P. Seraphim Rose di Platina
tratto da: The Orthodox Word , vol. 10, n. 5 (settembre-ottobre 1974), pp. 188-195.
I Santi Padri della Spiritualità Ortodossa
Parte I. L’ispirazione e la guida sicura al vero cristianesimo oggi
Ricordatevi dei vostri capi, i quali vi hanno annunziato la parola di Dio; considerando attentamente l’esito del loro tenore di vita, imitatene la fede… Non lasciatevi sviare da dottrine diverse e peregrine, (Ebrei 13,7- 9)
NON C’È MAI STATA un’epoca di falsi maestri come questo pietoso XX secolo, così ricco di doni materiali e così povero di mente e di anima. Ogni opinione immaginabile, anche la più assurda, anche quelle finora respinte dal consenso universale di tutti i popoli civili, ha ora la sua piattaforma e il suo “maestro”. Alcuni di questi insegnanti vengono con dimostrazioni o promesse di “potere spirituale” e falsi miracoli, come fanno alcuni occultisti e “carismatici”; ma la maggior parte dei maestri contemporanei non offre altro che un debole miscuglio di idee non digerite che hanno ricevuto “dal nulla”, per così dire, o da qualche moderno autoproclamatosi “uomo saggio” (o donna) che ne sa più di tutti gli antichi per il solo fatto di vivere nei nostri “illuminati” tempi moderni. Di conseguenza, la filosofia ha mille scuole e il “cristianesimo” mille sette. Dove si trova la verità in tutto questo, se mai si possa trovare in questi tempi forvianti?
In un solo luogo si trova la fonte del vero insegnamento, proveniente da Dio stesso, non diminuito nei secoli ma sempre fresco, unico in tutti coloro che veramente lo insegnano, conducendo coloro che lo seguono alla salvezza eterna. Questo luogo è la Chiesa Ortodossa di Cristo, la fonte è la grazia dello Spirito Santo, e i veri maestri della dottrina divina che scaturisce da questa fonte sono i Santi Padri della Chiesa Ortodossa.
Ahimè! Quanti pochi cristiani ortodossi lo sanno, e ne sanno abbastanza per bere da questa fonte! Quanti gerarchi contemporanei conducono i loro greggi, non sui veri pascoli dell’anima, i Santi Padri, ma lungo i sentieri rovinosi dei moderni saggi che promettono qualcosa di “nuovo” e si sforzano solo di far dimenticare ai cristiani il vero insegnamento dei Santi Padri, un insegnamento che – è del tutto vero – è del tutto in disaccordo con le false idee che governano i tempi moderni.
L’insegnamento ortodosso dei Santi Padri non è qualcosa di un’epoca, sia “antica” che “moderna”. Esso è stato trasmesso ininterrottamente dal tempo di Cristo e dei suoi Apostoli fino ai giorni nostri, e non c’è mai stato un momento in cui sia stato necessario ritrovare un insegnamento patristico “perduto”. Anche quando molti cristiani ortodossi possono aver trascurato questo insegnamento (come avviene, ad esempio, ai nostri giorni), i suoi veri rappresentanti lo stavano ancora tramandando a coloro che erano affamati di riceverlo. Ci sono state grandi epoche patristiche, come l’epoca folgorante del IV secolo, e ci sono stati periodi di declino nella consapevolezza patristica tra i cristiani ortodossi; ma non c’è stato periodo fin dalla fondazione stessa della Chiesa di Cristo sulla terra in cui la tradizione patristica non guidasse la Chiesa; non c’è stato nessun secolo senza i propri Santi Padri. San Niceta Stethatos, discepolo e biografo di San Simeone il Nuovo Teologo, scrisse: “È stato concesso da Dio che di generazione in generazione non cessi la preparazione da parte dello Spirito Santo dei suoi profeti e amici per l’ordine della sua Chiesa”.
È molto istruttivo per noi, ultimi cristiani, prendere guida e ispirazione dai Santi Padri dei nostri tempi e di quelli recenti, coloro che vissero in condizioni simili alle nostre e tuttavia conservarono intatto e immutato lo stesso insegnamento sempre fresco, che non è per un tempo o una razza, ma per tutti i tempi fino alla fine del mondo, e per l’intera razza dei cristiani ortodossi.
Prima di considerare due dei recenti Santi Padri, tuttavia, chiariamo che per noi cristiani ortodossi lo studio dei Santi Padri non è un ozioso esercizio accademico. Gran parte di ciò che ai nostri tempi passa per un “revival patristico” è poco più che un giocattolo per studiosi eterodossi e per i loro imitatori “ortodossi”, nessuno dei quali ha mai “scoperto” una verità patristica per la quale fosse pronto a sacrificare la propria vita. Tale “patrologia” è solo una ricerca razionalista che prende per oggetto l’insegnamento patristico, senza mai comprendere che il genuino insegnamento dei Santi Padri contiene le verità da cui dipende la nostra vita o morte spirituale.
Questi studiosi di pseudo-patristica passano il loro tempo a dimostrare che lo “pseudo-Macario” era un eretico messaliano, senza comprendere o praticare il puro insegnamento ortodosso del vero San Macario il Grande; che lo “pseudo-Dionigi” era un calcolato falsificatore di libri le cui profondità mistiche e spirituali sono totalmente al di là dei suoi accusatori; che la vita completamente cristiana e monastica dei SS. Barlaam e Joasaph, tramandata da San Giovanni Damasceno, non è altro che una “riedizione della storia di Buddha”; e centinaia di favole simili fabbricate da “esperti” per un pubblico credulone che non ha idea dell’atmosfera agnostica in cui tali “scoperte” vengono fatte. Se ci sono seri dubbi scientifici su alcuni testi patristici (e naturalmente ce ne sono), non si risolveranno certo rivolgendosi a questi “esperti”, che sono totalmente estranei alla vera tradizione patristica e si guadagnano da vivere solo a sue spese.
