16 MAGGIO

Dal Prologo di Ohrid opera di Nikolaj Velimirovic

16 Maggio secondo l’antico calendario della Chiesa

  1. IL VENERABILE TEODORO IL SANTIFICATO

Teodoro era un discepolo di San Pacomio. Era nato e cresciuto come pagano, ma da giovane venne a conoscenza della vera fede e fu battezzato. Venuto a conoscenza di San Pacomio, fuggì segretamente dalla casa dei suoi genitori al monastero di Pacomio. San Pacomio lo tonsurò monaco e lo ammirò per il suo zelo e la sua obbedienza unici. Quando la madre arrivò per chiedergli di tornare a casa, Teodoro non volle nemmeno presentarsi davanti a lei, ma pregò Dio di illuminarla con la verità. In effetti, non solo il figlio non tornò a casa, ma lei stessa non tornò a casa. Vedendo un convento poco distante che era sotto la direzione spirituale della sorella di Pacomio, vi entrò e fu tonsurata suora. Dopo un certo periodo di tempo anche Pafnuzio, fratello di Teodoro, entrò nel monastero e fu tonsurato monaco. Col tempo il vescovo di Panopoli chiamò San Pacomio per fondare un monastero per coloro che desideravano la vita monastica. Pacomio prese con sé Teodoro e gli affidò il compito di fondare questo nuovo monastero. Dopo la morte di Pacomio, Teodoro divenne abate di tutti i monasteri di Pacomio e visse fino a età matura una vita gradita a Dio, guidando i numerosi monaci sulla strada della salvezza. Morì serenamente e prese dimora nel Regno della Luce Eterna nell’anno 368 d.C.

  1. LA BEATA VERGINE MUSA

Di lei parla San Gregorio nei Dialoghi: aveva solo nove anni quando, in due occasioni, le apparve la Panaghia Theotokos, circondata da vergini radiose. Quando Musa espresse il desiderio di essere anche lei in compagnia della Regina del Cielo, la Genitrice di Dio le disse che, entro un mese, sarebbe tornata da lei e l’avrebbe presa. Istruì anche Musa su come vivere nei trenta giorni successivi. Il venticinquesimo giorno Musa si mise a letto. Il trentesimo giorno, la Tutta-Santa Purissima apparve di nuovo chiamandola con voce soave e Musa rispose: “Ecco, vengo o Signora, ecco vengo!”, e abbandonò il suo spirito. Musa fu tradotta da questa vita alla vita eterna nel V secolo.

  1. SAN NICOLA MISTICO, PATRIARCA DI COSTANTINOPOLI

Nicola era famoso per l’insolita severità della sua vita. Quando l’imperatore Leone il Saggio si sposò per la quarta volta, il patriarca gli rifiutò l’ingresso in Chiesa e screditò il sacerdote che aveva celebrato il matrimonio. In seguito a ciò, l’imperatore depose il patriarca e lo esiliò in un monastero. I delegati del Papa romano Sergio II approvarono il quarto matrimonio dell’imperatore. Alla morte dell’imperatore, Nicola fu nuovamente restaurato sul trono patriarcale e convocò un’assemblea nell’anno 925 d.C., durante la quale fu proibito il quarto matrimonio per un cristiano, in generale. Morì nell’anno 930 d.C. Nicola è spesso soprannominato Mysticus [Il Mistico] e fu membro del Consiglio segreto dell’Imperatore. All’inizio questo santo era un cortigiano di alto rango, poi lasciò la vanità del mondo e fu tonsurato monaco. Morì serenamente nell’anno 930 d.C.

  1. IL NEO-MARTIRE NICOLA

Nicola nacque in Epiro. Fu torturato dai turchi per la fede di Cristo e decapitato a Trikkala nel 1617 d.C. Un reliquiario contenente la testa di questo martire è conservato oggi in uno dei monasteri di Meteora in Tessaglia. Compie molti miracoli, guarisce le malattie più gravi ed è noto soprattutto per respingere le cavallette dai campi.

  1. I VENERABILI MARTIRI DEL MONASTERO DI S. SABAS IL SANTIFICATO

Durante il regno dell’imperatore Eraclio, intorno all’anno 610 d.C., quarantaquattro monaci del monastero di San Saba il Santificato, vicino a Gerusalemme, soffrirono per la fede di Cristo. Il loro eroismo e le loro sofferenze furono registrate dal testimone oculare Sant’Antioco (24 dicembre).

Inno di lode
SAN NICOLA, NEO-MARTIRE

Nicola martire, per Cristo ha sofferto
e con dolorosa pazienza vinse il diavolo;
E non volle rinnegare il suo Salvatore,
ma glorificò Dio finché ebbe voce;
E nel suo cuore Lo glorificò quando la sua voce si spense.
E maggiori sofferenze, implorò dai suoi nemici.
Crudeli come lupi, i turchi lo picchiavano,
lo sottoposero a ogni sofferenza disumana.
E infine decapitarono la sua santa testa.
Nell’erba verde, la testa rotolò,
La testa del santo, irradiata di luce;
E un cristiano, vestito di seta, avvolse questa testa
E in chiesa la portò, per molti, come rimedio,
per guarire gli sfigurati, i ciechi e i pazzi.
Da tutte le parti, Dio punì gli infedeli,
e il fedele Nicola, eternamente fu glorificato.

Riflessione
Quando Teodoro il Santificato si trovava a Panopoli con San Pacomio, suo padre spirituale, un filosofo venne da lui e si offrì di discutere con lui sulla Fede. Il filosofo pose allora a Teodoro queste tre domande: “Chi non è nato, ma è morto?”. “Chi è nato e non è morto?”. “Chi è morto e non è decaduto?”. A queste domande, San Teodoro rispose: “Adamo non è nato e non è morto. Enoc nacque e non morì. La moglie di Lot è morta e non è decaduta”. E il santo aggiunse questo consiglio al filosofo: “Ascolta i nostri sani consigli; allontanati da queste inutili domande e sillogismi scolastici; avvicinati a Cristo che stiamo servendo e riceverai il perdono dei peccati”. Il filosofo rimase ammutolito da una risposta così netta e, vergognandosi, se ne andò. Da questo si vede chiaramente l’enorme differenza tra un filosofo pagano e un santo cristiano. L’uno [il filosofo] si perde in astrazioni, in parole abilmente contorte, in provocazioni logiche e in sport pensosi, mentre l’altro [il santo] ha rivolto tutta la sua mente al Dio vivente e alla salvezza della sua anima. L’uno è astratto e morto, l’altro è pratico e vivo.

La contemplazione
Contemplare l’azione dello Spirito Santo sugli Apostoli:

  1. Come lo Spirito Santo guida miracolosamente i piedi degli Apostoli verso terre lontane;
  2. Come lo Spirito Santo li riunisce a Gerusalemme da terre lontane per la sepoltura della Panaghia Theotokos.

Omelia
Sull’apparizione del profeta Geremia dall’altro mondo

“Fatto questo, apparve un uomo dai capelli grigi e molto glorioso, di una maestà meravigliosa ed eccellente. Allora Onia rispose: “Questo è un amante dei fratelli, che prega molto per il popolo e per la città santa, cioè Geremia, il profeta di Dio” (2 Maccabei 15, 13-14).

Questa fu la visione che ebbe il coraggioso Giuda Maccabeo. Il primo ad apparirgli dall’altro mondo fu Onia, il sommo sacerdote, e poi il santo profeta Geremia. Come Mosè ed Elia furono visti in gloria dagli apostoli sul monte Tabor, così Giuda Maccabeo vide una volta il profeta Geremia in gloria. Nemmeno prima di Cristo risorto Dio Misericordioso lasciò gli uomini senza prove della vita dopo la morte. In epoca cristiana, invece, queste prove sono senza numero e senza fine. Chiunque, anche dopo tutto questo, dubiti della vita dopo la morte, sta sotto la maledizione del suo peccato come sotto la sua pietra tombale. Come le cose inanimate non possono vedere la luce del giorno, così non può vedere nemmeno chi dubita della vita che è e della quale non c’è fine.

Ma ecco con quale tipo di gloria il profeta Geremia è unito nell’altra vita! “Capelli grigi e gloriosi”. Intorno a lui una certa dignità indescrivibile, una certa aureola luminosa, un certo piacere e una bellezza inesprimibili. Colui che fu trascinato e percosso da uomini ai quali comunicava e impartiva la volontà di Dio e che fu prigioniero in prigione e martire in un buco fetido e che fu ridicolizzato come folle e fu processato come traditore e infine, come trasgressore, fu lapidato. Tuttavia, uno è il giudizio dei peccatori, un altro è il giudizio di Dio. Il più umiliato tra gli uomini si è unito con la gloria angelica davanti a Dio.

Eppure, ecco come il cielo chiama traditore e trasgressore colui che la terra chiamava falso! “Amante dei fratelli”, così lo chiama il cielo. “Amante dei fratelli” che prega molto per il popolo. Infine, guardate come i santi in cielo pregano Dio per noi! Non dormono, pregano per noi mentre dormiamo; non mangiano, pregano per noi mentre mangiamo o abbiamo mangiato troppo; non peccano, pregano per noi mentre pecchiamo. O fratelli, vergogniamoci di fronte a tanti nostri amici sinceri. Vergogniamoci, vergogniamoci di tante preghiere per noi da parte dei santi e uniamoci alle loro preghiere. O Signore onnipotente, perdona la nostra peccaminosa pigrizia e ottusità.

A Te sia gloria e grazie sempre. Amen.




Archimandrita Ioanichie: Ricordo del Padre Ghelasie

dal Patericon Carpatico

Pagine di esicasmo

Padre Ghelasie era un monaco di grande ascetismo. Quando lo vedevo così esile gli dicevo: «Mangia un po’ anche tu, devi ingrassare». Ma egli mi rispondeva: «Suvvia, dai, è l’anima ciò che conta!» Padre Ghelasie venne al monastero di Frăsinei nel 1973. In precedenza aveva dimorato sui Monti Apuseni, dove era stato novizio presso un eremita chiamato Padre Arsenie.

Là iniziò a coltivare questo straordinario ascetismo. A tavola si sedeva più pro forma che altro, prendeva un po’ di zuppa, ma uova e pesce non ne mangiava. Gioiva nel dire messa, celebrava anche quando non era il suo turno, assieme agli altri preti celebranti. Da laico era stato infermiere, al monastero praticava le iniezioni a chi ne aveva bisogno e curava i malati.

Padre Ghelasie possedeva il dono speciale della persuasione. Venivano da lui molte persone. Venivano persino i securisti (i membri della polizia segreta comunista n.d.t.). Gli facevano delle domande, Ghelasie rispondeva e loro non potevano più aggiungere nulla. Come facesse o non facesse, sempre in piedi cadeva. Non potevano farci nulla, era disarmante. Cercavano di metterlo in difficoltà, ma egli rispondeva così bene ed elegantemente che li spiazzava. Imponeva rispetto e li conquistava. Alcuni di loro si sono addirittura convertiti. Uno dei securisti una volte disse: «se avessimo costui ad occuparsi della nostra propaganda, saremmo invincibili». Davvero aveva un grande potere persuasivo. Le sue conoscenze andavano al di là della preparazione teologica, ne possedeva molte altre in svariati domini. Da lui venivano professori noti da ogni angolo del paese. Parlava con tutti e li riportava alla fede. Da lui arrivarono anche molti yogi, anche questi ritornarono alla fede. Sì, possedeva un vero dono della persuasione.

