PRELEST: THE ORTHODOX WORD – 1965 – Vol. 1, No. 4, p. 155

di I. M. KONTZEVICH

Il cammino verso la trasfigurazione, e in effetti la ricerca della verità a qualsiasi livello, incontrano ostacoli – non tanto spesso un’opposizione diretta quanto una sottile seduzione satanica – di cui ogni Cristiano Ortodosso dovrebbe essere consapevole.

Il principale pericolo nell’intraprendere un percorso ascetico è la possibilità di essere soggetti all’autoinganno o prelest. “Tutte le forme di prelest”, dice il Vescovo Ignazio, “a cui è soggetto l’atleta della preghiera derivano dal fatto che il pentimento non è stato posto a fondamento della preghiera, che il pentimento non è stato reso l’anima e lo scopo della preghiera. Colui che tenta di accedere alle nozze del Figlio di Dio non in abiti nuziali puliti e luminosi, che sono stati tessuti con il pentimento, ma indossando degli stracci, in uno stato di autoinganno e di peccaminosità, viene gettato nelle tenebre esteriori; nell’inganno[1] demoniaco”. L’umiltà è la compagna costante della santità; l’umiltà con cui San Simeone il Nuovo Teologo riconosce la sua imperfezione e si pente dei suoi peccati e delle sue cadute passate, serve a garantire che la sua esperienza mistica sia completamente priva di elementi di prelest e di orgoglio spirituale. Nella letteratura ascetica ci sono innumerevoli avvertimenti dati a coloro che iniziano la vita monastica, per non permettere loro di soccombere a false visioni, per non farsi sedurre, per non scambiare un angelo delle tenebre per un angelo della luce. Allo stesso modo troviamo in San Simeone ammonizioni a non fidarsi della varietà di rumori, voci, apparizioni spaventose, visioni di luce percettibile, odori fragranti e così via, che si avvicinano all’asceta durante la preghiera… Insieme all’umiltà, il mistico è protetto dal pericolo di cadere in una sorta di falso misticismo di un legame segreto con la Chiesa”.

Tutte  le varie forme di autoinganno o prelest rientrano in due categorie e procedono, in primo luogo, da un’attività difettosa della mente e, in secondo luogo, da un’attività difettosa del cuore (sentimento): “È un orgoglio stolto desiderare e sforzarsi di ricevere visioni spirituali con una mente non purificata dalle passioni e non rinnovata e ricreata dalla mano destra del Santo Spirito; è lo stesso tipo di orgoglio e di stoltezza per il cuore desiderare e sforzarsi di godere dei sentimenti divini, quando è ancora del tutto inadatto ad essi” (Vescovo Ignazio).

Il primo tipo di prelest, a causa dell’eccitazione della mente e dell’immaginazione, finisce spesso con la pazzia e il suicidio; il secondo, che si chiama fantasia, anche se finisce più raramente in modo così tragico – perché la fantasia, anche se porta la mente alle più spaventose illusioni, non la getta ancora nel delirio come nel primo caso – è comunque altrettanto rovinoso. L’asceta, cercando di accendere nel suo cuore l’amore per Dio e trascurando il pentimento, si sforza di raggiungere un sentimento di delizia, di estasi, e come risultato ottiene esattamente il contrario: “entra in comunione con Satana e si infetta di odio per il Santo Spirito”.

“La fantasia”, in vari gradi, si trova ovunque: “Chiunque non abbia uno spirito contrito, che riconosca in sé alcun tipo di merito e di valore; chiunque non si attenga interamente all’insegnamento della Chiesa Ortodossa, ma su una tradizione o un’altra abbia elaborato il proprio giudizio arbitrario o abbia seguito un insegnamento non ortodosso, si trova in questo stato di prelest. Il grado di prelest è determinato dal grado di deviazione e di ostinazione nella deviazione” (Vescovo Ignazio).

Nello stato decaduto, tra tutti i sentimenti solo uno può essere utilizzato nell’adorazione invisibile: il dolore per i peccati, per la peccaminosità, per le cadute, per la nostra dannazione, che si chiama lutto, pentimento, contrizione dello spirito, ecc. «Il sacrificio a Dio è uno spirito contrito: un cuore contrito e umiliato non sarà disprezzato da Dio» (Sal 50,17)”. (Vescovo Ignazio)

Citiamo un esempio caratteristico di prelest derivante dall’eccitazione della mente e dell’immaginazione, tratto dalle parole del Vescovo Ignazio:

Un monaco lo visitò e gli disse: “Padre, prega per me, dormo e mangio molto”. Mentre diceva questo, il vescovo Ignazio sentì un calore che usciva da lui. Per chiarire lo stato spirituale del monaco, il vescovo Ignazio, gli chiese di istruirlo nella preghiera e, orrore, questo monaco cominciò a insegnargli un “metodo di preghiera estatica e visionaria”. “In seguito, è apparso chiaro che il monaco non conosceva affatto l’insegnamento dei Santi Padri sulla preghiera. Nel corso della nostra conversazione gli dissi”, racconta ancora il vescovo Ignazio:

“Senti, Starets, se vai a vivere a Pietroburgo, non prendere assolutamente una stanza al piano superiore, ma cerca di prenderne una al piano terra.

