San Massimo il Confessore (580 – 662): Lo scopo dell’incarnazione di Dio
San Massimo il Confessore (580 – 662)
dall’opera “Discorso Ascetico”
Lo scopo dell’incarnazione di Dio
1. Un fratello interrogò un vecchio dicendo: — Ti chiedo di dirmi, o padre: quale fu lo scopo per cui il Signore divenne uomo?
Ed il vecchio rispondendo disse: — Mi meraviglio di te, o fratello, perché mi interroghi intorno a ciò, pur ascoltando ogni giorno il simbolo della fede. Tuttavia ti dico che lo scopo per cui il Signore divenne uomo fu la nostra salvezza.
Ed il fratello chiese: — Come dici, o padre?
Ed il vecchio rispose: — Poiché dunque l’uomo, creato all’inizio da Dio e posto nel paradiso, avendo trasgredito il comandamento, soggiacque alla corruzione ed alla morte, di conseguenza, pur governato dalla varia provvidenza di Dio per ogni successiva generazione, continuava a rimanere decaduto nello stato peggiore, spinto dalle diverse passioni della carne alla disperazione della vita. Per questo l’unigenito Figlio di Dio, il Verbo anteriore al tempo procedente da Dio Padre, la fonte della vita e dell’immortalità, apparve a noi che giacevamo nell’oscurità e nell’ombra della morte (Mt 4,16 – Lc 1-79); incarnatosi dallo Spirito Santo e dalla Santa Vergine, ci indicò il modo di una vita divina e, dopo averci impartito santi precetti ed aver annunziato il regno dei cieli a chi vive secondo essi e minacciato eterno castigo a chi li viola, sofferta la passione salvatrice e risorto dai morti, ci donò la speranza della risurrezione e della vita eterna. Tolta mediante la sua ubbidienza la condanna della colpa dei progenitori ed annientata con la morte la potenza della morte (Eb 2,14), affinché, come tutti muoiono in Adamo, cosi tutti siano vivificati (1 Cor 15,22); asceso ai cieli e postosi alla destra del Padre, fece discendere io Spirito Santo in pegno della vita e ad illuminazione e santificazione delle nostre anime ed in aiuto di chi lotta per la propria salvezza per custodire i suoi precetti. Questo fu lo scopo per cui il Signore divenne uomo, a dirla in breve.
Passi biblici sulla nascita dell’Emmanuele, il ‘Dio con noi’
ISAIA 7,10-16
10,10 Il Signore parlò ancora ad Acaz: 11 «Chiedi un segno dal Signore tuo Dio, dal profondo degli inferi oppure lassù in alto». 12 Ma Acaz rispose: «Non lo chiederò, non voglio tentare il Signore». 13 Allora Isaia disse: «Ascoltate, casa di Davide! Non vi basta di stancare la pazienza degli uomini, perché ora vogliate stancare anche quella del mio Dio? 14 Pertanto il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele. 15 Egli mangerà panna e miele finché non imparerà a rigettare il male e a scegliere il bene. 16 Poiché prima ancora che il bimbo impari a rigettare il male e a scegliere il bene, sarà abbandonato il paese di cui temi i due re.
ISAIA 9,5-6
9,5 Poiché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il segno della sovranità ed è chiamato: Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace; 6 grande sarà il suo dominio e la pace non avrà fine sul trono di Davide e sul regno, che egli viene a consolidare e rafforzare con il diritto e la giustizia, ora e sempre; questo farà lo zelo del Signore degli eserciti.
DAL VANGELO DI MATTEO
1,1 Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo. 2Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuda e i suoi fratelli, 3Giuda generò Fares e Zara da Tamar, Fares generò Esrom, Esrom generò Aram, 4Aram generò Aminadàb, Aminadàb generò Naassòn, Naassòn generò Salmon, 5Salmon generò Booz da Racab, Booz generò Obed da Rut, Obed generò Iesse, 6Iesse generò il re Davide. Davide generò Salomone da quella che era stata la moglie di Uria, 7Salomone generò Roboamo, Roboamo generò Abia, Abia generò Asaf, 8Asaf generò Giòsafat, Giòsafat generò Ioram, Ioram generò Ozia, 9Ozia generò Ioatàm, Ioatàm generò Acaz, Acaz generò Ezechia, 10Ezechia generò Manasse, Manasse generò Amos, Amos generò Giosia, 11Giosia generò Ieconia e i suoi fratelli, al tempo della deportazione in Babilonia. 12Dopo la deportazione in Babilonia, Ieconia generò Salatièl, Salatièl generò Zorobabele, 13Zorobabele generò Abiùd, Abiùd generò Eliachìm, Eliachìm generò Azor, 14Azor generò Sadoc, Sadoc generò Achim, Achim generò Eliùd, 15Eliùd generò Eleazar, Eleazar generò Mattan, Mattan generò Giacobbe, 16Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo. 17In tal modo, tutte le generazioni da Abramo a Davide sono quattordici, da Davide fino alla deportazione in Babilonia quattordici, dalla deportazione in Babilonia a Cristo quattordici.
18Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. 19Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto. 20Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: “Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; 21ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati”. 22Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:
23 Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele,
che significa Dio con noi. 24Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa; 25senza che egli la conoscesse, ella diede alla luce un figlio ed egli lo chiamò Gesù.
2,1 Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme 2e dicevano: “Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo”. 3All’udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. 4Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. 5Gli risposero: “A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta:
6 E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda:
da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele“.
7Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella 8e li inviò a Betlemme dicendo: “Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo”.
9Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. 10Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. 11Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. 12Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese. 13Essi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: “Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo”. 14Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto, 15dove rimase fino alla morte di Erode, perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:
Dall’Egitto ho chiamato mio figlio.
16Quando Erode si accorse che i Magi si erano presi gioco di lui, si infuriò e mandò a uccidere tutti i bambini che stavano a Betlemme e in tutto il suo territorio e che avevano da due anni in giù, secondo il tempo che aveva appreso con esattezza dai Magi. 17Allora si compì ciò che era stato detto per mezzo del profeta Geremia:
18 Un grido è stato udito in Rama, un pianto e un lamento grande: Rachele piange i suoi figli e non vuole essere consolata, perché non sono più.
19Morto Erode, ecco, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto 20e gli disse: “Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre e va’ nella terra d’Israele; sono morti infatti quelli che cercavano di uccidere il bambino”. 21Egli si alzò, prese il bambino e sua madre ed entrò nella terra d’Israele. 22Ma, quando venne a sapere che nella Giudea regnava Archelao al posto di suo padre Erode, ebbe paura di andarvi. Avvertito poi in sogno, si ritirò nella regione della Galilea 23e andò ad abitare in una città chiamata Nàzaret, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo dei profeti: “Sarà chiamato Nazareno”.
DAL VANGELO DI LUCA
1,26Al sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, 27a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. 28 Entrando da lei, disse: “Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te”. 29 A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. 30L’angelo le disse: “Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. 31 Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. 32 Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre 33 e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine”.34 Allora Maria disse all’angelo: “Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?”. 35 Le rispose l’angelo: “Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. 36 Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: 37 nulla è impossibile a Dio”. 38 Allora Maria disse: “Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola”. E l’angelo si allontanò da lei. 39 In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. 40 Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. 41 Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo 42ed esclamò a gran voce: “Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! 43A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? 44Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo.45E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto”. 46Allora Maria disse:
“L’anima mia magnifica il Signore 47e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, 48perché ha guardato l’umiltà della sua serva. D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. 49Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente e Santo è il suo nome; 50di generazione in generazione la sua misericordia per quelli che lo temono. 51Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; 52ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; 53ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote. 54Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia, 55come aveva detto ai nostri padri, per Abramo e la sua discendenza, per sempre”.
56Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua. 57Per Elisabetta intanto si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio. 58I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva manifestato in lei la sua grande misericordia, e si rallegravano con lei. 59Otto giorni dopo vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo con il nome di suo padre, Zaccaria. 60Ma sua madre intervenne: “No, si chiamerà Giovanni”. 61Le dissero: “Non c’è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome”. 62Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse. 63Egli chiese una tavoletta e scrisse: “Giovanni è il suo nome”. Tutti furono meravigliati. 64All’istante gli si aprì la bocca e gli si sciolse la lingua, e parlava benedicendo Dio. 65Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose. 66Tutti coloro che le udivano, le custodivano in cuor loro, dicendo: “Che sarà mai questo bambino?”. E davvero la mano del Signore era con lui. 67Zaccaria, suo padre, fu colmato di Spirito Santo e profetò dicendo:
68“Benedetto il Signore, Dio d’Israele, perché ha visitato e redento il suo popolo, 69e ha suscitato per noi un Salvatore potente nella casa di Davide, suo servo, 70come aveva detto per bocca dei suoi santi profeti d’un tempo: 71salvezza dai nostri nemici, e dalle mani di quanti ci odiano. 72Così egli ha concesso misericordia ai nostri padri e si è ricordato della sua santa alleanza, 73del giuramento fatto ad Abramo, nostro padre, di concederci, 74liberati dalle mani dei nemici, di servirlo senza timore, 75in santità e giustizia al suo cospetto, per tutti i nostri giorni. 76 E tu, bambino, sarai chiamato profeta dell’Altissimo perché andrai innanzi al Signore a preparargli le strade, 77 per dare al suo popolo la conoscenza della salvezza nella remissione dei suoi peccati. 78 Grazie alla tenerezza e misericordia del nostro Dio, ci visiterà un sole che sorge dall’alto, 79 per risplendere su quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra di morte, e dirigere i nostri passi sulla via della pace”.
80Il bambino cresceva e si fortificava nello spirito. Visse in regioni deserte fino al giorno della sua manifestazione a Israele.
2,1 In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. 2Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. 3Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città. 4Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. 5Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta. 6Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. 7Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio. 8C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. 9Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, 10ma l’angelo disse loro: “Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: 11oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. 12Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia”. 13E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva: 14“Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama”.15Appena gli angeli si furono allontanati da loro, verso il cielo, i pastori dicevano l’un l’altro: “Andiamo dunque fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere”. 16Andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. 17E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. 18Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. 19Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. 20I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro. 21Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo. 22Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore – 23come è scritto nella legge del Signore: Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore –24e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore. 25Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. 26Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. 27Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, 28anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:
29“Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, 30perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, 31preparata da te davanti a tutti i popoli: 32luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele”.
33Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. 34Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: “Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione 35– e anche a te una spada trafiggerà l’anima -, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori”. 36C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuele, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, 37era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. 38Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme. 39Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. 40Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui. 41I suoi genitori si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. 42Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa. 43Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. 44Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; 45non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme. 46Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. 47E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. 48Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: “Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo”. 49Ed egli rispose loro: “Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?”. 50Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro. 51Scese dunque con loro e venne a Nàzaret e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore. 52E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini.
Cirillo di Alessandria: TERZA LETTERA A NESTORIO
TERZA LETTERA A NESTORIO
San Cirillo, Patriarca di Alessandria (370–444)
Cirillo e il sinodo convocato ad Alessandria d’Egitto al Religiosissimo e Piissimo collega nel ministero, Nestorio, salute nel Signore.
1. Poiché il nostro Salvatore chiaramente dice: Chi ama il padre e la madre più di me, non è degno di me; e chi ama il figlio o la figlia più di me, non è degno di me, che cosa possiamo fare noi, che siamo richiesti dalla tua Pietà di amarti più di Cristo, Salvatore di noi tutti? Chi ci potrà difendere nel giorno del giudizio? Quale scusa troveremo all’essere stati per così lungo tempo in silenzio, di fronte alle bestemmie da te pronunciate su di lui? Se tu danneggiassi soltanto te stesso pensando e insegnando dottrine siffatte, minore sarebbe la preoccupazione. Ma tu hai scandalizzato tutta la Chiesa e hai posto il lievito di una nuova e bizzarra eresia in ogni gente, non solo tra quelli che stanno lì, a Costantinopoli, ma anche in ogni altro luogo (infatti i testi delle tue omelie circolano ampiamente). Quale discorso potrà allora giustificare il nostro silenzio? Come si può non essere memori di quel che Cristo dice: Non pensate che sia venuto a portare la pace sulla terra, ma la spada. Son venuto a dividere l’uomo da suo padre e la figlia da sua madre? Quando la fede è offesa, vada pure alla malora la riverenza verso i parenti, come qualcosa di stantio e pericoloso; passi in secondo piano anche la norma che ci obbliga all’affetto verso i figli e i fratelli, e sia preferibile per le persone pie la morte alla vita, affinché trovino una migliore risurrezione, come sta scritto. 2. Ecco, dunque, noi, insieme al santo sinodo riunito nella grande Roma, sotto la presidenza del Santissimo e Reverendissimo fratello e collega nel ministero, il vescovo Celestino, con questa terza lettera ti avvisiamo e ti intimiamo di allontanarti da dottrine tanto stolte e perverse, come sono quelle che tu pensi e insegni, e di accettare la retta fede, data fin dall’inizio alle chiese attraverso i santi Apostoli ed Evangelisti, i quali sono stati testimoni oculari e ministri della parola. E se la tua Pietà non si atterrà alla data stabilita nella lettera del sopra menzionato Santissimo e Reverendissimo fratello e nostro collega nel ministero, il vescovo di Roma, Celestino, sappi che non avrai alcuna parte con noi né luogo o parola tra i sacerdoti di Dio e i vescovi. Non è infatti possibile vedere tutto intorno le chiese turbate, le comunità scandalizzate, la retta fede rifiutata, il gregge disperso a causa tua, che eri stato dato a sua salvaguardia, se mai avessi seguito, insieme a noi, la retta dottrina, procedendo sulle orme della pietà dei santi Padri. Noi tutti siamo in comunione con tutti, laici e chierici, che sono stati scomunicati o deposti dalla tua Pietà, a cagione della fede. Non è giusto che siano condannati da te quanti seppero mantenere la retta dottrina, perché giustamente ti si sono opposti! Di questo tu hai fatto menzione nella lettera scritta al Santissimo e nostro collega nell’episcopato Celestino, vescovo della grande Roma. Non sarà sufficiente alla tua Pietà confessare insieme a noi semplicemente il Simbolo della fede, che un tempo è stato esposto nello Spirito santo dal santo e grande concilio, riunito a suo tempo a Nicea. Anche se confessi le parole con la voce, non lo interpreti e non lo intendi rettamente, bensì in modo distorto. Confessa piuttosto per iscritto e sotto giuramento che anatematizzi le tue scellerate ed empie dottrine, e che al loro posto penserai e insegnerai le stesse dottrine di noi tutti, i vescovi d’Occidente e d’Oriente, maestri e capi delle comunità. Sappi che il santo sinodo di Roma e noi tutti conveniamo con le lettere inviate alla tua Pietà dalla chiesa di Alessandria, in quanto le stimiamo ortodosse e prive di errori. Abbiamo inoltre aggiunto a questa nostra lettera ciò che è necessario tu pensi e insegni e ciò da cui devi dissociarti. La fede della Chiesa cattolica e apostolica, in cui tutti i vescovi ortodossi d’Occidente e d’Oriente convengono è questa:
3. Crediamo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore di tutte le cose visibili e invisibili. E in un solo Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, generato Unigenito dal Padre, cioè dalla sostanza del Padre; Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero; generato non fatto, consostanziale al Padre; attraverso il quale tutto è stato fatto, in cielo e sulla terra. Per noi uomini e per la nostra salvezza egli è disceso, si è incarnato ed è divenuto uomo, ha patito ed è risuscitato nel terzo giorno; è asceso al cielo; verrà a giudicare i vivi e i morti; e crediamo nello Spirito santo. Coloro che dicono: «Vi fu un tempo in cui egli non esisteva»; o «Prima di essere generato non esisteva»; o «Egli è stato generato dal nulla o da altra ipostasi o sostanza»; oppure «Il Figlio di Dio è mutabile e alterabile», tutti costoro anatematizza la Chiesa cattolica e apostolica.