Padre Archimandrita Ioanichie, starec del Monastero di Frăsinei




14 MAGGIO

Dal Prologo di Ohrid opera di Nikolaj Velimirovic

14 Maggio secondo l’antico calendario della Chiesa

  1. IL SANTO MARTIRE ISIDORO

Durante il regno di Decio, Isidoro fu arruolato con la forza dall’isola di Chio per il servizio militare. Fin dall’infanzia, Isidoro aderì alla fede di Cristo e trascorse tutta la sua vita nel digiuno, nella preghiera e nelle opere buone. Ma quando nell’esercito Isidoro si dichiarò cristiano, il comandante lo sequestrò, gli impose una risposta e gli consigliò di rinnegare Cristo e di offrire sacrifici agli idoli. Il santo rispose: “Anche se uccidete il mio corpo, non avete alcuna autorità sulla mia anima. Io possiedo il vero Dio vivente, Gesù Cristo, che ora vive in me e dopo la mia morte sarà con me e io sono in Lui e resterò in Lui e non smetterò mai di confessare il Suo Santo Nome finché la mia anima sarà nel mio corpo”. Per prima cosa, il comandante ordinò che Isidoro fosse frustato con code di bue e poi gli tagliarono la lingua. Anche senza la lingua, Isidoro, per lo Spirito di Dio, parlava e confessava il Nome di Cristo. Nel frattempo, il castigo di Dio si abbatté sul comandante ed egli, improvvisamente, divenne muto. Infine, il comandante muto fece segno di decapitare Isidoro. Isidoro fu entusiasta di questa sentenza e, dopo aver lodato Dio, si recò al patibolo dove fu decapitato nell’anno 251 d.C. Il suo compagno, Ammone, seppellì il suo corpo e in seguito anche lui soffrì e ricevette la corona del martirio.

  1. IL VENERABILE SERAPIONE, IL SINDONITA

Sindone significa “telo di lino” in cui venivano avvolti i corpi dei morti. Serapione era chiamato il Sindonita perché copriva il suo corpo nudo con un unico telo di lino. Portava in mano un libro dei Vangeli. Serapione viveva come un uccello senza tetto e senza preoccupazioni, spostandosi da un luogo all’altro. Diede la sua sindone a un bisognoso che tremava per il gelo e rimase completamente nudo. Quando qualcuno gli chiese: “Serapione, chi ti ha scoperto?”. Egli indicò i Santi Vangeli e disse: “Questo!”. In seguito diede persino il libro dei Vangeli come riscatto per un uomo indebitato il cui creditore lo minacciava di prigione per questo debito. Una volta ad Atene, non mangiò nulla per quattro giorni perché non aveva nulla a disposizione e cominciò a piangere per la fame. Quando i filosofi ateniesi gli chiesero perché gridasse così, Serapione rispose: “Avevo tre debiti; due li ho soddisfatti, ma il terzo mi tormenta ancora. Il primo creditore è la lussuria carnale, che mi ha tormentato fin dalla giovinezza; il secondo creditore è l’avarizia e il terzo creditore è lo stomaco. Questi due mi hanno lasciato, ma il terzo mi tormenta ancora”. I filosofi gli diedero una moneta d’oro per comprare del pane. Andò da un fornaio, comprò solo una pagnotta, lasciò la moneta d’oro e se ne andò. In età avanzata, si presentò pacificamente al Signore nel V secolo.

  1. BEATO ISIDORO, “FOLLE PER CRISTO”

Isidoro era di origine tedesca. Giunto a Rostov, si innamorò della fede ortodossa e, non solo divenne comunicante della Chiesa ortodossa, ma assunse la difficile vita di ascesi come “folle per Cristo”. Andava in giro completamente vestito di stracci. Fingendo follia, passava l’intera giornata a insegnare agli uomini e la notte a pregare. Trascorreva le notti in una capanna fatta di rami che aveva costruito in un terreno fangoso. Grandi e impressionanti furono i miracoli che questo santo compì sia in vita che dopo la morte. A un mercante, che era stato gettato da una barca e stava annegando in mare, Isidoro apparve camminando sull’acqua e lo condusse a riva. Quando i servitori del principe di Rostov rifiutarono a Isidoro un bicchiere d’acqua che aveva chiesto e lo scacciarono dalla porta, tutti i vasi con il vino si prosciugarono. Quando Isidoro morì nella sua capanna, il 14 maggio 1484 d.C., tutta Rostov profumò di un aroma meraviglioso. Il mercante che il Beato Isidoro aveva salvato dal mare eresse una Chiesa in suo onore nel luogo in cui si trovava la sua capanna.

Inno di lode
BEATO ISIDORO, FOLLE PER CRISTO

Il beato Isidoro lottò con sé stesso
fino a diventare senza passione, come un albero appassito,
Ma anche un albero appassito, le api lo riempiono di miele,
e dall’arida rupe a volte sgorga una sorgente.
Il corpo del beato, con lo Spirito è riempito
Con il miele della Grazia, il cuore si addolcisce.
Nel corpo stolto, la fonte della potenza di Dio,
Nelle misere vesti, il tesoro nascosto,
Il meraviglioso Isidoro, sul mucchio dell’immondizia,
Per le strade gridava, saltava e fuggiva,
senza tetto, senza pane e senza amici,
ma sotto l’occhio vigile del suo Creatore.
Per gli uomini vani era un “insegnamento”.
e per le bestie legate alla terra, un rimprovero;
Egli, con la sua vita, come se volesse dire:
Uomini, le vostre preoccupazioni vi portano alla disgrazia.
Non è fortunato chi ruba a Dio,
ma chi solo possiede Dio come un tesoro.

Riflessione
Il peccato che serve a scandalizzare gli altri è un peccato duplice. Un uomo saggio si sforza di non scandalizzare nessuno e non induce nessuno al peccato con il suo esempio peccaminoso. Sant’Ambrogio elogia la sagacia dell’imperatore Valentiano, morto in giovane età, citando questi esempi della sua vita: “L’imperatore, sentendo che si parlava di lui in tutta Roma come di un appassionato cacciatore e amante delle bestie selvatiche – cosa che in realtà non era – e che questa passione lo distoglieva dai suoi doveri di Stato, ordinò immediatamente che fossero uccise tutte le bestie selvatiche che aveva in custodia. Inoltre, dopo aver appreso che alcuni malintenzionati avevano messo in giro la voce che egli pranzava in anticipo (volendo con ciò presentarlo come un goloso), l’imperatore si impose un rigido digiuno sia in privato che in pubblico. Prima dei pranzi pubblici lo si vedeva raramente mettere in bocca un boccone di cibo. E ancora, quando le sue sorelle litigavano con un certo uomo per alcune proprietà, l’imperatore, pur avendo il diritto di giudicare la disputa, dirigeva la causa in pubblico per non essere accusato di parzialità”. In effetti, con grande timore, questo pio imperatore sostenne le parole del Signore: “Guai a chi offende [scandalizza] uno di questi piccoli” (San Matteo 186).

Contemplazione
Contemplare l’azione di Dio Spirito Santo sugli Apostoli:

  1. Come lo Spirito Santo guida gli Apostoli attraverso tutti i dolori e le tribolazioni, riempiendo i loro cuori di consolazione e di gioia;
  2. Come lo Spirito Santo fa crescere e fruttificare il seme del Vangelo che gli Apostoli seminano in tutto il mondo, anche dove sembra che sia stato sparso invano.

Omelia
Su Cristo come ramo di Davide

In quei giorni e in quel tempo farò crescere il ramo della giustizia fino a Davide, ed egli eseguirà il giudizio e la giustizia nel paese” (Geremia 33,15)”.

Con queste parole, il santo profeta Geremia profetizza la venuta del Santo Salvatore del mondo dalla stirpe di Davide. Il Ramo di giustizia è Gesù Cristo stesso. Queste parole non potevano riferirsi a nessun altro, poiché al momento della venuta del Signore Gesù, sul trono di Gerusalemme non sedeva più un principe della stirpe di Davide, bensì uno straniero, Erode l’Idumeo. Da allora fino ad oggi non c’è stato nessun altro ramo importante di Davide, né come governante mondano né come governante spirituale. Al tempo della natività di Cristo, gli appartenenti alla tribù di Davide erano pochi e sconosciuti e impoveriti. Tra questi si annoveravano la Vergine Tutta Santa e l’anziano e giusto Giuseppe, il falegname. È chiaro quindi che negli ultimi mille anni, da quando è stata pronunciata questa profezia, non è apparso nessun altro maestoso ramo della stirpe di Davide, tranne il Signore Gesù. Ciò risulta più chiaro dalle parole che seguono: “Come non si può numerare l’esercito del cielo e non si può misurare la sabbia del mare, così moltiplicherò la discendenza di Davide, mio servo, e i leviti che mi assistono” (Geremia 33,22). Queste parole si possono applicare solo ai discendenti spirituali di Davide attraverso Cristo Signore, cioè ai cristiani, perché solo il numero dei cristiani (e non dei discendenti fisici di Davide, che non ci sono affatto), per questi venti secoli, può essere misurato con le stelle del cielo e con la sabbia del mare.

O fratelli, rallegriamoci di appartenere anche noi cristiani a questo innumerevole popolo di Dio; al più grande popolo della storia del mondo sia per numero che per carattere. Rallegriamoci ancora di più di appartenere a questo celeste Ramo di Davide che, con il suo sangue, ci ha riscattati dagli stranieri, ci ha adottati e ci ha resi eredi e coeredi del regno eterno.

O, Signore onnipotente, Tu hai riscattato noi figli prodighi dalla spregevole umiliazione e dalla fame e ci hai resi figli del Regno.

A Te sia gloria e grazie sempre. Amen.




13 MAGGIO

Dal Prologo di Ohrid opera di Nikolaj Velimirovic

13 Maggio secondo l’antico calendario della Chiesa

  1. LA SANTA MARTIRE GLICERIA

Gliceria era figlia di un governatore romano. Impoveritasi dopo la morte del padre, Gliceria si stabilì a Trajanopolis, in Tracia. Durante il regno del nefasto imperatore Antonino, Gliceria fu portata a offrire sacrifici all’idolo di Giove [Zeus]. Tracciò il segno della croce sulla fronte e quando il prefetto Sabino la interrogò sulla sua lampada (perché tutti portavano lampade in mano), Gliceria indicò la croce sulla fronte e disse: “Questa è la mia lampada”. In seguito alla sua preghiera, un fulmine colpì l’idolo e lo mandò in frantumi. Il prefetto si infuriò e ordinò che fosse fustigata e gettata in prigione. Il prefetto sigillò le porte della prigione, deciso a far morire di fame la vergine. Tuttavia, un angelo di Dio apparve a Gliceria e le somministrò il cibo celeste. Dopo un certo periodo di tempo, quando il prefetto pensò che la vergine dovesse essere morta di fame, aprì le porte della prigione e rimase stupito quando la vide sana, radiosa e gioiosa. Assistendo a questo miracolo, Laodicio, il carceriere, confessò Cristo Signore e fu immediatamente decapitato. In seguito Gliceria fu gettata in una fornace ardente, ma rimase illesa dal fuoco. Stando in mezzo al fuoco e ricordando il miracolo dei tre giovani nella fornace di Babilonia, Gliceria lodò il Signore. Infine, fu gettata in pasto ai leoni e, pregando Dio, questa santa vergine consegnò la sua anima al Signore, per il quale sopportò coraggiosamente molte torture. Soffrì onorevolmente nell’anno 177 d.C. Dalle sue reliquie uscì un olio curativo [mirra] che guarì i malati dalle malattie più gravi.

