembre 1853. Sua moglie morì nel 1862 e fu tonsurato al monachesimo nel giugno 1863. Prestò servizio in vari monasteri e seminari e il 27 gennaio 1885 fu consacrato Vescovo di Mikhailovsk, vicario della diocesi di Ryazan. Servì in diverse diocesi e il 14 ottobre 1896 fu nominato vescovo di Ufa e Menzelinsk. Si ritirò nel 1900 e trascorse il resto della sua vita, fino al pacifico riposo avvenuto il 26 settembre 1903, nella reclusione monastica. Nel 1988, è stato glorificato come santo venerato a livello locale nella Sinassi dei santi di Crimea.

Ecco, la Grande Quaresima è arrivata, grazie a Dio! Tutti i cristiani sono ora obbligati a digiunare e pregare.

Come apprendiamo dai Santi Padri della Chiesa e dall’esperienza, il digiuno e la preghiera sono le due ali che aiutano il cristiano ad ascendere al Cielo; cioè lo aiutano a rinunciare a tutto ciò che è peccaminoso e a stabilirsi nel regno di tutto ciò che è santo. Così straordinariamente grande è il potere del digiuno e della preghiera! Ma, miei amati, possiamo acquisire questo potere con l’aiuto della grazia di Dio se comprendiamo adeguatamente il significato e il senso del digiuno e della preghiera e se li pratichiamo come dovremmo.

Cominciamo quindi in questi giorni di digiuno a dedicarci a uno studio attento del digiuno e della preghiera; e allo stesso tempo cominciamo a digiunare e a pregare con impegno.

Sul digiuno

1

Il digiuno non è semplicemente la consueta moderazione nel cibo e nelle bevande prescritta dalla prudenza e dalla scienza medica, finalizzata a preservare la salute del corpo; si tratta piuttosto di un grado più elevato di temperanza, insieme alla distinzione del cibo e delle bevande: temperanza prescritta ai figli della Santa Chiesa per determinati giorni e periodi di digiuno.

Il digiuno, secondo la spiegazione dei Santi Padri, fu istituito da Dio stesso, in Paradiso, quando ai primi uomini, ai nostri antenati, fu proibito di gustare il frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male (Gen. 2: 17). Troviamo molti esempi di digiuno nell’Antico Testamento (Nm 29, 1 – 3 Re 7 – Sal 34,13 – 1 Mac 3,47). Nel Nuovo Testamento, il Salvatore stesso, venuto non per abolire ma per dare compimento alla Legge, ha santificato il digiuno con il Suo digiuno di quaranta giorni nel deserto prima di intraprendere il Suo ministero pubblico. Oltre al suo esempio, insegnò anche il digiuno con la sua parola, quando disse ai suoi discepoli: Badate a voi stessi, affinché i vostri cuori non siano mai sovraccarichi di sazietà e di ubriachezza (Lc 21,34).

Ciò che Gesù Cristo insegnò e ciò che comandò, la Santa Chiesa lo ha sempre seguito fermamente. Gli Atti degli Apostoli presentano non pochi esempi della stretta osservanza del digiuno da parte dei primi cristiani; e da allora la Santa Chiesa non ha mai dimenticato il digiuno. I Santi Padri e gli insegnanti della Chiesa hanno molte istruzioni e decreti sul santo digiuno. San Basilio Magno parla direttamente: “Poiché noi, nella persona dei nostri antenati, non abbiamo digiunato, siamo stati cacciati dal Paradiso. Digiuniamo dunque per entrare nuovamente nel Paradiso» ( Omelia 1 Sul digiuno ).

Pertanto, la Santa Chiesa ha stabilito alla fine quattro digiuni, secondo le quattro stagioni dell’anno, come tempi di digiuno comune e di pentimento: due digiuni in onore del Signore Gesù Cristo: la Grande Quaresima e il digiuno della Natività, uno in onore di quello della Madre di Dio: il digiuno della Dormizione, e uno in onore della discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli: il digiuno degli Apostoli. Abbiamo anche digiuni di un giorno nella festa dell’Esaltazione della Croce del Signore e della Decapitazione di San Giovanni il Precursore ; mercoledì in ricordo del tradimento di nostro Signore Gesù Cristo alla sofferenza, e venerdì in ricordo della Sua stessa sofferenza e morte. Tutti i digiuni sono obbligatori per ogni cristiano, in quanto figli della Chiesa, ad eccezione dei malati e degli infermi.

