09 APRILE
Dal Prologo di Ohrid opera di Nikolaj Velimirovic
09 Aprile secondo il vecchio calendario della Chiesa
- IL SANTO MARTIRE EUPSYCHIUS
Eupsychius era di nobile nascita e ben istruito nelle pie credenze. Durante il regno di Giuliano l’Apostata e quando San Basilio il Grande governava la Chiesa di Dio a Cesarea, Eupsychius si sposò con un’importante fanciulla. Tuttavia, non gli fu concesso di vivere nemmeno un giorno il matrimonio. Infatti, al momento delle nozze, si svolse una festa pagana con offerte sacrificali all’idolo Fortuna. Eupsychius, con i suoi compagni, entrò nel tempio e distrusse tutti gli idoli, demolendo anche il tempio stesso. Alla notizia, Giuliano si infuriò moltissimo e ordinò la decapitazione dei colpevoli, l’arruolamento di molti cristiani nell’esercito, l’imposizione di un enorme tributo a tutti i cristiani, la ricostruzione del tempio della Fortuna a spese dei cristiani e la privazione della città del nome onorifico di “Cesarea”, conferitole da Cesare Claudio, con il nome precedente di Maza. All’inizio Eupsychius fu legato a un albero, torturato brutalmente e poi decapitato nel 362 d.C. Poco dopo, il malvagio imperatore Giuliano visitò questa città (Maza) mentre si dirigeva verso la Persia contro la quale stava muovendo guerra. San Basilio il Grande gli andò incontro portando tre pani d’orzo in segno di rispetto e ospitalità. L’imperatore ordinò che una manciata di fieno fosse data al santo come dono reciproco. San Basilio disse all’imperatore: “Ti prendi gioco di noi, o imperatore. Noi ti offriamo il pane con cui ci nutriamo e tu, a tua volta, ci dai il cibo per il bestiame che tu, con la tua autorità, non puoi trasformare in cibo per gli uomini”. L’imperatore rispose: “Sappi che ti darò da mangiare questo fieno quando tornerò dalla Persia”. Tuttavia, il malvagio apostata non tornò dalla Persia, perché morì di una morte meritata e innaturale.
- IL VENERABILE MARTIRE VADIM
Durante il regno dell’imperatore persiano Sapor, Vadim, abate di un certo monastero e uomo famoso per la sua generosità, fu messo in prigione con sette dei suoi discepoli. Con loro in prigione c’era un certo principe Nirsan, anch’egli cristiano. Ogni giorno venivano portati fuori e picchiati. Il principe Nirsan si spaventò e promise di rinnegare la fede e di adorare il sole. Sapor ne fu soddisfatto e promise di dare a Nirsan, tra le altre cose, l’intero patrimonio del monastero di Vadim se avesse decapitato Vadim con le sue stesse mani. Nirsan accettò. Con la mano tremante e spaventato dal volto maestoso di San Vadim, colpì il santo uomo con la spada molte volte sul collo, finché alla fine lo decapitò. Poco dopo, Nirsan cedette alla disperazione e si trafisse con la spada, ricevendo per mano sua la giusta punizione per l’omicidio del giusto. San Vadim patì nell’anno 376 d.C.
Inno di lode
IL VENERABILE MARTIRE VADIM
Il coraggioso Vadim guarda la morte negli occhi
e si dispiace per Nirsan perché gli è capitata la miseria.
Nirsan, con la spada sguainata, sta davanti a Vadim,
non ha paura di Dio, ma ha paura del santo.
Brandisce la spada e, brandendola, la abbassa!
Davanti al cavaliere di Dio; in verità, un puro codardo!
Nirsan, Nirsan! Vadim, a lui, parla:
Sulla strada dell’eternità, Vadim, a te, parla:
Hai rinnegato Cristo; hai abbracciato la falsità,
Da solo, la tua anima hai perso.
Morte, attendo con ansia ogni ora divina,
che mi apra la porta del regno eterno.
Ma, dalla tua mano, mi è dispiaciuto morire,
e non vederti mai più, o principe.
Ogni traditore di Cristo sarà coperto dalle tenebre eterne.
E, due volte più nero, chi uccide i cristiani”.
Questo disse il santo e tacque,
e Nirsan lo uccise con mano tremante.
Un tale leone morì a causa di un coniglio spaventato!
Ma chi ha ucciso Nirsan? Se stesso o il santo?
La giustizia eterna parla: il ladro giudica se stesso,
E al santo di Dio non è stato fatto alcun male.
Riflessione
Di Pericle si dice che era un uomo di bellezza umana quasi perfetta, ma che la sua testa era oblunga e assomigliava a una zucca, tanto che rischiava di essere ridicolizzato quando appariva a capo scoperto in pubblico. Per nascondere il difetto di questo grande uomo al suo popolo, gli scultori greci lo ritraevano sempre con un elmo in testa. Se alcuni, tra i pagani, sapevano nascondere i difetti dei loro amici, quanto più, quindi, noi cristiani siamo obbligati a fare lo stesso? “Amatevi gli uni gli altri con affetto reciproco; anticipate gli uni gli altri nel mostrarvi onore” (Romani 12:10), comanda l’apostolo a coloro che aderiscono a Cristo. Come possiamo dire di aderire al Cristo mite e tutto-puro, se ogni giorno avveleniamo l’aria con racconti sui peccati e le mancanze degli altri? Nascondere le proprie virtù e le mancanze degli altri, questa è la saggezza spirituale per eccellenza.
Contemplazione
Contemplare il Signore Gesù risorto:
- Come appare a Maria Maddalena nell’orto e, a prima vista, Maria non lo riconosce;
- Come Egli si rivolge con tenerezza a Maria e Maria lo riconosce, gioisce in Lui e trasmette la sua gioia ai discepoli.
Omelia
Sulla necessità della morte per portare molto frutto
“Amen, amen vi dico: se il chicco di grano non cade in terra e non muore, rimane solo un chicco di grano; ma se muore, produce molto frutto” (San Giovanni 12:24).
Perché il seminatore getta il grano nel terreno? Lo fa forse perché il grano muoia e marcisca? No, lo fa perché viva e porti frutto. Nel gettare il seme, il seminatore non pensa alla morte e alla decomposizione del seme, ma piuttosto alla sua vita e al suo rendimento.
Il seminatore è Cristo Signore e gli uomini sono il suo grano. Egli si è compiaciuto di chiamarci grano. Ci sono molti altri tipi di seme sulla terra, ma niente è più prezioso del grano. Perché il Signore ci ha seminato in tutto il mondo? Per farci morire e decadere? No, piuttosto perché vivessimo e portassimo frutto. Egli allude alla nostra morte lungo il cammino. Allude alla morte solo come condizione per la vita e per il rendimento moltiplicato. L’obiettivo della semina non è la morte, ma la vita. Il seme deve prima morire e decadere. Lo menziona solo perché sa che ne siamo pienamente consapevoli. Ce lo ricorda lungo il cammino, mentre il suo Vangelo è soprattutto una narrazione di vita, sulla vita e sul portare frutti buoni. Ci parla molto di quest’ultimo aspetto perché sa che non ne siamo consapevoli e che stiamo soffocando per l’ignoranza e il dubbio. Non solo ci parla abbondantemente della vita, ma ci mostra anche la vita. Con la sua risurrezione, ci dimostra la vita e la moltitudine di frutti che sono più luminosi del sole. L’intera storia della sua Chiesa è una chiara mappa della vita.
O Signore della vita, invincibile, salvaci dalla morte del peccato. Riscattaci da una morte spirituale.