  1. IL SANTO MARTIRE ALESSANDRO

Alessandro era uno slavo. Soldato diciottenne dell’esercito dell’imperatore Massimiliano, rifiutò l’ordine dell’imperatore di rendere onore agli idoli romani e per questo fu consegnato al capitano Tiberiano, affinché consigliasse ad Alessandro di rinnegare Cristo oppure lo torturasse e lo uccidesse. Poiché tutti i consigli furono vani, Tiberiano portò Alessandro con sé attraverso la Macedonia fino a Costantinopoli, dove si recava per lavoro. In ogni città lungo il percorso, il giovane Alessandro fu crudelmente torturato ma, in ogni città, i cristiani si presentarono davanti a lui e lo implorarono di benedirli e lo incoraggiarono nella sua mortificazione. Pimenia, sua madre, lo seguì. Nel corso di questo viaggio, un angelo di Dio apparve più volte ad Alessandro calmando i suoi dolori e incoraggiandolo. In un luogo, la Carasura, il martire compì un miracolo attraverso la preghiera: quando la sete vinse lui e i soldati che lo scortavano, fece scaturire un pozzo di acqua fredda da un luogo arido. Sulla riva del fiume Ergina, Tiberiano ordinò al boia di decapitare Alessandro e di gettare il suo corpo nell’acqua. Quando il boia si mise a colpire la testa del martire, vide intorno ad Alessandro angeli di Dio raggianti, si spaventò e abbassò la mano. Alessandro gli chiese perché avesse abbassato la mano e il boia rispose che vedeva intorno a sé alcuni giovani radiosi. Desiderando la morte e l’unione con il Signore, Alessandro pregò Dio di ritirare gli angeli da lui, affinché il boia non si spaventasse. Così il boia portò a termine il suo lavoro nell’anno 298 d.C. Pimenia rimosse il corpo di suo figlio e lo seppellì con onore. Sulla tomba del martire si verificarono molte guarigioni. Dopo la morte, il martire apparve alla madre e la informò della sua imminente traslazione all’altro mondo.

  1. I VENERABILI GIOVANNI, EUTIMIO, GIORGIO E GABRIELE DEL MONASTERO DI IVIRON [MT. ATHOS]

Tutti e quattro i venerabili furono i fondatori del famoso monastero iberico [georgiano] sul Santo Monte Athos. All’inizio San Giovanni visse una vita ascetica nella Lavra [Monastero] di Atanasio e, in seguito, fondò il suo monastero, Iviron. Giovanni morì nell’anno 998 d.C. Eutimio e Giorgio tradussero le Sacre Scritture in lingua georgiana. Eutimio morì nell’anno 1029 d.C. e Giorgio nel 1066 d.C. Gabriele fu ritenuto degno di ricevere l’icona miracolosa della Madre di Dio che arrivò al monastero attraverso il mare.

Inno di lode
SANTA GLICERIA

“Gliceria: sacrifica agli dei!”
Ordina il giudice senza cervello,
O nel fuoco, per essere consumata, devi.
Gliceria ridicolizza il giudice
Dio è uno solo; gli “dèi” sono demoni
che confondono la tua mente.
Che tipo di sacrificio, o uomo senza cervello?
Un solo sacrificio, non fu forse quello del Golgota,
un sacrificio impressionante, divino e cruento,
che ha abolito tutti i sacrifici cruenti?
Un sacrificio, dopo quel sacrificio,
Un solo sacrificio il Signore chiede a noi:
Un cuore puro; un altare orante,
Mani pulite; opere di misericordia,
Fede, speranza e carità [amore], devozione.
Un tale sacrificio, mi sforzo di offrire
al Dio vivente, mio Creatore;
Dio, Onnipotente, desidera un tale sacrificio,
non un cadavere, insanguinato e morto.

Riflessione
A proposito del potere della morte e del potere della Croce di Cristo, Sant’Atanasio scrive: “Quale morte ha mai scacciato i demoni? E di chi hanno avuto paura i demoni come della morte di Cristo? Dove il nome di Cristo è solo invocato, lì ogni demone è scacciato. Chi ha domato a tal punto le passioni spirituali negli uomini che le prostitute vivono una vita casta e gli assassini non usano più la spada e i paurosi diventano coraggiosi? Se non la fede di Cristo? Se non il segno della Croce? E chi altro ha convinto gli uomini dell’immortalità come la Croce di Cristo e la resurrezione del Corpo di Cristo? La morte dell’Immacolato e la Croce dell’Amante degli uomini hanno portato una vittoria più grande e più duratura di quella di tutti i re terreni con molti milioni di eserciti. Quale esercito è stato in grado di sconfiggere un solo demone? Intanto, solo la menzione del Nome del Crocifisso sulla Croce mette in fuga l’esercito dei demoni. Oh, se tutti i cristiani sapessero quale tesoro hanno nel Nome di Cristo e quale arma hanno nella Croce di Cristo!

Contemplazione
Contemplare l’azione di Dio Spirito Santo sugli Apostoli:

  1. Come gli Apostoli, guidati dallo Spirito Santo, viaggiarono per tutto il mondo senza mezzi e senza amici;
  2. Come convertirono i ricchi e i poveri alla fede di Cristo con la loro parola, la loro vita e i loro miracoli.

Omelia
Su come Dio si serve degli increduli per punire i credenti

“Nabucodonosor, re di Babilonia, mio servo” (Geremia 25,9).

Non è forse un detto difficile? Chi può essere nutrito da esso? Il re pagano, il re idolatra, il Signore lo chiama suo servo. Se il servo di Dio è colui che conosce il vero Dio e che aderisce alla legge di Dio, come può essere servo di Dio chi non conosce il vero Dio e non aderisce alla legge di Dio? In verità, il vero servo di Dio è colui che conosce il Vero Dio e che osserva la legge di Dio, ma quando colui al quale Dio ha dato la conoscenza di sé e della sua legge, perverte la conoscenza in non conoscenza e la legge in illegalità, allora Dio prende come suo servo quell’ignorante per punire gli apostati. Infatti, un apostata da Dio è peggiore di un pagano e un apostata dalla legge di Dio è inferiore a un idolatra per nascita.

Pertanto, quando Israele, come antica Chiesa di Dio, si allontanò da Dio e dalla legge di Dio, Dio scelse Nabucodonosor come suo servo per punire Israele, l’apostata.

Così, quando i popoli cristiani in Asia e in Africa, attraverso numerose eresie, si allontanarono da Dio, Dio prese come suoi servi gli arabi per punire i cristiani e farli rinsavire.

E quando i popoli cristiani nei Balcani si allontanarono da Dio e dalla legge di Dio, Dio invitò i Turchi come suoi servi a punire gli apostati per farli rinsavire.

Ogni volta che i fedeli si allontanano da Dio, Dio tesse una frusta dai miscredenti per far rinsavire i credenti. E, come i fedeli si allontanano consapevolmente e volontariamente da Dio, così i miscredenti diventano inconsapevolmente e involontariamente servi di Dio; la frusta di Dio.

Ma Dio prende gli increduli solo temporaneamente al suo servizio contro i credenti. Per la terra di Nabucodonosor, lo stesso Signore dice che la visiterà per la sua illegalità e “ne farà una desolazione perpetua” (Geremia 25:12), allora si troverà un servo contro un servo? Perché Dio non ha preso i Babilonesi come servi a causa della loro bontà e della loro fede, ma a causa della malvagità e dell’incredulità di Israele.

O Signore giusto, aiutaci con il tuo Spirito altissimo ad aderire sempre a te, unico e vero Dio, e alla tua legge salvifica.




10 MAGGIO

Dal Prologo di Ohrid opera di Nikolaj Velimirovic

10 Maggio secondo l’antico calendario della Chiesa

  1. IL SANTO APOSTOLO SIMONE, LO ZELOTA

Simone era uno dei dodici grandi apostoli. Era nato a Cana di Galilea. Il Signore Gesù, con sua madre e i suoi discepoli, si recò al suo banchetto di nozze. Quando il vino finì, il Signore cambiò l’acqua in vino (San Giovanni 2,1-11). Assistendo a questo miracolo, Simone lo sposo lasciò la sua casa, i suoi genitori e la sua sposa e seguì Cristo. Zelota significa zelante. Simone fu chiamato lo Zelota per il suo grande e ardente zelo per il Salvatore e il suo Vangelo. Dopo aver ricevuto il dono dello Spirito Santo, Simone andò a predicare il Vangelo in Mauritania, in Africa. Poiché riuscì a convertire molti alla fede di Cristo, Simone fu torturato e infine crocifisso, come il suo Signore, che gli preparò una corona di gloria nel regno immortale.

  1. I SANTI MARTIRI ALFEO, FILADELFO E CIPRINO

Tutti e tre erano fratelli e figli del principe Vitalis, nell’Italia meridionale. Erano uomini nobili e forti nella fede. Condannati per la loro fede in Cristo, furono condotti da un giudice all’altro, da un torturatore all’altro. Furono portati in Sicilia e lì furono uccisi durante il regno dell’imperatore Licinio. Ad Alfeo fu tagliata la lingua e, dopo aver versato molto sangue, morì. Filadelfo fu bruciato su una grata di ferro e Ciprino nel fuoco. Le loro reliquie incorrotte furono scoperte nel 1517 d.C. I tre fratelli apparvero a Sant’Eutelia (2 marzo).

  1. LA VENERABILE ISIDORA, FOLLE PER CRISTO

Isidora visse nel IV secolo e fu monaca in un convento di Tabennisi. Fingeva la pazzia per nascondere le sue virtù e la sua mortificazione. Isidora svolgeva i lavori più umili, si nutriva degli avanzi dei piatti, serviva tutti e tutte ed era disprezzata da tutti e tutte. A quel tempo, un angelo di Dio rivelò al grande asceta Pitirim il segreto di Isidora. Pitirim arrivò al convento e quando vide Isidora si prostrò a terra davanti a lei. E così anche lei a lui. Allora le sorelle informarono Pitirim che era pazza. “Tutte voi siete pazze”, rispose Pitirim, “e questa è più grande davanti al Signore di me e di tutte voi; prego solo che Dio mi renda ciò che è destinato a lei nel tremendo Giudizio!”. Allora le sorelle si vergognarono e chiesero perdono sia a Pitirim che a Isidora. Da quel momento in poi, tutti cominciarono a mostrare rispetto per Isidora. E lei, per sfuggire agli onori degli uomini, fuggì dal convento in un luogo sconosciuto e morì intorno all’anno 365 d.C.

  1. LA BEATA THAIS

Thais era una ricca fanciulla cristiana in Egitto. Decise di non sposarsi e distribuì i suoi beni ai monaci del deserto. Quando spese tutti i suoi beni, iniziò a vivere una vita dissoluta. Venuti a conoscenza di ciò, gli eremiti pregarono l’abate Giovanni Colovos di recarsi ad Alessandria; egli lo fece e cominciò a piangere davanti a Thais. Quando Thais sentì che l’anziano piangeva a causa dei suoi peccati, si pentì in un istante, lasciò la casa e tutto ciò che possedeva e si ritirò nel deserto con il santo. Una notte, mentre Thais dormiva e Giovanni era in preghiera, vide gli angeli scendere con una grande luce e prendere l’anima di Thais. Giovanni imparò che il suo pentimento istantaneo ma caloroso era più gradito a Dio dei lunghi anni di pentimento esterno di molti eremiti.

