“La gioia di tutti coloro che sono nell’afflizione”: THE ORTHODOX WORD – 1965 – Vol. 1, No. 1, p. 21

THE ORTHODOX WORD

1965 – Vol. 1, No. 1

Gennaio – Febbraio

Pubblicato con la benedizione di sua eminenza John Maximovich, Arcivescovo dell’America Occidentale e San Francisco, Chiesa Ortodossa Russa Fuori dalla Russia.

Editori: Eugine Rose, M.A, & Gleg Podmoshensky, B. Th.

Pagina 21-31

Illustrazione della prima pagina del n.1 della rivista, Nuova Cattedrale Ortodossa Russa in San Francisco (non completata).

“La gioia di tutti coloro che sono nell’afflizione”

                             “D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata” (Luca 1,48)

                                                                                                                                      

Nessun aspetto della pratica ortodossa è maggiormente radicato e più saldamente stabilito come quello della venerazione delle icone. Una delle feste più importanti dell’anno liturgico, quella del Trionfo dell’Ortodossia che si celebra la prima domenica del Grande Digiuno di Quaresima, fu istituita a seguito della restaurazione delle immagini dopo il periodo iconoclasta. È doveroso ricordare, a questo proposito, come l’opera più degna di nota del Settimo Concilio Ecumenico fu quella di giustificare, teologicamente, la venerazione delle icone. Ciononostante, ancora oggi continuano ad esistere molte idee sbagliate sulla venerazione delle icone. In particolar modo, esse si riscontrano tra i non ortodossi e, in ragione di ciò, è doveroso spendere alcune parole su questo tema, prima di dedicare la nostra attenzione all’icona della Santissima Madre di Dio.

L’accusa più grave, ma anche la più comune, scagliata contro la venerazione ortodossa delle icone, è che questa pratica possa essere etichettata come “idolatria” (analogamente alla venerazione delle reliquie dei Santi, con la quale è intimamente legata) e che, come tale, possa essere una perversione spirituale, portando il cristianesimo ad una deriva materialista.

Una tale visione non è nient’altro che il risultato di una idea sbagliata del cristianesimo, in quanto affonda le sue radici in un’incapacità di comprendere a fondo la Rivelazione Cristiana.

Il fondamento della venerazione delle icone va ricercato nell’Incarnazione del Figlio di Dio, che è la fonte stessa della fede cristiana.

Il kontákion che cantiamo la Domenica del Trionfo dell’Ortodossia indica proprio questo:

L’incircoscrivibile Verbo del Padre, incarnandosi da te, Theotokos, è stato circoscritto, e, riportata all’antica forma l’immagine deturpata, l’ha fusa con la Divina Bellezza…”

Proprio perché Dio ha preso la forma umana, riportando così questa forma alla sua originaria somiglianza con Sé, che noi veneriamo le immagini di Nostro Signore, della Sua Santissima Madre, dei Santi, nei quali l’Immagine Divina è stata restaurata.

La venerazione delle icone è una diretta conseguenza dell’Incarnazione, così ci istruisce sul significato della Incarnazione stessa.

La salvezza è arrivata nel mondo; Dio ci ha fornito i mezzi conformi al nostro umile stato per poter tornare a Lui.

La sapienza della Chiesa è stata evidente nella sua insistenza sulla disciplina del corpo e dell’anima; la nostra religione non è una di quelle fatte di idee e di astrazioni, ma di pratica e di lavoro duro.

Il corpo, che a causa della sua debolezza molte volte può sviarci dalle nostre intenzioni nobili e migliori, deve essere anch’esso corretto e istruito al fine di piacere a Dio e non a sé stesso.

Questa è una delle motivazioni dei nostri digiuni, delle nostre prostrazioni, del nostro segno della croce e della venerazione delle icone e delle reliquie.

