Nel periodo magno-greco la polis di Curinga si chiamava Laconia, posta tra le città greche di Hipponion e Temesa. L’antico nome probabilmente richiamava quello della corrispondente regione greca oggi denominata Peloponneso (sudorientale). In effetti molti dei toponimi esistenti in questa zona ed in tutta la Calabria sono di chiara derivazione ellenistica.
Di particolare rilievo storico ed archeologico il Monastero di S. Elia, edificio risalente all’anno mille che è situato nella frazione Corda che si affaccia sul Golfo di S. Eufemia.
Il complesso architettonico comprende i resti del “Sancta Sanctorum”, un vano a pianta quadrata chiuso da una cupola in buono stato di conservazione.
Sono anche visibili i resti della navata e dell’antico cenobio. Il monastero, eretto da monaci provenienti dall’Oriente, era costituito dalla Chiesa munita di una notevole abside sormontata da una cupola in pietra, con evidenti richiami all’architettura armena. Nell’interno dell’abside, alla base della cupola, esiste un fregio a carattere curvilineo. Più in basso, tra il quadrato e il cilindro si trova una fascia di blocchi di pietra arenaria scolpita con un bellissimo motivo “a treccia”, con nastro concavo a “bottone” convesso. Gli scavi del 1991 hanno permesso di individuare all’interno del complesso la cella del priore, il corridoio centrale e il cellare. Tra gli altri locali è venuta alla luce, al piano terra, la Cappella di S. Elia. [https://www.comune.curinga.cz.it/novita/la-storia-di-curinga/]
Secondo alcuni studi, mentre il monastero ascenderebbe all’anno 1000 d.C., la cupola risulterebbe più tardiva e forse costruita intorno al 1600 così come testimonia la treccia decorativa al suo interno e lo stemma dei Caracciolo e Loffredo, apposto sull’arco che collegava l’antica chiesa rettangolare di cui oggi rimangono solo le creste dei muri perimetrali.
Dall’analisi strutturale eseguita sulle murature del complesso monastico, sembra sia possibile tuttavia riconoscere almeno cinque distinte fasi di vita, la più antica delle quali risalirebbe presumibilmente a epoca pre-normanna. (vedi documento sotto pubblicato)
Legato a questo luogo monastico è la storia del Platano millenario. Il platano orientale è un grande albero deciduo originario del Mediterraneo orientale e dell’Asia occidentale, con areale esteso sino all’Afghanistan. In Italia è spontaneo in Sicilia e nell’Italia meridionale. L’esemplare che si trova a Curinga è alto 31,5 metri, largo oltre 12 metri, con una cavità nel tronco ampia più di 3 metri. Questo maestoso albero vanta una storia di oltre mille anni, ma le sue radici potrebbero risalire a tempi più antichi. L’ipotesi più accreditata e che sia stato piantato proprio da qualche monaco proveniente dall’Oriente quando giunse in Calabria nel IX secolo, appartenente allo stesso gruppo che edificò le prime fondamenta dell’eremo poi divenuto monastero. Per secoli, il platano è stato luogo di incontro per contadini e pastori, oltre che luogo di riparo contro le intemperie e nascondiglio per i briganti. Infatti, grazie al suo tronco completamente cavo, al suo interno possono raggrupparsi fino a dieci persone.
Benché già i greci contribuirono alla sua diffusione in Italia del Sud, come raccontano fonti antiche, la specie potrebbe essere giunta in Italia in tempi precedenti, paleointrodotta dall’uomo o senza necessariamente il vettore uomo, come specie trans-jonica e anfi-adriatica, al pari di tantissime altre specie viventi che connotano i regni del vivente del sud Italia, nelle varie vicissitudini geologiche e climatiche del passato, nelle quali si ebbero anche periodi con il livello del mare molto più basso dell’attuale e l’emersione conseguente di maggiori ponti di terra tra Balcani e Penisola italiana. (FONTE WEB)
Archivio di Stato di Reggio Calabria: San Filarete, ritrovamento e miracoli
SAN FILARETE, RITROVAMENTO E MIRACOLI
Testimonianza dall’Archivio di Stato di Reggio del nostro Padre tra i Santi, Filareto l’Ortolano di Seminara. La dizione asceta basiliano è ovviamente non corretta e postuma. Non esiste e non è mai esistito un ‘ordine basiliano’ in Oriente. Denominazione che sorse nel momento in cui, con la conquista normanna delle terre del Sud Italia, si volle normalizzare la presenza dell’Ortodossia in Calabria sotto il papismo. Questi Santi erano semplicemente l’espressione dell’ascetismo calabro ortodosso di lingua greca, ascetismo indigeno, ben radicato e tradizionale nella nostra regione tanto da avere una rinomata area monastica tra Calabria e Basilicata denominata Mercurion.