Inno di lode
IL VENERABILE PITIRIM

Nel deserto, l’asceta Pitirim
prega Dio e si chiede
Nel mondo, c’è qualcuno uguale a me?
Allora apparve un angelo di Dio,
rimproverò dolcemente Pitirim:
Con i tuoi pensieri, ti magnifichi, o anziano.
come se al mondo non ci fosse nessuno migliore!
Vieni, seguimi, o anziano Pitirim,
Vieni, seguimi per vedere la donna anziana,
Isidora si fa “folle per Cristo”.
Per vederla e poi stupirti:
Lei, da Dio il suo cuore non si separa,
Tutti i suoi pensieri, a Dio, si legano,
e non come voi, che nel corpo siete qui,
e i pensieri, in capo al mondo!
E tutte le sue mortificazioni che vedete
Che vergogna, della donna vergognarsi!
E la sapienza di Dio che tu glorifichi
Che, tra le erbacce, cura le rose!

Riflessione
In una delle sue preghiere, Sant’Efrem il Siro si rivolge a Dio con queste parole: “Signore, in quel giorno impressionante e terribile tu dirai a noi peccatori: “Voi uomini sapete bene ciò che ho sopportato per voi. Che cosa avete sopportato voi per me? E io, pentito, astuto, peccatore e immondo, cosa risponderò? I martiri indicheranno allora le loro ferite di tortura, le parti del corpo tagliate e la loro sopportazione fino alla fine. Gli asceti indicheranno le loro mortificazioni, i digiuni prolungati, le lunghe veglie, le filantropie, le lacrime e la loro sopportazione fino alla fine. E io, pigro, peccatore, senza legge: a cosa punterò? Risparmia, o Signore! Risparmia, o Misericordioso! Risparmia, o Amante dell’umanità!”.

Contemplazione
Contemplare l’azione di Dio Spirito Santo sugli apostoli:

  1. Come dal piccolo, Dio Spirito Santo rende grande;
  2. Come da chi ha paura, rende impavidi.

Omelia
Su come il giusto sopporta lo scherno a causa delle parole del Signore

“La parola del Signore mi ha procurato derisione e rimprovero tutto il giorno” (Geremia 20,8).

Chi sono coloro che rimproverano il profeta di Dio, il portatore della parola di Dio, il portatore della potenza e della sapienza di Dio? Il suo popolo lo rimprovera e gli dice: ci predichi un sentiero ripido; anche se viene da Dio, non possiamo percorrerlo perché per noi è troppo ripido.

Chi sono coloro che rimproverano l’araldo della voce del Signore quando dà l’allarme a causa del fuoco che fuma in lontananza e si avvicina alla città? Gli anziani del popolo lo rimproverano e gli dicono: perché non tieni la bocca chiusa; tu avresti più calore e noi un cielo più limpido. Quello che vi sembra non è un fuoco, ma è la nebbia della rugiada del monte!

Chi sono coloro che ancora deridono l’uomo di Dio quando viene da Dio e proclama la volontà di Dio? Egli viene rimproverato da sua moglie e deriso dai suoi fratelli. Gli dicono: “Abbandona il tuo lavoro che ti nutre e segui il lavoro di un altro che ti umilia”.

“La parola del Signore mi ha procurato derisione e rimprovero per tutto il giorno”. Così avrebbe potuto dire il profeta, così l’apostolo, così il martire, così ogni zelatore della parola del Signore e della legge del Signore. Nessuno di loro è stato spaventato dal rimprovero o dalla derisione, né si è allontanato dalla testimonianza o è stato indotto a percorrere sentieri sbagliati. Tutto il mondo esterno li rimproverava ed era sarcastico nei loro confronti. Ma il Signore li rafforzava e li rendeva interiormente gioiosi. Il Signore ha vinto il mondo e i santi di Dio hanno vinto coloro che li rimproveravano e li deridevano.

O Signore onnipotente, rafforzaci interiormente nei nostri cuori, affinché i rimproveri non ci disturbino e le derisioni non ci ostacolino per amore del tuo nome.

A Te sia gloria e grazie sempre. Amen.




Brjanchaninov: L’acquisizione della preghiera per il principiante

Sant’Ignazio Brjanchaninov

L’acquisizione della preghiera per il principiante[1]

Introduzione

Ecco un insegnamento sulla qualità della preghiera inerente al cammino del principiante verso il Signore nel pentimento. I passaggi principali sono esposti separatamente, in modo che possano essere letti con maggiore attenzione e conservati nella memoria con maggiore comodità. La lettura di questi insegnamenti, che nutrono la mente di verità e il cuore di umiltà, può dare all’anima il giusto orientamento nel suo cammino di preghiera e servire come attività preparatoria ad esso.

La preghiera è l’offerta delle nostre suppliche a Dio. La base della preghiera è che l’uomo è una creatura decaduta. Egli cerca di ricevere la beatitudine che aveva, ma che ha perso, e quindi prega.

La dimora della preghiera è nella grande misericordia di Dio verso il genere umano. Il Figlio di Dio per la nostra salvezza si è offerto al Padre come sacrificio propiziatorio, riconciliatore: su questa base, volendo impegnarsi nella preghiera, rifiutate il dubbio e la doppiezza (Gc 1,6-8). Non dire a te stesso: “Sono un peccatore, Dio mi ascolterà?”. Se sei un peccatore, sei colui al quale si applicano le parole confortanti del Salvatore: “Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori al ravvedimento” (Mt 9,13).

Gli atti propedeutici alla preghiera sono: ventre insoddisfatto, tagliare le preoccupazioni con la spada della fede, perdono dalla sincerità del cuore di tutti i torti, ringraziamento a Dio per tutti le questioni della vita, rimozione della distrazione e della fantasticheria, timore riverente, che è così tipico per una creatura, quando gli sarà permesso di parlare con il suo Creatore; dalla bontà indicibile del Creatore verso la creazione.

Le prime parole del Salvatore all’umanità decaduta furono: “Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino” (Mt 4,17). Finché non entrerete in quel regno, bussate alle sue porte con il pentimento e la preghiera. La vera preghiera è la voce del vero pentimento. Quando la preghiera non è mossa dal pentimento, non raggiunge il suo scopo, Dio non si compiace di essa. Egli gradisce “uno spirito abbattuto, un cuore contrito e umile” (Salmo 50,19).

Il Salvatore del mondo chiama beati i poveri in spirito, cioè coloro che hanno la più umile concezione di sé, che si considerano esseri decaduti, che sono qui sulla terra, in esilio, fuori dalla loro vera patria, che è il cielo. «Beati i poveri in spirito», coloro che pregano con profonda coscienza della loro povertà, «perché di essi è il regno dei cieli» (Mt 5,3). “Beati coloro che piangono” nelle loro preghiere per il sentimento della loro povertà, “poiché saranno consolati” (Mt 5,4) dalla consolazione piena di grazia dello Spirito Santo, che consiste nella pace di Cristo e nell’amore in Cristo per tutti i prossimi. Allora nessuno dei vicini, e il peggior nemico, è escluso dall’abbraccio dell’amore di chi prega, allora chi prega si riconcilia con tutte le circostanze più dolorose della vita terrena.

Il Signore, insegnandoci a pregare, paragona l’anima orante a una vedova maltrattata da un rivale, che siede incessantemente in giudizio con imparzialità e terzietà (Lc 18,1-8). Non allontanatevi da questa similitudine per la disposizione della vostra anima nella preghiera. La vostra preghiera sia, per così dire, una costante denuncia contro il peccato che vi sta violentando. Scavate in profondità in voi stessi, apritevi con una preghiera attenta; vedrete che siete sicuramente vedovi nel vostro rapporto con Cristo a causa del peccato che vive in voi, che vi è ostile, che produce in voi lotte interne e tormenti, che vi rende estranei a Dio.

Tutto il giorno“, dice Davide di sé stesso, tutto il giorno della sua vita terrena, “lamentando il cammino“, lo trascorreva in beato dolore per i suoi peccati e le sue mancanze: “poiché la mia anima era piena di rimproveri e non c’è guarigione nella mia carne” (Salmo 37,7-8). La carne è lo stato morale dell’uomo. Tutti i passi degli uomini su questo cammino sono pieni di inciampi; il loro stato morale non può essere guarito con i propri mezzi e sforzi. La nostra guarigione richiede la grazia di Dio, che guarisce solo chi si riconosce malato. Il vero riconoscimento di noi stessi come malati è dimostrato da un pentimento profondo e continuo.

Servite il Signore con timore e gioite in Lui con tremore” (Salmo 2,11), dice il profeta, e un altro profeta dice in nome di Dio: «Ecco su chi io poserò lo sguardo: su colui che è umile, che ha lo spirito afflitto e trema alla mia parola” (Is 66,2). Il Signore “guarda la preghiera degli umili e non disprezza la loro supplica” (Salmo 101,18). Egli è “datore di vita“, cioè di salvezza, “a chi ha il cuore oppresso” (Is 57,15).

Anche se uno si trova all’apice delle virtù, se non prega come un peccatore, la sua preghiera è respinta da Dio[2].

Il giorno in cui non piango per me stesso“, diceva un certo benedetto  praticante   della  vera  preghiera,  “mi  considero

nell’illusione[3].

Anche se passiamo attraverso molte imprese esaltanti“, dice San Giovanni il Climaco, “sono false e infruttuose se attraverso di esse non ci rimane un sentimento dolorosa di contrizione[4].

Il dolore per il pensiero dei peccati è un dono di Dio, chi lo custodisce nel cuore con riverenza penetra nel santuario. Sostituisce tutte le imprese corporee, in caso di mancanza di forza per compierle[5]. Al contrario, è necessario un corpo forte per lavorare alla preghiera; senza di esso il cuore non si spezzerà, la preghiera sarà impotente e falsa[6].

Il senso di pentimento tiene l’orante al riparo da tutte le insidie del demonio: il demonio fugge dagli asceti che sprigionano da sé il profumo dell’umiltà che nasce nel cuore di colui che si pente[7].

Fate al Signore le vostre preghiere con un balbettio infantile, un semplice pensiero infantile – non con eloquenza, non con ragionamenti. “Se non vi convertirete” – come dal Paganesimo e dall’Islam, dalla vostra complessità e doppiezza – “e non sarete“, ci ha detto il Signore, “come bambini, non entrerete nel regno dei cieli” (Mt 18,3)[8].

Un bambino esprime tutti i suoi desideri con il pianto: la vostra preghiera sia sempre accompagnata dal pianto. Non solo nelle parole della preghiera, ma anche nel silenzio della preghiera, lasciate che il vostro desiderio di pentimento e di riconciliazione con Dio, il vostro estremo bisogno della misericordia di Dio siano espressi nel pianto.

La dignità della preghiera consiste unicamente nella qualità, non nella quantità: la quantità è lodevole quando porta alla qualità. La qualità porta sempre alla quantità; la quantità porta alla qualità quando l’orante prega con attenzione[9]. La qualità della vera preghiera è quando la mente è attenta durante la preghiera e il cuore è solidale con la mente.

Richiudete la mente nelle parole pronunciate della preghiera e mantenetela attenta[10]. Tenete gli occhi sulla bocca, o chiusi[11]: in questo modo favorirete l’unione della mente con il cuore. Pronunciate le parole con estrema lentezza, e metterete più facilmente la mente nelle parole della preghiera: nessuna parola della vostra preghiera sarà pronunciata senza essere animata dall’attenzione.

La mente, quando entra nelle parole della preghiera, attira il cuore in comunione con sé. Questa comunione del cuore con la mente si esprime con la tenerezza, che è un sentimento pio che unisce il dolore a una tranquilla e dolce consolazione[12].

L’essenziale della preghiera è il digiuno[13]. Quando sentite aridità e durezza, non abbandonate la preghiera; per la vostra riluttanza e il vostro sforzo contro l’insensibilità del vostro cuore, la misericordia di Dio vi verrà incontro sotto forma di tenerezza. L’umiltà è un dono di Dio, inviato a coloro che sopportano e perseverano nella preghiera (Rm 12,12; Col 4,2), che cresce costantemente in loro, guidandoli alla perfezione spirituale.