Tuttavia, purtroppo, ci sono sempre state persone, e ora ce ne sono molte, che abusano del digiuno o lo rifiutano del tutto, indifferenti al fatto di diventare così figli disobbedienti della Chiesa che ha comandato il digiuno, incorrere in innumerevoli malattie, e vengono costantemente curati e muoiono prima del tempo. Quanto sono pietose queste persone! Sono così stolti e deboli che preferiscono ammalarsi e morire prematuramente piuttosto che smettere di mangiare qualcosa di dolce. Oh, bambini, bambini!

D’altra parte, quanti grandi e sensibili digiunatori ha la Chiesa di Cristo, sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento: lì Mosè, Elia e Davide; qui il Battista e i suoi innumerevoli imitatori che vissero tutti una vita lunga e sana; hanno vissuto e commesso grandi azioni. Nel sabato della Settimana dei Latticini, la Santa Chiesa ricorda e glorifica l’innumerevole schiera di santi di Dio di ogni genere, rango, età e sesso che hanno brillato nel digiuno. La Santa Chiesa lo fa prima della Grande Quaresima, tra l’altro, per darci esempi di digiuno.

Perciò, poiché anche noi siamo circondati da un così grande nuvolo di testimoni, deponiamo ogni peso e il peccato che così facilmente ci opprime, e corriamo con pazienza la corsa che ci è posta davanti, guardando a Gesù Cristo. autore e perfezionatore della nostra fede. Il quale, per la gioia che gli era posta dinanzi, sopportò la croce, disprezzando l’infamia, e si è seduto alla destra del trono di Dio (Eb 12,1-2).

Amen.

Il significato e il senso del digiuno

2

Dopo aver stabilito un concetto generale di digiuno, dopo averne brevemente rivelato il significato e il senso per noi, ora, amati, cominciamo a scoprirne l’essenza.

Secondo il nostro duplice essere – corporeo e spirituale – la Chiesa ha comandato un duplice digiuno: corporeo e spirituale. Parliamo prima del digiuno fisico.

Cos’è il digiuno corporeo?

Il digiuno corporeo è il consumo misurato di cibi e bevande, in particolare il digiuno di cibo. Il tipico della Chiesa stabilisce chiaramente sia il tempo di consumo che la qualità del cibo a digiuno. E con quanta saggezza e amore viene fatto tutto questo! A volte, quando necessario, non viene prescritto alcun cibo; a volte viene indicato il cibo più magro: solo pane con sale e acqua; a volte vengono fornite frutta e verdura; a volte una specie di brodo; a volte viene previsto un solo piatto per pasto, a volte due; a volte è consentito il vino e anche il pesce nelle feste più importanti. Tutto è rigorosamente calcolato, allo scopo di indebolire i moti appassionati della carne che suscitano il mangiare abbondante e dolce; ma non per indebolire completamente la nostra natura corporea, ma, al contrario, per renderla leggera, forte e pienamente capace di obbedire ai moti dello spirito e di soddisfarne energicamente le esigenze.

Chi ha deciso di digiunare secondo i precetti del Typicon della Chiesa riguardo al consumo dei cibi conosce per esperienza tutta la bontà e la salubrità della xerografia prescritta. Innumerevoli schiere di santi che hanno brillato nel digiuno hanno sperimentato questo. Tutti rispettavano rigorosamente le regole prescritte una volta per tutte e ordinavano la quantità e la qualità del cibo. E allora? Erano sempre sani; non avevano quasi mai bisogno di cure; e se qualche volta ne avevano bisogno, venivano curati con il digiuno e l’astinenza; ecco perché vissero cento anni, compiendo imprese incredibili.