Per le preghiere del nostro Santo Padre Filareto l’Ortolano, Signore Gesù Cristo, Dio nostro, abbi pietà di noi e salvaci!
Giovedì 22 Febbraio 2024 [1] [2]
“In un unico protocollo dell’anno 1693 del notaio Domenico Michele Guardata troviamo gli atti dedicati a San Filarete, asceta basiliano di origine calabrese. Gli atti sono elencati (non tutti) in un indice a parte, diverso quindi dal normale repertorio dei comuni strumenti, preceduto dal titolo ‘San Filarete’ e seguito dalla firma del notaio e dalla data 1693.
La facciata interna della copertina del protocollo, che è in pergamena, porta attaccato un foglio sul quale è incollata una stampa, che riproduce l’immagine del Santo, di circa 17x13cm, e la seguente didascalia:
«S. Filaretus Monachus Ordinis Sancti Basilii Magni vite austeritate, ac miraculorum gloria clarus, cuius sacrum Corpus Seminariae in Monasterio eiusdem Ordinis summa veneratione colitur eiusque festiva dies 6 Aprilis solemniter celebratur. Sup[eriorum] permis [su]»
Al di sopra della stampa, di mano del notaio, è scritto «S. Filereto, protettore della fedelissima Città di Seminara ritrovato il suo corpo nell’anno 1693 a 17 febraro, nel Monas[te]ro in campagna di detto Santo per il terrimuto successo che abisso’ la Sicilia»
Al di sotto della stampa sempre di mano del notaio vi è scritto «S. Fileretus, ora pro me»
L’immagine del santo, in atteggiamento austero, come si vede nella foto, con la mano sinistra sul cuore e la destra protesa in avanti, si staglia sul fondo di un paesaggio collinare, con a sinistra un borgo e a destra un corso d’acqua da cui emerge a metà, ignudo, un uomo in atteggiamento orante.
L’indice sopraricordato non è completo, in quanto riporta la foliazione di 11 atti, mentre il protocollo ne contiene 14, per complessive 26 pagine; abbraccia un periodo di tempo assai ristretto, dal 22 febbraio al 20 aprile, con i primi 12; del 13 giugno è il penultimo atto ; del 26 dicembre l’ultimo. Il notaio enucleò detti atti dal resto dei contratti e degli altri rogiti fatti nell’anno e li contraddistinse con una croce. Tra questi i più importanti sono i primi due, che riguardano il ritrovamento del corpo del santo e le prove del luogo dove era sepolto, mentre gli altri sono attestazioni di miracoli seguiti al ritrovamento.
Il primo, di cui oggi sono 331 anni dal rogito, è ornato con una croce dorata cartacea incollata, di 4,5×3,5 cm, sovrapposta a margine. Nel f. 23 v. e 24 v. rispettivamente le due note:
1) « detto glorioso Santo Filereto se ne mori nel secolo duodecimo idest l’an[n]o 1170 mentre nel secolo undecimo fu la destrutione di tauriana replublica da cui originem habuit Seminaria» [1]
2) « a 24 ottobre 1697. Si fece la confrunta con li reliquie del braccio tiene la Città di Seminara con la presenza di due fisici dottor Romano et dottor Minni, et coram delegatis e si videro esserne giusti, stante la mancansa come nel istru[men]to presente verum quelli della città sono quattro ossi di braccia due maggiore e due minore e quelli del monas[te]rio furno otto in tutto ossa maiuscoli a benché nel instrumento si dice sette, fu per errore allora, stante che erano rotti alcuni d’essi. Il tutto anche fu con mia presenza. Notar Guardata»
NOTE (nostre, non incluse nel post dell’Archivio di Stato):
[1] Fonte delle immagini: ASRC/SP, Fondo notarile Notaio D. M. Guardata, busta 738, vol. 6908
[2] Post apparso sulla pagina facebook dell’Archivio di Stato di Reggio Calabria in data 22 Febbraio 2024
[2] Tauriana o Taureana (Taurianum in latino, Ταυρανία in greco) fu una città magnogreca, dell’antico territorio Italia e che in epoca remota si estendeva a capoluogo del versante tirrenico fino a comprendere gli attuali territori di Taureana e Palmi. Le sue rovine sono state localizzate nel territorio di Palmi. Il nome della città deriva da quello del populus italico che la fondò, i tauriani. La città italica, che sorgeva sulla riva sud del fiume Metauros (probabilmente il Petrace), segnava il confine del territorio di Région (Reggio Calabria) sul versante tirrenico nord-occidentale, oltre cui iniziava quello di Locri Epizefiri. Successivamente romana e poi bizantina, Tauriana venne distrutta dai saraceni nella metà del X secolo. Gran parte dei rinvenimenti archeologici costituiscono il Parco Archeologico dei Tauriani (Fonte: Wikipedia)
Didaché: La dottrina dei dodici Apostoli
Nuova traduzione in italiano liberamente fruibile.2024
INTRODUZIONE
La Tradizione della Chiesa è l’insegnamento orale che dal Dio-Uomo è passato attraverso gli Apostoli giongendo fino a noi. Una parte di questa Tradizione è stata scritta nei testi che conosciamo come Nuovo Testamento. Un’altra parte della Tradizione ci è pervenuta negli scritti sub-apostolici, che normalmente hanno avuto una genesi molto antica, alcune volte coeva alla scrittura del Nuovo Testamento, e provenienti dalla penna di coloro che conobbero direttamente gli Apostoli e ne ascoltarono fisicamente la predicazione. Risalgono alla fine del I secolo e alla prima metà del II secolo, quegli scritti oramai conosciuti e catalogati col nome di collettivo di “Padri Apostolici”. Tale etichetta è abbastanza recente essendo stato il primo ad usarla J. B. Cotelier nellìetà moderna. Questo studioso si riferiva precisamente alle lettere di Barnaba, Clemente Romano, Ignazio di Antiochia, Policarpo di Smirne ed al Pastore d’Erma. Solo successivamente furono ritrovate e ripubblicate e quindi inserite nel corpus sub-apostolico i frammenti di Papia di Gerapoli, l’epistola ‘a Diogneto’ e la Didaché.