La mente, stando in attenta preghiera davanti al Dio invisibile, deve essere anch’essa invisibile, come immagine della Divinità invisibile: cioè, la mente non deve presentare in sé, né fuori di sé, né davanti a sé alcuna apparenza, deve essere del tutto invisibile. Così, la mente deve essere del tutto estranea alla fantasticheria, per quanto pura e santa essa possa sembrare[14].

Quando pregate, non cercate l’estasi, non mettete in moto i nervi, non scaldate il sangue. Al contrario, mantenete il vostro cuore in una calma profonda, nella quale è condotto dal senso di pentimento: il fuoco materiale, il fuoco della natura dell’uomo decaduto, è rifiutato da Dio. Il tuo cuore deve essere purificato dal pianto di pentimento e dalla preghiera di pentimento; quando sarà purificato, allora Dio stesso farà scendere in esso il suo santissimo fuoco spirituale[15].

L’attenzione durante la preghiera porta i nervi e il sangue alla quiete, e incoraggia il cuore a sprofondare nel pentimento e a dimorare in esso. Il silenzio del cuore non è disturbato dal fuoco divino, se scende nella stanza superiore del cuore, quando i discepoli di Cristo (che rappresentano i pensieri e i sentimenti presi in prestito dal Vangelo) sono riuniti in esso. Questo fuoco non riscalda né brucia il cuore, al contrario, lo irriga e lo rinfresca, riconcilia l’uomo con tutti gli uomini e con tutte le circostanze della vita, attira il cuore in un amore indicibile verso Dio e verso il prossimo.

La distrazione macchia la preghiera. Chi prega distrattamente sente in sé un vuoto e un’aridità inconsci. Chi prega costantemente in modo distratto è privo di tutti i frutti spirituali che di solito nascono da una preghiera attenta, assimila a sé uno stato di aridità e di vuoto, da cui derivano freddezza nei confronti di Dio, sconforto, annebbiamento della mente, indebolimento della fede, e da cui deriva la morte in relazione alla vita eterna e spirituale. Tutti questi elementi, nel loro insieme, sono chiari segni che tale preghiera non è accettata da Dio.

La fantasticheria nella preghiera è ancora più dannosa della distrazione. La distrazione rende la preghiera infruttuosa ma la fantasticheria è causa di falsi frutti: l’autoinganno (ndr. prelest) e, come dicono i santi Padri, la passione diabolica. Le immagini del mondo visibile e le immagini del mondo invisibile composte dalla fantasticheria, impresse e rallentate nella mente, la rendono come materiali, la trasferiscono dalla regione divina dello Spirito e della Verità alla regione della sostanza e della falsità. In questa regione il cuore comincia a simpatizzare con la mente non con un senso spirituale di pentimento e umiltà, ma con un senso della carne, un senso del sangue e dei nervi, un senso intempestivo e disordinato del piacere, tanto che è peculiare dei peccatori, un senso di amore sbagliato e falso, un amore immaginario per Dio. L’amore delittuoso e abominevole appare poco sofisticato nelle esperienze spirituali del santo, ma in realtà è solo un sentimento confuso di un cuore non purificato dalle passioni, che gode della vanità e della voluttà, messo in moto dai sogni ad occhi aperti. Tale stato è uno stato di autoillusione (ndr. prelest).

Se una persona ristagna in questa autoillusione, le immagini che gli appaiono ricevono straordinaria vivacità e attrattiva. Quando compaiono, il cuore comincia a scaldarsi e a godere illegalmente, o, secondo la definizione della Sacra Scrittura, a commettere adulterio (Sal 72,27). La mente riconosce un tale stato come pieno di grazia, divino: quindi il passaggio all’evidente delusione del demoniaco è vicino; il momento in cui una persona perde l’autocrazia, diventa un giocattolo e uno zimbello dello spirito malvagio. Dalla preghiera sognante che porta una persona a questo stato, Dio si allontana con rabbia. E il verdetto della Scrittura si avvera su coloro che pregano con una tale preghiera: “La sua preghiera si trasformi in peccato” (Sal 109,7).

Rifiutate i pensieri apparentemente buoni e le idee apparentemente brillanti che vi vengono incontro mentre pregate, distraendovi dalla preghiera[16]. Essi escono dal regno della mente falsa, seduti come cavalieri a cavallo, sulla vanità. I loro volti cupi sono chiusi, affinché la mente dell’orante non riconosca in loro i suoi nemici. Ma proprio perché sono ostili alla preghiera, distraggono la mente, la portano in cattività e in pesante schiavitù, espongono e devastano l’anima, ecco perché si riconoscono come nemici del regno del pacificatore. La mente spirituale, la mente di Dio, promuove la preghiera, concentra l’uomo in sé stesso, lo immerge nell’attenzione e nella tenerezza, impartisce alla mente un silenzio riverente, il timore e lo stupore che nascono dal senso della presenza e della maestà di Dio. Questa sensazione può, a tempo debito, diventare molto intensa e rendere la preghiera per l’orante un temibile tribunale di Dio[17].

La preghiera attenta, aliena da distrazioni e fantasticherie, è la visione del Dio invisibile che attira a sé la vista della mente e il desiderio del cuore. Allora la mente vede senza vedere e si accontenta di un non vedere che supera ogni visione. La ragione di questo beato non vedere è l’infinita sottigliezza e incomprensibilità dell’Oggetto verso cui la visione è diretta. Il Sole invisibile della giustizia – Dio emette anche raggi invisibili, ma percepibili dal senso palpabile dell’anima: essi riempiono il cuore di meravigliosa calma, fede, coraggio, mitezza, misericordia, amore per il prossimo e per Dio. Grazie a queste azioni, visibili nell’intimo del cuore, l’uomo riconosce senza dubbio che la sua preghiera è accettata da Dio, inizia a credere con una fede viva e a confidare fermamente nell’Amante e nell’Amato. Ecco l’inizio del risveglio dell’anima per Dio e per un’eternità benedetta[18].

Il frutto della vera preghiera è una santa pace dell’anima, unita a una gioia tranquilla e silenziosa, priva di fantasticherie, di presunzione e di impulsi e movimenti accesi, un amore per gli altri che non distingue il bene dal male, il degno dall’indegno, ma intercede per tutti davanti a Dio, come per sé, come per i propri membri. Da questo amore per gli altri risplenderà il più puro amore per Dio. Questi frutti sono un dono di Dio. Sono attratti dall’anima grazie alla sua attenzione e umiltà, mantenuti dalla sua fedeltà a Dio.

L’anima rimane fedele a Dio quando elimina ogni parola, azione e pensiero peccaminoso e quando si pente immediatamente dei debiti in cui si è lasciata trascinare dalla sua debolezza.

Il fatto che desideriamo ottenere il dono della preghiera, lo dimostriamo sedendoci pazientemente oranti alla porta della preghiera. Per la pazienza e la perseveranza riceviamo il dono della preghiera. “Il Signore”, dice la Scrittura, “dà grazia a chi prega” (1 Sam 2,9) con pazienza e sforzo.

Per i nuovi credenti, le preghiere brevi e frequenti sono migliori di quelle lunghe, separate l’una dall’altra da uno spazio di tempo considerevole[19].

La preghiera è il più alto esercizio per la mente.

La preghiera è la testa, la fonte, la madre di tutte le virtù[20].

Siate saggi nella vostra preghiera. Non chiedete in essa nulla di deperibile e di vano, ricordando il comandamento del Salvatore: “Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose”, cioè tutte le necessità della vita temporale, “vi saranno date in aggiunta[21]. (Mt 6,33)

Quando intendete fare qualcosa, o volete fare qualcosa, anche nelle difficoltà della vita, rivolgete il vostro pensiero a Dio nella preghiera: chiedete ciò che ritenete necessario e utile; ma lasciate alla volontà di Dio nella fede e nella fiducia nell’onnipotenza, nella saggezza e nella bontà della volontà di Dio di fare o non fare ciò che chiedete. Questo eccellente modo di pregare ci è stato dato da Colui che ha pregato nel giardino del Getsemani, “affinché passasse il calice da Lui stabilito” ma “non la mia volontà“, concluse la sua preghiera al Padre: “ma sia fatta la tua” (Lc 22,42).

Offrite a Dio un’umile preghiera per le virtù e le opere pie che state compiendo, purificatele e perfezionatele con la preghiera e il pentimento. Dite di loro nella vostra preghiera ciò che il giusto Giobbe disse nella sua preghiera quotidiana a proposito dei suoi figli: “Ogni volta che i miei figli hanno peccato e nei loro pensieri hanno pensato al male contro Dio” (Gb 1,5). Il male è infido: si mescola invisibilmente con la virtù, contaminandola, avvelenandola.

Gettate via tutto per ereditare la preghiera e, sollevati da terra sulla croce dell’abnegazione, date il vostro spirito, la vostra anima e il vostro corpo a Dio e da Lui ricevete la santa preghiera, che, secondo l’insegnamento dell’Apostolo e della Chiesa universale, è l’azione dello Spirito Santo nell’uomo, quando lo Spirito lo inabita[22] (Rm 8,26). “Chiunque abbia raggiunto (l’orazione incessante) ha raggiunto il limite delle virtù ed è stato reso dimora dello Spirito Santo“, diceva Sant’Isacco.

Conclusione

Chi trascura l’esercizio di un’attenta preghiera fatta nel pentimento è estraneo al progresso spirituale e ai frutti spirituali, è nel buio di molteplici autoinganni. L’umiltà è l’unico altare su cui gli esseri umani possono offrire a Dio offerte di preghiera, l’unico altare da cui le offerte di preghiera sono accettate da Dio[23]; la preghiera è la madre di tutte le vere virtù divine. Nessun progresso spirituale è possibile, nessun avanzamento spirituale è possibile per chi ha rifiutato l’umiltà, per chi non si è preoccupato di entrare in una santa unione con la preghiera. L’esercizio della preghiera è il testamento dell’Apostolo: “pregate senza sosta“, ci dice San Paolo (1 Ts 5,17). L’esercizio della preghiera è un comandamento del Signore stesso, un comandamento unito a una promessa: “Chiedete”, ci invita il Signore, ci comanda, “e vi sarà dato; cercate e troverete; premete e vi sarà aperto” (Matteo 7,7). A quel punto si trasformerà in un incessante sacrificio di lode. Questa lode sarà continuamente offerta e proclamata senza sosta dagli eletti di Dio a partire dall’incessante esperienza di beatitudine nell’eternità, che viene seminata qui sulla terra e nel tempo, dai semi di pentimento seminati attraverso una preghiera attenta e diligente.

Amen.


[1] Opere Complete, Volume 2, Capitolo 11.

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[2] Sant’Isacco il Siro, Logos 55. (in francese Oeuvres spirituelles, Paris 1981)

[3] Queste parole furono pronunciate dallo ieromonaco Atanasio, monaco esicasta nella torre del monastero di Svensky, nella diocesi di Oryol, a un certo viandante che lo visitò nel 1829.

[4] Giovanni Climaco, La Scala del Paradiso. Discorso 7, p. 151-152

[5] Sant’Isacco il Siro, Logos 89.

[6] Ibidem. Logos 11

[7] San Gregorio del Sinai: “Quando il diavolo vede qualcuno che vive nel pianto, non vi rimane, ha paura dell’umiltà che deriva dal pianto”. Filocalia, vol. 3, p. 606-607, Gribaudi

[8] La scala del Paradiso, Gradino 28, p. 326

[9] San Melezio, che salì sulla montagna della Galizia. Poema sulla preghiera; Lestvitsa, Discorso 28, cap. 21.