Quindi, carissimi, il digiuno consiste nel consumare il cibo secondo la determinazione della Chiesa riguardo alla sua quantità, tempo e soprattutto qualità. Durante il digiuno, i fedeli non dovrebbero consumare cibo prima di mezzogiorno, dovrebbero consumare solo cibo a digiuno e, inoltre, con moderazione; si astengano non solo da tutte le bevande che infiammano il sangue o gratificano il gusto, ma anche da tutti i divertimenti, i giochi, i piaceri e le riunioni oziose; in generale, tutto ciò che suscita sensualità.

È dovere di ogni figlio della Chiesa ortodossa preservare i digiuni come istituzione divina e come azione o mezzo per adorare Dio. Il Signore stesso comanda: Santifica il digiuno (Gioele 1,14, 2,15); volgetevi a me con tutto il cuore, con digiuni, con pianti e con lamenti (Gioele 2,12). Per la violazione dei digiuni, l’ira di Dio si abbatte sulle famiglie, sulle nazioni e sui regni con grandi calamità (Salmo 77,29-30, Luca 21,34). Non osservando i digiuni, mancando di rispetto alle leggi della Chiesa, un uomo non può essere un vero figlio della Chiesa. Ci si può aspettare che un figlio della Chiesa ortodossa che è disobbediente nelle piccole questioni esterne mantenga l’obbedienza negli obblighi più importanti?

Il digiuno è un mezzo necessario per avere successo nella vita spirituale e per raggiungere la salvezza; poiché il digiuno, privando la carne di cibi e bevande eccessivi, indebolisce la forza delle pulsioni sensuali. Da ciò si può vedere che il digiuno ha diversi benefici:

a) Il digiuno mostra rapidamente e chiaramente a un uomo che poco è necessario per la sua vita, e la sua salute non dipende da cibi e bevande raffinati, ma semplici; 

b) il digiuno rivela molto presto le passioni e i vizi che regnano nell’uomo, a cui si è aggrappato con il cuore, e che la sua carne ama più di tutto; 

c) il digiuno ci rende capaci di preghiera e di riflessione su Dio e sul Divino. “Chi digiuna prega con buon animo”, dice San Giovanni Crisostomo. 

In generale, il digiuno è un mezzo di preparazione molto potente per tutte le azioni grandi e salvifiche. Ciò è profondamente sentito da tutte le persone prudenti e amanti di Dio, sempre e ovunque. Tutti i santi digiunavano molto rigorosamente e all’unanimità consigliavano agli altri di digiunare.

Miei amati ascoltatori! Avendo compreso l’essenza e compreso il significato e il senso del digiuno, naturalmente, come figli obbedienti della Chiesa, non ci opponiamo più all’insegnamento della Chiesa sul digiuno, ma decidiamo di osservare tutti i digiuni prescritti dalla santa Chiesa, secondo il Tipycon. Ma dobbiamo prepararci gradualmente al digiuno: non si può diventare digiunatori tutto in una volta.

Amen.

Abituarsi al digiuno

3

Come, amati, possiamo abituarci al digiuno? Prima di tutto, richiede un’acclimatazione graduale. Alcuni si lanciano in modo avventato e frettoloso e iniziano a digiunare oltre le loro forze. Un simile digiuno non è sostenibile, non è utile, ma piuttosto dannoso. O danneggiano la loro salute, oppure diventano impazienti e irritabili per la fame, si arrabbiano con tutto e tutti inutilmente, oppure il loro digiuno diventa presto insopportabile e lo abbandonano. Per rendere salda la nostra disposizione al digiuno, dobbiamo abituarci a digiunare lentamente, con attenzione, non tutto in una volta, ma gradualmente, poco a poco.

Ecco come hanno fatto i digiunatori esperti. Il venerabile Dorotheos abituò così il suo discepolo Dositheos alla moderazione (temperanza nel cibo). Per prima cosa gli ha chiesto quanto pane mangia al giorno. Lui rispose: un pezzo e mezzo. L’insegnante gli ordinò di mangiarne un quarto e un quarto. Dopo un po’ gli chiese di nuovo se fosse sazio o affamato. Il discepolo rispose: Mi sembra un po’ poco, ma sono soddisfatto; Io non ho fame. L’anziano allora gli ordinò di mangiarne solo un pezzo. In questo modo conduceva il suo discepolo fino al limite estremo, quando mangiava poco ma si sentiva sano, sazio, leggero e pronto a lavorare. Il maestro non permetteva al discepolo di diminuire ulteriormente la somma, per non diventare debole e incapace di compiere le sue obbedienze.