Quando i Padri Apostolici scrivevano, come abbiamo detto, non era ancora completo tutto il Nuovo Testamento. Con molta probabilità la Didachè è più antica dell’Apocalisse e del quarto Vangelo di San Giovanni il Teologo. Il testo della Didaché è sia un testo catechetico che liturgico. Da essa possiamo conoscere la pulsante dottrina apostolica che era stata diffusa nelle antiche comunità cristiane con le rubriche liturgiche utilizzate per i principali sacramenti. La Dottrina dei dodici Apostoli si può considerare il più venerando ed antico catechismo cristiano, essendo stata scritta solo una sessantina di anni dopo la morte di Cristo. Citazioni di questo scritto si possano trovare infatti già nella Lettera di Barnaba che si ritiene essere stata scritta verso l’anno 97 dell’era cristiana. L’autore è anonimo ed alcuni studiosi pensano sia possibile che attinga alla stessa fonte Q dei vangeli sinottici, spingendosi quindi a datarla addirittura alla metà del I secolo. A prescindere dalla critica testuale, la Didaché, che è stata ‘riscoperta’ integralmente solo nella seconda metà del 1800, era comunque conosciuta perché citata da tanti Padri della Chiesa.
La Didachè è infatti citata da Erma (circa 150 d.C.) nel Pastore, da Clemente Alessandrino (145-216 d.C.), da Origene (185-255 d.C.), da Eusebio, da Atanasio Vescovo di Alessandria che la consiglierà per la lettura a tutti i catecumeni.
Nel 1873 in un codice greco di Costantinopoli (ora conservato a Gerusalemme) il Metropolita Filoteo Bryennios ne scoprì un manoscritto risalente all’anno 1056. In seguito se ne trovarono frammenti in papiri del IV sec., nonché una versione in georgiano fatta sul testo greco nell’anno 430 da un vescovo di nome Geremia.
La Didaché è un testo importantissimo anche perché dimostra come le parti fondamentali della dottrina e i fondamenti della liturgia erano già codificati quando non erano ancora passati cinquant’anni dacché il «Logos si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi». (Gv 1,14)
I sacramenti del Battesimo, dell’Eucarestia e della Penitenza sono descritti nel loro significato teologico e nelle loro espressioni liturgiche del tutto simili a quelle ancora oggi in uso nella Chiesa Ortodossa.
Διδαχὴτῶνδώδεκαἁποστόλων
1. Ci sono due vie, una della vita e una della morte, ma c’è una grande differenza tra le due vie. La via della vita, dunque, è questa:
Primo: amerai Dio che ti ha creato.
Secondo: ama il tuo prossimo come te stesso e non fare a un altro ciò che non vorresti fosse fatto a te.
E di questi detti l’insegnamento è questo: benedite coloro che vi maledicono, pregate per i vostri nemici e digiunate per coloro che vi perseguitano. Perché quale merito c’è nell’amare coloro che vi amano? I Gentili non fanno lo stesso? Ma amate coloro che vi odiano e non avrete nemici.