Quando gli studiosi “ortodossi” riprendono l’insegnamento di questi studiosi pseudo-patristici o effettuano le proprie ricerche con lo stesso spirito razionalistico, l’esito può essere tragico; poiché tali studiosi sono considerati da molti come “portavoce dell’Ortodossia” e le loro dichiarazioni razionalistiche come parte di una visione “autenticamente patristica”, ingannando così molti cristiani ortodossi. Padre Alexander Schmemann, ad esempio, mentre finge di liberarsi dalla “cattività occidentale”, immagina di aver dominato completamente la teologia ortodossa nei tempi moderni, nella sua ignoranza della vera tradizione patristica degli ultimi secoli (che si trova più nei monasteri che nelle accademie), diventando in realtà lui stesso prigioniero delle idee razionalistiche protestanti riguardo alla teologia liturgica, come ha ben sottolineato il protopresbitero Michele Pomazansky, un autentico teologo patristico dei nostri giorni [nota: “The Liturgical Theology of Fr. A. Schmemann,” in The Orthodox Word, 1970, no. 6, pp. 260-280]. Purtroppo, uno smascheramento così netto deve ancora essere fatto dello pseudo-studioso dei santi e dei santi padri russi G.P. Fedotov, il quale immagina che san Sergio “fosse il primo santo russo che può essere definito un mistico” (con questo ignorando i quattro secoli di Padri russi altrettanto “mistici” che lo hanno preceduto), cerca inutilmente “l’originalità” nell'”opera letteraria” di San Nilo di Sora (dimostrando così di non comprendere nemmeno il significato della tradizione nell’Ortodossia), calunnia il grande santo ortodosso, Tikhon di Zadonsk, definendolo “il figlio del barocco occidentale piuttosto che l’erede della spiritualità orientale” [nota: Una tesi ampiamente confutata da Nadejda Gorodetsky in Saint Tikhon Zadonsky, Inspirer of Dostoyevsky, SPCK, London, 1951] e con grande artificiosità cerca di fare di San Serafino (che in realtà è così sorprendentemente nella tradizione patristica da essere a malapena distinguibile dai grandi Padri del deserto egiziano) un fenomeno “unicamente russo” che è stato “il primo rappresentante conosciuto di questa classe di anziani spirituali (startsi) in Russia”, il cui “approccio al mondo è senza precedenti nella tradizione orientale” e che è stato “il precursore della nuova forma di spiritualità che dovrebbe succedere al monachesimo meramente ascetico”. [nota: Si vedano le introduzioni di Fedotov agli scritti di questi santi in A Treasury of Russian Spirituality, Sheed & Ward, New York, 1948.]
Purtroppo, le conseguenze di tale pseudo-erudizione spesso si manifestano nella vita reale; le anime ingenue che prendono per vere queste false conclusioni cominciano a lavorare per un “risveglio liturgico” su basi protestanti, trasformano San Serafino (ignorando i suoi insegnamenti “scomodi” sugli eretici, che condivide con tutta la tradizione patristica) in uno yogin indù o un “carismatico”, e in generale si avvicina ai Santi Padri proprio come fa la maggior parte degli studiosi contemporanei, senza reverenza e timore reverenziale, come se fossero sullo stesso livello, come un esercizio di esoterismo o come una sorta di gioco intellettuale, invece che come un guida alla vera vita e alla salvezza.
NON SONO COSÌ I VERI studiosi ortodossi; non è così la vera tradizione patristica ortodossa, dove l’insegnamento genuino e immutabile del vero cristianesimo viene tramandato in successione ininterrotta sia oralmente che attraverso la parola scritta e stampata, da padre spirituale a figlio spirituale, da maestro a discepolo.
Nel XX secolo un vescovo ortodosso si distingue soprattutto per il suo orientamento patristico: l’arcivescovo Teofane di Poltava (+ 1940, 6 febbraio), è uno dei fondatori della libera Chiesa russa fuori dalla Russia, e forse il principale artefice della sua intransigente e tradizionalista ideologia. Negli anni in cui era vicepresidente del Sinodo dei vescovi di questa Chiesa (anni ’20), era ampiamente riconosciuto come il più patristico di tutti i teologi russi all’estero. Negli anni ’30 si ritirò in totale isolamento per diventare un secondo Teofane il Recluso; e da allora è stato, purtroppo, in gran parte dimenticato. Fortunatamente, la sua memoria è stata custodita con sacralità dai suoi discepoli e seguaci, e negli ultimi mesi uno dei suoi principali discepoli, l’arcivescovo Averky del Monastero della Santissima Trinità a Jordanville, New York, ha pubblicato la sua biografia insieme ad alcuni suoi sermoni. [nota: una sua breve vita in inglese si può leggere in The Orthodox Word, 1969, n. 5]. In questi sermoni si vede chiaramente il timore reverenziale e il rispetto del vescovo nei confronti dei santi Padri, il suo discepolato verso di loro e la sua straordinaria umiltà che sarà appagata solo quando non trasmetterà nulla di suo ma solo le idee e le stesse parole dei Santi Padri. Così, in un sermone della domenica di Pentecoste, dice: “L’insegnamento della Santissima Trinità è il culmine della teologia cristiana. Perciò non presumo di esporre questo insegnamento con parole mie, ma lo espongo con le parole del teologi santi e devoti e grandi Padri della Chiesa: Atanasio il Grande, Gregorio il Teologo e Basilio il Grande. Mie sono solo le labbra, ma loro le parole e i pensieri. Essi presentano il pasto divino, e io sono solo il servitore del loro banchetto divino”.