La cosa principale qui è la gradualità, con la quale un uomo può facilmente familiarizzare con tutto ciò che è buono, anche con le cose difficili; ma afferrandosi a questo e a quello senza ordine, quasi nessuno può abituarsi a qualcosa di decente. Quindi, seguendo questo esempio, ognuno guardi il suo stomaco e determini di quanto cibo e bevande ha bisogno in un giorno. Poi riduca gradualmente la quantità di cibo che consuma, fino al punto in cui non è più possibile ridurla ulteriormente, per non diventare debole, esausto e incapace di lavorare. Ecco la regola principale data dal Signore stesso: non gravate i vostri cuori con l’eccesso di cibo e l’ubriachezza. Riguarda la quantità di cibo, quanto consumi.

E per quanto riguarda la qualità, o in altre parole, quale preciso tipo di cibo dovremmo mangiare, la nostra amorevole madre, la Santa Chiesa, ha saggiamente decretato. Non ci prescrive il digiuno continuo, poiché molti di noi si prescrivono il consumo continuo di carne. No, la Santa Chiesa conosce meglio di noi le vie del nostro nutrimento. Ha stabilito quattro periodi di digiuno all’anno e due giorni alla settimana. Perché la Chiesa ha organizzato i suoi digiuni in questo modo? Oltre agli obiettivi morali – indebolire il corpo e renderlo uno strumento più obbediente dello spirito e quindi purificarlo da ogni sporcizia peccaminosa – la Santa Chiesa aveva in mente anche obiettivi di guarigione quando organizzava giorni e orari di digiuno. Se il nostro corpo fosse nutrito durante tutto l’anno con lo stesso tipo di cibo – sia senza digiuno che a digiuno, allora il nostro stomaco potrebbe facilmente ingrossarsi, indebolirsi o ostruirsi. Bisogna quindi pulirlo di tanto in tanto, oppure rimetterlo in ordine, come fanno e consigliano i medici. Con questo in mente, la Chiesa ha organizzato i suoi digiuni in modo che possano essere curativi per noi: dopo un consumo prolungato di cibo non a digiuno, ci dà un digiuno per purificare e ripristinare l’attività dello stomaco; e avendo fatto ciò, la Chiesa permette nuovamente il cibo non a digiuno.

L’orario per mangiare durante i digiuni è fissato non prima di mezzogiorno. Devi anche abituarti gradualmente a questo. Dopo esserti abituato alla quantità di cibo, non sarà difficile da fare. Ma il solo digiuno fisico non basta; il digiuno spirituale è indissolubilmente legato ad esso.

Amen.

Digiuno spirituale

4

Cos’è il digiuno spirituale?

Il digiuno spirituale è strettamente connesso con il digiuno corporeo, allo stesso modo in cui la nostra anima è collegata al corpo, lo penetra, lo anima e insieme ad esso costituisce un tutt’uno; come l’anima e il corpo costituiscono una persona vivente. E perciò, mentre digiuniamo corporalmente, è necessario digiunare anche spiritualmente: “Mentre digiuniamo con il corpo, fratelli, digiuniamo anche nello spirito. Sciogliamo ogni vincolo di iniquità», comanda la santa Chiesa. Come possiamo mantenere questo digiuno spirituale?

Nel digiuno corporeo, l’astinenza da cibi abbondanti, deliziosi e dolci è in prima linea; nel digiuno spirituale, è l’astinenza da movimenti peccaminosi appassionati che deliziano le nostre inclinazioni sensuali e i nostri vizi. In questo caso si rinuncia al cibo non a digiuno più sostanzioso in favore del cibo a digiuno meno saziante; lì rinunciamo ai nostri peccati e alle nostre trasgressioni preferiti e pratichiamo le virtù opposte. Il digiuno spirituale significa digiunare con tutti i poteri e le capacità della nostra anima, così come con tutte le membra del nostro corpo.