Noi seguiamo esattamente la confessione espressa dai santi Padri, perché in essi parlava lo Spirito santo, e procediamo secondo l’intenzione del loro pensiero, come per una strada regia; in forza di ciò affermiamo che l’Unigenito Verbo di Dio, quello che è nato dalla stessa sostanza del Padre, il Dio vero da Dio vero, la Luce da Luce, colui attraverso il quale tutto fu fatto, in cielo e sulla terra, colui che è disceso per la nostra salvezza e che si è sottomesso all’umiliazione, proprio lui, affermiamo, si è incarnato e si è fatto uomo; cioè, avendo preso una carne dalla santa Vergine e avendola resa sua propria fin dall’utero, si sottomise alla nostra nascita e venne fuori uomo da una donna. Non perse ciò che era, ma anche assumendo la carne e il sangue, anche così, rimase ciò che era, cioè Dio per natura e verità. Non affermiamo che la carne sia passata nella natura divina né che l’ineffabile natura del Dio Verbo sia passata nella natura della carne: egli è immutabile e, poiché resta sempre il medesimo, come dicono le Scritture, è interamente inalterabile. Una volta divenuto visibile, pur essendo neonato, in fasce e sul seno della Vergine che l’aveva partorito, in quanto Dio riempiva ogni creatura e regnava insieme al Genitore. Infatti la divinità è priva di misura e grandezza, e non ammette limiti.
4. Poiché confessiamo che il Verbo è unito alla carne secondo l’ipostasi, adoriamo un solo Figlio e Signore, Gesù Cristo. Non separiamo in parti e non dividiamo l’uomo e il Dio, come se si fossero uniti insieme l’un l’altro per unità di dignità e autorità (dire questo è puro non senso e nient’altro). Neppure applichiamo propriamente il nome «Cristo» al Verbo da Dio e similmente chiamiamo «Cristo» il nato da donna; ma riconosciamo che Cristo è uno solo, il Verbo da Dio Padre con la sua propria carne. Sebbene infatti egli dia lo Spirito ai giusti senza misura (Gv 3, 34), come dice il beato evangelista Giovanni, egli è stato unto con noi in maniera umana. Non affermiamo però che il Verbo da Dio abbia abitato nel figlio generato dalla santa Vergine, come in un uomo comune, affinché non si pensi che Cristo sia un uomo «teoforo». Sebbene il Verbo abitò tra noi (Gv 1,14), affermiamo anche che in Cristo risiede, in modo corporeo, tutta la pienezza della divinità (Col 2,9). Riconosciamo dunque che si è fatto carne e non dividiamo l’inabitazione, come se la maniera in cui la realizzò in sé stesso fosse stata eguale al tipo di inabitazione che diciamo ci sia nei santi. Ma, essendo uno per natura e non essendo mutato in carne, realizzò questa inabitazione come – si potrebbe dire – l’anima dell’uomo entra in relazione con il proprio corpo.
5. Perciò Cristo, Figlio e Signore, è uno solo. Non è un uomo che sia in rapporto con Dio per semplice congiunzione, mentre l’unità consisterebbe nella dignità e nella sovranità. L’eguaglianza di onore non unisce le nature; infatti Pietro e Giovanni, eguali ambedue per onore, in quanto Apostoli e santi discepoli, non sono affatto uno, ma due. Non riteniamo che il modo della congiunzione avvenga per avvicinamento (non sarebbe infatti sufficiente per un’unione naturale), né per un’unione accidentale, come avviene per noi, i quali, secondo le Scritture, siamo in connessione con il Signore e con lui siamo un solo spirito. Anzi noi rifiutiamo il termine «congiunzione», in quanto inadatto a significare l’unione. E neppure chiamiamo il Verbo da Dio Padre, Dio e Padrone di Cristo, per non tagliare manifestamente in due l’unico Cristo, Figlio e Signore, e così essere imputabili di bestemmia, avendolo reso Dio e Padrone di sé stesso. Il Verbo di Dio, come già abbiamo ribadito, essendo unito alla carne secondo l’ipostasi, è Dio dell’universo e comanda su tutto: non è servo o padrone di sé stesso. Pensare e affermare ciò è sciocco e blasfemo. Infatti egli chiama il Padre suo «Dio», sebbene per natura sia Dio e generato dalla sua stessa sostanza. Non ignoriamo, però, che, pur restando Dio, è divenuto uomo; e che per la legge inerente alla natura umana è sottoposto a Dio. In che modo allora sarebbe divenuto Dio e Padrone di sé stesso? Affermiamo che, come uomo e per quel che riguarda il modo dell’abbassamento, egli è sottoposto a
Dio come noi. Alla stessa maniera è divenuto sotto la legge, sebbene, in quanto Dio, egli stesso sia il promulgatore della legge e il legislatore.
6. Noi rifiutiamo di affermare su Cristo: «Venero colui che è rivestito, a motivo di colui che lo riveste; adoro colui che è visibile, a motivo di colui che è invisibile». È poi cosa terribile aggiungere: «Colui che è
assunto è chiamato Dio insieme con chi assume». Chi dice così divide in due Cristo e propriamente pone in modo separato un uomo e similmente un Dio. Vanifica chiaramente l’unione, secondo la quale l’uno non è adorato insieme con l’altro, ed è chiamato insieme a lui «Dio»; ma affermiamo che uno solo è Cristo Gesù, Figlio Unigenito, onorato con un’unica adorazione, insieme alla sua propria carne. Confessiamo inoltre che egli, il Figlio generato da Dio Padre e Dio Unigenito, sebbene per sua propria natura fosse impassibile, patì con la carne (1 Pt 4,1) per noi, secondo le Scritture, ed era nel corpo crocifisso, sostenendo le sofferenze della sua propria carne, sebbene fosse impassibile. Per grazia di Dio, gustò la morte per tutti (Eb 2,9),
offrendole il proprio corpo, sebbene per natura egli esista come Vita e sia la Risurrezione (Gv 11,25). Con indicibile potere, al fine di soffrire la morte con la sua propria carne, divenne il primogenito dei morti (Col 1,18)e la primizia dei dormienti (1 Cor 15,20), e indicò alla natura umana la strada per il ritorno all’incorruttibilità. Per grazia di Dio, come or ora abbiamo detto, gustò la morte per tutti e, ritornando alla vita dopo tre giorni, spogliò l’Ade. Perciò si può dire che la risurrezione dei morti avvenne attraverso un uomo, ma intendiamo che l’uomo è il Verbo nato da Dio e che per mezzo suo ha sciolto il potere della morte. Egli verrà a tempo opportuno come un unico Figlio e Signore, nella gloria del Padre a giudicare il mondo nella giustizia (At 17,31), secondo la Scrittura.