Astieniti dalle concupiscenze carnali e mondane. Se qualcuno ti colpisce sulla guancia destra, porgigli anche l’altra e sarai perfetto. Se qualcuno ti impone [di camminare] per un miglio, accompagnalo per due. Se qualcuno ti prende il mantello, dagli anche la tunica. Se qualcuno ti toglie ciò che è tuo, non chiederglielo indietro, perché infatti non potrai. Date a chiunque vi chiede e non chiedete indietro; perché il Padre vuole che a tutti siano date le benedizioni [doni gratuiti]. Beato è chi dona secondo il comandamento, perché è senza colpa. Guai a chi riceve; perché se uno riceve essendo nel bisogno, è senza colpa, ma chi riceve non avendo bisogno pagherà la pena, perché ha ricevuto senza motivo. Ed entrato in prigione, sarà interrogato riguardo alle cose che ha fatto, e non uscirà di lì finché non avrà restituito fino all’ultimo centesimo. E anche a questo riguardo è stato detto: La vostra elemosina sudi nelle vostre mani, finché non saprai a chi devi dare.
2. Secondo comandamento della dottrina.
Non commetterai omicidio,
non commetterai adulterio,
non commetterai pederastia,
non commetterai fornicazione,
non ruberai,
non praticherai la magia,
non praticherai la stregoneria,
non ucciderai un bambino mediante l’aborto né lo ucciderai alla nascita,
non desidererai le cose del tuo prossimo,
non giurerai, non farai falsa testimonianza, non dirai male di nessuno, non serberai rancore,
non sarai doppio di animo né doppio nella parola, perché essere ambigui in ciò che si dice è un laccio di morte. Le tue parole non saranno false, né vuote, ma adempiute con i fatti.
Non sarai avido, né rapace, né ipocrita, né malvagio, né altezzoso.
Non avrai cattivi pensieri contro il tuo prossimo. Non odierai nessuno; ma alcuni li riprenderai e per altri pregherai e altri ancora amerai più della tua stessa vita.
3. Figlio mio, fuggi ogni male e da ogni cosa che gli sia simile. Non essere incline all’ira, perché l’ira porta all’omicidio. Non essere né geloso, né litigioso, né irascibile, perché da tutto ciò nascono gli omicidi. Figlio mio, non essere lussurioso, poiché la lussuria porta alla fornicazione. Non fare chiacchiere oscene, né avere uno sguardo malizioso, perché da tutto questo nascono gli adulteri. Figlio mio, non essere un osservatore di presagi, poiché ciò porta all’idolatria. Non essere né un incantatore, né un astrologo, né un superstizioso, né essere disposto ad occuparti di queste cose, perché da tutte queste nasce l’idolatria. Figlio mio, non essere bugiardo, poiché la menzogna porta al furto. Non essere né avido di denaro né vanaglorioso, perché da tutto ciò nascono i furti. Figlio mio, non essere mormoratore, poiché ciò apre la strada alla blasfemia. Non essere né arrogante né malvagio, perché da tutto ciò nascono le bestemmie.
Sii piuttosto mite, perché i miti erediteranno la terra. Sii longanime, pietoso, sincero, gentile e buono e trema sempre per le parole che hai udito. Non ti esaltare, né dare eccessiva fiducia alla tua anima. La tua anima non si unirà ai superbi, ma ti legherai con i giusti e gli umili. Accetta come bene qualunque cosa ti accada, sapendo che senza Dio nulla accade.
4. Figlio mio, ricordati notte e giorno di colui che ti predica la parola di Dio e onoralo come fai con il Signore. Perché dovunque si pronuncino i comandamenti del Signore, lì è il Signore. E cerca ogni giorno i volti dei santi, per poter riposare sulle loro parole. Non lavorare alla divisione, ma porta piuttosto alla pace coloro che litigano. Giudica con rettitudine e non guardare alle persone nel rimproverare le trasgressioni. Non sarete indecisi se farlo o meno. Non essere svelto a tendere le mani per ricevere e a tenerle ritratte per dare. Se hai qualcosa dal lavoro delle tue mani darai in espiazione dei tuoi peccati. Non esitare nel dare, né essere lamentoso quando dai; poiché conoscerai chi è il buon elargitore del tuo salario. Non allontanarti da chi è nel bisogno; condividi piuttosto tutte le cose con il tuo fratello e non dire che sono tue. Se infatti siete partecipi delle cose immortali, quanto più delle cose mortali? Non alzare la mano su tuo figlio o tua figlia; piuttosto, insegna loro il timore di Dio fin dalla giovinezza. Nella tua amarezza, non comandare nulla al tuo schiavo o alla tua serva, che sperano nello stesso Dio, affinché rimangano nel timore di Dio che è sopra entrambi; poiché Egli non viene a chiamare secondo l’apparenza esteriore, ma coloro che lo Spirito ha preparato. E voi servi sarete soggetti ai vostri padroni come immagine di Dio, con modestia e timore. Odierai ogni ipocrisia e tutto ciò che non piace al Signore. Non abbandonare in alcun modo i comandamenti del Signore; conserva invece ciò che hai ricevuto, senza aggiungere né togliere nulla. Nella Chiesa riconoscerai le tue trasgressioni e non ti avvicinerai alla preghiera con cattiva coscienza. Questa è la via della vita.