Lascia che la mente digiuni, non permettendo pensieri vuoti e cattivi; digiuni il cuore, astenendosi da sentimenti peccaminosi; digiuni la nostra volontà, indirizzando tutti i nostri desideri e intenzioni all’unica cosa necessaria; digiuni la lingua dalle parole vergognose e dalle calunnie; infatti a che serve se ci asteniamo dal pollame e dal pesce, ma rosicchiamo e divoriamo i nostri fratelli con la nostra lingua malvagia? “Chi calunnia, divora la carne del suo fratello, rosicchia la carne del suo prossimo”, dice San Giovanni Crisostomo. Lasciamo che i nostri occhi digiunino, imparando a non correre dietro ai bei volti, a non fissare la bellezza di qualcun altro; poiché il cibo degli occhi è la contemplazione. Nuoce il digiuno e sovverte la salvezza dell’intera anima se è illegale e non consentito, ma adorna anche il digiuno se è lecito e senza peccato.

Sarebbe molto stolto astenersi con la bocca mediante il digiuno dai cibi e anche da quelli consentiti, lasciando agli occhi anche ciò che non è consentito. Non mangi carne, non consumare la sensualità con gli occhi (Crisostomo). Le vostre orecchie siano ben tese, senza badare a pettegolezzi o calunnie: non riceverete notizie vane, dice la Scrittura (Es 23,1). Anche le mani digiunino, purificandosi dal furto di ciò che appartiene ad altri e dall’avidità; e digiunino i piedi, cessando di correre verso spettacoli poco raccomandabili e feste dannose per l’anima, verso danze seducenti e vergognose. “Stai digiunando”, dice San Giovanni Crisostomo, “lascia che ciò esprima con le tue stesse azioni. Quali azioni, potresti chiedere. Se vedi un povero, dagli l’elemosina; se vedi un nemico, fai pace con lui; se vedi un amico compiere azioni lodevoli, non invidiarlo; se vedi una bella donna, passa oltre”.

In breve, l’essenza del digiuno è espressa nel seguente inno della Chiesa:

Se digiuni dal cibo, anima mia, e non ti purifichi dalle passioni, invano ti rallegrerai della tua astinenza. Perché se non cerchi la correzione, come un bugiardo sei odioso agli occhi di Dio, simile agli spiriti malvagi, che non mangiano affatto. Non rendere inutile il digiuno peccando, ma resisti fermamente a tutti gli impulsi malvagi. Immagina di stare accanto al Salvatore crocifisso, o meglio, di essere crocifisso con Colui che è stato crocifisso per te; e grida a Lui: Ricordati di me, o Signore, quando verrai nel tuo Regno. (Settimana dei latticini, Mattutino del Mercoledì, Aposticha, 1^ stichera)

Questo è il vero digiuno!

Se, amati, proviamo a combinare il digiuno spirituale con il digiuno corporeo, allora il nostro digiuno sarà “vero e accettabile”. (Prima Settimana della Grande Quaresima, Vespri del lunedì, Aposticha, 1^ stichira) E se eseguiamo un tale digiuno nella pratica, faremo crescere un’ala del digiuno forte e sana. Ma non puoi volare con un’ala: devi prestare attenzione all’altra, l’ala della preghiera.

Amen.


LEGGI ANCHE:




Monaco Charalambos del Monte Athos

Monaco Charalambos Kapsaliotis (1914 -1998)

Lo abbiamo incontrato a Karyes. Sempre curvo, povero, a fabbricare corde per rosari; per questo lo chiamavano Anziano Charalambos “il fabbricante di komboskini“. Sempre di buon umore, con un sorrisetto nascosto e dicendo costantementela preghiera di Gesù.