[10] La Scala del Paradiso, Gradino 28, p. 327

[11] Consigli del santo ieromonaco Seraphim di Sarov. Che sia utile pregare con gli occhi chiusi è menzionato anche in 11 delle sue istruzioni sulla preghiera. Edizione del 1841. Mosca.

[12] San Marco l’Asceta. Su coloro che pensano di essere giustificati dalle opere

[13] San Gregorio del Sinai. Come l’esicasta deve starsene seduto in preghiera e non alzarsene presto

[14] Santi Callisto e Ignazio. Sul silenzio e la preghiera

[15] La scala del Paradiso. Gradino 28

[16] La scala del Paradiso. Gradino 28

[17] Ibidem

[18] La già citata poesia di San Melezio. Discorso sull’opera nascosta di Teolipto, Metropolita di Filadelfia.

[19] San Demetrio di Rostov, L’uomo interiore

[20] San Macario il Grande, la Scala del Paradiso, Gradino 28 e anche gli altri Padri insegnano di conseguenza.

[21] Sant’Isacco il Siro, Logos, 5.

[22] Sant’Isacco il Siro, Logos, 21.

[23] Detto di San Pimen il Grande. Gerontikon collezione alfabetica.




09 MAGGIO

Dal Prologo di Ohrid opera di Nikolaj Velimirovic

09 Maggio secondo l’antico calendario della Chiesa

  1. IL SANTO PROFETA ISAIA

Questo grande profeta era di stirpe reale. Isaia nacque a Gerusalemme da Amoz, suo padre, che era fratello di Amazia, re di Giuda. Per la grande grazia di Dio che era in lui, Isaia fu reso degno di vedere il Signore Sabaoth sul trono del cielo, circondato da Serafini a sei ali che cantano continuamente: “Santo, Santo, Santo è il Signore degli eserciti [Sabaoth]” (Isaia 6,3). Isaia profetizzò molte cose a singoli uomini e al popolo. In un’occasione, camminò nudo per le strade di Gerusalemme per tre giorni profetizzando l’imminente caduta di Gerusalemme da parte del re assiro Sennacherib, ricordando al re e ai capi del popolo di non sperare nell’aiuto degli egiziani o degli etiopi, perché anch’essi saranno soggiogati dallo stesso Sennacherib, ma di confidare piuttosto nell’aiuto di Dio Altissimo. Questa profezia, così come altre, si sono letteralmente avverate. Le profezie più importanti di Isaia sono quelle che riguardano l’Incarnazione di Dio, il concepimento della Vergine Tutta Santa, Giovanni il Precursore e molti altri eventi della vita di Cristo. [Perciò il Signore stesso vi darà un segno: ecco una vergine concepirà, partorirà un figlio e lo chiamerà Emmanuele” (Isaia 7,14). “Perché a noi è nato un bambino, ci è stato dato un figlio; il governo sarà sulla sua spalla; il suo nome sarà chiamato Meraviglioso, Consigliere, Dio potente, Padre eterno, Principe della pace” (Isaia 9,6). La voce di colui che grida nel deserto: “Preparate la via del Signore e rendete diritta nel deserto una strada per il nostro Dio” (Isaia 40,3). Quest’uomo perspicace, per la purezza del suo cuore e per il suo zelo verso Dio, ricevette anche il dono di operare miracoli. Così, quando Gerusalemme assediata soffriva per la siccità, Isaia pregò Dio e l’acqua sgorgò da sotto il monte Sion. Quest’acqua fu chiamata Siloam, che significa: “inviata”. In seguito, il Signore ordinò all’uomo, cieco dalla nascita, di bagnarsi in quest’acqua per poter vedere. Durante il regno del re Manasse, quando Isaia tuonò contro i costumi pagani del re e dei capi, paragonando quella generazione a Sodoma e Gomorra, la rabbia dei capi e del popolo si scatenò contro questo grande profeta. Fu catturato, condotto fuori da Gerusalemme e segato a metà. Isaia visse e profetizzò circa settecento anni prima di Cristo.

  1. LA TRASLAZIONE DELLE RELIQUIE DI SAN NICOLA IL TAUMATURGO DI MYRA IN LICIA.

Durante il regno dell’imperatore Alessio Commeno e del patriarca Nicola Grammatico, il corpo di questo santo fu traslato da Myra, in Licia, alla città di Bari, in Italia, nel 1007 d.C. Ciò avvenne a causa dell’assalto dei musulmani alla Licia. Il santo apparve in sogno a un onorevole sacerdote di Bari e ordinò che le sue reliquie fossero traslate in questa città. A quel tempo, Bari era ortodossa e sotto il Patriarca ortodosso. Durante la traslazione delle reliquie di questo santo si verificarono molti miracoli, sia toccando le reliquie sia grazie alla mirra [olio] che sgorgava abbondantemente dalle sue reliquie. “In questo giorno si commemora anche il miracolo di San Nicola al re serbo Stefano di Decani: San Nicola restituì la vista al re Stefano, che era cieco.

  1. IL SANTO MARTIRE CRISTOFORO

Cristoforo fu un grande operatore di miracoli. È particolarmente venerato in Spagna. Il popolo lo prega soprattutto per ottenere protezione dalle malattie contagiose e dalle grandi pestilenze. Soffrì per Cristo e fu glorificato da Cristo nell’anno 249 d.C.

Inno di lode
SANTO STEFANO DI DECANI

[STEPHAN DECANSKI]

Sul Campo delle Pecore dorme il cieco Stefano
E in sogno sopporta la sventura senza pace.
Il suo corpo trema, i suoi occhi sanguinano,
Di una vita così, la morte è sicuramente migliore,
In quel momento, in sogno, gli appare un uomo,
in un bagliore celeste, in una gloria celeste.
Io sono Nicola, di Myra in Licia, disse,
e tu sei uno di quelli che Dio sceglie.
Alla mia destra, o Stefano, guarda,
Ecco i tuoi occhi, conservati in essa!
Senza occhi sei, gli occhi sono con me,
a te li darò, quando il Signore vorrà.
Passarono cinque anni e Stephan nelle tenebre
Una forte speranza ha, una forte fede ha:
Per me, Nicola verrà ancora una volta,
con l’aiuto di Dio; mi aiuterà, lo farà.
Così fece Stefano, una volta pensandolo in Chiesa,
e con le lacrime pregò l’amato santo.
E mentre stava sulla sedia, in sogno, cadde,
Ma ecco che San Nicola venne di nuovo da lui!
Due occhi del re nel suo palmo destro:
Ecco, disse, a te, o re, è spuntato il giorno!
Nel nome del Signore che, ai ciechi, dona la vista
Guarda e grida: A Dio sia la gloria!
E gli occhi ciechi, il santo toccò
E le tenebre dagli occhi come una tenda è tirata.

Riflessione
Ogni cristiano può accettare il martirio per la fede, sia in tempo di persecuzione che in tempo di pace. Abba Atanasio dice: “Sii torturato dalla tua coscienza, muori al peccato, sottometti gli organi terreni e sarai martire secondo i tuoi desideri. Essi [i perseguitati e i martiri] hanno combattuto con imperatori e principi; anche voi avete il re dei peccati – il diavolo e i principi demoniaci. Prima c’erano gli idoli, i templi pagani e coloro che offrivano sacrifici agli idoli. Ora esistono come pensieri nell’anima. Chi è schiavo della dissolutezza adora l’idolo di Afrodite. Chi si arrabbia e si infuria adora l’idolo di Ares. Chi è avaro e chiuso al dolore e alla miseria del prossimo adora l’idolo di Ermes. Se ti astieni da tutto questo e ti preservi dalle passioni, hai vinto gli idoli, hai rifiutato una credenza malvagia e sei diventato un martire della Vera Fede”. Non è quindi necessario che un uomo desideri particolarmente la persecuzione e il martirio. Tutti possono sopportare in ogni momento il martirio per amore di Cristo e del suo Vangelo.

Contemplazione
Contemplare la discesa di Dio Spirito Santo sugli apostoli:

  1. Come tutti gli uomini si stupiscono e si meravigliano ascoltando gli Apostoli parlare in lingue diverse;
  2. Come alcuni li deridevano dicendo: “Hanno bevuto troppo vino nuovo” (Atti degli Apostoli 2:13).

Omelia
Sulla maledizione dell’uomo che confida nell’uomo

“Così dice il Signore: maledetto l’uomo che confida negli uomini, che cerca la sua forza nella carne, il cui cuore si allontana dal Signore” (Geremia 17,5).

Quando l’uomo si allontana da Dio nel suo cuore, di solito confida negli uomini e in se stesso, perché in chi altro potrebbe confidare altrimenti quando ha slegato la sua barca a remi dalla barca di Dio? Poiché ha già slegato la sua barca a remi da quella di Dio, non gli resta altro che confidare nella sua barca a remi o in quella dei suoi vicini. Una fiducia debole, ma non c’è altro per lui! Fiducia piangente sopra l’abisso della distruzione, ma non c’è altro!

Ma, o cielo e terra, perché l’uomo ha slegato la sua barca a remi da quella di Dio? Che cosa è successo all’uomo per fuggire dalla sua sicurezza? Che tipo di calcolo ha fatto quando ha scoperto che sarebbe stato meglio per lui da solo sulle onde tempestose che nella casa di Dio e vicino all’orlo di Dio! Con chi si è alleato quando ha rotto l’alleanza con Dio? Con qualcuno più forte di Dio? Stoltezza, stoltezza, stoltezza!

“Maledetto l’uomo che confida negli esseri umani”. Questo, Dio lo ha detto una volta e gli uomini lo hanno ripetuto migliaia di volte. Delusi dalla loro fiducia negli uomini, gli uomini hanno maledetto migliaia di volte coloro che hanno confidato negli uomini. Dio ha detto solo quello che gli uomini hanno sperimentato fin troppo bene e che hanno confermato con la loro esperienza, cioè che è davvero maledetto l’uomo che confida nell’uomo!

Fratelli, ecco perché dobbiamo avere fiducia in Dio, che è la barca stabile nella tempesta e che non tradisce. Confidiamo solo in Lui, perché ogni altra fiducia è un’illusione diabolica.

In Te confidiamo, o Signore, nostra fortezza e nostro rifugio. Legaci al tuo fianco e non permetterci di slegarci se, con la nostra stoltezza e maledizione, tentiamo di slegarci da te.

A Te sia gloria e grazie sempre. Amen.




08 MAGGIO

Dal Prologo di Ohrid opera di Nikolaj Velimirovic

08 Maggio secondo l’antico calendario della Chiesa

  1. IL SANTO APOSTOLO ED EVANGELISTA GIOVANNI

La festa di questo grande apostolo ed evangelista si celebra il 26 settembre. Questo giorno (8 maggio) ricorda il miracolo che si verificò sulla sua tomba. Quando Giovanni aveva più di cento anni, prese sette dei suoi discepoli, uscì dalla città di Efeso e ordinò loro di scavare una tomba a forma di croce. Dopodiché, l’anziano scese in questa tomba e fu sepolto. In seguito, quando i fedeli aprirono la tomba di Giovanni, non trovarono il suo corpo. L’8 maggio di ogni anno, dalla sua tomba viene prelevata della polvere dalla quale i malati vengono guariti da varie malattie.