‘Per quale motivo mi dici questo?’ rispose il monaco.

‘Perché, rispose il vescovo, se mai gli angeli pensassero di sequestrarti e trasportarti da Pietroburgo all’Athos e ti prendessero da un piano superiore, se ti facessero cadere saresti ucciso; ma se ti prendessero dal piano terra e ti facessero cadere, ti faresti solo del male’.

‘Se tu sapessi, rispose il monaco, quante volte, mentre ero in preghiera, mi è venuto il vivido pensiero che gli angeli mi avrebbero portato via e messo sull’Athos’.

Si scoprì che questo schima-ieromonaco indossava catene, non dormiva quasi mai, mangiava poco e sentiva un tale calore nel corpo che non aveva bisogno di vestiti caldi in inverno. Verso la fine della conversazione mi venne in mente di prendere la seguente strada: Cominciai a chiedere al monaco, essendo un digiunatore e un asceta, di provare il metodo insegnato dai Santi Padri, in base al quale la mente durante la preghiera si libera da ogni tipo di fantasia, si assorbe interamente nell’attenzione alle parole della preghiera, è confinata e trattenuta, come si esprime San Giovanni della Scala (Gradino 28, 17), nelle parole della preghiera, mentre allo stesso tempo il cuore esprime il suo accordo con la mente per mezzo del sentimento di salvezza dell’anima, del dolore per i peccati, come disse San Marco l’Asceta: “Quando la mente prega senza distrarsi, il cuore è contento: Un cuore contrito e umiliato Dio non lo disprezzerà” (Filocalia, vol. 1). Quando l’avrai provato tu stesso”, dissi al monaco, ‘informami del risultato della tua esperienza, perché sarebbe terribile per me, con la vita distratta che conduco, intraprendere un tale esercizio’.

Il monaco accettò. Dopo qualche giorno, venne da me e mi disse: ‘Che cosa mi hai fatto? Ebbene, quando ho provato a pregare con attenzione, confinando la mente nelle parole della preghiera, tutte le mie visioni sono scomparse e non riesco più a riprenderle’. Conversando con il monaco non ho notato quell’audacia e quella fiducia in sé stesso che si notavano in lui durante il nostro primo incontro e che di solito si notano nelle persone che sono in uno stato di autoinganno, che si credono sante o che progrediscono spiritualmente. Il monaco espresse il desiderio di ascoltare i miei poveri consigli. Quando gli consigliai di non distinguersi dagli altri con l’apparenza, perché questo porta alla presunzione, si tolse le catene e me le consegnò. Allo stesso tempo mi disse che sul Monte Athos molti, anche tra coloro che godono di una reputazione di santità, usano il metodo di preghiera che lui aveva usato e lo insegnano anche agli altri” (Vescovo Ignazio).

Nota dell’editore: l’esempio di prelest sopra citato, tratto dalla vita monastica, non deve far supporre che sia un pericolo solo per i monaci e gli asceti: ha un’influenza molto potente anche a livelli elementari dell’ascensione spirituale. Nell’ulteriore selezione che segue dallo stesso saggio, il vescovo Ignazio descrive l’ingannevolezza dell’IMITAZIONE DI CRISTO di Tommaso da Kempis, un manuale religioso cattolico ancora molto popolare in Occidente, anche se ormai considerato “vecchio stile” dai modernisti cattolici che sono passati ad altre forme di prelest.

“In questo libro promana l’unzione dello spirito maligno, che lusinga il lettore, intossicandolo con il veleno della falsità… Il libro conduce il lettore alla comunione con Dio senza una precedente purificazione attraverso il pentimento; per questo motivo trova una particolare simpatia tra gli appassionati, coloro che non conoscono la via del pentimento, non sono preservati dall’autoinganno e dal prelest, non hanno come base autorevole l’insegnamento dei Santi Padri della Chiesa Ortodossa. Il libro produce un forte effetto sul sangue e sui nervi, li eccita, ed è per questo che è particolarmente gradito alle persone schiave della sensualità: con questo libro possono divertirsi senza rinunciare ai piaceri della sensualità. La presunzione di sé, la raffinata sensualità e la vanità sono messe in scena dal libro al posto dell’azione della Grazia Divina… Tramite questo le persone carnali entrano in estasi per un piacere e un’intossicazione e non sperimentano la crocifissione della carne con le sue passioni e i suoi desideri, bensì l’adulazione del loro stato decaduto”.


[1] Ndt. prelest nell’originale