7. Necessariamente dobbiamo aggiungere anche questo. Noi proclamiamo la morte secondo la carne dell’Unigenito Figlio di Dio, Gesù Cristo, e confessiamo la sua risurrezione dai morti e l’ascesa al cielo, quando nelle chiese celebriamo l’incruento sacrificio e così ci appressiamo alle mistiche benedizioni e siamo santificati, divenendo partecipi della santa carne e del prezioso sangue di Cristo, Salvatore di noi tutti. Non riceviamo una carne comune (non sia mai!) né quella di un uomo santificato e unito al Verbo secondo l’unione della dignità oppure del possesso di una divina inabitazione, ma la carne veramente vivificante e interamente propria del Verbo. In quanto Dio egli è per natura Vita, perché è divenuto uno con la sua propria carne, rendendola vivificante. Cosicché ci ha potuto dire: Amen vi dico, se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue (Gv 6,53). Dobbiamo allora considerare che essa non è quella di un uomo come noi (come può per la sua stessa natura la carne di un uomo essere vivificante?), ma quella veramente fatta propria da colui che per noi è divenuto e si è fatto Figlio dell’uomo.
8. In forza delle espressioni del nostro Salvatore, presenti nei vangeli, noi non lo dividiamo in due ipostasi, né in due prosopa.[1]L’unico e solo Cristo non è infatti duplice; e anche se è pensato di due diversi elementi, è convenuto in una inseparabile unità. Sebbene sia considerato anche un uomo, dotato di anima e corpo, non è duplice, ma uno da due. Allora, pensando rettamente, dobbiamo riferire a uno solo le caratteristiche sia umane sia divine.
Quando, parlando come Dio, dice di sé stesso: Chi ha visto me, ha visto il Padre (Gv 14,9), e Io e il Padre siamo una cosa sola (Gv 10,30), comprendiamo la sua divina e ineffabile natura, secondo la quale è una cosa sola con suo Padre, per l’identica sostanza, dato che possiede l’immagine e lo splendore della sua gloria (Eb 1,3).
Quando, non disprezzando i limiti dell’umana natura, disse ai Giudei: Ora cercate di uccidere me, un uomo, io che vi ho detto la verità (Gv 8,40), egualmente riconosciamo che il Dio Verbo è in eguaglianza e
somiglianza del Padre, anche nei limiti della sua natura umana. Se bisogna credere che, essendo Dio per natura, è divenuto carne, cioè un uomo dotato di anima razionale, che scusa può avere chi si vergogna delle parole che egli ha espresse in modo appropriato alla natura umana? Se egli avesse respinto le caratteristiche proprie di un uomo, chi lo avrebbe potuto costringere a divenire uomo come noi? Poiché si è posto per noi in una volontaria umiliazione, con
quale scusa possiamo rifiutare le caratteristiche proprie dell’umiliazione? Perciò tutte le espressioni presenti nei Vangeli devono essere applicate all’unica persona, all’unica ipostasi incarnata del Verbo. Secondo le Scritture uno solo è il Signore Gesù
Cristo.
9. Inoltre, sebbene è chiamato Apostolo e sommo Sacerdote della nostra confessione (Eb 3,1), in quanto offre a Dio e Padre la confessione di fede rivolta da noi a lui e, attraverso lui, a Dio e Padre, oltre che allo Spirito santo, tuttavia affermiamo che egli è per natura il Figlio Unigenito da Dio. Non ascriviamo allora a un uomo diverso da lui il titolo e la realtà del sacerdozio: divenne il mediatore tra Dio e gli uomini (1 Tm 2,5), il conciliatore (At 7,26), quando offrì sé stesso in odore di soavità a Dio e Padre. Per questo dice: Non hai voluto sacrificio e offerta, ma mi hai preparato un corpo. Non hai gradito olocausti e vittime per il peccato. Allora dissi: ecco, vengo. Su di me è scritto nel rotolo del libro di fare, Dio, la tua volontà (Eb 10,5ss). Per noi e non per sé stesso ha offerto in odore di soavità il proprio corpo. Di quale offerta o sacrificio avrebbe avuto bisogno per sé stesso, colui che esisteva, come Dio, al di là di ogni peccato? Se tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio (Rm 3,23), è perché siamo divenuti soggetti alla caduta e la natura dell’uomo è stata infettata dal peccato; egli però non è in questa condizione e per questo siamo vinti dalla sua gloria. Come si può dubitare che il vero Agnello si è immolato per noi a causa nostra? Affermare allora che egli si è immolato per sé stesso e per noi, significherebbe non potere assolutamente evitare l’accusa di empietà. In nessun modo egli ha errato ne ha commesso peccato. Di quale offerta allora avrebbe potuto avere bisogno, dato che non esisteva peccato, a motivo del quale giustamente compiere l’offerta?
10. Quando dice dello Spirito: Egli mi glorificherà (Gv 16,14), noi, pensando rettamente, non diciamo che l’unico Cristo e Figlio, siccome avrebbe avuto bisogno della gloria di un altro, ha acquisito la gloria dallo Spirito santo. Il suo Spirito non è migliore né superiore a lui. Ma poiché, per dimostrare la sua divinità, ha fatto uso del suo proprio Spirito per compiere i miracoli, si afferma che è stato glorificato da lui. Sarebbe come se uno dicesse nei riguardi della propria forza o di una sua conoscenza: «essa mi glorifica». Sebbene lo Spirito sia in una sua propria ipostasi ed è considerato per sé (è Spirito e non Figlio), non è però altro da lui. È chiamato Spirito di verità (Gv 16,13) e Cristo è la Verità (Gv 14,6); inoltre procede da Cristo, come anche da Dio e Padre. Perciò lo Spirito compì miracoli per mano dei santi Apostoli e glorificò il nostro Signore Gesù Cristo dopo la sua ascensione al cielo. È oggetto di fede che Cristo è Dio per natura e che opera attraverso il suo Spirito. Per questo diceva: Egli riceverà dal mio e ve lo farà conoscere (Gv 16,14). Non stiamo affermando affatto che lo Spirito è sapienza e potenza per partecipazione: egli è assolutamente perfetto e colmo di ogni bene. Poiché egli è Spirito della Potenza e della Sapienza del Padre – cioè del Figlio –, egli è in tutto e per tutto Potenza e Sapienza.