Questi sono alcuni principi che stanno a fondamento della venerazione delle icone, e la pratica ortodossa è in perfetto accordo con essi. Nessun ortodosso credente si è mai reso colpevole di idolatria, o di confondere una tavola di legno per Dio; neppure c’è mai stata confusione sul significato della venerazione per la Theotokos e per i Santi.

Come dice San Giovanni Damasceno: “Noi adoriamo ciò che è rappresentato e non la materia; allo stesso modo non veneriamo la materia con la quale sono costruiti i Vangeli o la Croce, ma ciò che essi rappresentano”.

Riguardo alla Theotokos, lo stesso Santo continua: “l’onore che Le tributiamo è legato a Colui che da Lei si è incarnato”; e riguardo ai Santi: “l’onore dato al migliore dei propri compagni di servizio è una prova di amore nei confronti del Signore comune[1]

Ogni icona ortodossa che è stata correttamente benedetta diviene un mezzo di grazia; oltre a questo viene riservato un posto particolare a quelle icone che sono diventate note a causa di loro miracoli.

La maggior parte delle icone miracolose sono della Madre di Dio e, per questo, vi è una ragione particolare. Poiché Lei è il “vaso” scelto per l’Incarnazione del Signore, occupa, comprensibilmente, un posto importante nel culto cristiano.

Come indica il kontákion della Domenica dell’Ortodossia, è grazie alla nascita della TuttaPura che il Dio senza forma ha potuto assumere una forma atta ad essere rappresentata. Questi elementi teologici sono confermati nell’esperienza ortodossa, in quanto è stata la Theotokos ad aver aiutato e protetto il popolo ortodosso, mostrando la sua misericordia in momenti critici per individui e intere comunità cristiane. In particolare, attraverso miracoli operati in connessione con le sue sante immagini.

I miracoli che ci accingiamo a descrivere in questo e nei seguenti numeri di “Orthodox Word” possono risultare francamente incredibili a molti non ortodossi e, senza ombra di dubbio, saremo criticati nel nostro accettarli in modo semplice.

C’è, però, una ragione per la nostra semplicità.

Noi, indegni come siamo e vivendo in questo modo nella meno cristiana di tutte le epoche, abbiamo visto molti miracoli; pertanto, avendo assistito con i nostri occhi, non abbiamo motivo di mettere in dubbio ciò che viene raccontato dai Santi Padri, i quali sono vissuti prima di noi.

Durante i nostri giorni alcune icone sono diventate, per miracolo, più luminose, come nuove, oppure hanno versato alcune lacrime e, in loro presenza, si sono verificate guarigioni.

Senza dubbio nessuno che abbia visto lacrime scendere lungo le guance della Theotokos, in una delle icone piangenti dei nostri giorni, e abbia conosciuto il sincero pentimento al quale tutto ciò porta, può sinceramente dubitare che i miracoli accadano e che abbiano uno speciale significato per noi.

Il continuo verificarsi di questi miracoli, tra di noi, è un segno tangibile della presenza del Santo Spirito nella Chiesa Ortodossa.

Lo scetticismo e la critica aperta che contraddistinguono l’atteggiamento di molti non ortodossi nei confronti dei miracoli, i quali si concludono nel tentativo di spiegarli, è dovuto, molto probabilmente, alla mancanza di esperienza.

Questo poiché, al di fuori della Chiesa Ortodossa, i miracoli sono diventati così rari e inusuali da sembrare strani e fenomenali. Per i cristiani ortodossi i miracoli sono divenuti, se non comuni, quantomeno qualcosa di familiare e comprensibile; essi sono una parte importante della normale vita spirituale del credente devoto.

L’abbondanza della Grazia divina che si è manifestata attraverso l’intercessione della Santissima Theotokos ha dato origine ad una molteplicità di icone-tipo, ognuna della quali rappresenta un esempio o un aspetto del Suo aiuto e della Sua protezione all’umanità peccatrice.