5. E la via della morte è questa: prima di tutto è cattiva e maledetta: omicidi, adulteri, lussuria, fornicazione, furti, idolatrie, arti magiche, stregonerie, stupri, false testimonianze, ipocrisia, doppiezza, inganno, superbia, depravazione, ostinazione, avidità, turpiloquio, gelosia, eccessiva fiducia, altezzosità, vanagloria. Persecutori del bene, che odiano la verità, amano la menzogna, non conoscono la ricompensa per la giustizia, non si attaccano al bene né al giusto giudizio, attenti non a ciò che è bene, ma a ciò che è male; da cui sono lontane la mansuetudine e la perseveranza, che amano le vanità, cercano la vendetta, non hanno pietà del povero, non si adoperano per gli afflitti, non conoscono Colui che li ha creati, assassini dei figli, distruttori dell’opera di Dio, incuranti dei bisognosi, affliggono chi è nell’afflizione, avvocati dei ricchi e giudici ingiusti dei poveri, peccatori totali. Liberatevi, figli, da tutto questo.
6. Badate a che nessuno vi faccia deviare da questa via della dottrina, poiché vi insegnerebbe ciò che Dio non è. Perché se sarete capaci di sopportare tutto il giogo del Signore, sarete perfetti, ma, se non potete farlo, fate quello che potete. Quanto al cibo, sopportate ciò che potete, ma astenetevi assolutamente da ciò che viene sacrificato agli idoli, poiché è il culto degli dèi morti.
7. Riguardo al battesimo, battezza in questo modo: Dopo aver detto prima tutte queste cose, battezza nel nome del Padre e del Figlio e del Santo Spirito in acqua viva. Ma se non hai acqua viva, battezza in altra acqua, e se non puoi farlo nell’acqua fredda, fallo in quella calda. Ma se non hai né l’uno né l’altro, versa tre volte l’acqua sul capo, nel nome del Padre e del Figlio e del Santo Spirito. Ma prima del battesimo digiuni il battezzatore, il battezzato e chiunque altro può: ordinerai ai battezzati di digiunare uno o due giorni prima.
8. I vostri digiuni non siano con gli ipocriti, perché digiunano il secondo e il quinto giorno della settimana. Piuttosto digiunate il quarto giorno e la Parasceve (venerdì). Non pregate come gli ipocriti, ma piuttosto come ha comandato il Signore nel suo Vangelo, così:
«Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome. Venga il tuo Regno. Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano (sovraessenziale), e rimetti a noi il nostro debito come anche noi lo rimettiamo ai nostri debitori. E non abbandonarci alla tentazione, ma liberaci dal maligno; perché tua è la potenza e la gloria nei secoli..»
“Ti ringraziamo, Padre nostro, per la santa vite di Davide tuo servo, che ci hai fatto conoscere per mezzo di Gesù tuo servo; a te la gloria nei secoli..”
E riguardo al pane spezzato:
“Ti ringraziamo, Padre nostro, per la vita e la conoscenza che ci hai fatto conoscere per mezzo di Gesù tuo servo; a te la gloria nei secoli. Come questo pane spezzato fu sparso sui colli e, raccolto, divenne uno, così sia raccolta la tua Chiesa dalle estremità della terra nel tuo regno; poiché Tua è la gloria e la potenza per mezzo di Gesù Cristo nei secoli..”
Nessuno mangi o beva della vostra Eucaristia, se non è stato battezzato nel nome del Signore; Infatti anche a questo riguardo il Signore ha detto: “Non date ciò che è santo ai cani”.
10. Poi dopo, quando sarete sazi, ringraziate così:
“Ti ringraziamo, Padre santo, per il tuo santo nome di cui hai fatto tabernacolo i nostri cuori, e per la conoscenza, la fede e l’immortalità, che ci hai rivelato per mezzo di Gesù tuo servo; a te la gloria nei secoli. Tu, Signore onnipotente, hai creato tutte le cose per amore del tuo nome; Hai dato cibo e bevanda agli uomini in godimento, affinché ti rendessero grazie, ma a noi hai dato gratuitamente il cibo e la bevanda spirituale e la vita eterna per mezzo del tuo servo. Prima di tutto ti ringraziamo perché sei potente: a te la gloria nei secoli. Ricordati, Signore, della tua Chiesa, per liberarla da ogni male e renderla perfetta nel tuo amore, e raccoglierla dai quattro venti, santificata per il regno che Tu le hai preparato: poiché tua è la potenza e la gloria nei secoli. Venga la grazia e passi questo mondo. Osanna al Dio di Davide! Se qualcuno è santo, venga; se non lo è, si converta. Maranatha. Amin”.