11. Poiché poi la santa Vergine ha partorito carnalmente Dio unito alla carne secondo l’ipostasi, per questo affermiamo che essa è Madre di Dio; non perché la natura del Verbo avrebbe preso inizio dalla carne – egli infatti era all’inizio e il Verbo era Dio e il Verbo era presso Dio (Gv 1,1)ed è il fattore di ogni cosa, coeterno al Padre e artefice di tutto – ma, come abbiamo detto, perché, unita a sé secondo l’ipostasi la natura umana, tollerò una nascita carnale dal seno di lei. Questo non perché aveva bisogno per sua propria natura di una nascita temporale e alla fine dei tempi, ma per benedire l’inizio della nostra esistenza. Dal momento che una donna lo ha partorito, unito alla carne fece cessare la maledizione, che incombeva su tutto il genere umano e che portava alla morte i nostri corpi mondani. Grazie a lui sarebbe stato reso vano il partorirai i figli nel dolore (Gn 3,16), e si sarebbe manifestata vera la parola del profeta: La morte è divenuta forte e Dio asciugherà le lacrime da ogni volto (Is 25,8). Per questo motivo diciamo che egli, per l’economia ha benedetto le nozze e, chiamato, si recò a Cana di Galilea insieme ai santi Apostoli.
12. Così abbiamo appreso a pensare dai santi Apostoli ed Evangelisti, da tutta la Scrittura ispirata da Dio e dalla vera confessione dei beati Padri. Bisogna che la tua Pietà sottoscriva tutto questo e dia il tuo assenso senza inganno.
Quel che la tua Pietà deve necessariamente anatematizzare è stato posto qui di seguito a questa nostra lettera.
– Se uno non confessa che l’Emmanuele è veramente Dio e per questo motivo la santa Vergine è Madre di Dio (essa ha infatti generato secondo la carne il Verbo da Dio divenuto carne), sia anatema.
– Se uno non confessa che il Verbo da Dio Padre è unito alla carne secondo l’ipostasi e che uno solo è Cristo con la sua propria carne, cioè che lo stesso è insieme Dio e uomo, sia anatema.
– Se uno divide dopo l’unione le ipostasi dell’unico Cristo, unendole soltanto per congiunzione secondo dignità, sovranità e potenza, e non per un legame secondo unione naturale, sia anatema.
– Se uno divide in due prosopa o ipostasi le espressioni che negli scritti evangelici e apostolici sono dette dai santi su Cristo o da lui sono riferite a sé stesso, e le applica alcune all’uomo, considerato
indipendentemente dal Verbo da Dio, e altre, come degne di Dio, al solo Verbo da Dio, sia anatema.
– Se uno osa dire che Cristo era un uomo teoforo e non piuttosto che è veramente Dio, in quanto Figlio unico e per natura, poiché il Verbo si è fatto carne e ha partecipato in modo simile a noi del sangue e della carne, sia anatema.
– Se uno dice che il Verbo da Dio Padre è Dio o Signore di Cristo e non confessa piuttosto che il medesimo è insieme Dio e uomo, poiché il Verbo, secondo le Scritture, si è fatto carne, sia anatema.
– Se uno dice che Gesù, come uomo, sia stato attivato dal Dio Verbo e che la gloria dell’Unigenito lo ha circondato, come se fosse un altro, esistente oltre a lui, sia anatema.
– Se uno osa dire che l’uomo assunto deve essere adorato insieme al Verbo, insieme glorificato e insieme chiamato Dio, come se fosse uno insieme con l’altro (il «con» impone sempre di pensare a qualcosa di aggiunto) e non onora piuttosto con una sola adorazione l’Emmanuele e a lui attribuisce un’unica glorificazione, in quanto il Verbo si è fatto carne, sia anatema.
– Se uno afferma che l’unico Signore Gesù Cristo è stato glorificato dallo Spirito, come se, attraverso lui, si fosse servito di una potenza estranea e abbia ricevuto da lui il potere di operare contro gli spiriti immondi e di realizzare i miracoli a favore degli uomini, e non afferma piuttosto che lo Spirito, per mezzo del quale ha operato i miracoli, è propriamente suo, sia anatema.
– La divina Scrittura dice che Cristo è divenuto sommo Sacerdote e Apostolo della nostra confessione e ha offerto sé stesso per noi a Dio e Padre in odore di soavità. Quindi se uno afferma che non lui, il Verbo da Dio, è divenuto sommo Sacerdote e nostro Apostolo, perché si è fatto carne e uomo come noi, ma come se fosse un altro diverso da questo, propriamente un uomo nato da donna; oppure se uno dice che egli ha presentato l’offerta anche per sé stesso e non piuttosto soltanto per noi – non necessitava di offerta, infatti, colui che non conosceva peccato –, sia anatema.
– Se uno non confessa che la carne del Signore è vivificante e che è propria dello stesso Verbo da Dio Padre, ma come se fosse di un altro diverso da questo, unito a lui per dignità o per avere soltanto ricevuto la divina inabitazione, e non confessa piuttosto – come abbiamo detto – che la carne è vivificante, perché è divenuta propria del Verbo, che ha la forza di vivificare ogni cosa, sia anatema.
– Se uno non confessa che il Verbo di Dio ha patito con la carne, è stato crocifisso con la carne, ha gustato la morte con la carne ed è divenuto primogenito dai morti, perché, in quanto Dio, è Vita e Vivificante, sia anatema.
Confessiamo dunque il Signore nostro Gesù Cristo, il Figlio di Dio, l’Unigenito, Dio perfetto e uomo perfetto per anima razionale e corpo; egli è nato dal Padre prima dei tempi secondo la divinità; negli ultimi giorni però egli stesso, per noi e per la nostra salvezza, è nato dalla Vergine Maria, secondo l’umanità; egli ancora è consostanziale (2) al Padre secondo la divinità e consostanziale a noi secondo l’umanità: si è infatti realizzata l’unione delle nature. Confessiamo allora un solo Cristo, un solo Figlio e un solo Signore.
Secondo questo concetto di non confusa unione, confessiamo la santa Vergine «Madre di Dio», perché il Dio Verbo si è incarnato e si è fatto uomo e per questo concepimento ha unito a sé il Tempio preso da lei. Circa le espressioni che gli Evangelisti e gli Apostoli riferiscono al Signore, sappiamo che quegli uomini, che parlavano di Dio, alcune le hanno considerate in comune, riferendole all’unico
prosopon, altre invece le hanno divise, riferendole alle due nature. Ci hanno perciò trasmesso quelle degne di Dio secondo la divinità di Cristo, e quelle umili, secondo la sua umanità.
[1] Il passo mostra in tutta evidenza come Cirillo assimili hypostasis a prosopon. Invece Nestorio e i vescovi antiocheni si erano formati alla cristologia di Teodoro di Mopsuestia, per il quale «la parola (hypostasis) non è sinonimo di prosopon» (cf. Galtier, L’«unio secundum hypostasim»…, cit., p. 381 e nota 6).
[2] Questa formula di fede, stipulata nel 433, fu il frutto di una non semplice mediazione, guidata da Acacio di Berea e da Paolo di Emesa. Mediazione tra le tradizioni antiochena e alessandrina, tra Giovanni di Antiochia e Cirillo di Alessandria. Come ogni mediazione il testo lasciò non pienamente soddisfatte tutte le parti e quindi la diatriba suscitata da Nestorio covò a lungo sotto la cenere.