In un altro sermone, l’arcivescovo Teofane spiega le ragioni del suo auto-cancellamento davanti ai Santi Padri – una caratteristica così tipica dei grandi trasmettitori dell’insegnamento patristico, anche dei grandi teologi e a pieno titolo come l’arcivescovo Teofane, ma che è così palesemente fraintesa dagli studiosi mondani come una “mancanza di originalità”. Nela sua omelia sulla Domenica dei Santi Padri del Sesto Concilio Ecumenico, tenuta nel 1928 a Varna, in Bulgaria, offre ai fedeli “una parola sul significato dei Santi Padri e Maestri della Chiesa per noi cristiani. In che cosa consiste la loro grandezza e da che cosa dipende il loro speciale significato per noi? La Chiesa, fratelli, è la casa del Dio vivente, colonna e fondamento della verità (I Tim 3,15). La verità cristiana è conservata nella Chiesa nella Sacra Scrittura e nella Sacra Tradizione; ma richiede una corretta conservazione e una corretta interpretazione. Il significato dei Santi Padri sta proprio in questo: che essi sono i più capaci custodi e interpreti di questa verità in virtù della santità della loro vita, della profonda conoscenza della Parola di Dio e dell’abbondanza della grazia dello Spirito Santo che abita in loro”. Il resto di questo sermone non è composto da altro che da citazioni degli stessi Santi Padri (i santi Atanasio il Grande, Basilio il Grande, Simeone il Nuovo Teologo, Niceta Stethatos) a sostegno di questa tesi.
L’ultimo Santo Padre che l’Arcivescovo Teofane cita, a lungo, nella sua omelia, è uno a lui vicino nel tempo, un suo predecessore nella trasmissione dell’autentica tradizione patristica in Russia: il Vescovo Ignazio Brianchaninov. Egli ha un doppio significato per noi oggi: non solo è un Santo Padre quasi dei nostri tempi, ma anche la sua ricerca della verità è molto simile a quella dei sinceri cercatori di verità di oggi, e ci mostra quindi come sia possibile per l'”uomo moderno illuminato” allontanarsi dalla schiavitù prevalente delle idee e dei modi di pensare moderni ed entrare di nuovo nell’atmosfera pura delle idee e dei modi di pensare patristici, cioè dei veri cristiani ortodossi. È estremamente stimolante per noi leggere, nelle parole dello stesso vescovo Ignazio, come un ingegnere militare abbia rotto i legami del “sapere moderno” e sia entrato nella tradizione patristica, che ricevette, oltre che dai libri, direttamente da un discepolo del beato Paisius Velichkovsky, e che ha tramandato fino ai nostri giorni.
“Quando ero ancora studente”, l’arcivescovo Teofane cita il vescovo Ignazio [nota: dal volume I delle Opere raccolte del vescovo Ignazio in russo, pp. 396-40l] , “non c’erano divertimenti o distrazioni per me! Il mondo non offriva nulla di allettante per me. La mia mente era completamente immersa nelle scienze, e allo stesso tempo ardevo dal desiderio di scoprire dov’era la vera fede, dov’era il suo vero insegnamento, estraneo agli errori sia dogmatici che morali.
“Allo stesso tempo si presentavano già al mio sguardo i confini della conoscenza umana nelle scienze più alte e pienamente sviluppate. Giunto a questi confini, chiesi alle scienze: ‘Che cosa date che un uomo possa chiamare suo? L’uomo è eterno e ciò che è suo deve essere eterno. Mostratemi questo possesso eterno, questa vera ricchezza, che potrei portare con me oltre la tomba! Finora ho visto solo conoscenze che finiscono con la terra, che non possono esistere dopo la separazione dell’anima dal corpo”.
“Il giovane in ricerca si informa a sua volta su matematica, fisica, chimica, filosofia, dimostrando di conoscerle a fondo; poi su geografia, geodesia, nautica, letteratura; ma scopre che sono tutte cose della terra. In risposta a tutte le sue angosciose domande ricevette la stessa risposta che analoghi cercatori ricevono nel nostro ancor più “illuminato” XX secolo: “Le scienze sono silenti”.
Allora, «per una risposta soddisfacente, una risposta veramente necessaria e viva, mi sono rivolto alla fede. Ma dove sei nascosta, o fede vera e santa? Non potevo riconoscerti nel fanatismo [papismo] che non era sigillato dalla mitezza evangelica; respirava passione e magnanimità! Non potevo riconoscerti nell’insegnamento arbitrario [il protestantesimo] che si separò dalla Chiesa, inventando un proprio nuovo sistema, proclamando invano e orgogliosamente la scoperta di una nuova, vera fede cristiana, dopo circa diciotto secoli dall’incarnazione del Verbo di Dio! Oh! In quale grave perplessità era la mia anima! Come era spaventosamente gravata! Quali ondate di dubbio si sollevavano contro di essa, nascendo dalla sfiducia in me stesso, dalla sfiducia in tutto ciò che gridava, gridava intorno a me a causa della mia ignoranza, della mia non conoscenza della verità.