  1. VENERABILE ARSENIO IL GRANDE

Questo glorioso santo nacque a Roma da una famiglia patrizia e fu ben istruito nelle scienze secolari e nella filosofia, oltre che nella saggezza spirituale. Abbandonando tutte le vanità del mondo, si dedicò al servizio della Chiesa e fu diacono della grande chiesa di Roma. Celibe, ritirato, tranquillo e devoto, Arsenio pensava di vivere così per tutta la vita. Ma la Provvidenza di Dio indirizzò diversamente il suo percorso di vita. L’imperatore Teodosio lo prese come precettore e maestro dei suoi figli Arcadio e Onorio, e lo insediò come senatore circondandolo di grandi ricchezze, onori e lusso. Ma tutto questo appesantì il cuore di Arsenio, anziché compiacerlo. Accadde che Arcadio commise un torto e per questo Arsenio lo punì. Arcadio, offeso, concepì una terribile vendetta contro il suo maestro e, quando Arsenio lo scoprì, si travestì da mendicante, partì per il mare, si imbarcò su una barca e salpò per l’Egitto. Giunto nella rinomata Scete, divenne discepolo del glorioso Giovanni Colobo [il Nano] e si dedicò a una vita di ascesi. Si considerava morto e quando qualcuno lo informò che un ricco parente era morto e gli aveva lasciato in eredità l’intero patrimonio, Arsenio rispose: “Ma io sono morto prima di lui, come potrei quindi essere il suo erede?”. Rintanato in una cella eremitica come in una tomba, per tutto il giorno intrecciava cesti di foglie di palma e di notte pregava Dio. Evitava gli uomini e ogni conversazione con loro. Solo nei giorni di festa usciva dalla cella e si recava in Chiesa per ricevere la Santa Comunione. Per non diventare pigro, si poneva spesso la domanda: “Arsenio, perché sei venuto nel deserto?”. Rimase nel deserto per cinquantacinque anni come “abitante del deserto” e per tutto questo tempo fu un modello per i monaci e una gloria per i monaci in generale. In tutto, Arsenio visse cento anni e morì serenamente nell’anno 448 d.C., dopo aver faticato a lungo e essersi volontariamente imposto delle difficoltà, e prese dimora nel regno di Cristo Signore, che amava con tutto il cuore, tutta la mente e tutta l’anima.

  1. SANTA EMILIA

Emilia era la madre di San Basilio il Grande. In gioventù desiderava rimanere vergine per tutta la vita, ma fu costretta al matrimonio. Emilia diede alla luce nove figli e li ispirò talmente allo Spirito di Cristo che cinque di loro divennero santi cristiani: Basilio il Grande, Gregorio, vescovo di Nissa, Pietro, vescovo di Sebaste, Macrina e Teosevia. In età avanzata Emilia fondò un convento dove visse con Macrina, sua figlia, e dove morì nel Signore l’8 maggio 375 d.C.

  1. IL VENERABILE ARSENIO AMANTE DEL LAVORO

Arsenio era un monaco del Monastero delle Grotte di Kiev. Non si concedeva mai un po’ di riposo, ma lavorava continuamente. Mangiava solo una volta al giorno, dopo il tramonto del sole. Visse una vita di ascetismo e morì nel XIV secolo.

Inno di lode
SAN ARSENIO

Il Glorioso Arsenio, che il mondo ha glorificato,
fuggendo dalla gloria, disse a sé stesso,
Agli uomini e al mondo, considerati morto,
Non pronunciare parole né sagge né stolte.
Per una parola, un tempo in vita, mi sono pentito,
Per il silenzio, non mi sono mai pentito.
Se il mio cuore, a Dio non mi lego,
non sono in grado di scrollarmi di dosso la vita passionale.
Se i miei pensieri glorificano solo Dio
Le passioni esterne mi lasceranno.
Riempite il vostro tempo con la preghiera e il lavoro,
Dormi ancora meno e lavora sempre di più.
Arsenio il peccatore, perché ti fermi?
Perché sei venuto nel deserto, ti chiedo?
Non per il gusto dell’ozio, ma per la salvezza dell’anima,
non per dormire, ma per pentirti.
Guarisci presto e ravviva l’anima:
Signore, abbi pietà! Perdona e abbi pietà!

Riflessione
Un monaco si lamentava con Sant’Arsenio del fatto che mentre leggeva la Sacra Scrittura non sentiva né la forza delle parole lette né la dolcezza nel suo cuore. A questo il grande santo gli risponde: “Figlio mio, leggi e basta! Ho sentito dire che gli stregoni dei serpenti, quando lanciano un incantesimo sui serpenti, pronunciano parole che essi stessi non capiscono, ma i serpenti, sentendo le parole pronunciate, ne percepiscono il potere e si addomesticano. Così è per noi, quando teniamo continuamente in bocca le parole della Sacra Scrittura, ma anche se non sentiamo la potenza delle parole, gli spiriti maligni tremano e fuggono perché non sono in grado di sopportare le parole dello Spirito Santo”. Figlio mio, leggi! Lo Spirito Santo che, attraverso uomini ispirati, ha scritto queste parole divine, ascolterà, comprenderà e si affretterà a soccorrerti; e i demoni comprenderanno, percepiranno e fuggiranno da te. Cioè: Colui che invocate in aiuto capirà, e coloro che volete allontanare da voi stessi capiranno. Ed entrambi gli obiettivi saranno raggiunti.

Contemplazione
Contemplare la discesa di Dio Spirito Santo sugli Apostoli:

  1. Come apparvero lingue di fuoco sugli apostoli, una su ciascuno di loro;
  2. Come gli apostoli vengono riempiti di Spirito Santo e cominciano a parlare in varie lingue, come lo Spirito Santo dà loro la parola.

Omelia
Sul male come frutto dei pensieri degli uomini

“Ascolta, o terra: ecco che io farò venire il male su questo popolo, anche il frutto dei suoi pensieri, perché non hanno dato ascolto alle mie parole e alla mia legge, ma l’hanno rigettata” (Geremia 6,19).

Fratelli, vedete dove cresce e dove matura il male? Non nel seno di Dio, ma nei pensieri degli uomini. Il male viene seminato nei pensieri degli uomini da potenze demoniache o dalle passioni della carne. Il male cresce nei pensieri degli uomini e si diffonde e si moltiplica, fiorisce e porta foglie e infine mostra frutti. A tempo debito, Dio avverte gli uomini di staccarsi dai loro pensieri malvagi, affinché il male non maturi nell’anima degli uomini e non produca il suo frutto amaro e mortale. A tempo debito, Dio avvertì Caino, ma egli non volle ascoltare l’avvertimento e permise che i pensieri malvagi contro suo fratello producessero frutti malvagi: il fratricidio.

Quali sono i pensieri malvagi? Tutti quei pensieri che sono contrari alla legge di Dio, alla parola di Dio. I pensieri malvagi sono la legge dell’uomo che l’uomo stesso prescrive per sé contro Dio e contro la legge di Dio. Pertanto, se un uomo ha deciso risolutamente di aderire alla legge di Dio, i pensieri malvagi sono deboli come ombre che appaiono rapidamente ma, allo stesso modo, scompaiono rapidamente. Allora l’uomo è signore dei suoi pensieri, perché sente Dio come suo Signore. Allora la legge è la legge di Dio e i pensieri malvagi degli uomini non sono nulla.

“Ecco, io farò venire il male su questo popolo”, disse il Signore. Che tipo di male? “Il frutto dei loro pensieri”. Cioè: Permetterò loro di raccogliere solo ciò che hanno seminato e coltivato, perché il male non è né il mio seme né il mio raccolto. Il male che permetterò agli uomini senza legge è il frutto dei loro pensieri. Secondo i loro pensieri, avrebbero dovuto stimare il tipo di male che li avrebbe colpiti, come un seminatore stima, secondo i suoi semi, ciò che raccoglierà.

O Signore mite e senza colpa, salvaci dal nostro male che noi stessi abbiamo alimentato in noi. Ti preghiamo, rimuovi il frutto malvagio delle coltivazioni malvagie e aiutaci a strappare il seme malvagio dalle nostre anime.




07 MAGGIO

Dal Prologo di Ohrid opera di Nikolaj Velimirovic

07 Maggio secondo l’antico calendario della Chiesa

  1. COMMEMORAZIONE DELL’APPARIZIONE DELLA SANTA CROCE SU GERUSALEMME

Durante il regno dell’imperatore Costanzo, figlio di San Costantino, e di Cirillo, patriarca di Gerusalemme, verso le 9 del mattino apparve la Croce onorata che si estendeva dal Golgota fin sopra il Monte degli Ulivi. Questa croce era più luminosa del sole e più bella dell’arcobaleno più bello. Tutte le persone, credenti e non credenti, lasciarono il loro lavoro e, con timore e stupore, osservarono questo segno celeste. Molti miscredenti si convertirono alla fede di Cristo, e così anche molti eretici ariani abbandonarono la loro malvagia eresia e tornarono all’ortodossia. A proposito di questo segno il patriarca Cirillo scrisse una lettera all’imperatore Costanzo [337-361 d.C.], che propendeva per l’arianesimo. Così, anche in questa occasione fu dimostrato che la fede cristiana non è una teorizzazione mondana, secondo la comprensione sensuale dell’uomo, ma piuttosto nella potenza di Dio, dimostrata attraverso numerosi miracoli e segni.

  1. IL SANTO MARTIRE ACACIO

Sant’Acacio era un ufficiale romano durante il regno dell’imperatore Massimiano. Rispondendo della sua fede in Cristo al processo, disse di aver ereditato questa fede devota dai suoi genitori e di essere stato rafforzato in essa dalla testimonianza di molte guarigioni miracolose ottenute dalle reliquie dei santi cristiani. Dopo aver sopportato con coraggio grandi torture nella città tracia di Pyrrinthus, Acacio fu portato a Bisanzio dove subì nuove torture fino alla decapitazione. Patì onorevolmente e prese dimora nel regno eterno della gioia nell’anno 303 d.C.

  1. I VENERABILI PADRI DELLA GEORGIA

Nel VI secolo e duecento anni dopo che Santa Nina aveva predicato la Buona Novella in Georgia, la Tuttasanta Madre di Dio apparve a Giovanni, un asceta di Antiochia, e gli ordinò di scegliere dodici dei suoi discepoli e di andare in Georgia per rafforzare la fede dell’Ortodossia. E così fece. Arrivati in Georgia, questi dodici missionari furono accolti solennemente dal principe di quel Paese e dal Catholicos Eulalius e iniziarono subito il loro lavoro con zelo. Il popolo si riuniva in massa attorno a loro ed essi li rafforzavano nella fede con grande saggezza e molti miracoli. Il capo di questi missionari amanti di Cristo era San Giovanni Zedazneli e i nomi degli altri erano: Abido, Antonio, Davide, Zenone, Taddeo, Iesse, Isdero, Giuseppe, Michele, Pirro, Stefano e Scio. Con zelo apostolico confermarono tutti la fede di Cristo in Georgia, fondarono molti monasteri e lasciarono molti discepoli dopo di loro. Così, sono stati resi degni della gloria nei cieli e del potere sulla terra.

Inno di lode
IL SANTO MARTIRE ACACIO

Acacio, soldato del Re Altissimo
Acacio si prepara alla morte,
Con l’incenso della preghiera, l’anima si accende;
E il giudice senza Dio gli chiede:
Perché Cristo, il fedele, non riscatta?
Perché non punisce i tuoi aguzzini?
Perché, Dio onnipotente, lo chiamate?
Il martire gli risponde docilmente:
Grande è la misericordia del Signore Cristo,
e nella misericordia e nella pazienza, a lungo,
aspetta il pentimento del peccatore,
e la paziente sofferenza dei fedeli.
Se i peccatori, Egli immediatamente avesse punito
Come proclamerebbe la sua misericordia?
E i giusti, se non volessero soffrire
Con cosa mostrerebbero la potenza di Dio?
E con che cosa risplenderebbero davanti al mondo?
La parola detta, la testa decapitata,
In Paradiso, l’anima è salita.