Cirillo di Alessandria: SECONDA LETTERA A NESTORIO
SECONDA LETTERA A NESTORIO
Cirillo saluta nel Signore il reverendissimo e piissimo collega nel sacerdozio Nestorio.
1. Alcuni vanno cianciando, come apprendo, contro di me presso la tua Religiosità e fanno questo piuttosto frequentemente, cogliendo soprattutto l’occasione dei sinodi ufficiali, e, ritenendo di dilettare il tuo orecchio, pronunciano parole sconsiderate, sebbene non abbiano subìto alcun torto, ma solo siano stati rimproverati, e ben a ragione, l’uno perché aveva recato offesa ai ciechi e ai poveri, un altro perché aveva puntato la spada contro sua madre, un altro ancora perché aveva rubato, insieme con un’ancella, denaro altrui e da sempre gode di una tale reputazione che non la si augurerebbe nemmeno ai peggiori nemici. Non voglio però dilungarmi su costoro, per non estendere la misura della mia piccolezza al di là del Signore e Maestro né al di là dei Padri. Non è infatti possibile evitare la stoltezza degli sciocchi, qualunque sia il genere di vita scelto.
2. Ma costoro, che hanno la bocca piena di maledizioni e amarezza, renderanno conto al giudice di tutti. Ritornerò invece di nuovo a quello di cui specialmente debbo occuparmi e anche ora riporterò alla tua memoria, come a un fratello in Cristo, la necessità di esporre l’insegnamento sul Verbo e il pensiero sulla fede, facendolo con grande cautela e tenendo presente che scandalizzare anche uno solo dei piccoli di coloro che credono in Cristo è motivo di grave sdegno. Se poi la moltitudine di quanti si lagnano è molto grande, non porremo necessariamente ogni industria per allontanare prudentemente gli scandali e sgomberare la via a una retta intelligenza della fede a coloro che cercano il vero? Realizzeremo ciò molto bene se, accostandoci alle parole dei santi Padri, ci adopereremo a realizzarle; e saggiando noi stessi, se siamo nella fede secondo quanto è stato scritto, accuratamente conformiamo i pensieri che sono in noi con le loro giuste e perfette dottrine.
3. Il santo e grande sinodo dunque afferma che colui il quale è stato generato per natura da Dio Padre, è il Figlio Unigenito, che è Dio vero da Dio vero, Luce da Luce, attraverso il quale il Padre ha fatto ogni cosa; che egli è disceso, si è incarnato, si è fatto uomo, ha patito, è risorto il terzo giorno ed è asceso al cielo. È necessario che anche noi seguiamo queste parole e questi dogmi, considerando cosa significa che il Verbo da Dio si sia incarnato e fatto uomo. Non diciamo infatti che la natura del Verbo, trasformandosi, è divenuta carne, e neppure che fu trasformata in un uomo completo, composto di anima e corpo, ma piuttosto che il Verbo, avendo unito a sé in modo indicibile e inintelligibile, secondo l’ipostasi, una carne animata da anima razionale, è divenuto uomo ed è stato costituito Figlio dell’uomo; e non per semplice volontà e per beneplacito, e neppure per l’assunzione di un semplice prosopon. Sebbene le nature che sono state unite in una vera unità siano diverse, da due è risultato un solo Cristo e Figlio. Non però come se fosse scomparsa, a causa dell’unione, la differenza delle nature, ma piuttosto si è realizzato per noi l’unico Signore, Cristo e Figlio grazie all’indicibile e arcano concorso all’unità della divinità e dell’umanità.
4. Così allora affermiamo che, pur avendo per certo l’esistenza prima dei secoli e pur essendo stato generato dal Padre, egli è stato anche generato secondo la carne da una donna; non come se avesse preso l’inizio della sua natura divina nella santa Vergine, né che avesse necessariamente bisogno di una seconda nascita da lei, dopo quella che ebbe dal Padre (è infatti sciocco e contemporaneamente insensato affermare che colui il quale esiste prima dei secoli ed è coeterno con il Padre abbia bisogno di un secondo inizio per esistere); ma, poiché per noi e per la nostra salvezza, avendo unito a sé secondo l’ipostasi l’umanità, procedette da una donna, per questo affermiamo che è nato secondo la carne. Non affermiamo però che prima nacque dalla santa Vergine un uomo comune e poi il Verbo discese in lui, ma che, essendo già uno, tollerò una nascita secondo la carne dal ventre di lei, rendendo sua la nascita della propria carne.
5. Nella stessa maniera affermiamo che ha patito ed è risorto, non come se il Verbo di Dio abbia patito sulla propria natura le percosse, la perforazione dei chiodi o le altre ferite (la divinità infatti è impassibile perché è anche incorporea), ma, poiché sopportò queste cose quello che era divenuto il suo proprio corpo, per questo motivo affermiamo che egli ha patito per noi: l’impassibile era in un corpo passibile. Allo stesso modo pensiamo anche circa la sua morte. Il Verbo di Dio è per natura immortale e incorruttibile, egli è Vita e datore di vita. Poiché però il suo proprio corpo, per grazia di Dio, come dice Paolo (Eb 11,35), gustò la morte per tutti, affermiamo che egli ha sofferto la morte per noi, non perché quel che atteneva alla sua propria natura avesse sperimentato la morte (dire o pensare tali cose è una pazzia!), ma, come ho detto sopra, perché la sua carne gustò la morte. La stessa cosa anche per la risurrezione della sua carne. Affermiamo la sua risurrezione, non nel senso che sia caduto nella corruzione – non sia mai! – ma perché il suo corpo è risuscitato.
6. Così confesseremo un solo Cristo e Signore, e non che adoriamo un uomo insieme al Verbo, affinché non si introduca un’immagine di taglio con il dire «insieme». Adoriamo invece l’uno e il medesimo, perché il suo corpo non è altro dal Verbo: con questo egli siede accanto allo stesso Padre, non come se sedessero due Figli, bensì uno solo, secondo l’unione con la propria carne. Se rifiutiamo l’unione secondo l’ipostasi come impossibile o indecorosa, cadiamo
nell’affermazione dei due figli. Sarebbe allora assolutamente necessario dividere e affermare che uno è propriamente un uomo particolarmente onorato con l’appellativo di Figlio e un altro è propriamente il Verbo da Dio, il quale possiede per natura il nome e il titolo di Figlio. Non si deve perciò dividere in due figli l’unico Signore Gesù Cristo.
7. Non sarà in alcun modo utile al retto intendimento della fede, affinché si mantenga tale, che alcuni parlino di unione dei prosopa. La Scrittura non ha detto che il Verbo ha unito a sé un prosopon di uomo, ma che divenne carne (Lc 1,2). Che il Verbo sia divenuto carne altro non è se non che ha partecipato del sangue e della carne in modo simile a noi (Gv 3,34), ha preso un corpo proprio uguale al nostro e, come uomo, procedette da una donna, non abbandonando l’essere Dio e l’esser nato da Dio Padre, ma rimanendo quel che era, anche nell’assunzione della carne. Questo è quel che proclama dappertutto la dottrina della retta fede; così troveremo che hanno pensato i santi Padri. Così essi hanno avuto il coraggio di affermare che la santa Vergine è «Madre di Dio», non perché la natura del Verbo – cioè della divinità – abbia preso l’inizio dell’essere dalla santa Vergine, ma perché è nato da lei il santo corpo animato da anima razionale. Dopo che secondo l’ipostasi si è unito a questo, affermiamo che il Verbo è stato generato secondo la carne. Queste cose anche adesso io ti scrivo, mosso dall’amore in Cristo, esortandoti come fratello e scongiurandoti innanzi a Cristo e agli angeli eletti che queste cose tu pensi e insegni, come noi, affinché si preservi la pace delle chiese e permanga integro il vincolo della concordia e dell’amore tra i sacerdoti di Dio. Saluta la fraternità che sta con te. Ti saluta in Cristo quella che sta con me.