«E cominciavo spesso, con le lacrime, a supplicare Dio che non mi abbandonasse in sacrificio all’errore, ma che mi indicasse la retta via sulla quale dirigere il mio invisibile cammino della mente e del cuore verso di Lui. “Oh meraviglia! All’improvviso mi si presentò un pensiero… Il mio cuore si sentì commosso come all’abbraccio di un amico. Questo pensiero mi ispirò a studiare la fede nelle fonti, negli scritti dei Santi Padri! “La loro santità, ‘ il pensiero mi disse: ‘garantisce la loro affidabilità: sceglili per le tue guide.’ Ubbidii, trovai il modo di procurarmi le opere dei santi di cui Dio si è compiaciuto, e con ansia cominciai a leggerle, a indagarle profondamente, e dopo averne lette alcune, ne riprendevo altre, le leggevo, le rileggevo, le studiavo. Cosa mi ha colpito più di tutto nelle opere dei Padri della Chiesa Ortodossa? Era la loro armonia, la loro meravigliosa, magnifica, armonia. Diciotto secoli, attraverso le loro labbra, hanno testimoniato un unico Insegnamento unanime, un insegnamento Divino!
“Quando in una limpida notte d’autunno guardo il caro cielo, seminato d’innumerevoli stelle, così diverse in grandezza eppure spargenti una sola luce, allora mi dico: tali sono gli scritti dei Padri! Quando in un giorno d’estate guardo nel vasto mare, coperto da una moltitudine di navi diverse con le vele spiegate come ali di cigni bianchi, navi che corrono sotto un unico vento verso un’unica meta, verso un unico porto, mi dico: tali sono gli scritti dei Padri. Quando ascolto un coro armonioso, a più voci, in cui diverse voci in elegante armonia cantano un unico canto divino, allora mi dico: tali sono gli scritti dei Padri!
«E quale insegnamento trovo in essi? Trovo un insegnamento ripetuto da tutti i Padri, e cioè che l’unica via per la salvezza è l’adesione costante alle indicazioni dei Santi Padri. ‘Hai visto’, dicono, ‘ qualcuno che, ingannato da un falso insegnamento, è perito a causa di un’errata scelta di fatiche ascetiche? – sappia allora che ha seguito se stesso, il proprio intelletto, le proprie opinioni e non l’insegnamento dei Padri (Abba Doroteo, Quinta Istruzione), da cui è composta la tradizione dogmatica e morale della Chiesa e con questa Tradizione, come bene inestimabile, la Chiesa nutre i suoi figli.
“Questo pensiero mi è stato inviato da Dio, dal quale viene ogni buon dono, dal quale un buon pensiero è il principio di ogni cosa buona… Questo pensiero è stato per me il primo porto nella terra della verità. Qui la mia anima ha trovato riposo dalle onde e dai venti. Questo pensiero divenne la prima pietra per l’edificio spirituale della mia anima. Questo pensiero divenne la mia stella polare. Cominciò a illuminarmi costantemente il sentiero molto difficile e sofferente, stretto e invisibile della mente e del cuore verso Dio. Ho guardato il mondo religioso con questo pensiero, e ho visto: la causa di tutti gli errori consiste nell’ignoranza, nella dimenticanza, nell’assenza di questo pensiero.
“La lettura dei Padri mi convinse chiaramente che la salvezza nel seno della Chiesa ortodossa russa era indubbia, cosa di cui le religioni dell’Europa occidentale sono prive, poiché non hanno conservato per intero né l’insegnamento dogmatico né quello morale della Chiesa di Cristo fin dal suo inizio. Mi ha rivelato ciò che Cristo ha fatto per l’umanità, in cosa consiste la caduta dell’uomo, perché era necessario un Redentore, in cosa consiste la salvezza procurata dal Redentore. Mi ha inculcato che bisogna sviluppare, percepire, vedere la salvezza in se stessi, senza la quale la fede in Cristo è morta e il cristianesimo è semplicemente una parola e un nome se non è messo in pratica! Mi ha insegnato a guardare all’eternità come eternità, di fronte alla quale mille anni di vita terrena non sono nulla, per non parlare della nostra vita che si misura in mezzo secolo, mi ha insegnato che la vita terrena deve portare a prepararsi all’eternità… Mi ha mostrato che tutte le occupazioni terrene, i piaceri, gli onori, la preminenza sono giocattoli vuoti, con i quali i bambini cresciuti giocano e nei quali perdono la beatitudine dell’eternità… Tutto questo i Santi Padri lo espongono con piena chiarezza nei loro scritti sacralmente splendidi”.
L’arcivescovo Teofano conclude la sua esortazione patristica con questo appello: “Fratelli, questo buon pensiero [il prendere come guida i Santi Padri] sia la vostra stella guida anche nei giorni del vostro pellegrinaggio terreno sulle onde del mare della vita!”.
La verità di questo appello, come delle ispirate parole del vescovo Ignazio, non si è affievolita nei decenni trascorsi da quando sono state pronunciate. Il mondo si è incamminato sulla via dell’apostasia dalla Verità cristiana e diventa sempre più chiaro che non c’è alternativa a questa via se non quella di seguire il cammino intransigente della verità che i Santi Padri ci hanno tramandato.