Nacque a Vourla, in Asia Minore nel 1914. Arrivò al Monte Athos nel 1937. Tornò nel mondo, dove prese parte alla guerra contro gli invasori tedeschi. In una battaglia sopravvisse miracolosamente. Ecco come lo racconta: “Una volta ci trovammo su una collina dove i tedeschi spararono. Quelli che erano lì sulla collina furono tutti uccisi tranne gli ultimi sei. Le persone cadevano e stavo cercando di determinare se avevo le braccia, il petto o mi mancava qualcosa. La terra mi ha coperto e così non mi hanno sparato, perché avevo la santa croce addosso e ho creduto. I soldati che se ne sono accorti mi hanno afferrato i vestiti. Solo loro si salvarono. Tutti gli altri furono uccisi sulla collina.” Nel mondo continuò a vivere come un monaco.

Nel 1943 venne definitivamente al Monte Athos. Divenne monaco in una capanna dell’eremo di Agios Panteleimon Koutloumousios e fu chiamato Charalambos da Basilios. Non lasciò il Monte Athos finché non si addormentò. Era un monaco carino. Ha vissuto principalmente a Karyes e Kapsala. “Continuava a dire la preghiera in un sussurro. “Quando diciamo la preghiera, disse, non siamo soli. Abbiamo sempre con noi Cristo, la Vergine Maria e tutti i santi, purché diciam la preghiera.” D’inverno, diceva, “il Signore mi scalda”. Viveva in una capanna improvvisata. Disse: “Se non credessi in Cristo, potrei rintanarmi qui?”

Fu spesso disturbato e combattuto dai demoni, ma combatté anche contro di loro, come dice il santo Giovanni Climaco: “Nel nome di Gesù tormentava i nemici!”. Vide anche angeli luminosi e il suo cuore era pieno di gioia indicibile. Aveva un amore speciale per la Panagia. Con particolare gioia continuava a recitare i suoi canoni. La sua pietà era grande. Adorava Cristo e lo invocava costantemente. Diceva: “Bisogna accontentarsi di Cristo, poi vengono lacrime dolci e così si desidera con gioia e speranza, ma ancora una volta non si deve confidare in se stessi ma nella misericordia di Cristo”. Parlare con lui portava pace e gioia. Non diceva mai cose inutili e banali. 

La Vergine Maria e i Santi, invocati con fervore, più volte lo salvarono da diversi pericoli. Alle persone che venivano dal mondo e che gli chiedevano una parola benefica, gli bastava dire: “Allontanatevi dal male e fate il bene”. Era altruista, indulgente, paziente e gentile.

Un monaco che lo conobbe da vicino dice di lui: “Era un po’ rustico, sciatto e distaccato. Spesso veniva trovato mezzo disteso a terra mentre intrecciava un rosario. Quando gli parlavi, rispondeva bruscamente e poi, con la sua voce lunga e pesante, diceva “Signore Gesù Cristo”, senza smettere di intrecciare un rosario e guardando in basso. Quando si rese conto che ormai le malattie si era accumulate, chiese protezione al monastero di Stavronikita. Nel 1995 si recò al monastero con tutti i suoi averi, che consistevano in tre lastre di cera purissima e un sacco di filo per i komboskini. Per tutto il tempo trascorso nel monastero fu quasi costretto a letto. I padri che lo servivano potevano solo sentire buone parole dalla sua bocca. Con la sua voce pesante e strascicata continuava a ripetere la preghiera di Gesù. Raccontato i sui bei sogni, le visioni e le apparizioni di demoni e angeli. Non era affatto esigente. Benediceva coloro che lo servivano con un caloroso ringraziamento per la loro cura nei suoi confronti. Da anni portava una grande croce. Soffriva molto di una grossa ernia ed era quindi costretto a letto. Ecco perché quando lo si incontrava era sempre disteso a terra. 

Si addormentò nel Signore il 18/2/1998 nel sonno beato dei giusti, lasciando un esempio di semplicità e determinazione. Fu sepolto nel cimitero del monastero di Stavronikita.

Fonte: Monaco Mousseos Agioreitou, Mega Gerontiko, vol. 3, Mygdonia ed. p. 1461-1467.

Foto: Αγιορείτικη Προσωπογραφία

Detti dell’Anziano:

“Pregate per tutti, tranne che per i nemici di Dio, cioè gli eretici. Per loro è bene dire: Se vuoi. Signore, illuminali”.