Questi tipi di icone traggono il nome dal luogo della loro rivelazione o dai miracoli (come, ad esempio, le icone di Vladimir e di Kazan), o da frasi, di norma tratte da un Inno Akathistos[2] o da altri servizi in onore della Theotokos, le quali descrivono la funzione o il significato di una particolare icona (l’icona che verrà descritta in seguito sarà “La gioia di tutti coloro che sono nell’afflizione”). Le varie icone sono distinte da dettagli come la posizione del Bambino, l’inclinazione della testa, la direzione dello sguardo della Madre e del Bambino, i gesti delle mani. Per di più, oltre a questi tipi-base, vi sono copie che differiscono dall’originale solo per dettagli minuti; queste copie divengono, sovente, conosciute come miracolose a pieno titolo.

Considerando tutto ciò complessivamente, possiamo affermare che lo studio delle icone della Theotokos diventa una scienza in sé. Una scienza, se si può dire, della Grazia di Dio.

Il nostro scopo sarà quello di dare, in questi brevi articoli, un’introduzione a questa scienza, ponendo enfasi sulla storia e sul significato pratico di ciascuna icona.    

L’origine dell’icona della Theotokos conosciuta con questo nome è incerta.

Non è possibile sapere se essa, così come molte altre icone russe, derivi da un prototipo bizantino; in ogni caso era già conosciuta nella Russia di Kiev.

Quella che, almeno apparentemente, era l’icona più antica di questo tipo si trovava nei pressi del Monastero della Grotte a Kiev (Kyevo Pečers’ka Lavra), precisamente nella Chiesa dell’ospedale che fu fondata nel 1106 da San Nikola Svyatosha (il Santo), pronipote di Yaroslav il Saggio. È probabile che la suddetta icona sia stata posta lì dallo stesso santo.

Secondo una antica tradizione, questa icona fu protagonista di guarigioni miracolose in tempi antichi. Si narra che un guardiano, per un certo periodo di tempo, vide una signora entrare più volte in un ospedale durante le ore notturne. Lo stesso guardiano notò che, dopo ogni visita della signora, alcuni pazienti venivano guariti. Rimasto sorpreso da questi fatti, il guardiano domandò ai pazienti chi fosse la signora in questione; questi risposero che la signora era una persona a loro sconosciuta e che, chiestole il nome, ella avrebbe risposto loro: “Io sono la gioia di coloro che sono nell’afflizione”.

Così una notte il guardiano seguì la signora in una delle sue visite, presso la cella di un monaco morente. Giunto presso la cella, il guardiano notò che sul muro, sopra il letto del monaco malato, vi era l’icona della Theotokos e così capì la vera identità della signora. Questo monaco fu poi guarito come gli altri malati.

Altre icone miracolose “La gioia di tutti coloro che sono nell’afflizione” esistevano prima del XVIII secolo e questo nome divenne come un polo di attrazione per tutti coloro che soffrivano di ogni genere di malattia o di afflizione.

Successivamente all’anno 1522, una delle più antiche icone di questo tipo si trovava nella città di Vologda e occupava un posto importante in ogni processione della comunità cristiana ortodossa del posto.

Un’altra icona a Tsarkoe Selo era nota per recare guarigione ai malati mentali; una ulteriore si trovava a Pskov per la guarigione di coloro che avevano patologie oculari; una a Tver per aiuti miracolosi portati durante una epidemia di colera; una a Tobolsk per la protezione dei pescatori e dei mercanti. A Perm vi si trovava un monastero dedicato all’icona.

La principale festa dell’icona, che si celebra il 24 ottobre, fu istituita nel 1648 in occasione di una guarigione miracolosa approntata da una icona di Mosca. Una sorella del Patriarca di Mosca Ioakim, di nome Evfimia, ebbe una ferita piuttosto profonda al costato. Nonostante fosse in attesa della morte, rimase salda nella speranza di un aiuto da Dio e, grazie alle sue preghiere ferventi alla Theotokos, sentì una voce dirle:

Evfimia, perché non ti rivolgi, nel tuo stato di sofferenza, a Colei che guarisce tutto?”