Ma dobbiamo rivolgerci ai Santi Padri non solo per “conoscerli”; se non facciamo che questo non siamo in condizioni migliori degli oziosi disputanti delle accademie morte di questa civiltà moderna in via di estinzione, anche quando queste accademie sono “ortodosse” e i dotti teologi in esse definiscono e spiegano chiaramente tutto sulla “santità” e sulla “spiritualità” e sulla “theosis“, ma non hanno l’esperienza necessaria per parlare direttamente al cuore delle anime assetate e indurle a desiderare la via della lotta spirituale, né la conoscenza per individuare l’errore fatale dei “teologi” accademici che parlano di Dio con la sigaretta o il bicchiere di vino in mano, né il coraggio di accusare i gerarchi “canonici” apostati del loro tradimento di Cristo. Dobbiamo andare ai Santi Padri, per diventare loro discepoli, ricevere l’insegnamento della vera vita, della salvezza dell’anima, pur sapendo che così facendo perderemo il favore di questo mondo e ne diventeremo emarginati. Se faremo così troveremo la via d’uscita dalla confusa palude del pensiero moderno, che si fonda proprio sull’abbandono del sacro insegnamento dei Padri. Scopriremo che i Santi Padri sono più “contemporanei” nel senso che parlano direttamente alla lotta del cristiano ortodosso oggi, dando risposte alle domande cruciali della vita e della morte che la semplice erudizione accademica di solito ha paura anche di chiedere – e quando le pone dà una risposta innocua che “spiega” queste domande a chi è semplicemente curioso, ma non è assetato di risposte. Troveremo la vera guida dei Padri, imparare l’umiltà e la diffidenza verso la nostra vana saggezza mondana, che abbiamo risucchiato con l’aria di questi tempi pestilenti, attraverso la fiducia in coloro che hanno compiaciuto Dio e non il mondo. Troveremo in loro dei veri padri, così carenti ai nostri giorni, quando l’amore di molti si è raffreddato (Matteo 24,12), padri il cui unico scopo è condurre noi, loro figli, a Dio e al Suo Regno Celeste, dove noi cammineremo e converseremo con questi uomini angelici in gioia indicibile per sempre.
Non c’è problema dei nostri tempi confusi che non possa trovare la sua soluzione in una lettura attenta e riverente dei Santi Padri: sia il problema delle sette e delle eresie oggi abbondanti, sia quello degli scismi e delle “giurisdizioni”; sia la pretesa di vita spirituale portata avanti dal “risveglio carismatico”, sia le sottili tentazioni del comfort e della comodità moderni; che si tratti di complesse questioni filosofiche come “l’evoluzione” o di semplici questioni morali come l’aborto, l’eutanasia e il “controllo delle nascite”; se la raffinata apostasia del “sergianesimo”, che propone un’organizzazione ecclesiastica al posto del Corpo di Cristo, o la crudezza del “rinnovazionismo”, che inizia con la “revisione del calendario” e termina con il “protestantesimo di rito orientale”. In tutte queste questioni i Santi Padri, e i nostri Padri viventi che li seguono, sono la nostra unica guida sicura.
Il vescovo Ignazio e altri Padri recenti hanno indicato per noi ultimi cristiani quali sono i Santi Padri più importanti da leggere e in quale ordine. Queste indicazioni saranno fornite insieme all’insegnamento dei Santi Padri e alle informazioni sulle traduzioni in inglese dei Padri, nei prossimi numeri di The Orthodox Word. Possa questo essere un’ispirazione per tutti noi nel porre l’insegnamento patristico come prima pietra dell’edificazione della nostra anima, per l’eredità della vita eterna! Amen.
ENGLISH VERSION
The Holy Fathers of Orthodox Spirituality
Part I. The Inspiration and Sure Guide to True Christianity Today
Remember your instructors, who have spoken the word of God to you, whose faith follow, considering the end of their life… Be not led away with various and strange doctrines. (Hebrews 13:7, 9)
NEVER HAS THERE BEEN such an age of false teachers as this pitiful 20th century, so rich in material gadjets and so poor in mind and soul. Every conceivable opinion, even the most absurd, even those hitherto rejected by the universal consent of all civilized peoples—now has its platform and its own “teacher.” A few of these teachers come with demonstration or promise of “spiritual power” and false miracles, as do some occultists and ” charismatics”; but most of the contemporary teachers offer no more than a weak concoction of undigested ideas which they received “out of the air,” as it were, or from some modern self-appointed “wise man” (or woman) who knows more than all the ancients merely by living in our “enlightened” modern times. As a result, philosophy has a thousand schools and “Christianity” a thousand sects. Where is the truth to be found in all this, if indeed it is to be found at all in our most misguided times?
In only one place is there to be found the fount of true teaching, coming from God Himself, not diminished over the centuries but ever fresh, being one and the same in all those who truly teach it, leading those who follow it to eternal salvation. This place is the Orthodox Church of Christ, the fount is the grace of the All-Holy Spirit, and the true teachers of the Divine doctrine that issues from this fount are the Holy Fathers of the Orthodox Church.
Alas! How few Orthodox Christians know this, and know enough to drink from this fount! How many contemporary hierarchs lead their flocks, not on the true pastures of the soul, the Holy Fathers, but along the ruinous paths of modern wise men who promise something “new” and strive only to make Christians forget the true teaching of the Holy Fathers, a teaching which—it is quite true—is entirely out of harmony with the false ideas which govern modern times.