Ma permettete ai profeti di rendere grazie come desiderano.
11. Chiunque, dunque, viene e vi insegna tutte queste cose così come sono state dette prima, accoglietelo. Ma se il maestro stesso cambia, insegnando un’altra dottrina per distruggere questa, non ascoltatelo. Ma se insegna in modo da aumentare la giustizia e la conoscenza del Signore, accoglietelo come il Signore. Ora, riguardo agli apostoli e ai profeti agite secondo il decreto del Vangelo. Ogni apostolo che viene a voi sia accolto come il Signore. Ma non resterà più di un giorno; o due giorni, se ce n’è bisogno. Se rimane tre giorni, è un falso profeta. E quando l’apostolo se ne va, non prenda altro che il pane sufficiente al viaggio. Se chiede soldi è un falso profeta. E tu non metterai alla prova né giudicherai ogni profeta che parla nello Spirito, poiché ogni peccato sarà perdonato, ma questo peccato non sarà perdonato. Ma non chiunque parla nello Spirito è profeta, ma solo se mantiene le vie del Signore. Perciò dalle loro vie si riconoscerà il falso profeta dal vero profeta. Ogni profeta che ordina un pasto nello Spirito non lo mangia, a meno che non sia davvero un falso profeta. E ogni profeta che insegna la verità, ma non fa ciò che insegna, è un falso profeta. E ogni profeta, che si sia dimostrato veritiero, operando per il mistero della Chiesa nel mondo, senza tuttavia insegnare agli altri a fare ciò che fa lui stesso, non sarà giudicato tra voi, poiché presso Dio ha il suo giudizio; poiché così facevano anche gli antichi profeti. Ma a chiunque dica nello Spirito: ‘Dammi del denaro’ o qualche altra cosa, non gli darete ascolto. Ma se vi dice di dare per gli altri che sono nel bisogno, nessuno lo giudichi.
12. Accogliete chiunque viene nel nome del Signore, e poi mettetelo alla prova per riconoscerlo: perché avrete intendimento per quanto concerne la destra e la sinistra. Se colui che viene è un viandante, aiutatelo per quanto potete, ma non resterà con voi più di due o tre giorni, se necessario. Ma se vuole restare tra di voi ed è un artigiano, lavori e mangi. Ma se, secondo la vostra comprensione, non ha alcun mestiere, badate che, come cristiano, non viva tra voi in ozio. Ma se non vuole farlo, è un mercante di Cristo. Badate di tenerti lontano da costoro.
13. Ogni vero profeta che vuole vivere in mezzo a voi è degno del suo sostegno. Così anche il vero dottore è egli stesso degno, come l’operaio, del suo salario. Prenderai dunque ogni primizia dei prodotti del torchio e dell’aia, dei buoi e delle pecore e la darai ai profeti, perché essi sono i tuoi sommi sacerdoti. Ma se non hai un profeta, dallo ai poveri. Se fai il pane, prendine le primizie e dona secondo il comanda-mento. Così anche quando apri un vaso di vino o di olio, prendi la primizia e dallo ai profeti; e anche del denaro, del vestito e di ogni cosa, prendi le primizie, come ti sembrerà bene, e dà secondo il comandamento.
14. Nel giorno del Signore riunitevi, spezzate il pane e rendete grazie dopo aver confessato le vostre trasgressioni, affinché il vostro sacrificio sia puro. Ma nessuno che è in contrasto con il suo prossimo si unisca a voi, finché non si sia riconciliato, affinché il vostro sacrificio non venga profanato. Poiché questo è ciò che è stato detto dal Signore: «In ogni luogo e in ogni tempo offritemi un sacrificio puro, perché io sono un re grande, dice il Signore, e il mio nome è mirabile tra le nazioni».
15. Nominatevi dunque vescovi e diaconi degni del Signore, uomini miti, non amanti del denaro, veritieri e provati; poiché anch’essi vi rendono il servizio di profeti e di maestri. Non disprezzarli dunque, perché sono tra voi onorati insieme ai profeti e ai dottori. E rimproveratevi a vicenda, non con ira, ma in pace, come dice il Vangelo. Ma a chiunque agisce male contro un altro, nessuno parli e non venga ascoltato in nulla da voi finché non si sia pentito. Le vostre preghiere, le elemosine e tutte le vostre azioni fatele così come avete letto nel Vangelo di nostro Signore.