Ma dove posso trovare un guaritore di questo tipo?

La mia immagine si trova nella Chiesa della Trasfigurazione di Mio Figlio, essa è chiamataLa gioia di tutti coloro che sono nell’afflizione” …chiama un sacerdote di questa Chiesa con l’immagine e dopo che avrà celebrato un Moleben[3] con la benedizione dell’acqua, tu troverai la salute. E successivamente non dimenticare la Mia misericordia nei tuoi confronti, confessala per la gloria del Mio nome”.

Tutto questo venne fatto come da indicazione della voce che Evfimia udì, e lei venne effettivamente guarita il 24 ottobre, data in cui questa icona ha iniziato ad essere commemorata da allora.

Recentemente, la notorietà dell’icona “La gioia di tutti coloro che sono nell’afflizione” è dovuta ai miracoli compiuti da un’altra icona situata vicino San Pietroburgo, in una cappella non distante ad una fabbrica di vetro. Il 23 luglio 1888, durante un temporale, un fulmine cadde sulla cappella, bruciando tutto ciò che conteneva. Molte icone andarono perdute, ad eccezione dell’icona “La gioia di tutti coloro che sono nell’afflizione”. A causa del disastro l’icona scivolò a terra e il volto della Theotokos, che era diventato scuro a causa del fumo e della fuliggine, divenne improvvisamente pieno di luce. Vicino all’icona vi era una cassetta per le elemosine la quale, rompendosi, fece cadere dodici piccole monete. Queste si attaccarono in qualche modo al volto dell’icona della Madre di Dio e nelle copie successive di questa icona sono sempre raffigurate. La notizia della miracolosa preservazione dell’icona e del suo rinnovamento si diffuse in tutta la capitale tanto che, fin dalle prime luci dell’alba del giorno successivo, la cappella bruciata fu circondata da molte persone stupefatte dalla manifesta misericordia Divina.

Al mezzogiorno fu poi celebrato un Moleben dinanzi all’icona e, mentre la notizia si diffondeva in tutta la Russia, un numero sempre crescente di visitatori si recò a pregare sul luogo, dove si verificarono numerose guarigioni. L’imperatore Alessandro III, dopo aver venerato l’icona miracolosa, donò una parte di terreno per poter erigere una Chiesa in pietra ad essa dedicata. Questa Chiesa fu consacrata nel 1898. L’icona è commemorata dalla Chiesa nella data del suo rinnovamento, il 23 luglio.

I vari tipi dell’icona “la gioia di tutti coloro che sono nell’afflizione” hanno in comune alcune caratteristiche di base. La Theotokos è sempre raffigurata interamente, alcune volte con il Bambino tra le braccia, altre volte senza. Sotto la Sua figura si trovano persone afflitte da vari dolori e malattie che domandano il Suo aiuto. Oltre a queste caratteristiche comuni, i vari tipi prevedono una varietà nella rappresentazione dei dettagli che non si trova in altre icone della Theotokos.

Questo si può spiegare, in parte, a causa della complessità dell’icona stessa; ma, come vedremo tra poco, tutto ciò è dovuto principalmente alle diverse interpretazioni di un identico soggetto.

La stupenda icona raffigurata nella pagina seguente si trova nella Cattedrale di San Francisco, la quale è dedicata proprio a “La gioia di tutti coloro che sono nell’afflizione”. Questa icona è eseguita in uno stile perfettamente tradizionale e fa ampio uso del linguaggio simbolico dell’iconografia esprimendo, così, il pieno significato dell’icona con una grande economia di mezzi.

La Theotokos è qui rappresentata, come anche nell’icona di San Pietroburgo, senza il Bambino e con le braccia aperte come nella celebre icona della Protezione (Pokrov). Nella mano destra, la Theotokos, tiene uno scettro che rappresenta la sovranità; questo oggetto è rappresentato solo in poche altre icone, in particolare in quella della “Theotokos Regnante”[4].