The Orthodox teaching of the Holy Fathers is not something of one age, whether “ancient” or “modern.” It has been transmitted in unbroken succession from the time of Christ and His Apostles to the present day, and there has never been a time when it was necessary to discover a “lost” patristic teaching. Even when many Orthodox Christians may have neglected this teaching (as is the case, for example, in our own day), its true representatives were still handing it down to those who hungered to receive it. There have been great patristic ages, such as the dazzling epoch of the fourth century, and there have been periods of decline in patristic awareness among Orthodox Christians; but there has been no period since the very foundation of Christ’s Church on earth when the Patristic tradition was not guiding the Church; there has been no century without Holy Fathers of its own. St. Nicetas Stethatos, disciple and biographer of St. Simeon the New Theologian, has written; “It has been granted by God that from generation to generation there should not cease the preparation by the Holy Spirit of His prophets and friends for the order of His Church.”
Most instructive is it for us, the last Christians, to take guidance and inspiration from the Holy Fathers of our own and recent times, those who lived in conditions similar to our own and yet kept undamaged and unchanged the same ever-fresh teaching, which is not for one time or race, but for all times to the end of the world, and for the whole race of Orthodox Christians.
Before looking at two of the recent Holy Fathers, however, let us make clear that for us, Orthodox Christians, the study of the Holy Fathers is not an idle academic exercise. Much of what passes for a ”patristic revival” in our times is scarcely more than a plaything of heterodox scholars and their “Orthodox” imitators, not one of whom has ever “discovered” a patristic truth for which he was ready to sacrifice his life. Such “patrology” is only rationalist scholarship which happens to take patristic teaching for its subject, without ever understanding that the genuine teaching of the Holy Fathers contains the truths on which our spiritual life or death depends.
Such pseudo-patristic scholars spend their time proving that “pseudo-Macarius” was a Messalian heretic, without understanding or practicing the pure Orthodox teaching of the true St. Macarius the Great; that “pseudo-Dionysius” was a. calculated forger of books whose mystical and spiritual depths are totally beyond his accusers; that the thoroughly Christian and monastic life of Sts. Barlaam and Joasaph, handed down by St. John Damascene, is nothing but a “retelling of the Buddha story”; and a hundred similar fables manufactured by “experts” for a gullible public which has no idea of the agnostic atmosphere in which such “discoveries” are made. Where there are serious scholarly questions concerning some patristic texts (which, of course, there are), they will certainly not be resolved by referring them to such “experts,” who are total strangers to the true patristic tradition, and only make their living at its expense.
When “Orthodox” scholars pick up the teaching of these pseudo-patristic scholars or make their own researches in the same rationalistic spirit, the outcome can be tragic; for such scholars are taken by many to be “spokesmen for Orthodoxy,” and their rationalistic pronouncements to be part of an “authentically patristic” outlook, thus deceiving many Orthodox Christians. Father Alexander Schmemann, for example, while pretending to set himself free from the “Western captivity” which, in his ignorance of the true Patristic tradition of recent centuries (which is to be found more in the monasteries than in the academies), he fancies to have completely dominated Orthodox theology in modern times, has himself become the captive of Protestant rationalistic ideas concerning liturgical theology, as has been well pointed out by Protopresbyter Michael Pomazansky, a genuine Patristic theologian of today. [1] Unfortunately, such a clear unmasking has yet to be made of the pseudo-scholar of Russian Saints and Holy Fathers, G. P. Fedotov, who imagines that St. Sergius “was the first Russian saint who can be termed a mystic” (thereby ignoring the four centuries of equally “mystical” Russian Fathers who preceded him), looks pointlessly for “originality” in the “literary work” of St. Nilus of Sora (thus showing that he does not even understand the meaning of tradition in Orthodoxy), slanders the great Orthodox Saint, Tikhon of Zadonsk, as “the son of the Western Baroque rather than the heir of Eastern spirituality,” [2] and with great artificiality tries to make St. Seraphim (who is actually so stunningly in the patristic tradition that he is scarcely to be distinguished from the great Fathers of the Egyptian desert) into some “uniquely Russian” phenomenon who was “the first known representative of this class of spiritual elders (startsi) in Russia,” whose “approach to the world is unprecedented in the Eastern tradition,” and who was “the forerunner of the new form of spirituality which should succeed merely ascetical monasticism.” [3]
Lamentably, the consequences of such pseudo-scholarship often appear in real life; gullible souls who take these false conclusions for genuine begin to work for a “liturgical revival” on Protestant foundations, transform St. Seraphim (ignoring his “inconvenient” teachings regarding heretics, which he shares with the whole patristic tradition) into a Hindu yogin or a “charismatic,” and in general approach the Holy Fathers just as do most contemporary scholars—without reverence and awe, as though they were on the same level, as an exercise in esotericism or as some kind of intellectual game, instead of as a guide to true life and salvation.
NOT SO ARE TRUE Orthodox scholars; not so is the true Orthodox patristic tradition, where the genuine, unchanging teaching of true Christianity is handed down in unbroken succession both orally and by the written and printed word, from spiritual father to spiritual son, from teacher to disciple.
In the 20th century one Orthodox hierarch stands out especially for his patristic orientation—Archbishop Theophan of Poltava (+ 1940, February 6), one of the founders of the free Russian Church Outside of Russia, and perhaps the chief architect of her uncompromising and traditionalist ideology. In the years when he was vice-chairman of the Synod of Bishops of this Church (1920’s), he was widely acknowledged as the most patristically-minded of all the Russian theologians abroad. In the 1930’s he retired into total seclusion to become a second Theophan the Recluse; and since then he has been, sadly, very largely forgotten. Fortunately, his memory has been sacredly kept by his disciples and followers, and in recent months one of his leading disciples, Archbishop Averky of Holy Trinity Monastery at Jordanville, New York, has published his biography together with a number of his sermons. [4] In these sermons may be clearly seen the hierarch’s awe and reverence before the Holy Fathers, his discipleship toward them, and his surpassing humility which will be content only when he is transmitting nothing of his own but only the ideas and the very words of the Holy Fathers. Thus, in a sermon on Pentecost Sunday he says: “The teaching of the Holy Trinity is the pinnacle of Christian theology. Therefore I do not presume to set forth this teaching in my own words, but I set it forth in the words of the holy and Godbearing theologians and great Fathers of the Church: Athanasius the Great, Gregory the Theologian, and Basil the Great. Mine only are the lips, but theirs the words and thoughts. They present the Divine meal, and I am only the servant of their Divine banquet.”