“A coloro che non credono, non dico parole spirituali profonde, per evitare che soffrano molto. “Chi ascolta e non fa, soffrirà molto”.

Il vecchio Charalambos viveva in modo semplice, ascetico, con la preghiera e il canto in bocca. Era pacifico e dava ottimi consigli, pratici e spirituali. Mentre faceva tutto questo, le sue mani non smettevano mai di sferruzzare i grani del rosario. Aveva imparato a sferruzzare anche di notte, senza luce.

Quando soggiornava a San Charalambos a Karyes, l’acqua gocciolava sul suo letto quando pioveva. Mise delle tavole sotto il soffitto e sopra il montante del letto e un nylon in modo che l’acqua scorresse accanto ad esso.

Diceva: “Il monaco dovrebbe camminare a quattro zampe a causa del digiuno”.

Un giovane andò a comprare un komboskini dal vecchio Charalambos. Egli gli chiese: “Lo vuoi per tua sorella?”. In effetti lo voleva per sua sorella. Aggiunse: “Nella nappa metterò del filo rosso, che è il colore della verginità, perché diventerà suora”. E in effetti dopo qualche anno si fece suora.

Dio dice: “Distruggerò tutti gli operatori di iniquità”. Ma i santi cadono (si inginocchiano) e dicono: ‘Anche noi siamo peccatori, perdonaci. Nostro Signore!’ Così Dio ferma la sua ira”.

“Pronunciare la preghiera allontana la tentazione. Allora Satana è indebolito. La preghiera lo distrugge. Il nemico ci combatte quando Dio lo permette. E finché vivremo, finché le nostre anime non partiranno, anche noi lo combatteremo. Poi, quando lo avremo sconfitto e non avremo fatto la sua volontà, Dio ci porterà alla sua destra nel suo regno”.

Grande aiuto abbiamo: “Signore Gesù Cristo, abbi misericordia di me”. La preghiera è tutto: salvezza dell’anima e salute del corpo, illuminazione e ringraziamento. Bisogna dire la preghiera”.

“Dio vuole l’umiltà. Non importa quante virtù abbiamo e se ci chiedono consigli sulla vita spirituale, dobbiamo dire che siamo servi malvagi. Se dici: “Sono bravo nella vita spirituale”, hai dimenticato tutto. È orgoglio.

“Per la salvezza delle nostre anime dobbiamo compiere la legge di Dio, andare alla nostra Chiesa, perdonare al nostro prossimo per quello che ci ha fatto. Quindi, tutto sta nelle buone opere e nella fede. Non disperiamo. Oh, la disperazione è il diavolo”.

“Nel nome di Gesù, le falangi di demoni sono schiacciate. Nel nome di Gesù, alla seconda venuta, ogni carne sarà spezzata. E alcuni ingannatori dicono: “Che cosa adoriamo nel nome?”. L’apostolo Paolo intende dire che adoriamo Cristo, non il nome. Cristo non è separato dal suo nome, è lo stesso. Nel Suo nome gli Apostoli hanno compiuto miracoli”.

“Un giorno stavo facendo delle piccole cose qui, sono caduto e mi sono fatto male a una gamba. Era giorno, mi ero appena alzato e vedo qualcuno che mi sorride. “Cosa ci fai qui?”, dico, ma lui non parla. “Chi sei?”, gli chiedo di nuovo, e proprio mentre stavo per alzare la mano per toccarlo, è scomparso. “Cane stercorario”, dico al diavolo, “sei stato tu a buttarmi a terra?”. “L’ho visto come una bestia, come un ragno, con gli occhi, non con i sogni, e ho pregato Dio di rendermi saldo nella fede”.

“Lasciamo il teologico, diciamo il pratico. Una volta ho visto in una veglia a Kutlumusi il Santo del giorno vestito con i paramenti diaconali per tre volte uscire dal santuario e sparire. Dopo la comunione, ho aspettato di vedere il diacono fare l’abluzione, ma non l’ho visto. Ho chiesto e mi è stato detto che non c’era nessun diacono”.