Altre icone de “La gioia di tutti coloro che sono nell’afflizione” non presentano lo scettro, ma esprimono lo stesso significato tramite l’uso di una corona posta sopra la testa della Madre di Dio. Il significato è chiaro: Ella è la Regina del cielo, intronizzata nella gloria. Il cielo è qui rappresentato non da nuvole naturalistiche come si possono trovare in alcuni versioni moderne, bensì dallo sfondo dorato e da un’altra caratteristica, probabilmente la più sorprendente: i fiori.

Questi non sono fiori terreni, sono i fiori di un mondo diverso, di una creazione totalmente nuova: sono i fiori del Paradiso. Anche in un dettaglio come questo, l’iconografia sacra innalza la nostra mente al di sopra delle cose di questo mondo e ci regala un’anticipazione della realtà del Regno dei Cieli.

La Theotokos, sebbene in Paradiso, continua ad essere vicina agli uomini: il simbolismo dell’iconografia permette di esprimere questi due eventi in modo simultaneo. Anziché essere lontana dal mondo, sopra le nuvole, Lei si trova in mezzo ad esso, immediatamente accessibile a coloro che La cercano.

Viene così manifestato che la Porta del Paradiso è vicina e in alcuni momenti – come nel caso dei miracoli operati per l’intercessione della Theotokos – gli uomini sono davvero toccati dalla grazia Divina e intravedono, anche solo per un momento, il Paradiso stesso. Da entrambe le parti le persone sofferenti fanno appello alla misericordia della Theotokos.

I testi scritti con caratteri slavi sugli stendardi sono le richieste di diversi gruppi di afflitti affinché Lei sia il loro sostegno per la vecchiaia, il vestito e il calore per quanti sono nudi, la guarigione di quanti sono nella malattia, la gioia dei tristi, l’intercessione degli offesi, il nutrimento di quanti hanno fame, la compagna dei viaggiatori.

A queste, come ad altre richieste, la Theotokos risponde inviando angeli per donare conforto e guarigione. Lei stessa, con la mano sinistra, accorda il nutrimento celeste in risposta alla petizione: “sfamaci con il pane della Tua misericordia”.

Nella parte alta dell’icona possiamo vedere il sole, a sinistra, e la luna, a destra. Questo motivo appare alcune volte nelle icone della Crocifissione, ma raramente in quelle della Theotokos. Qui sta a simboleggiare, probabilmente, l’universalità della Sua sovranità e il potere della Sua intercessione.

Nella parte centrale, sempre in alto, si trova il Salvatore che ha il ruolo di Pantocratore, Sovrano di tutto: Colui al Quale la Theotokos deve la Sua sovranità.

L’origine e la storia di questa icona sono, purtroppo, quasi del tutto avvolte nel mistero. Molto probabilmente rimase in Unione Sovietica fin dopo la Seconda Guerra Mondiale, da qui, in qualche modo, fu trasferita a Parigi. Qui, durante una mostra, fu acquistata da un americano, finendo per trovare la strada per San Francisco. In un negozio di antiquariato fu acquistata da alcuni membri della parrocchia e donata alla chiesa cattedrale. Dai segni presenti sull’icona è possibile capire che essa è stata racchiusa per molto tempo in una riza di metallo, come molte altre icone di valore. Fu poi spogliata della riza quando ancora era in Unione Sovietica.

Essa è ovviamente piuttosto antica; fatto affermato da esperti che hanno potuto esaminarla a San Francisco. Una stima ragionevole della sua data la collocherebbe probabilmente nel XVI o XVII secolo. Da quanto detto, oltreché dalla finezza dell’icona stessa, si può supporre che essa fosse una delle immagini più note nella Russia prerivoluzionaria. Purtroppo, non siamo in grado di fare affermazioni ulteriori.

La cattedrale di San Francisco, dedicata a questa icona, può essere considerata un esempio vivente del suo significato. Fondata nel 1927 da un gruppo di fedeli appartenenti alla Chiesa Ortodossa Russa fuori dalla Russia, i quali desideravano di rimanere nel Sinodo canonico e rifiutavano lo scisma della Metropolia americana, essa iniziò la sua esistenza nel dolore e nelle difficoltà in quanto unica parrocchia fedele in America.