16. Fate molta attenzione per il bene della vostra vita. Non si spengano le vostre lampade, né si sciolgano i vostri fianchi; ma state pronti, perché non sapete l’ora in cui il nostro Signore verrà. Ma riunitevi spesso, cercando ciò che conviene alle vostre anime: perché tutto il tempo vissuto nella fede non vi gioverà, se non sarete trovati perfetti nell’ultimo tempo. Poiché negli ultimi giorni si moltiplicheranno i falsi profeti e i corruttori, le pecore si muteranno in lupi e l’amore si muterà in odio. Poiché quando l’iniquità aumenterà, si odieranno, si perseguite-ranno e si tradiranno a vicenda, e allora apparirà l’ingannatore del mondo come Figlio di Dio, e farà segni e prodigi, e la terra sarà consegnata nelle sue mani, e commetterà azioni inique, cose che non si sono mai verificate fin dal principio del mondo. Allora il genere umano sarà avvolto nel fuoco della prova, e molti saranno fatti inciampare e periranno; ma coloro che perseverano nella loro fede saranno salvati dalla stessa maledizione. E allora appariranno i segni della verità: prima il segno dell’espansione nel cielo, poi il segno del suono della tromba. E in terzo luogo, la risurrezione dei morti, ma non di tutti, ma come è detto: “Il Signore verrà e tutti i suoi santi con lui”. Allora il mondo vedrà il Signore venire sulle nuvole del cielo.
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01 Febbraio
Dal Prologo di Ohrid opera di Nikolaj Velimirovic
01 Febbraio – 19 Gennaio secondo l’antico calendario della Chiesa
1. VENERABILE MACARIO IL GRANDE
San Macario il Grande era un egiziano e uno dei contemporanei più giovani di Sant’Antonio il grande. Suo padre era un prete. Per obbedienza ai suoi genitori, Macario si sposò. Tuttavia, sua moglie morì poco dopo e lui si ritirò nel deserto dove trascorse sessant’anni nel lavoro e nella lotta, sia internamente che esternamente, per il Regno dei Cieli. Riuscì così tanto a purificare la sua mente dai pensieri malvagi e il suo cuore che Dio gli concesse l’abbondante dono di operare miracoli tanto da far risorgere persino i morti dalle tombe. La sua umiltà stupiva sia gli uomini che i demoni. Un demone una volta gli disse: “C’è una sola cosa in cui non riesco a vincerti. Non è il digiuno, perché non mangio nulla. Non sono le veglie, perché non dormo mai”. “Ma cos’è?” chiese Macario. “La tua umiltà” rispose il demone. Macario diceva spesso a Pafnuzio, suo discepolo: “Non giudicare nessuno e sarai salvato”. Macario visse fino a novantasette anni. Nove giorni prima della sua morte, Sant’Antonio e San Pacomio gli apparvero dall’altro mondo e lo informarono che sarebbe morto entro nove giorni, cosa che accadde. Inoltre, prima della sua morte, Macario ebbe una visione in cui un cherubino gli rivelò il beato mondo celeste, lodò il suo impegno e la sua virtù e gli disse che era stato mandato per portare la sua anima nel Regno dei Cieli. Morì nell’anno 390 d.C.
2. VENERABILE MARCARIO D’ALESSANDRIA
Macario nacque ad Alessandria e, dapprima, fu venditore di frutta. Fu battezzato a quarant’anni e appena battezzato si ritirò subito per condurre una vita ascetica. All’inizio, insieme a Macario il Grande, era un discepolo di Sant’Antonio. Successivamente divenne abate del monastero chiamato Celle, situato tra Nitria e Scete. Era un po’ più giovane di Macario il Grande e visse anche più a lungo. Visse fino a più di cento anni. Tormentato dalle tentazioni demoniache, soprattutto dalla tentazione della vanità, umiliò se stesso con le fatiche più rigorose e con la preghiera incessante, elevando costantemente la sua mente verso Dio. Una volta un fratello lo vide riempire un cesto di sabbia, portarlo in salita e svuotarlo. Stupito, il fratello gli chiese: “Cosa stai facendo?” Macario rispose: “Sto tormentando il mio aguzzino”, cioè il diavolo. Morì nell’anno 393 d.C.
3. SAN ARSENIO, VESCOVO DI CORFÙ
Arsenio ha ampliato e strutturato il Rito del Sacramento della Santa Unzione [Unzione con Olio] nella sua forma attuale. Morì nell’anno 959 d.C. Le sue reliquie riposano nella chiesa cattedrale di Corfù.
4. SAN MARCO, ARCIVESCOVO DI EFESO
Marco era famoso per la sua coraggiosa difesa dell’Ortodossia al Concilio di Firenze (1439 d.C.) nonostante l’imperatore e il Papa. Morì pacificamente nell’anno 1452 d.C. Sul letto di morte, Marco implorò Gregorio, suo discepolo, e più tardi il glorioso Patriarca Gennadio, di stare attenti alle insidie dell’Occidente e di difendere l’Ortodossia.
