Il padre Poemen ha detto: «Il segno da cui si riconosce il monaco appare nelle tentazioni» (PJ VII, 13)
Disse anche: «Come la guardia del corpo dell’imperatore gli è sempre accanto pronta, così l’anima deve essere pronta di fronte al demone della fornicazione».
Un fratello interrogò il padre Poemen: «Ho commesso un grave peccato e voglio fare penitenza per tre anni». «È molto», gli dice l’anziano. «Per un anno?», chiese il fratello. «È molto», disse l’anziano. Quelli che erano presenti dissero: «Per quaranta giorni?». «È molto», ripeté. E poi: «Io dico che se l’uomo si pente con tutto il cuore e non ritorna a commettere il peccato, anche in tre giorni il Signore lo accoglie» (325ab; PJ X, 40).
Il padre Isaia interrogò il padre Poemen sui pensieri turpi. Il padre Poemen gli rispose: «È come un cassettone pieno di vestiti; se si lasciano lì, col tempo marciscono. Così i pensieri: se non li traduciamo in atti del corpo, col tempo svaniscono ovvero marciscono»
(328a; PJ X, 42).
Quando era giovane, il padre Poemen andò un giorno da un anziano, per sottoporgli tre pensieri. Giunto che fu dall’anziano, ne aveva dimenticato uno. Ritornò nella sua cella e, nel porre la mano sulla chiave per aprire, si ricordò della domanda che aveva dimenticato.
Lasciò la chiave nella toppa e ritornò dall’anziano; e questi gli disse: «Hai fatto presto a venire, fratello!». Ed egli gli raccontò: «Nel muovere la mano per prendere la chiave, mi sono ricordato del pensiero che cercavo; per questo non ho aperto e sono ritornato. Ma la strada era molto lunga». L’anziano gli disse: «Pastore di greggi; e il tuo nome sarà rinomato in tutto l’Egitto»
Prima che arrivasse il gruppo del padre Poemen, vi era in Egitto un anziano molto rinomato e stimato. Quando il padre Poemen e i suoi salirono da Scete, la gente lo abbandonò e andò dal padre Poemen. Il vecchio ne era invidioso e parlava male di loro. Il padre Poemen lo seppe, si rattristò e disse ai suoi fratelli: «Che facciamo con questo grande anziano? La gente ci ha messo in una situazione penosa, lasciando lui e venendo da noi che non siamo nulla. Come possiamo guarire quell’anziano?». Disse poi: «Preparate qualcosa da mangiare, prendete un otre di vino, e andiamo da lui per mangiare insieme. Forse in questo modo potremo farlo guarire». Presero il cibo e partirono. Quando bussarono alla porta, il suo discepolo chiese: «Chi siete?». Dissero: «Di’ al padre: – C’è Poemen che vuole essere benedetto da te!». Ma quando il discepolo glielo riferì, l’anziano gli fece dire: «Vattene, non ho tempo!». Ma essi rimasero nella grande arsura, dicendo: «Non ce ne andremo finché l’anziano non ci avrà degnati di vederlo». L’anziano allora, alla vista della sua umiltà e della sua pazienza, preso da compunzione, aprì loro. Entrati, mangiarono con lui. Mentre mangiavano, disse: «In verità, non vi è solo ciò che ho udito di voi, ma quel che io vedo nelle vostre azioni è cento volte di più». E da quel giorno divenne loro amico.
Un presbitero di Pelusio sentì dire di alcuni fratelli: «Spesso sono in città, frequentano i bagni e si corrompono». Quando venne al raduno dei fratelli tolse loro l’abito monastico. E dopo questo il suo cuore lo colpì ed egli fu preso da pentimento; stravolto dai suoi pensieri, come ubriaco, venne dal padre Poemen portando anche gli abiti dei fratelli, e raccontò all’anziano la cosa. E l’anziano gli dice: «Non hai tu nulla dell’uomo vecchio? Svestilo!». Il presbitero disse: «Ho parte con l’uomo vecchio!». E l’anziano a lui: «Dunque tu pure sei come i fratelli; anche se hai solo un po’ dell’uomo vecchio, tuttavia soggiaci al peccato». Il presbitero allora, andatosene, chiamò i fratelli; e, dopo aver chiesto perdono agli undici, li rivestì dell’abito monastico e li congedò (324d-325a).
Il padre Anub interrogò il padre Poemen sui pensieri impuri che il cuore dell’uomo genera, e sui desideri vani. Il padre Poemen rispose: «Forse che la scure si vanta senza colui che con essa taglia? Anche tu non dar loro posto, e non perdere in essi le tue forze; e saranno inefficaci» (325c; PJ X, 41).
Il padre Poemen disse ancora: «Se non fosse venuto Nabuzardan, l’arcicuoco, il
tempio del Signore non sarebbe stato incendiato. Ciò significa: se l’anima non cercasse la soddisfazione del cibo, lo spirito non cadrebbe nella lotta contro il nemico».
Raccontavano che il padre Poemen, invitato a mangiare contro la sua volontà, vi andò piangendo, per non disubbidire al fratello e non rattristarlo (325cd; PJ IV, 30).
Il padre Poemen disse: «Non abitare in un luogo in cui vedi alcuni gelosi di te; altrimenti non progredirai» (PJ X, 45).
Raccontarono al padre Poemen di un monaco che non beveva vino. «Il vino, disse, non è per nulla cosa da monaci» (PJ IV, 31).