Da quel momento in poi ha vissuto intensamente ogni sofferenza del popolo russo in esilio, così come altre macchinazioni escogitate dal diavolo per la divisione dei fedeli.

Attraverso tutte le sue prove è rimasta fedele alla Chiesa Ortodossa Russa canonica all’estero. Dio ha ricompensato questa fedeltà con una moltitudine di gioie spirituali, tra le quali anche la costruzione della nuova e magnifica cattedrale, rappresentata su questo numero di “The Orthodox Word”, la quale è diventata la più grande parrocchia della Chiesa Ortodossa Russa fuori dalla Russia. Questa si erge come testimonianza della continuità ininterrotta della fede ortodossa piantata, per la prima volta nel Nuovo Mondo, da Padre Herman dell’Alaska.

L’esperienza di questa parrocchia si ripete nella vita di ogni cristiano ortodosso che comprende, attraverso la propria esistenza, le parole del nostro Salvatore: “Voi piangerete e vi rattristerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete afflitti, ma la vostra afflizione si cambierà in gioia” (Giovanni 16,20).

Questa vita ci è stata data come prova, e nella prova c’è senza dubbio dolore e tribolazione, ma lo scopo della vita umana è la gioia che attende coloro che superano questa prova.

Questa gioia la possiamo sperimentare già in questa vita tramite le tribolazioni, se queste sono affrontate con fede cristiana e con l’ausilio della grazia Divina donataci nei sacramenti e per l’intercessione della Theotokos e dei Santi. Questo è, per noi, un’anticipazione della gioia senza fine che ci attende nella vita dopo la morte.

Il Signore della vita fu crocifisso e sepolto, ma risuscitò dalla morte e aprì a tutti le porte della vita eterna. “Voi avrete tribolazione nel mondo, ma abbiate fiducia; io ho vinto il mondo!” (Giovanni 16,33).

Nella Resurrezione del nostro Salvatore si trova la garanzia della nostra eterna gioia; e nell’intercessione della Sua Santissima Madre abbiamo il mezzo più sicuro per avvicinarci, al di fuori dei sacramenti stessi, a questa gioia imperitura.

Lei è un ricorso sempre pronto durante le nostre prove, una misericordiosa donatrice di benedizioni e di gioia anche quando la speranza sembra terminata. Possa il tropario della Sua icona essere la nostra preghiera:

Gioia di tutti coloro che sono nell’afflizione affrettati, ti preghiamo, e salva i Tuoi servi”.

Eugene Rose


[1] Sulla Fede Ortodossa, IV, 6.

[2] Nota di redazione Teandrico non presente nell’articolo originale:  «Akathistos» si chiama per antonomasia quell’inno liturgico della Chiesa bizantina del secolo V dedicato alla Theotokos, che divenne poi modello di molte altre composizioni liturgiche antiche e recenti. «Aka­thistos» non è il titolo originario, ma una nota rubrivcale: «non seduti», perché tradizionalmente si canta «stando in piedi», manifestando così una particolare importanza e devozione come accade quando ascolta il Vangelo o si recita il Padre nostro.

[3] Nota di redazione Teandrico non presente nell’articolo originale:  Un moleben (slavo ecclesiastico, in greco paraklisis), è un servizio di preghiera di supplica in onore di nostro Signore Gesù Cristo, della Theotokos o di un Santo o di un Martire. È un servizio di tradizione slava ma che si richiama al servizio della Paraklisis. Un moleben è solitamente celebrato da un sacerdote ordinato, ma anche un laico può fare un moleben, sebbene in un’altra forma.

[4] Per un resoconto in inglese di questa icona, vedi Orthodox Life (publ. da Holy Trinity Monastery, Jordanville, New York), 1963, n. 4.