Riflessione
“Ho riconosciuto che ero più debitore e che mi era stato perdonato molto. Sono stato chiamato al sacerdozio da uffici giuridici e pubblici ed è per questo che temo di non essere visto come un ingrato se amassi meno di quanto mi è stato perdonato”. Queste sono le parole di Sant’Ambrogio che, inaspettatamente, fu chiamato da Dio a cambiare vocazione, passando da giudice secolare ad arcivescovo della Chiesa di Cristo. Con queste parole il santo ha dimostrato come la vocazione sacerdotale sia più grande di quella secolare; come alla vocazione sacerdotale si arrivi per chiamata di Dio e come chi è chiamato debba ringraziare Dio. Il debito di ringraziamento verso Dio è stato considerato da tutti i santi come il loro principale debito. Senza il ringraziamento a Dio non ci può essere progresso nella vita spirituale. Il ringraziamento a Dio, senza sosta, è il seme fecondo da cui, se annaffiato dalle lacrime del pentimento continuo, sboccia un bel frutto: l’amore verso Dio.

Contemplazione
Contemplare la discesa di Dio Spirito Santo sui santi apostoli:

  1. Come gli apostoli si sono uniti in una sola mente durante la preghiera;
  2. Come, all’improvviso, venne un suono dal cielo come un vento impetuoso e potente.

Omelia
Su come i peccati allontanano il bene dall’uomo

“I tuoi peccati hanno allontanato da te queste benedizioni” (Geremia 5,25).

Se non possedete il bene in abbondanza, o popolo, significa che avete il peccato in abbondanza. I vostri peccati hanno allontanato da voi il bene. O gente, se desiderate il bene per voi stessi, rifiutate il peccato e non peccate più e andrete verso il bene, il bene verrà a voi e il bene non si allontanerà da voi.

O uomini, se non avete il bene, significa che avete il peccato. Il bene non può abitare nella stessa casa con il peccato, così come la luce e le tenebre non possono esistere contemporaneamente nello stesso luogo. Quando la luce se ne va, le tenebre si insediano e quando le tenebre se ne vanno, la luce risplende. Così, il peccato e il bene possono essere scambiati, ma non possono abitare insieme.

O fratelli, “i vostri peccati hanno allontanato da voi queste benedizioni”. Queste parole non sono state pronunciate da un solo profeta, a un solo popolo, ma ogni vero profeta ha pronunciato queste parole al suo popolo. I falsi profeti adulano i peccati del loro popolo, e così li aiutano ancora di più a respingere il bene dal loro popolo. I veri profeti vanno contro i peccati del popolo, perché accompagnano il bene e gridano contro il peccato, per poter introdurre il bene, che viene da Dio, nell’anima del loro popolo. Se l’alveare comincia a puzzare, le api portatrici di miele vi entrano e vi depositano il loro miele? No! E se le api irrazionali non vogliono entrare in un alveare putrido e fumoso, come potrà lo Spirito razionale di Dio entrare in un’anima putrida e fumosa a causa del peccato? E lo Spirito di Dio è il possessore e il dispensatore di tutti i buoni doni.

O Signore, Santo Spirito, aiuta il tuo popolo con la tua forza irresistibile a scacciare il peccato dalla nostra anima, affinché tu possa entrare con i tuoi doni creatori di vita.




06 MAGGIO

Dal Prologo di Ohrid opera di Nikolaj Velimirovic

06 Maggio secondo l’antico calendario della Chiesa

  1. IL SANTO GIUSTO E LUNGAMENTE PROVATO GIOBBE

Giobbe era un discendente di Esaù, nipote di Abramo, e visse in Arabia circa 2.000 anni prima di Cristo. Suo padre si chiamava Zareth e sua madre Bosora. Tuttavia, il suo nome completo era Jobab. Giobbe era un uomo onorato, timorato di Dio e molto ricco. Nel settantanovesimo anno della sua vita, Dio permise che, attraverso Satana, gli venissero inflitte difficili tentazioni, come è scritto dettagliatamente nel Libro di Giobbe. In un solo giorno, Giobbe perse tutte le sue enormi proprietà, i suoi figli e le sue figlie. In seguito, una terribile malattia lo colpì e tutto il suo corpo si coprì di piaghe, dalla testa ai piedi; Giobbe si sdraiò sul mucchio di rifiuti fuori dalla città e con un pezzo di coccio raschiava via il pus dalle sue ferite. Giobbe non mormorò contro Dio, ma sopportò pazientemente tutte le sofferenze fino alla fine. Per questo motivo Dio gli restituì la salute, gli diede ricchezze molto più grandi di quelle che aveva prima e gli nacquero sette figli e tre figlie, tanti quanti ne aveva prima. Giobbe visse per un totale di duecentoquarantotto anni, sempre glorificando e lodando Dio. Giobbe è considerato il modello di sopportazione paziente di ogni sofferenza che Dio ci manda e Giobbe è un prototipo della sofferenza del Signore Gesù.

  1. IL SANTO MARTIRE BARBARO

Barbaro era un soldato durante il regno di Giuliano l’Apostata. Quando Bacco, il comandante dell’Imperatore, guidava l’esercito romano contro i Franchi, Barbaro, che era segretamente cristiano, prestava servizio nell’esercito. In battaglia apparve un certo eroe dalla parte dei Franchi, simile all’antico Golia, che sfidò i Romani a mandare uno dei loro uomini a combattere. Il comandante Bacco consigliò a Barbaro di andare. Barbaro pregò in cuor suo il Signore vivente, uscì e sconfisse quel gigante. Di conseguenza, l’esercito franco si confuse e fuggì. Poi il comandante preparò una grande festa e ordinò di offrire sacrifici agli idoli. Durante le offerte sacrificali, il comandante venne a sapere che Barbaro si teneva in disparte. Interrogato in proposito, Barbaro dichiarò di essere cristiano. Il comandante informò l’imperatore, il quale ordinò che Barbaro fosse sottoposto alle più dure torture. Ma Barbaro sopportò tutto con raro coraggio e compostezza. Durante le sue torture, si manifestarono molti miracoli e molti soldati, testimoni di ciò, accettarono la fede di Cristo. Tra questi c’era il comandante Bacco insieme a Callimaco e Dionigi. Tutti e tre furono decapitati per il Nome di Cristo e, dopo di loro, anche Barbaro fu decapitato nell’anno 362 d.C. Le loro anime presero dimora nel regno di Cristo Re Immortale.

  1. SAN BARBARO IL LADRO

Dopo aver commesso molti crimini, Barbaro si pentì e si condannò dapprima a strisciare a quattro zampe per tre anni e a mangiare con i cani e, in secondo luogo, a vivere dodici anni nella foresta senza vestiti, senza un tetto e senza cibo se non erba e foglie. Ricevette dagli angeli la notizia che i suoi peccati erano stati perdonati. Alcuni mercanti che attraversavano la foresta e che vedevano Barbaro da lontano pensarono che fosse un animale e non un uomo, gli puntarono contro le loro frecce e lo trafissero. Morente, Barbaro li pregò di informare di lui il sacerdote più vicino. Il sacerdote arrivò e lo seppellì onorevolmente. Dal suo corpo sgorgò la mirra (olio) curativa che guarì diverse malattie e dolori degli uomini.

Inno di lode
GIOBBE, IL SERVO SOFFERENTE

Dimmi, fratello, cosa sei in grado di sopportare,
e ti dirò quanto sei uomo.
Giobbe, il giusto, ricco e tutto glorioso
da Satana, fu gettato su un letamaio,
e ricoperto di pus e piaghe,
Per i cani e per gli uomini, uno spettacolo orribile!
Tutto ciò che aveva, in un giorno perì
tranne la fede e la pazienza.
Ma con l’arma della fede e della pazienza
Giobbe vinse l’orribile Satana.
Dio guardava la lotta impari,
e al giusto diede la vittoria.
Con la vittoria, tutte le altre ricchezze,
E il diavolo invidioso si vergognò.

Riflessione
Abba Isaia disse di sé stesso: “Mi vedo simile a un cavallo che vaga senza cavaliere. Chi lo trova, si siede su di lui e lo cavalca a suo piacimento. Quando un cavaliere smonta dal cavallo, un altro lo monta e fa lo stesso, e così il terzo e così via”. Questo grande asceta, di cui tutti parlavano con stupore del fatto che avesse raggiunto la perfezione, diceva questo di sé stesso o per umiltà o per il ricordo del suo periodo di imperfezione. L’importante è che queste parole siano vere per ogni cristiano che cammina spiritualmente senza freni e senza remore. Non appena una passione lo abbandona, un’altra lo monta. Appena una passione lo stanca e lo lascia nella disperazione, un’altra lo monta con l’illusoria speranza di renderlo felice. Un uomo del genere non ha un cavaliere che lo indirizzi verso il vero sentiero senza divagare a destra o a sinistra. L’unico cavaliere amichevole che dovrebbe essere salutato con favore è il santo e potente spirito cristiano.

Contemplazione
Contemplare l’Ascensione del Signore Gesù:

  1. Come Egli sia prima risorto corporalmente e poi sia asceso corporalmente;
  2. Come le anime degli uomini giusti dopo la morte salgono prima in cielo, mentre il corpo attende la resurrezione generale, la trasfigurazione generale e l’ascensione generale.

Omelia
Sulla potenza che Dio ha dato alle parole dei profeti

“Ecco, io ho fatto delle mie parole, nella tua bocca, un fuoco. E questo popolo è la legna che esso divorerà!”. (Geremia 5,14).

Vedete, fratelli, che l’effetto della parola di Dio è diverso a seconda delle persone. La parola di Dio è come un fuoco, in cui il giusto si rallegra, come chi è congelato nel freddo di questo mondo; e la parola di Dio è come un fuoco che brucia l’ingiusto che questo mondo materiale ha troppo riscaldato. I padri spirituali esperti ci hanno lasciato la prova che solo il Nome di Gesù porta forza, gioia e ristoro ai fedeli – e questo Nome consuma gli spiriti maligni come un fuoco vivo. È così per ogni parola di Dio. Con alcuni crea conforto, con altri irritazione, con alcuni placa l’ira, con altri aumenta la rabbia, con alcuni provoca rispetto e timore e con altri disprezzo. Per i sani è miele; per i non sani è miele di assenzio.

Ma perché il popolo dovrebbe essere come legno che si consuma? Perché, è forse da biasimare il popolo se gli anziani senza Dio e i falsi profeti lo portano fuori strada? Il popolo non è da biasimare fino al punto in cui lo sono i suoi anziani e i suoi falsi profeti, ma è comunque da biasimare in una certa misura. Dio, infatti, ha dato al popolo anche la possibilità di conoscere la retta via attraverso la coscienza e la predicazione della Parola di Dio e il popolo non dovrebbe seguire ciecamente i suoi capi ciechi quando questi li conducono su false vie e li allontanano da Dio e dalla Legge di Dio. Fratelli, Dio è giusto e conosce la misura delle colpe di ognuno, e non permetterà che l’analfabeta e il più piccolo soffrano quanto l’alfabetizzato e il più grande.

O Dio onniveggente, salvaci affinché non siamo né leader ciechi né seguaci ciechi. Rafforza i nostri cuori affinché, come capi e come seguaci, siamo sempre e solo tuoi servi.

A Te sia gloria e grazie sempre. Amen.