Cristo è in mezzo a noi, miei cari lettori! Se qualcuno è interessato all’opinione delle persone, parrocchiani ordinari. Oggi, ogni pietra sta gridando che il Natale dovrebbe essere celebrato il 25 dicembre. I funzionari governativi di più alto livello dicono come un mantra che il Natale dovrebbe essere festeggiato il 25. Nei loro discorsi ripetono molte volte questo numero, che richiama involontariamente l’analogia con la tecnologia del 25° fotogramma o il postulato propagandistico di Goebbels secondo cui una bugia ripetuta molte volte si trasforma in verità. C’è una totale zombificazione degli abitanti dell’Ucraina per fare soldi. Dopotutto, nessuno degli agitatori ha pagato di tasca propria la trasmissione dei propri discorsi di propaganda o lo sviluppo di un’applicazione fai da te! A questo proposito, il clero di sei chiese nella città di Zaporozhye della diocesi di Zaporozhye della Chiesa ortodossa ucraina è stato invitato a condurre un sondaggio il 25 dicembre (giorno della Natività di Cristo secondo il calendario gregoriano) tra coloro che hanno visitato il tempio in quel giorno. Le domande sono state poste nella lingua di stato. Prima di tutto, ci interessava scoprire chi partecipa al sondaggio, la sua appartenenza religiosa. Poiché la questione della festa riguarda coloro per i quali è importante, che la aspettano con tutto il cuore, ne prende parte e non come occasione per la prossima festa o visita, e in generale ci interessa l’opinione dei nostri parrocchiani. Abbiamo chiesto: “Il partecipante al sondaggio è un parrocchiano della Chiesa ortodossa ucraina” e abbiamo proposto di scegliere una risposta di una sola parola: “Sì” o “No”. Poiché il sondaggio è stato offerto nell’applicazione elettronica mobile “Fai da te”, abbiamo chiesto ai nostri parrocchiani chi di loro ha e può utilizzare questo sistema. Dopotutto, non solo una persona ortodossa, ma anche un non ortodosso, un ateo e persino coloro che, secondo le loro dichiarazioni o azioni, sono nemici della Chiesa può partecipare a questo sondaggio tramite “Diya” e, per farle del male, voterebbero sicuramente sul cambiamento della data. Inoltre, molte persone zombificate da funzionari governativi che “non mentono mai”, li ascolteranno e, sotto l’influenza del “25esimo frame”, voteranno per il 25esimo. La risposta a questa domanda è stata offerta anche in una parola: “Sì” o “No”. La terza domanda del nostro sondaggio è stata riscritta dall’applicazione elettronica mobile “ДІЯ”, l’unica cosa che abbiamo fatto è stata chiarire “Natale” – di chi? – Di Cristo? Già nella domanda posta all’applicazione mobile c’era una mezza verità, allora da dove inizia il rifiuto dell’essenza della festa della Natività di Cristo. E questo testimonia la totale riluttanza di chi interroga a decidere sulla verità. Alle persone è stato chiesto di scegliere tra il 25 dicembre e il 07 gennaio. Valuta tu stesso i risultati: Iscritti: 1321 persone
Sei un parrocchiano della Chiesa ortodossa ucraina? SI – 1269 (96,1%) NO – 21 (1,6%)
Sei interessato all’app mobile “ДІЯ”? SI – 571 (44,3%) NO – 719 (54,4%)
Qual è la data della celebrazione della nascita di Cristo? 25 dicembre – 46 (3,5%) 07 gennaio – 1244 (94,2%) Questionari non compilati – 31 (2,3%)
FONTE: Canale Telegram del metropolita Luke
ORIGINALE:
Христос посреди нас, дорогие мои читатели! Если кому-то интересно мнение людей, простых прихожан. Сегодня даже каждый камень возопиит о том, что праздновать Рождество нужно 25 декабря. Государственные чиновники высочайшего уровня как мантра, рассказывают, что это нужно делать 25 числа. В своих выступлениях они повторяют это число многократно, что невольно вспоминается аналогия с технологией 25-того кадра или пропагандистский постулат Геббельса о том, что многократно повторенная ложь превращается в правду. Идет тотальное зомбирование жителей Украины за их же деньги. Ведь никто из агитаторов не заплатил за трансляцию их пропагандистских выступлений или разработку приложения для «Дії» из своего кармана! В связи с этим, духовенству шести храмов города Запорожья Запорожской епархии Украинской Православной Церкви было предложено 25 декабря (день Рождества Христова по григорианскому календарю) провести опрос среди посетивших храм в этот день. Вопросы задавались на государственном языке. В первую очередь, нам было интересно узнать, кто участвует в опросе, его конфессиональную принадлежность. Так как вопрос праздника касается тех, для кого он важен, кто его ждет всей своей душой, в нём принимает участие, а не как повод к очередному застолью или походу в гости, и вообще мнение наших прихожан. Мы спросили: “Является ли участник анкетирования прихожанином Украинской Православной Церкви” и предложили выбрать односложный ответ: “Да” или “Нет”. Так как опрос был предложен в мобильном электронном приложении “Дії” мы спросили у своих прихожан о том, кто из них имеет и может пользоваться этой системой. Ведь принять участие в этом опросе через “Дію” может не только православный человек, а и неправославний, атеист и даже те, кто по своим заявлениям или действиям является врагом Церкви и чтобы Ей навредить специально проголосует про смену даты. Кроме этого многие люди зомбированные представителями власти, которые “никогда не врут”, их послушают и под действием “25-ого кадра” проголосуют за 25-е число. На этот вопрос ответ также предлагался односложный: “Да” или “Нет”. Третий вопрос нашего анкетирования был переписан с мобильного электронного приложения “Дії”, единственное, что мы сделали, так уточнили “Рождество” – чьё? – Христово? Уже в заданном вопросе мобильного приложения была полуправда, то с чего начинается отказ от сути праздника Рождества Христова. А это свидетельствует о полном нежелании тех, кто опрашивает, определиться с истиной. Людям предлагали сделать выбор между 25 декабря и 07 января. Результаты оценивайте сами: Опитано: 1321 чол.