5. IL BEATO TEODORO, “FOLLE PER CRISTO” DI NOVGOROD
Prima di morire, Teodoro correva su e giù per le strade gridando a tutti: “Addio, vado lontano!” Morì nell’anno 1392 d.C.
Inno di lode
SAN MACARIO IL GRANDE
In Egitto, nel deserto regnava il Grande amato tra i semplici monaci, come nel regno dei santi. San Macario era tra loro come un cherubino. In ogni buona azione era un esempio per i monaci. Macario si ammalò: per lui, un monaco andò a cercare fragole, andò, le trovò e le portò per lenire il dolore del suo anziano.
Macario non voleva prenderne parte, disse: “C’è un fratello più malato. Portagliele; questo dono è più necessario a quel fratello”.
Il secondo fratello malato pianse e disse al portatore del dono: “Perdonami! Ma il mio vicino è più bisognoso di questa carità di me”.
Il portatore del dono portò via il dono e lo diede a quel vicino, questo lo diede a un terzo e quello a un quarto; tutto in ordine. Di cella in cella, e di fratello in fratello, fino all’ultimo che con le fragole andò alla porta di Macario!
“Ecco, Padre, sei malato!” Macario cominciò a piangere, vedendo questo meraviglioso amore fraterno – né voleva mangiarne. Le versò sulla sabbia calda, e rese grazie a Dio, che il deserto morto e arido, per amore, divenne il Paradiso.
Un fratello ama più suo fratello che se stesso: “O Signore, il dono è questo, il dono dell’amore, il dono di Te!”
Riflessione
Gli esempi di miti che sopportano gli assalti come quelli che troviamo nei Santi Padri sono semplicemente sorprendenti. Tornando una volta dal sentiero della sua cella, Macario il Grande vide un certo ladro rimuovere le sue cose dalla sua cella e caricarle su un asino. Macario non gli disse nulla ma cominciò ad aiutarlo a caricare comodamente tutte le cose sull’asino, dicendo tra sé: «Non abbiamo portato nulla al mondo» (1 Timoteo 6,7). Un altro anziano, quando i ladri gli rubarono tutto dalla cella, si guardò intorno, notò che non avevano preso un fagotto con del denaro che era nascosto da qualche parte, e subito prese questo fagotto, chiamò i ladri e diede loro anche quello. Ancora una volta, un terzo anziano si imbatté nei ladri mentre stavano derubando la sua cella e gridò loro: “Presto, affrettatevi prima che arrivino i fratelli, affinché non mi impediscano di adempiere i comandamenti di Cristo”. «A chi prende ciò che è tuo, non chiederlo indietro» (S. Luca 6,30).
Contemplazione
Contemplare il Signore Gesù come Sale della terra:
1. Come Sale che dà sapore a questa vita in generale;
2. Come il Sale che preserva dalla putrefazione l’umanità, la quale altrimenti sarebbe totalmente putrefatta da un capo all’altro della sua storia;
3. Come il sale della mia vita.
Omelia
Sulla vittoria sul mondo
«Nel mondo avrete tribolazioni, ma fatevi coraggio, io ho vinto il mondo» (San Giovanni 16,33).
Il Solo e l’Unico, il Conquistatore del Mondo, con queste parole insegna ai Suoi seguaci a non aver paura del mondo. In effetti, il mondo appare molto forte; tuttavia, Colui che ha creato il mondo non è forse più forte del mondo? Il mondo è molto spaventoso per chi non sa che Dio governa il mondo e che ha l’autorità di mantenerlo in esistenza finché vuole e di riportarlo nella non-esistenza ogni volta che vuole. Ma, per chi lo sa, il mondo non fa paura.
Rispetto a Cristo Signore, questo mondo è come un tessuto intrecciato della stessa debolezza; mentre in Cristo Signore non c’è una sola debolezza. Per chi non lo sa, il mondo fa paura e chi lo sa, non ha paura del mondo. Il mondo ci ha prestato un corpo e per questo vuole acquisire la nostra anima. Come può il mondo sopraffarci se ci ergiamo come soldati del Conquistatore del mondo?
Il Conquistatore del mondo ci dà le armi per la battaglia. Con il suo esempio, ci insegna come combatterlo, rivela il nemico nascosto, ci mostra la via dell’attacco e della ritirata, ci tiene con la sua mano, ci protegge sotto la sua ala protettrice, ci nutre con il suo corpo vivificante e altro ancora. ci incoraggia gridando: “Fatevi coraggio!” Fratelli, cosa potrà fare allora il mondo quando la sua sconfitta sarà suggellata dalla vittoria di Cristo?
O Signore, Conquistatore del mondo e il nostro comandante vittorioso, sii sempre vicino a noi affinché non ci spaventiamo e guidaci, affinché possiamo essere sempre vicini a Te nel cuore, nella mente e nell’anima.