In another sermon, Archbishop Theophan gives the reasons for his self-effacement before the Holy Fathers—a characteristic so typical of the great transmitters of Patristic teaching, even great theologians in their own right such as Archbishop Theophan, but which is so glaringly misinterpreted by worldly scholars as a “lack of originality.” In his sermon on the Sunday of the Holy Fathers of the Sixth Ecumenical Council, given in 1928 in Varna, Bulgaria, he offers to the faithful “a word on the significance of the Holy Fathers and Teachers of the Church for us Christians. In what does their greatness consist, and on what does their special significance for us depend? The Church, brethren, is the house of the living God, the pillar and ground of the truth (ITim. 3:15). Christian truth is preserved in the Church in Holy Scripture and Holy Tradition; but it requires a correct preservation and a correct interpretation. The significance of the Holy Fathers is to be found precisely in this: that they are the most capable preservers and interpreters of this truth by virtue of the sanctity of their lives, their profound knowledge of the word of God, and the abundance of the grace of the Holy Spirit which dwells in them.” The rest of this sermon is composed of nothing but quotes from the Holy Fathers themselves (Sts. Athanasius the Great, Basil the Great, Simeon the New Theologian, Nicetas Stethatos) to support this view.
The final Holy Father whom Archbishop Theophan quotes, at great length, in his sermon, is one close to him in time, a predecessor of his in the transmission of the authentic patristic tradition in Russia—Bishop Ignatius Brianchaninov. He has a double significance for us today: not only is he a Holy Father of almost our own times, but also his search for truth is very similar to that of sincere truth-seekers today, and he thus shows us how it is possible for the “enlightened modern man” to turn away from the prevailing slavery to modern ideas and modes of thought, and enter once again the pure atmosphere of patristic—that is, true Orthodox Christian ideas and ways of thinking. It is extremely inspiring for us to read, in the words of Bishop Ignatius himself, how a military engineer burst the bonds of “modern knowledge” and entered the patristic tradition, which he received, in addition to books, directly from a disciple of Blessed Paisius Velichkovsky, and handed down to our own day.
“When I was still a student,” Archbishop Theophan quotes Bishop Ignatius, [5] “there were no enjoyments or distractions for me! The world presented nothing enticing for me. My mind was entirely immersed in the sciences, and at the same time I was burning with the desire to find out where was the true faith, where was the true teaching of it, foreign to errors both dogmatic and moral.
“At the same time there was already presented to my gaze the boundaries of human knowledge in the highest, fully developed sciences. Coming to these boundaries, I asked of the sciences: ‘What do you give that a man may call his own? Man is eternal, and what is his own should be eternal. Show me this eternal possession, this true wealth, which I might take with me beyond the grave! Up to now I see only knowledge which ends with the earth, which cannot exist after the separation of the soul from the body.”
The searching youth inquired in turn of mathematics, physics, chemistry, philosophy, showing his profound knowledge of them; then of geography, geodesy, lan. guages, literature; but he finds that they are all of the earth. In answer to all his agonized questioning he received the same reply similar searchers receive in our even more “enlightened” 20th century: “The sciences were silent.”
Then, “for a satisfactory answer, a truly necessary and living answer, I turned to faith. But where are you hidden, O true and holy Faith? I could not recognize you in fanaticism [Papism] which was not sealed with the Gospel meekness; it breathed passion and high-mindedness! I could not recognize you in the arbitrary teaching [Protestantism] which separated from the Church, making up its own new system, vainly and pridefully proclaiming the discovery of a new, true Christian faith, after a lapse of eighteen centuries from the Incarnation of God the Word! Oh! In what a heavy perplexity my soul was! How frightfully it was weighed down! What waves of doubt rose up against it, arising from distrust of myself, from distrust of everything that was clamoring, crying out around me because of my lack of knowledge, my ignorance of the truth.
“And I began often, with tears, to implore God that He might not give me over as a sacrifice to error, but that He might show me the right path on which I should direct towards Him my invisible journey of mind and heart. And, O wonder! Suddenly a thought stood before me… My heart went out to it as to the embrace of a friend. This thought inspired me to study faith in the sources—in the writings of the Holy Fathers! ‘Their holiness,’ the thought said to me, ‘vouches for their trustworthiness: choose them for your guides.’ I obeyed. I found means of obtaining the works of the holy pleasers of God, and in eagerness I began to read them, investigate them deeply. Having read some, I would take up others, read them, re-read them, study them. What was it that above all else struck me in the works of the Fathers of the Orthodox Church? It was their harmony, their wondrous, magnificent, harmony. Eighteen centuries, through their lips, testified to a single unanimous Teaching, a Divine teaching!