Чи є Ви парафіянином Української Православної Церкви? ТАК – 1269 (96,1%) НІ – 21 (1,6%)
Чи користуєтесь Ви мобільним додатком «ДІЯ»? ТАК – 571 (44,3%) НІ – 719 (54,4%)
Якій даті святкування Різдва Христового Ви віддаєте перевагу? 25 грудня – 46 (3,5%) 07 січня – 1244 (94,2%) Зіпсовано анкет – 31 (2,3%)
Il metropolita Luke (Kovalenko) di Zaphorozhe su Telegram
“Questa non è una favola, ma qualcosa che mi è realmente accaduto. Una volta il mio figlioccio mi ha chiesto di comprargli un cavallo giocattolo. Sono andato al negozio e ho chiesto alla commessa se avessero un cavallo. ‘Lo abbiamo’, questa la risposta affermativa. Un minuto dopo mi ha portato un simpatico asinello di peluche – una coda con una folta pelliccia all’estremità, una faccia e orecchie da asino – tutto tipicamente da asino. ‘Ma questo è un asino’, protestai. La donna mi ha mostrato la targhetta del giocattolo, dove c’era appunto scritto ‘cavallo’. “Beh, perdonami,” continuai, “ma non vedi tu stesso che questo è un asino?” Lei ha risposto con tono minaccioso: “Amico!!! (Per inciso, indossavo una tonaca). ‘Non sai leggere? Qui è scritto chiaramente: CAVALLO».
“Ho ricordato questa storia, che ha avuto luogo molto tempo fa, in relazione alla decisione della Corte costituzionale sulla ridenominazione forzata della nostra Chiesa (ndr Chiesa Ortodossa Ucraina – UOC). Il fatto stesso di questa ridenominazione è assurdo in sé e per sé. A quanto pare, che i fedeli lo vogliano o no, saranno chiamati come gli altri vogliono chiamarli, e non come si considerano. Inoltre, le persone hanno già fatto la loro scelta quando hanno varcato la soglia della chiesa. (Proprio come l’asino impagliato non aveva alcuna possibilità di diventare quello che era veramente.)
Siamo stati registrati molto tempo fa come Chiesa ortodossa ucraina. Ma fin dall’inizio qualcuno ha deciso di appiccicarci un’etichetta con il nome “Patriarcato di Mosca”. E ora questa “commessa” o venditrice, solo questa volta nella persona di un giudice, decide di ribattezzarci con qualunque nome gli venga in mente (appendendo infatti un’etichetta per un processo di linciaggio). Ma il segreto sta solo nella necessità di slegare le mani di certe persone per razziare e impossessarsi delle proprietà della Chiesa, dal momento che non hanno il cervello per creare qualcosa per se stesse. E per quanto io provi a dimostrarlo, sentirò di nuovo la risposta: “Amico! È scritto nella sentenza del tribunale IN QUESTO MODO, quindi è così: consegna la tua proprietà.
E il silenzio nell’Occidente “democratico” è sbalorditivo. Come se la gente pensasse che dovrebbe essere così. Dalla caduta del comunismo, quando le chiese sono state restituite alle comunità religiose per l’uso dopo anni di distruzione e persecuzione, chi ha supervisionato il restauro nella moderna Ucraina di chiese e monasteri originariamente costruiti dalla storica Chiesa ortodossa canonica? Il clero ed i fedeli della Chiesa ortodossa ucraina li hanno restaurati con grandi fatiche e sudori.
ORIGINALE
Христос посреди нас, дорогие мои читатели! Сказано конь, значит конь. Это не выдуманная история, а то, что со мной произошло на самом деле. Как-то крестник меня попросил купить ему игрушку – лошадку. Я зашел в магазин и спросил у продавца есть ли у них лошадка. «Есть», – услышал я утвердительный ответ. Через минуту она принесла мне симпатичного плюшевого ослика. Хвостик с кисточкой, морда, уши – все было типично ослиным. «Но это же осел», – возразил я. Женщина показывает мне этикетку на игрушке, на которой и в самом деле написано «Конь». «Но, простите, – продолжил я, – разве Вы сами не видите, что это осел». Грозным тоном та ответила: «Мужчина!!! (кстати, я был в подряснике) Вы что не умеете читать? Здесь же ясно написано – КОНЬ». Я вспомнил эту давнюю историю в связи с решением Конституционного суда о насильственном переименовании нашей Церкви. Сам факт такого переименования уже сам по себе абсурден. Получается так – хотят того верующие или не хотят, но они будут называться так, как их захотят обозвать, а не так, за кого они сами себя считают. При том, что люди уже сами сделали свой выбор, когда переступили порог храма. (Как и у игрушечного ослика не было никаких шансов стать тем, кто он есть на самом деле). Мы давным-давно зарегистрированы как Украинская Православная Церковь. Но сначала кому-то захотелось прилепить к нам этикетку «Московского патриархата». А теперь такая вот «продавщица» или «продавец», только уже в должности судьи, решит нас еще переименовать как ему вздумается (фактически привесит ярлык для суда Линча). А секрет лишь в том, что нужно развязать руки для рейдерского захвата церковного имущества, так как у самих ума не хватает что-то создать. И что бы я не доказывал, снова услышу в ответ: «Мужчина! Написано в постановлении суда ТАК, значит так и есть, отдавай свое».
UCRAINA: MUSULMANI E CATTOLICI CI TRATTANO MEGLIO DEL NOSTRO STESSO GOVERNO
Musulmani e cattolici consentono agli ortodossi l’accesso ai luoghi sacri e alle sacre reliquie, ma il governo ucraino impedisce al proprio popolo di entrare nelle proprie chiese, ha commentato l’abate della Lavra delle Grotte di Kiev a Capodanno prima dell’inizio dell’ultima funzione nella Chiesa del monastero.
La scorsa settimana il governo ha annunciato che non avrebbe più consentito alla Chiesa ortodossa di utilizzare la cattedrale della Dormizione e la chiesa dei SS. Antonio e Teodosio nella parte alta della Lavra, che lo stato non ha mai restituito alla Chiesa dopo la caduta dell’Unione Sovietica.
“Oggi lasciamo il territorio dell’Alta Lavra. Stiamo lasciando le chiese che abbiamo riempito di preghiera per volere di signori ribelli”, ha detto Sua Eminenza il metropolita Pavel di Vyshgorod e Chernobyl, l’abate del monastero. Il servizio è stato trasmesso dal canale First Cossack .
“I musulmani ci hanno sempre permesso e ci permettono ancora di pregare sulla tomba di San Nicola. I cattolici ci permettono di pregare sulla tomba dei Santi Apostoli, presso le reliquie di San Nicola. Ma la nostra gente, che immagina di essere il centro dell’universo, ci espelle dai nostri luoghi sacri sulla nostra stessa terra”, ha detto Sua Eminenza.
Ha anche invitato la popolazione a non prestare attenzione alle provocazioni organizzate dalla polizia e dal servizio di sicurezza dell’Ucraina.
In uno speciale discorso video pubblicato dalla Lavra , Met. Pavel ha invitato i fedeli a leggere il Vangelo e il Salterio, in particolare i Salmi 65, 90 e 108, con una preghiera per coloro che perseguitano la Chiesa.
“Non possono sconfiggere Cristo. Anche Erode voleva sconfiggere Cristo e uccise 14.000 bambini, ma cadde morto, divorato dai vermi. La stessa cosa è successa con l’Impero Romano, con quello russo e altri imperi, e la Chiesa è ancora in piedi”, ha sottolineato Vladyka.
“Partiamo ma credo che torneremo. Ma che ne sarà di quei persecutori della Chiesa che attirano su di sé e sui propri figli la maledizione di Dio fino alla settima generazione?», ha commentato il Metropolita Pavel.