“When on a clear autumn night I gaze at the dear sky, sown with numberless stars, so diverse in size yet shedding a single light, then I say to myself: such are the writings of the Fathers! When on a summer day I gaze at the vast sea, covered with a multitude of diverse vessels with their unfurled sails like white swans’ wings, vessels racing under a single wind to a single goal, to a single harbor, I say to myself: such are the writings of the Fathers! When I hear a harmonious, many-voiced choir, in which diverse voices in elegant harmony sing a single Divine song, then I say to myself: such are the writings of the Fathers!
“And what teaching do I find in them? I find a teaching repeated by all the Fathers, namely, that the only path to salvation is the unwavering following of the instructions of the Holy Fathers. ‘Have you seen,’ they say, ‘anyone deceived by false teaching, perishing from an incorrect choice of ascetic labors?—then know that he followed himself, his own understanding, his own opinions, and not the teaching of the Fathers’ (Abba Dorotheus, Fifth Instruction), out of which is composed the dogmatic and moral tradition of the Church. With this Tradition as a priceless possession, the Church nourishes her children.
“This thought was sent by God, from Whom is every good gift, from Whom a good thought is the beginning of every good thing… This thought was for me the first harbor in the land of truth. Here my soul found rest from the waves and winds. This thought became the foundation stone for the spiritual building of my soul. This thought became my guiding star. It began constantly to illumine for me the very difficult and much-suffering, narrow, invisible path of the mind and heart toward God. I looked at the religious world with this thought, and I saw: the cause of all errors consists in ignorance, in forgetfulness, in the absence of this thought.
“The reading of the Fathers clearly convinced me that salvation in the bosom of the Orthodox Russian Church was undoubted, something of which the religions of Western Europe are deprived, since they have not preserved whole either the dogmatic or the moral teaching of the Church of Christ from her beginning. It revealed to me what Christ has done for mankind, in what consists the fall of man, why a Redeemer was necessary, in what consists the salvation procured by the Redeemer. It inculcated in me that one must develop, sense, see salvation in oneself, without which faith in Christ is dead, and Christianity is a word and a name without being put into effect! It instructed me to look upon eternity as eternity, before which a Thousand years of earthly life is nothing, let alone our life which is measured by some half a century, It instructed me that earthly life must lead to preparation for eternity… It showed me that all earthly occupations, enjoyments, honors, pre-eminence are empty toys, with which grown-up children play and in which they lose the blessedness of eternity… All this the Holy Fathers set forth with complete clarity in their sacredly splendid writings.”
Archbishop Theophan concludes his Patristic exhortation with this appeal: “Brethren, let this good thought [the taking of the Holy Fathers as our guide] be your guiding star also in the days of your earthly pilgrimage on the waves of the sea of life!”
The truth of this appeal, as of the inspired words of Bishop Ignatius, has not dimmed in the decades since they were uttered. The world has gone forth on the path of apostasy from Christian Truth, and it becomes ever more clear that there is no alternative to this path save that of following the uncompromising path of truth which the Holy Fathers have handed down to us.
Yet we must go to the Holy Fathers not merely to “learn about them”; if we do no more than this we are in no better state than the idle disputants of The dead academies of this perishing modern civilization, even when these academies are “Orthodox” and the learned theologians in them neatly define and explain all about “sanctity” and “spirituality” and “theosis,” but have not the experience needed to speak straight to the heart of thirsting souls and wound them into desiring the path of spiritual struggle, nor the knowledge to detect the fatal error of the academic “theologians” who speak of God with cigarette or wineglass in hand, nor the courage to accuse the apostate “canonical” hierarchs of their betrayal of Christ. We must go to the Holy Fathers, rather, in order to become their disciples, to receive the teaching of true life, the soul’s salvation, even while knowing that by doing this we shall lose the favor of this world and become outcasts from it. If we do this we shall find the way out of the confused swamp of modern thought, which is based precisely upon abandonment of the sacred teaching of the Fathers. We shall find that the Holy Fathers are most “contemporary” in that they speak directly to the struggle of the Orthodox Christian today, giving answers to the crucial questions of life and death which mere academic scholarship is usually afraid even to ask—and when it does ask them, gives a harmless answer which “explains” these questions to those who are merely curious about them, but are not thirsting for answers. We shall find true guidance from the Fathers, learning humility and distrust of our own vain worldly wisdom, which we have sucked in with the air of these pestilential times, by means of trusting those who have pleased God and not the world. We shall find in them true fathers, so lacking in our own day when the love of many has grown cold (Matt. 24:12)—fathers whose only aim is to lead us their children to God and His Heavenly Kingdom, where we shall walk and converse with these angelic men in unutterable joy forever.
There is no problem of our own confused times which cannot find its solution by a careful and reverent reading of the Holy Fathers: whether the problem of the sects and heresies that abound today, or the schisms and “jurisdictions”; whether the pretense of spiritual life put forth by the “charismatic revival,” or the subtle temptations of modern comfort and convenience; whether complex philosophical questions such as “evolution,” or the straightforward moral questions of abortion, euthanasia, and “birth control”; whether the refined apostasy of “Sergianism,” which offers a church organization in place of the Body of Christ, or the crudeness of “renovationism,” which begins by “revising the calendar” and ends in “Eastern-rite Protestantism.” In all these questions the Holy Fathers, and our living Fathers who follow them, are our only sure guide.
Bishop Ignatius and other recent Fathers have indicated for us last Christians which Holy Fathers are the most important for us to read, and in what order. These indications will be given together with the teaching of the Holy Fathers, and information on English translations of the Fathers, in future issues of The Orthodox Word. May this be an inspiration to us all to place the Patristic teaching as the foundation stone of the building of our own souls, unto the inheritance of everlasting life! Amen.